Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Sezione I
Sentenza 15 febbraio 2022, n. 1008

Presidente: Salamone - Estensore: Palliggiano

1. A seguito di procedura di gara aperta ai sensi dell'art. 60, comma 1, d.lgs. 50/2016, con importo a base d'asta di euro 3.658.489,51, la società ricorrente Vincenzo Modugno s.r.l. si è aggiudicata l'appalto dei lavori relativi all'intervento denominato "Restauro conservativo delle strutture e delle superfici decorate delle domus più importanti di Ercolano".

Il contratto è stato stipulato in data 8 aprile 2021 (contratto n. 2), registrato al n. 163, serie II, il successivo 26, per l'importo complessivo, a seguito del ribasso percentuale offerto del 27,46761%, di euro 2.710.747,46 oltre IVA, di cui euro 2.502.655,90, quale corrispettivo per l'esecuzione dei lavori ed euro 208.091,56 per costi della sicurezza non soggetti a ribasso.

Il Parco archeologico di Ercolano ha inoltre garantito euro 6.368,14, assorbendone l'importo dalla voce "imprevisti", per i maggiori costi causati dall'approntamento delle misure anti-contagio che la legislazione nazionale e regionale pone a carico delle stazioni appaltanti.

I lavori hanno avuto inizio il 10 maggio 2021, come da verbale di consegna sottoscritto tra le parti.

In risposta alle ripetute richieste di corresponsione dell'anticipazione da parte dell'appaltatore - ai sensi dell'art. 35, comma 18, d.lgs. 50/2016 - la stazione appaltante, con una serie di note (prot. 1959 del 26 maggio 2021, prot. 2183 del 9 giugno 2021, prot. 2280 del 17 giugno 2021, prot. 2362 del 24 giugno 2021), ha comunicato l'impossibilità di emettere il relativo certificato di pagamento da parte del r.u.p., non ricorrendo le condizioni e le attestazioni richieste dall'art. 21, comma 1, del contratto d'appalto. Tra queste, l'acquisizione da parte del r.u.p. del verbale di consegna dei lavori, del verbale di concreto inizio dei lavori debitamente sottoscritti dal direttore dei lavori e dall'esecutore, della dichiarazione congiunta di entrambi circa la prosecuzione dei lavori stessi in piena conformità del programma dei lavori elaborato dall'appaltatore, verificato e approvato dal direttore dei lavori e dell'assenza di ritardi rispetto ai tempi contrattualmente.

Con nota n. 2459 del 1° luglio 2021, il Parco archeologico di Ercolano - reputando che l'appaltatore non procedesse alla corretta e regolare esecuzione delle prestazioni dedotte nel contratto - ha avviato la procedura di risoluzione, ai sensi dell'art. 108 d.lgs. 50/2016, allegando la relazione del direttore dei lavori del 28 giugno 2021, condivisa dal r.u.p., e la relazione di quest'ultimo sui curricula dei restauratori.

Ha quindi assegnato all'impresa ricorrente 15 giorni, per le eventuali controdeduzioni, pervenute il 15 luglio 2021 e registrate agli atti d'ufficio con prot. 2673 del successivo 16.

Nel contempo, la stazione appaltante ha assunto una serie di iniziative ed adottato atti allo scopo di scongiurare il prodursi di danni ai beni del parco in relazione agli asseriti inadempimenti.

Con nota 3905 del 25 ottobre 2021 la stazione appaltante - preso atto altresì della relazione particolareggiata sullo stato dei lavori del direttore dei lavori, redatta il 18 ottobre 2021 - ha avviato ex novo la procedura di risoluzione del contratto, assegnando nuovamente all'appaltatore 15 giorni per eventuali controdeduzioni.

Sulle ulteriori contestazioni, l'appaltatore ha trasmesso le osservazioni del 5 novembre 2021 e registrate agli atti d'ufficio con prot. 4046 del successivo 8.

Infine, con determina n. 50 del 21 dicembre 2021, la stazione appaltante ha disposto - ai sensi dell'art. 108 d.lgs. 50/2016 - la risoluzione del contratto per grave, plurimo e perdurante inadempimento, grave negligenza e imperizia nonché per danno prodotto ai beni immobili oggetto di tutela di cui al d.lgs. 42/2004.

Le inadempienze rilevate sono state dettagliate nei loro particolari nella proposta di risoluzione del r.u.p. unitamente alla documentazione fotografica.

2. Con l'odierno ricorso, notificato il 7 gennaio 2022 e depositato il successivo 11, l'impresa Vincenzo Modugno ha impugnato la determina di risoluzione.

Deduce la violazione degli artt. 5, comma 4, e 6 d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv. [in] l. 11 settembre 2020, n. 120, relativamente all'obbligatorietà della nomina del collegio tecnico consultivo per gli appalti, al fine di assumere decisioni rispetto alle ipotesi in cui l'appalto non potesse proseguire con l'operatore designato (e, quindi, anche nelle ipotesi di risoluzione).

Resiste in giudizio l'ente Parco archeologico di Ercolano che ha eccepito, in rito, il difetto di giurisdizione del giudice adito. Nel merito l'infondatezza del ricorso.

La causa è stata discussa alla camera di consiglio del 26 gennaio 2022, per la discussione sull'istanza cautelare richiesta dalla ricorrente.

Il Collegio, previo avviso alle parti, ha ravvisato i presupposti per definire la causa con sentenza in forma semplificata, ai sensi degli artt. 60 e 120, comma 6, c.p.a.

3. Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito, posto che le questioni relative alla risoluzione del contratto, a valle dell'aggiudicazione di una procedura di evidenza pubblica, com'è quella in esame, rientrano nell'ambito della giurisdizione ordinaria.

La risoluzione costituisce infatti esercizio di un diritto contrattuale dell'Amministrazione - disciplinato per gli aspetti specifici degli appalti relativi a lavori pubblici dall'art. 108 d.lgs. 50/2016, specificativo della disposizione generale di cui all'art. 1453 c.c.

Come chiarito da ampia e condivisa giurisprudenza, in materia di appalti, l'atto che, pur auto-qualificandosi come revoca e richiamando le disposizioni che tale potere disciplinano, si fonda su una serie di inadempimenti delle obbligazioni scaturenti dal rapporto contrattuale instauratosi a seguito della disposta esecuzione in via d'urgenza, è privo di contenuto provvedimentale, in quanto espressione del diritto potestativo - in capo ad ogni contraente - di risolvere il contratto.

L'istituto della risoluzione non rientra dunque nell'esercizio del potere autoritativo della stazione appaltante. In questo caso il diritto potestativo spetta a quest'ultima, ai sensi del menzionato art. 108 d.lgs. 50/2016, venendo contestate non già violazioni di regole dell'azione amministrativa, bensì diritti soggettivi inerenti ad un rapporto di natura privatistica, riservato alla competenza del giudice ordinario (cfr., ex multis, Cass. civ., Sez. un., 3 maggio 2017, n. 10705; T.A.R. Cagliari, Sez. II, 15 gennaio 2021, n. 15).

L'impresa ricorrente considera al contrario che - in applicazione dell'art. 5, comma 4, d.l. 76/2020 - sarebbe esclusa la possibilità per la stazione appaltante di operare come un privato, essendo tenuta, invece, ad esercitare un potere autoritativo, regolato dalla norma in questione con l'attivazione del collegio tecnico consultivo.

La tesi non è condivisibile.

La disposizione in questione - dettata dall'esigenza di individuare soluzioni di carattere comunque temporaneo per fronteggiare gli inconvenienti derivanti dalla situazione di emergenza sanitaria da SARS-Cov 2, ancora in atto - richiama, con previsione non tassativa, una serie di casi nei quali la prosecuzione dei lavori non possa procedere con il soggetto designato né, in caso di esecutore plurisoggettivo, con altra impresa del raggruppamento designato.

È tuttavia evidente che la disposizione attiene a casi diversi da quello in questione, nel quale si discute di grave inadempimento dell'appaltatore. In ogni caso, le ragioni e le modalità tramite le quali l'Amministrazione - in applicazione del menzionato art. 5, comma 4 - può pervenire alla risoluzione non modificano la natura giuridica della determinazione assunta, che costituisce esercizio di un diritto soggettivo di genesi contrattuale da parte della stessa Amministrazione e non di potere autoritativo, in quanto assunta nella fase esecutiva del rapporto contrattuale nel quale i soggetti si pongono tra loro in posizione assolutamente paritaria.

4. Il caso esaminato, sulla base delle acquisizioni giurisprudenziali, è paradigmatico di una controversia relativa alla corretta esecuzione del rapporto, la quale appartiene alla cognizione del giudice ordinario.

Non resta, pertanto, al Collegio che dichiarare il proprio difetto di giurisdizione, per l'effetto - in virtù del principio della c.d. translatio iudicii, ai sensi dall'art. 11 c.p.a. - indicare alla parte ricorrente il termine perentorio di tre mesi, decorrenti dal passaggio in giudicato della presente sentenza, per riassumere il giudizio innanzi al giudice ordinario, al fine di salvaguardare gli effetti processuali e sostanziali della domanda proposta in questa sede.

Le spese, in considerazione della pronuncia in rito, possono essere compensate tra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del T.A.R. adito e indica il termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza per riassumere il giudizio davanti al giudice ordinario agli effetti di cui in motivazione.

Compensa le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.