Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 19 novembre 2025, n. 9029
Presidente: Fantini - Estensore: Santini
FATTO E DIRITTO
1. La società "I Pastini", in primo grado, ha chiesto l'annullamento della nota n. 449 del 4 dicembre 2019 con cui Ferrovie del Sud Est, facente parte del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane (d'ora in avanti, F.S.E.) ha disposto la revoca con effetto immediato della convenzione stipulata in data 3 novembre 1976 regolante l'uso, oggi in capo alla ricorrente, del passaggio a livello privato carrabile ubicato al km 74+403 della linea ferroviaria Bari-Taranto.
Si controverte, in particolare, su una azienda agricola la cui proprietà terriera risulta suddivisa in due fondi: il primo destinato a vitigni; il secondo con una masseria destinata ad ospiti della azienda agricola che visitano il suddetto vitigno.
I due fondi sono separati da un tracciato ferroviario. In corrispondenza dell'accesso alla masseria è stato collocato, nel 1976, un passaggio a livello privato gestito ed azionato dagli stessi proprietari dell'azienda agricola.
Con il citato provvedimento del 4 dicembre 2019, l'amministrazione ferroviaria ha revocato l'autorizzazione all'esercizio del predetto passaggio a livello a causa di "ripetute violazioni" delle norme che consentivano l'utilizzo e la gestione del medesimo passaggio a livello (il lucchetto del cancello sarebbe stato trovato aperto).
2. Il T.A.R. Puglia, dopo avere rigettato alcune preliminari eccezioni di inammissibilità (difetto di legittimazione attiva in capo alla ricorrente società e difetto di interesse a ricorrere sempre in capo a quest'ultima), ha accolto il ricorso della azienda agricola per le ragioni di seguito indicate:
2.1. "in primo luogo, non risulta fornita prova adeguata della ripetuta violazione delle norme di condotta disciplinanti l'uso del passaggio a livello";
2.2. la normativa applicabile al caso di specie "contempla la facoltà, per l'amministrazione, per particolari motivi di sicurezza pubblica, di irrogare una sanzione pecuniaria o provvedere alla revoca della convenzione, secondo un gradualismo sanzionatorio che avrebbe richiesto senz'altro l'attivazione degli istituti partecipativi proprio per consentire all'utente del passaggio a livello di contestare efficacemente gli addebiti elevati nei suoi confronti". Tale partecipazione è stata tuttavia del tutto obliterata;
2.3. "La violazione delle prescrizioni dettate dalla disciplina di settore in materia di attraversamento dei passaggi a livello, anche di natura privata, non comporta ex se la revoca automatica della concessione di attraversamento dei binari bensì l'irrogazione di una sanzione amministrativa previa formale contestazione dell'infrazione stessa e redazione di apposito verbale (artt. 65, 66, e 78 e ss. d.p.r. 11.7.1980 n. 753)".
3. La sentenza del T.A.R. formava oggetto di appello per erroneità nella parte in cui non sarebbe stato considerato che:
3.1. la ricorrente originaria sarebbe stata priva di legittimazione originaria in quanto non effettivamente titolare dell'autorizzazione per l'utilizzo del passaggio a livello privato, autorizzazione che nel 1976 era stata intestata unicamente al suo dante causa ossia il sig. Alessandro M. Né alcun atto di subentro si sarebbe poi registrato nei confronti della società agricola "I Pastini";
3.2. la medesima ricorrente originaria "I Pastini" sarebbe stata comunque priva di interesse a ricorrere in quanto "nessuna delle due parti del fondo di proprietà della ricorrente è interclusa a seguito della disposta chiusura del passaggio a livello" (pag. 12 atto di appello introduttivo). E ciò in quanto si potrebbe continuare ad "accedere a entrambe le porzioni del terreno e al fabbricato attraverso il passaggio a livello automatico a distanza di circa un centinaio di metri da quello privato, attraverso la viabilità stradale" (pag. 13 atto di appello);
3.3. il provvedimento di revoca, al contrario di quanto statuito nella sentenza di primo grado, sarebbe suffragato da adeguata istruttoria e idonea documentazione tra cui, anzitutto, il materiale fotografico tratto dal sito internet della società agricola dal quale emergerebbe la ripetuta violazione delle disposizioni di sicurezza. A ciò si aggiunga la denunzia querela del 1° ottobre 2020 da cui si ricava che, in occasione di specifico sopralluogo, il "cancello ... era semplicemente accostato, privo del necessario lucchetto di chiusura e persino di una serratura, risultando quindi apribile" (pag. 15 atto di appello). In ogni caso, il principio del "gradualismo sanzionatorio" non troverebbe applicazione in presenza di "concreti rischi per la sicurezza pubblica" (pag. 16 atto di appello): di qui la natura vincolata del potere al riguardo esercitato. Non è un caso che, dinanzi a "un evidente pericolo per l'incolumità pubblica ... la F.S.E. s.r.l. aveva pieno diritto di sopprimere il P.L. e non consentire oltre l'attraversamento dei binari (pagg. 19 d 20 atto di appello).
4. Si costituiva in giudizio la ridetta azienda agricola per chiedere il rigetto del gravame mediante articolate controdeduzioni che, più avanti, formeranno oggetto di specifica trattazione.
5. Alla pubblica udienza del 13 novembre 2025 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso in appello veniva infine trattenuto in decisione.
6. Tutto ciò premesso il ricorso in appello è infondato e deve essere rigettato per le ragioni di seguito esposte.
7. Con il primo motivo di appello si lamenta che la ricorrente originaria "I Pastini" sarebbe stata priva di legittimazione originaria in quanto non effettivamente titolare dell'autorizzazione per l'utilizzo del passaggio a livello privato, autorizzazione che nel 1976 era stata intestata unicamente al suo dante causa ossia il sig. Alessandro M. Né alcun atto di subentro si sarebbe poi registrato nei confronti della stessa società agricola "I Pastini".
L'eccezione di inammissibilità sollevata dall'amministrazione ferroviaria (e qui riproposta sotto forma di motivo di appello), relativa al fatto che l'originaria autorizzazione era stata rilasciata in favore del dante causa della odierna azienda agricola (di qui la ritenuta assenza originaria di legittimazione al ricorso di primo grado), non ha pregio dal momento che quest'ultima è stata implicitamente trattata, nel tempo, alla stregua di sostanziale subentrante.
In altre parole, il subentro sarebbe per implicito ricavabile da comportamenti inequivoci e concludenti che l'odierno appellante ha costantemente serbato nei confronti degli attuali proprietari del fondo.
Tra questi comportamenti concludenti si veda, in particolare: a) la nota in data 24 ottobre 2016 con cui F.S.E. invitava l'azienda agricola appellata al rispetto delle nuove regole in tema di attraversamento dei passaggi a livello; b) proprio il provvedimento di revoca qui impugnato che risulta inequivocabilmente diretto al titolare dell'azienda agricola appellata ossia il sig. C.
Simili atti e comportamenti, nel loro insieme, risultano senz'altro idonei a configurare, come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado, un trattamento da "legittimo utente" nei confronti della azienda agricola appellata la quale, in altre parole, è stata di fatto e di diritto almeno implicitamente considerata, nel tempo, alla stregua di sostanziale soggetto subentrante.
Del resto, secondo un certo indirizzo giurisprudenziale (C.d.S., Sez. VI, 2 novembre 2020, n. 6732): "è ammessa la sussistenza del provvedimento implicito quando l'Amministrazione, pur non adottando formalmente un provvedimento, ne determina univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un comportamento conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del provvedimento formale corrispondente, congiungendosi tra loro i due elementi di una manifestazione chiara di volontà dell'organo competente e della possibilità di desumere in modo non equivoco una specifica volontà provvedimentale, nel senso che l'atto implicito deve essere l'unica conseguenza possibile della presunta manifestazione di volontà (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VI, 27 novembre 2014, n. 5887, e C.d.S., Sez. V, n. 589 del 2019)". Ed ancora (C.d.S., Sez. V, 19 aprile 2019, n. 2543): "La presenza di un atto implicito può ... desumersi indirettamente ma univocamente da altro provvedimento o dal comportamento esecutivo dell'amministrazione, di modo che esso se ne possa dire l'antecedente da punto di vista logico-giuridico (cfr. C.d.S., V, 23 novembre 2018, n. 6643; 6 agosto 2018, n. 4818; VI, 27 aprile 2015, n. 2112; 27 novembre 2014, n. 5887; 7 febbraio 2011, n. 813)".
Elementi questi che sicuramente sussistono, per il caso in esame, laddove risulta evidente che le comunicazioni e gli atti direttamente indirizzati ai titolari dell'appellata azienda agricola fanno propendere per una loro - almeno implicita - considerazione alla stregua di soggetti subentranti nella convenzione originariamente siglata dal M.
Da quanto detto consegue la presenza, in breve, di un atto amministrativo implicito di autorizzazione al subentro nella ridetta convenzione di gestione del passaggio a livello.
Di qui, ancora, il rigetto del primo motivo di appello.
8. Con il secondo motivo di appello si lamenta che la medesima ricorrente originaria "I Pastini" sarebbe stata comunque priva di interesse a ricorrere in quanto "nessuna delle due parti del fondo di proprietà della ricorrente è interclusa a seguito della disposta chiusura del passaggio a livello" (pag. 12 atto di appello introduttivo). E ciò dal momento che si potrebbe continuare ad "accedere a entrambe le porzioni del terreno e al fabbricato attraverso il passaggio a livello automatico a distanza di circa un centinaio di metri da quello privato, attraverso la viabilità stradale" (pag. 13 atto di appello).
L'eccezione di carenza di interesse (sollevata in primo grado e qui riproposta sotto forma di censura di appello), relativa al fatto che a cento metri di distanza dal cancello in questione si troverebbe un ulteriore passaggio a livello automatico, non ha parimenti pregio in quanto il transito dal lato indicato dalla difesa di F.S.E. comporterebbe, onde non aggravare ulteriormente l'attività produttiva dell'azienda, l'apertura di un nuovo tragitto attraverso i vitigni, dunque con rilevanti oneri finanziari a carico dell'azienda agricola che perderebbe, altresì, una certa fonte di guadagno per aprire sostanzialmente una nuova strada.
Di qui l'interesse a mantenere l'attuale passaggio a livello privato e dunque il rigetto, altresì, del secondo motivo di appello.
9. Nel merito, quanto al terzo motivo di appello osserva il collegio che:
9.1. la revoca del 4 dicembre 2019 fa riferimento ad un passaggio a livello "ripetutamente aperto" senza tuttavia indicare specifici episodi o sopralluoghi ispettivi.
Le suddette "ripetute violazioni" delle condizioni di utilizzo del passaggio a livello, cu sui si basa il provvedimento impugnato in primo grado, non trovano in altri termini più circostanziati riscontri dal punto di vista documentale, anche soltanto mediante verbali di accesso e di sopralluogo.
A ciò si aggiunga che l'unico episodio (peraltro invocato nella sola sede giudiziale) risale ad una denunzia del 19 ottobre 2020 formulata non solo dopo il provvedimento di revoca ma, addirittura, dopo la notifica del ricorso avverso il suddetto provvedimento (16 settembre 2020).
Da quanto detto consegue un chiaro difetto di istruttoria ed anche di motivazione del provvedimento originariamente impugnato;
9.2. quanto alle foto tratte dal sito internet, trattasi di motivazione postuma inammissibile in quanto tali elementi non erano mai stati evidenziati nel corso della istruttoria procedimentale. Inoltre si tratterebbe di materiale in ogni caso inidoneo in quanto l'amministrazione deve in questi casi svolgere proprie valutazioni in concreto ossia sulla base di accertamenti effettuati in modo diretto (mediante sopralluoghi) e non semplicemente indiretto mediante esame di siti online (le foto potrebbero tra l'altro essere state scattate in giorni di sospensione del servizio, come dedotto dalla difesa di parte appellante e non altrimenti contestato dalla difesa di parte appellante);
9.3. sul piano della disciplina applicabile emergono poi, nel caso di specie: a) l'art. 66 del d.P.R. n. 753 del 1980 il quale prevede sanzioni pecuniarie da un minimo ad un massimo in caso di violazione degli obblighi legati alle convenzioni tra ferrovie e privati per la gestione dei passaggi a livello privati; b) l'art. 5 della convenzione originaria del 1976 il quale prevede che, per "particolari motivi di sicurezza pubblica", possa essere disposta la modifica oppure la revoca della convenzione stessa per passaggi a livello privati.
L'insieme di queste due disposizioni integra quel sistema di "gradualismo sanzionatorio", correttamente rammentato dal giudice di primo grado, che dovrebbe in tutti questi casi essere ragionevolmente applicato. Dunque: per violazioni singole si applica la sanzione pecuniaria e per violazioni gravi e plurime si può giungere alla modifica o persino alla revoca della conve[n]zione.
Ebbene, nel caso di specie un simile tendenziale "gradualismo" è stato tuttavia del tutto obliterato (neppure la modifica dei termini della convenzione è stata presa in considerazione), e ciò dal momento che F.S.E. ha direttamente applicato la sanzione più estrema e radicale ossia la revoca: di qui la sicura assenza di proporzionalità dell'azione amministrativa;
9.4. si conferma per tale via che il provvedimento di revoca del 4 dicembre 2019, impugnato in primo grado, presenta determinati vizi di legittimità quali il difetto di istruttoria e di motivazione (si richiamano "ripetute violazioni" delle condizioni di sicurezza senza tuttavia un più ampio impianto probatorio) e il difetto di proporzionalità (si applica la più grave sanzione della revoca senza mai prendere in considerazione una più lieve statuizione di carattere pecuniario);
9.5. a ciò si aggiunga che, ancora in sede giudiziale, si invoca la assenza di condizioni di sicurezza in base a recenti normative UE (in particolare: regolamento n. 402 del 2013) ma di tutto questo non v'è traccia nel provvedimento impugnato. Dunque si tratterebbe di motivazione postuma come tale inammissibile;
9.6. alla luce delle superiori considerazioni, anche il terzo motivo di appello deve dunque essere rigettato.
10. In conclusione il ricorso in appello è infondato e deve essere rigettato. Con compensazione in ogni caso delle spese di lite stante la peculiarità delle esaminate questioni.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Puglia, sez. III, sent. n. 1131/2024.