Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione I-ter
Sentenza 24 novembre 2023, n. 17474
Presidente: Arzillo - Estensore: Mercone
1. Con determina a contrarre del 27 giugno 2022 veniva indetta la procedura di gara aperta suddivisa in n. 12 lotti, svolta in modalità telematica, per la fornitura di vestiario vario e accessori per le esigenze della Polizia di Stato, con base d'asta complessiva di euro 4.370.000,00.
I lotti 1 e 2 (rispettivamente concernenti la fornitura di n. 9.000 berretti per divisa ordinaria maschile, di cui n. 4.500 per l'anno 2023 e n. 4.500 per l'anno 2024 nonché n. 2.000 berretti troncoconici per divisa ordinaria femminile, di cui n. 1.000 per l'anno 2023 e n. 1.000 per l'anno 2024) venivano aggiudicati, sulla base del criterio del "minor prezzo", alla società ricorrente, la F.M. & C. s.r.l.s., che in sede di gara aveva indicato come ausiliarie le società: Lanificio Arbezzano s.r.l.s., con sede in Mathi (TO) per la fase di tessitura (avvalimento operativo) e D&E SHPK con sede in Albania, per le fasi di taglio e confezione (avvalimento operativo e di garanzia). Questo perché la lex specialis di gara individuava, come requisito di partecipazione, il "possesso dell'intero ciclo produttivo, costituito dalle fasi di lavorazione della tessitura, taglio e confezione" e "il possesso del certificato di conformità alla norma UNI EN ISO 9001:2015, relativa al sistema di gestione della qualità afferente al settore IAF04 (prodotti tessili)", con possibilità di fare ricorso all'avvalimento, istituto disciplinato all'epoca della gara dall'art. 89 d.lgs. n. 50/2016.
I contratti con la società aggiudicataria venivano stipulati in data 17 gennaio 2023, con rep. n. 30098 e 30099.
2. Durante le verifiche eseguite in corso di esecuzione, il 29 giugno 2023, il direttore dell'esecuzione del contratto effettuava un sopralluogo presso i locali della ausiliaria (per la fase di tessitura), società Lanificio Arbezzano s.r.l.s. In realtà, il giorno precedente il sopralluogo, l'aggiudicataria aveva già informato il direttore che presso la sede di Mathi (TO), indicata nel contratto di avvalimento prodotto in gara, non era presente alcun macchinario dedicato alla produzione e che la fase della tessitura e dell'orditura avveniva presso altra società, esattamente la Tessitura Pella s.a.s. con sede in Cossato (BL).
L'ausiliaria dichiarava, infatti, di aver stipulato un contratto di locazione con quest'ultima per un orditoio e n. 2 telai marca SOMET Super Excel (diversi da quelli indicati in avvalimento) ad utilizzo non esclusivo per la produzione de qua.
Nel corso del sopralluogo, il direttore dell'esecuzione del contratto riscontrava tale circostanza, dandone atto nel verbale di sopralluogo.
Veniva accertato anche che la certificazione UNI EN ISO 9001:2015, afferente al settore IAF04 (prodotti tessili) e richiesta quale requisito di partecipazione, era detenuta soltanto dalla ausiliaria Lanificio Arbezzano s.r.l.s. per le due sedi, legale e operativa, di Mathi, ma che di essa era priva la Tessitura Pella s.a.s., presso i cui stabilimenti, come indicato, è stata effettivamente curata l'intera fase della tessitura.
Nel corso del contraddittorio procedimentale, veniva negata la possibilità di procedere alla sostituzione dell'ausiliaria in ragione del fatto che tale sostituzione era del tutto incompatibile con lo stato del ciclo produttivo, essendosi la fase di tessitura ormai esaurita.
Terminato il contradditorio procedimentale, alla luce delle irregolarità riscontrate in fase esecutiva, considerato insussistente "il requisito dell'effettiva messa a disposizione dell'intera organizzazione aziendale da parte dell'impresa ausiliaria", l'Amministrazione resistente procedeva alla risoluzione dei contratti di fornitura per i lotti 1 e 2, ai sensi e per gli effetti dell'art. 89, comma 9, del d.lgs. n. 50/2016 (per quanto si dirà di seguito, giova riportare una parte del contenuto dell'atto impugnato: "ritenuto di procedere alla risoluzione dei contratti stipulati con la F.M. & C. s.r.l.s. ai sensi del co. 9 dell'art. 89 del D.lgs. n. 50 del 2016, tenuto altresì conto della Delibera dell'Autorità Nazionale Anticorruzione n. 85 del 27 gennaio 2021, che, nell'esercizio dei propri poteri di indagine, ha chiarito che la messa a disposizione dell'organizzazione aziendale da parte dell'impresa ausiliaria deve essere accompagnata dall'effettivo impiego delle risorse da parte dell'impresa ausiliata, prevedendo espressamente la legge, quale conseguenza di un'eventuale omissione, la risoluzione del contratto d'appalto").
3. Avverso il predetto atto veniva proposto ricorso.
4. In via preliminare deve essere esaminata l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito a favore di quello ordinario.
Invero, l'Amministrazione residente ha evidenziato che l'ipotesi di risoluzione disciplinata dall'art. 89, comma 9, d.lgs. 50/2016 (norma che si applica alla procedura di appalto in oggetto), deve essere qualificata come una "risoluzione contrattuale", prevista dalla norma di legge, con la conseguenza che, non controvertendosi sulla legittimità o meno del contratto di avvalimento ma, piuttosto, della sua patente violazione in fase di esecuzione, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario e non a quello amministrativo.
L'effetto risolutivo del rapporto negoziale, in questo caso, è direttamente previsto dal comma 9 dell'art. 89 cit. come conseguenza dell'accertata violazione, in fase esecutiva, delle pattuizioni di avvalimento presentate in gara dal concorrente.
Dunque, per l'Amministrazione resistente è la norma di legge che tipizza in modo netto gli effetti del provvedimento contestato, il tutto senza alcuna ponderazione tra l'interesse pubblico e quello privato dell'aggiudicatario.
In definitiva, si tratterebbe non della spendita di potere pubblicistico, ma dell'esercizio del diritto potestativo di risolvere il contratto spettante alla stazione (analogamente a quanto previsto dall'art. 108 d.lgs. 50/2016, di cui l'art. 89 cit. rappresenterebbe un'ipotesi speciale) riservato alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario.
A conferma di quanto sopra è stato fatto notare, per un verso, che la norma stessa qualifica l'atto adottato espressamente come "risoluzione del contratto di appalto", e, per altro verso, che tale ultimo effetto non dipende dalla carenza "originaria" dei requisiti di partecipazione (che inficerebbero l'aggiudicazione) ma dalla successiva verifica del rispetto degli obblighi connessi alla corretta esecuzione dell'appalto in relazione a quanto previsto nel contratto di avvalimento (infatti, si parla di accertamento "in corso d'opera").
5. L'eccezione è fondata.
5.1. In merito, sono, però, necessarie due considerazioni preliminari.
La prima è che nella materia degli appalti, diversamente dalle concessioni di pubblici servizi [art. 133, lett. c), d.lgs. 50/2016], la norma attributiva della giurisdizione esclusiva [art. 133, lett. e), d.lgs. n. 50/2016] è espressamente limitata alla procedura di affidamento ed alla eventuale dichiarazione di inefficacia del contratto. Quindi, nella fase esecutiva vale la regola generale sul riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario, bas[a]ta sul petitum sostanziale, ovvero sull'intrinseca natura giuridica della posizione dedotta in giudizio (cfr. da ultimo C.G.A. 774/2022).
La seconda è che, in realtà, il nomen iuris utilizzato dal legislatore ("risoluzione") non è considerato di per sé dirimente dalla giurisprudenza prevalente ai fini dell'individuazione della giurisdizione, questo perché, come chiarito dall'Adunanza plenaria nella sentenza n. 10/2020, persiste un interesse pubblico (e di conseguenza che dei poteri per tutelarlo) anche nella fase esecutiva del contratto, tanto che vi sono casi di "risoluzione" da dover qualificare come ipotesi di "autotutela pubblicistica" (cfr. punto 13.6 e ss. della decisione menzionata, in cui si fa riferimento all'art. 108, comma 1, d.lgs. 50/2016, ovvero ai casi di risoluzione "facoltativa", qualificati dall'Adunanza plenaria come ipotesi di "autotutela pubblicistica", nonché all'art. 108, comma 2, d.lgs. cit., vale a dire ai casi di "autotutela doverosa", collegati, invece, al venir meno delle condizioni iniziali di partecipazione alla gara, come ad esempio laddove è stata prodotta dall'appaltatore della documentazione falsa o laddove sia intervenuto un provvedimento definitivo che dispone l'applicazione di misure di prevenzione di cui al codice antimafia).
Dunque, pur di regola essendosi dinanzi ad atti paritetici nella fase di esecuzione, bisogna indagare sempre le ragioni che hanno causato la risoluzione.
5.2. Fatte queste premesse, nella specie, però, si condivide quanto affermato dall'Avvocatura di Stato, ovvero che quella dettata dall'art. 89, comma 9, d.lgs. 50/2016 rientra tra i casi di "risoluzione di natura privatistica" ammessi dal codice dei contratti pubblici, oltre a quelli disciplinati in via generale dal codice civile, in particolare per gravi inadempimenti da parte dell'appaltatore, tali da compromettere la buona riuscita delle prestazioni, accertati dal direttore dei lavori o dal responsabile dell'esecuzione del contratto.
Si veda sotto questo profilo l'art. 108, comma 3, d.lgs. n. 50/2016, che si occupa proprio di un'ipotesi analoga a quella prevista dall'art. 89, comma 9, cit. (che, pertanto, deve essere considerata come un'ipotesi speciale) e alla quale l'Adunanza plenaria, nella decisione segnalata, attribuisce natura privatistica ("Vi sono poi specifiche ipotesi di risoluzione di natura privatistica ammesse dal codice dei contratti pubblici, oltre a quelle previste in via generale dal codice civile, per gravi inadempimenti da parte dell'appaltatore, tali da compromettere la buona riuscita delle prestazioni, accertate dal direttore dei lavori o dal responsabile dell'esecuzione del contratto, se nominato; art. 108, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016").
Il Ministero dell'interno, infatti, come sottolineato laddove è stata riportata parte del testo dell'atto oggetto di gravame, non ha risolto il contratto né revocato l'aggiudicazione per difetto originario dei presupposti dell'avvalimento, ma perché non ha ritenuto rispettato quanto previsto dal contratto di avvalimento ("ritenuto di procedere alla risoluzione dei contratti stipulati con la F.M. & C. s.r.l.s. ai sensi del co. 9 dell'art. 89 del D.lgs. n. 50 del 2016, tenuto altresì conto della Delibera dell'Autorità Nazionale Anticorruzione n. 85 del 27 gennaio 2021, che, nell'esercizio dei propri poteri di indagine, ha chiarito che la messa a disposizione dell'organizzazione aziendale da parte dell'ausiliaria deve essere accompagnata dall'effettivo impiego delle risorse da parte dell'impresa ausiliata, prevedendo espressamente la legge, quale conseguenza di un'eventuale omissione, la risoluzione del contratto d'appalto").
Quindi, è evidente come la società ricorrente abbia chiesto l'annullamento di un atto negoziale che insiste nella fase di esecuzione del contratto, non riconducibile all'espressione di alcun potere autoritativo.
La controversia, pertanto, riguarda diritti e non interessi legittimi, con la conseguenza che deve essere devoluta alla giurisdizione ordinaria.
Né, per completezza, modifica tale conclusione l'invocata violazione dell'art. 89, comma 3, d.lgs. 50/2016, con riferimento alla possibilità di sostituire l'ausiliaria, perché tale norma, come indicato dall'Amministrazione, nella fase esecutiva non è applicabile, dunque ancora una volta la P.A. non ha dovuto esercitare alcun potere in merito. La disposizione menzionata, infatti, attiene al potere-dovere in capo alla stazione appaltante di consentire all'operatore economico la sostituzione "in corso di gara" dell'ausiliaria che si dimostri priva dei requisiti, questo finanche, come specificato più volte dalla giurisprudenza, nella fase "precedente" all'esecuzione del contratto (in questi termini C.d.S., Sez. III, n. 2580/2021), ma non oltre. Del resto, se l'appalto è stato già eseguito, è naturale che non si possa più procedere alla sostituzione.
In conclusione, alla luce delle osservazioni sin qui svolte, la controversia esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo e, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
L'accertato difetto di giurisdizione comporta, ai sensi dell'art. 11, comma 2, del codice del processo amministrativo, l'applicazione dell'istituto della translatio iudicii, in forza del quale sono conservati gli effetti sostanziali nonché processuali dell'originaria domanda, se il presente giudizio è riproposto dinanzi al giudice ordinario entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza.
6. In ragione della peculiarità della vicenda trattata, si ritiene che sussistano giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in favore del giudice ordinario, nei sensi e nei termini indicati in parte motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.