Corte di cassazione
Sezione V civile (tributaria)
Ordinanza 30 ottobre 2025, n. 28706
Presidente: Crucitti - Relatore: Angarano
FATTI DI CAUSA
1. Gioacchina P. impugnava il preavviso di fermo amministrativo, n. 29380201600037559/000, notificato il 26 gennaio 2017, relativo a crediti erariali e previdenziali, per un importo complessivo di euro 266.605,09, portati da cinque cartelle di pagamento (nn. 29320010127690903, 29320020062115972, 29320020116646425, 29320030020503412, 29320110045285841).
2. La C.t.p. accoglieva parzialmente il ricorso e annullava tre cartelle di pagamento (nn. 29320020062115972, 29320020116646425, 29320110045285841); confermava, invece, la legittimità delle altre due cartelle (nn. 29320010127690903 e 29320030020503412). Per l'effetto confermava il preavviso di fermo, in quanto legittimamente emanato, a fronte di un debito erariale che ammontava comunque a euro 85.000,00 circa.
3. La sentenza veniva appellata dalla contribuente che ne chiedeva una riforma parziale nella parte in cui la C.t.p. aveva confermato, nello specifico, la legittimità della cartella di pagamento (n. 29320010127690903) evidenziando che dalla copia fotostatica della relata di notifica non era dato evincere dove, a chi e come fosse stata notificata; che la notifica dell'intimazione di pagamento era nulla per violazione dell'art. 140 c.p.c.; che tra la data del 21 agosto 2001, della presunta notificazione della cartella, e la data del 2 ottobre 2012, di notificazione dell'intimazione di pagamento, era comunque maturata la prescrizione decennale. Si costituiva l'Agenzia dell'entrate che spiegava appello incidentale, volto a contestare la pronuncia di primo grado laddove aveva annullato, perché ritenute prescritte, le tre cartelle di pagamento (nn. 29320020062115972, 29320020116646425, 29320110045285841) affermando che quei crediti erano cristallizzi e non più contestabili.
4. La C.t.r. accoglieva l'appello principale della contribuente, annullando, per l'effetto, la cartella n. 29320010127690903; rigettava, invece, l'appello incidentale confermando la sentenza di primo grado. Quanto alla cartella annullata osservava che quantunque si ritenesse effettuata il 21 agosto 2001 la notifica della stessa, tra tale data e il 2 ottobre 2012, data di notifica dell'intimazione di pagamento, era comunque maturata la prescrizione decennale relativa ai tributi (irpef, ilor ed accessori) pretesi dall'Ufficio.
5. L'Agenzia delle entrate - Riscossione ha proposto ricorso per cassazione nei confronti di Gioacchina P. chiamando in giudizio anche l'Agenzia delle entrate. Entrambi le intimate hanno depositato controricorso. L'Agenzia delle entrate ha chiesto l'accoglimento del ricorso. La contribuente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo ed unico motivo l'Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 19, comma 3, e 21 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.
Censura la sentenza d'appello per aver ritenuto che la cartella di pagamento n. 29320010127690903 si riferisse a crediti per i quali, successivamente alla sua emissione, fosse maturata la prescrizione decennale. Osserva che sia la cartella di pagamento che il successivo atto di intimazione erano stati notificati alla contribuente; che la dedotta prescrizione, la quale si sarebbe maturata tra la notifica della cartella avvenuta nell'agosto del 2001 e la notifica dell'avviso di intimazione, avvenuta nell'ottobre del 2012, avrebbe dovuto essere fatta valere, ai sensi dell'art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992, entro sessanta giorni dalla notifica dell'intimazione di pagamento, mediante impugnazione della stessa.
2. Preliminarmente va disattesa l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla contribuente, sia con riferimento al ricorso, per violazione dell'art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c. in relazione al criterio dell'autosufficienza, sia con riferimento al motivo di ricorso, per violazione dell'art. 366, primo comma, n. 4, c.p.c., per mancanza di specificità.
Il ricorso rispetta il «modello legale» apprestato dall'art. 366 c.p.c. e consente a questa Corte di avere contezza sia del rapporto giuridico sostanziale originario da cui è scaturita la controversia, sia dello sviluppo della vicenda processuale nei vari gradi di giudizio di merito, in modo da poter procedere poi allo scrutinio del motivo con le conoscenze necessarie per valutare se essi siano deducibili e pertinenti. Risulta chiara, poi, la formulazione del motivo, il quale censura la sentenza impugnata per aver ignorato che l'eccezione di prescrizione maturata prima della notifica dell'intimazione di pagamento avrebbe dovuto farsi valere a mezzo impugnazione di quest'ultima.
3. Nel merito il motivo è fondato.
3.1. La C.t.r., con riferimento alla cartella n. 29320010127690903 - l'unica oggetto dell'odierno ricorso per cassazione -, ha così motivato «l'appello proposto dalla contribuente risulta fondato posto che, quantunque si ritenesse effettuata il 21.8.2001 la notifica della cartella sub n. 1), tra tale data e il 29.10.2012, data di notifica dell'intimazione di pagamento, sarebbe maturata la prescrizione decennale relativa ai tributi (irpef, ilor ed accessori) pretesi dall'Ufficio».
3.2. Tale statuizione è erronea in diritto.
In primo luogo deve evidenziarsi che il contribuente ha impugnato, non l'intimazione di pagamento, ma il successivo atto di preavviso di fermo amministrativo.
Ciò posto, deve darsi continuità al principio di diritto per il quale l'intimazione di pagamento di cui all'art. 50 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in quanto equiparabile all'avviso di mora di cui al precedente art. 46 d.P.R. cit., è impugnabile autonomamente ai sensi dell'art. 19, comma 1, lett. e), d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sicché la sua impugnazione non è meramente facoltativa, ma necessaria, pena la cristallizzazione dell'obbligazione» (Cass. 11 marzo 2025, n. 6436).
Nello stesso senso si è chiarito che l'omessa impugnazione preclude al contribuente di eccepire la prescrizione compiutasi anteriormente allo spirare dell'anzidetto termine (Cass. 21 luglio 2025, n. 20476).
3.2.1. Va rammentato, in proposito che, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, in tema di contenzioso tributario, l'elencazione degli atti impugnabili contenuta nell'art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992 ha natura tassativa, ma non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l'Amministrazione finanziaria porti a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, esplicitandone le ragioni fattuali e giuridiche. È stata, in particolare, riconosciuta la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall'ente impositore che, esplicitando concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinata, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall'art. 19 cit. Ne consegue che il contribuente ha la facoltà, non l'onere, d'impugnazione di atti diversi da quelli ivi specificamente indicati (tra le più recenti, Cass. 9 dicembre 2024, n. 31630).
È pacifico pertanto che la mera facoltatività dell'impugnazione sussiste solo per gli atti non tipici.
3.2.2. L'art. 50, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973 prevede che, se l'espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, la stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall'articolo 26, di «un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni».
Detto «avviso» corrisponde al precedente «avviso di mora» di cui all'art. 46 d.P.R. cit. nella versione precedente. A tal fine basti considerare che il vecchio art. 46 - intestato «avviso di mora» - prevedeva che l'esattore prima di iniziare l'espropriazione forzata nei confronti del debitore moroso dovesse notificargli un avviso contenente l'indicazione del debito, distintamente per imposte, sopratasse, pene pecuniarie, interessi, indennità di mora e spese, e l'invito a pagare entro cinque giorni; che, dopo le modifiche di cui al d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337) analoga disposizione si trova nell'attuale art. 50 - intestato «termine per l'inizio dell'esecuzione» - il quale prevede che se l'espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l'espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni.
Non vi è dubbio, pertanto, che si tratti del medesimo atto e che, di conseguenza, l'avviso di cui all'art. 50 d.P.R. n. 602 del 1973 è riconducibile all'avviso di mora cui fa riferimento l'art. 19, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 546 del 1992. In questo senso, del resto, si sono espresse anche le Sezioni unite (cfr. Cass., Sez. un., 31 marzo 2008, n. 8279. Nello stesso senso Cass. 14 settembre 2022, n. 27093).
3.2.3. Con riferimento all'intimazione di pagamento in generale - quale atto il cui scopo è quello di invitare il contribuente al pagamento prima di dare avvio all'esecuzione forzata - questa Corte ha ribadito che si tratta di atti assimilati all'avviso di cui all'art. 50, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973 (cfr. tra le più recenti Cass. n. 22108 del 2024 cit.).
Del resto, questa Corte ha già evidenziato che la questione sulla facoltatività o meno dell'impugnazione dell'atto non possa risolversi sulla scorta della mera formale dizione contenuta nell'art. 19 d.lgs. n. 545 del 1992, dovendosi guardare alla funzione intrinseca, analoga a quella propria di uno degli atti tipici ivi contemplati (cfr. Cass. 15 dicembre 2021, n. 40233).
Da ultimo, le Sezioni unite, affrontando, se pure ai fini di statuizione della giurisdizione, la questione della natura dell'intimazione di pagamento, hanno ribadito «sia pur con riferimento a fattispecie impositiva diversa (ovvero in materia di tasse automobilistiche), che il "sollecito di pagamento" ricevuto dal contribuente [...] è certamente atto che precede l'esecuzione, potendo lo stesso essere assimilato, al di là dell'ininfluente differenza di denominazione, all'avviso previsto dall'art. 50, comma 2, del D.P.R. n. 602 del 1973 per l'ipotesi che l'espropriazione non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento: avviso - comunemente denominato "avviso di mora" - la cui impugnabilità innanzi alle commissioni tributarie è esplicitamente prevista dall'art. 19, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992» (Cass., Sez. un., 16 ottobre 2024, n. 26817 che richiama Cass., Sez. un., 19 novembre 2007, n. 23832 in motivazione). Le Sezioni unite, dunque, hanno ribadito che, al di là della diversa denominazione dei singoli atti, deve aversi riguardo alla funzione propria dell'atto ovvero, nella specie, di invitare il contribuente al pagamento prima di dare avvio all'esecuzione forzata.
3.2.4. Va data, pertanto, continuità alla giurisprudenza secondo la quale il meccanismo di cui all'art. 19, comma 3, ultimo periodo, d.lgs. n. 546 del 1992 (a mente del quale la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all'atto notificato, ne consente l'impugnazione unitamente a quest'ultimo), comporta che, se l'intimazione di pagamento - nel senso sopra precisato - non viene impugnata (facendo valere la sua sola nullità per mancata notifica degli atti presupposti o anche l'illegittimità della pretesa per vicende ad essa attinenti, come la prescrizione della stessa), il relativo credito si consolida e non possono essere fatte valere vicende estintive anteriori alla sua notifica (Cass., n. 22108 del 2024 cit., Cass. 22 aprile 2024, n. 10736).
Va, viceversa, disatteso il diverso ed isolato orientamento (fatto proprio, tra le più recenti, da Cass. 17 giugno 2024, n. 16743) che, facendo leva sul solo riferimento letterale, ritiene che l'avviso di intimazione, sebbene contenente l'esplicitazione di una ben definita pretesa tributaria, non sia un atto previsto tra quelli di cui all'art. 19 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, con conseguente facoltà e non obbligo di impugnazione.
3.2.5. Il contribuente, pertanto, ha l'onere d'impugnare l'avviso di intimazione per fare valere l'eventuale prescrizione dei crediti tributari maturati tra la data di notificazione delle cartelle di pagamento e quella di notificazione dell'avviso stesso; ugualmente deve ritenersi con riferimento alla cartella per la quale si assuma che nemmeno sia stata notificata. In altri termini l'eccezione di prescrizione che si afferma maturata prima dell'intimazione di pagamento va fatta valere impugnando quest'ultima, restando preclusa, invece, in sede di impugnazione del successivo atto di pignoramento.
3.2.6. La C.t.r., pertanto, ha errato nel ritenere che il contribuente potesse far valere la prescrizione del credito, maturata prima della notifica dell'intimazione di pagamento, impugnando il preavviso di fermo.
3.3. Il contribuente, in sede di controricorso, ha eccepito nel merito che «anche la notifica della intimazione di pagamento relativa alla cartella n. 29320010127690903/000 è stata dai giudicanti considerata nulla sul presupposto che "il messo notificatore in data 29.10.2012 (ben 11 anni dopo la presunta notifica della cartella di pagamento) ha tentato la notifica della predetta intimazione ai sensi dell'art. 140 c.p.c., senza tuttavia completare l'iter notificatorio"». Ha aggiunto che «la Riscossione Sicilia non ha dato prova dell'invio della raccomandata informativa prevista dall'art. 140 c.p.c. e pertanto la notifica è stata dai giudicanti ritenuta nulla» (cfr. pag. 28 controricorso in cassazione).
3.3.1. L'eccezione, tuttavia, non trova riscontro negli atti del giudizio dai quali, al contrario, emerge che entrambi i giudici di merito, con accertamento in fatto non censurabile in cassazione, hanno verificato la regolarità della notifica dell'intimazione di pagamento.
In particolare, la C.t.p., nella sentenza di primo grado, ha testualmente affermato: «la cartella n. 293 2001 0127690903 è stata notificata ai sensi dell'art. 139 c.p.c.; risulta successiva intimazione del 2012 la cui notifica è correttamente documentata; tale intimazione non risulta impugnata».
Tale statuizione è stata oggetto di espresso motivo di appello da parte della contribuente, anche con riferimento alla notifica dell'intimazione di pagamento. La C.t.r., tuttavia, pur avendo dato atto nello svolgimento del processo che l'appello verteva anche sulla notifica dell'intimazione di pagamento, nella parte motiva ha espressamente indicato il giorno 29 ottobre 2012 come quello della relativa notifica.
Invero, la contribuente, totalmente vittoriosa in secondo grado con riferimento alla cartella n. 29320010127690903, non era tenuta a spiegare ricorso incidentale sulla specifica questione della notifica dell'intimazione di pagamento, potendo limitarsi a riproporla (Cass. 9 novembre 2016, n. 22841); la parte, tuttavia, fonda la propria eccezione sul presupposto, erroneo, che entrambi i giudici di merito abbiano accertato la nullità della notifica dell'intimazione di pagamento.
3.3.2. A ciò deve aggiungersi che l'intimazione di pagamento (come del resto l'avviso di accertamento e la cartella di pagamento) è atto sostanziale e non atto processuale, sicché resta precluso a questa Corte di controllarne direttamente, quale giudice del fatto processuale, il suo perfezionamento, trattandosi di verifica rimessa al giudice di merito. Ugualmente, l'accertamento in ordine alle modalità seguite nella notificazione costituisce accertamento di fatto rimesso al giudice del merito (cfr. Cass. 2 maggio 2025, n. 11533 e Cass. 29 gennaio 2024, n. 2630 quanto all'avviso di accertamento).
4. Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata; inoltre, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c. rigettando, con riferimento alla cartella oggetto del contendere in questa sede (la n. 29320010127690903), l'originario ricorso della contribuente.
5. Le spese delle fasi di merito restano compensate in ragione dell'incertezza interpretativa in merito all'obbligo di impugnazione dell'atto di intimazione, risolta di recente da questa Corte.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito ex art. 384 c.p.c., rigetta, con riferimento alla cartella oggetto del contendere, l'originario ricorso della contribuente. Compensa integralmente tra le parti le spese delle fasi del giudizio di merito e condanna la contribuente a corrispondere all'Agenzia delle entrate - Riscossione le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 5.000,00 oltre a euro 200 per esborsi, rimborso forfetario nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.