Corte di cassazione
Sezione I penale
Sentenza 1° ottobre 2025, n. 34333
Presidente: Siani - Estensore: Centonze
RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto del 17 maggio 2025 il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma dichiarava inammissibile l'istanza presentata da Simone B., finalizzata a ottenere la misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale, sull'assunto che, su analoga istanza, rispetto alla quale non erano intervenuti elementi di novità processuale, lo stesso Tribunale di sorveglianza si era già pronunciato il 26 novembre 2024.
2. Avverso questo decreto Simone B., a mezzo dell'avv. Stefano Mario Falcioni e dell'avv. Fiorella Feliciani, ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguente alla ritenuta insussistenza dei presupposti del beneficio penitenziario dell'affidamento in prova al servizio sociale, nel respingere il quale il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma non aveva tenuto conto degli elementi [di] novità introdotti con l'istanza presupposta, rappresentati dai profili abitativi e lavorativi prospettati.
Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da Simone B. è fondato nei termini di seguito indicati.
2. Occorre premettere che il modello procedimentale prefigurato per il processo penale di esecuzione è delineato dall'art. 666 c.p.p., che prevede la celebrazione di un'udienza in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, per dare modo alle stesse di interloquire, in contraddittorio, davanti al giudice.
Tuttavia, è prevista una deroga alla regola generale, con la possibilità di un epilogo decisorio anticipato dell'incidente di esecuzione, rilevante in termini d'inammissibilità, ai sensi dell'art. 666, comma 2, c.p.p., mediante l'emissione di un decreto reso con procedura de plano, in assenza di contraddittorio, quando l'istanza «costituisce mera riproposizione di una richiesta già rigettata [...]» ovvero sia «manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge [...]».
Ne discende che il provvedimento adottato dal giudice dell'esecuzione de plano, senza fissazione dell'udienza in camera di consiglio, fuori dai casi espressamente previsti dall'art. 666, comma 2, c.p.p., è affetto da nullità di ordine generale e assoluta, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi degli artt. 178 e 179 c.p.p.
3. Tanto premesso, deve osservarsi che costituisce un dato processuale incontroverso quello secondo cui la declaratoria di inammissibilità dell'istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata da Simone B. veniva pronunciata dal Presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma de plano, senza la fissazione dell'udienza in camera di consiglio, al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 666, comma 2, c.p.p., non potendo ritenersi ictu oculi incontroversa la questione sollevata dal difensore del condannato, relativa agli elementi di novità, abitativi e lavorativi, introdotti al provvedimento adottato dallo stesso Tribunale il 26 novembre 2024, alla luce della giurisprudenza consolidata di questa Corte (tra le altre, Sez. un., n. 34655 del 28 giugno 2005, Donati, Rv. 231799-01).
Il percorso processuale seguito dal Giudice dell'esecuzione, quindi, appare in contrasto con il modello procedimentale descritto nel paragrafo precedente, nel rispetto del quale il decreto di inammissibilità per manifesta infondatezza può essere emesso de plano, ai sensi dell'art. 666, comma 2, c.p.p., solo quando l'istanza manchi dei requisiti affermati dalla legge e la presa di atto di tale mancanza non richieda accertamenti di tipo cognitivo né valutazioni discrezionali, come affermato da questa Corte, in un illuminante arresto giurisprudenziale, secondo cui «il decreto di inammissibilità per manifesta infondatezza può essere emesso de plano, ai sensi dell'art. 666, comma 2, c.p.p., soltanto qualora l'istanza manchi dei requisiti posti direttamente dalla legge e la presa d'atto di tale mancanza non richieda accertamenti di tipo cognitivo né valutazioni discrezionali» (Sez. 1, n. 32279 del 29 marzo 2018, Focoso, Rv. 273714-01).
Né è dubitabile che, nel caso di specie, per affermare l'insussistenza dei presupposti di legge, il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma ha compiuto una valutazione discrezionale, escludendo la esistenza di elementi nuovi o la loro rilevanza rispetto a quelli precedentemente addotti nell'interesse di B., essendo incontroverso che la nuova istanza non era sovrapponibile alla precedente con riferimento agli elementi di fatto, già solo in ragione del diverso domicilio e della diversa attività lavorativa indicata, che impedivano di ritenere le due istanze connotate da identità sotto il profilo della causa petendi (tra le altre, Sez. 3, n. 5195 del 5 dicembre 2003, dep. 10 febbraio 2004, Prestianni, Rv. 227329-01; Sez. 1, n. 3736 del 15 gennaio 2009, Anello, Rv. 242533-01).
Pertanto, nel caso di specie, si è verificata una nullità assoluta, rilevante ai sensi degli artt. 178 e 179 c.p.p., attinente all'instaurazione del contraddittorio tra le parti processuali, che determina la nullità del giudizio e del provvedimento oggetto d'impugnazione.
4. Per queste ragioni, il decreto impugnato deve essere annullato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma, affinché provveda a un nuovo giudizio, conformandosi ai principi di diritto che si sono enunciati.
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Depositata il 21 ottobre 2025.