Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 13 ottobre 2025, n. 755
Presidente: Giovagnoli - Estensore: La Ganga
FATTO
Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso proposto dall'odierna appellante per l'annullamento della nota prot. n. 18792 del 22 dicembre 2017 con cui il Comune di Custonaci ha rigettato l'istanza di revoca o riesame presentata dalla ricorrente in data 18 ottobre 2017 in relazione al provvedimento di diniego di sanatoria n. 20 del 10 marzo 1992 e all'ordinanza di demolizione n. 166 del 24 settembre 2001.
Con la sentenza appellata il T.A.R., ritenuto l'atto impugnato privo di connotati provvedimentali e concretizzante una mera dichiarazione di non provvedere ad atti di autotutela decisoria, ha dichiarato il ricorso inammissibile per carenza originaria di interesse.
3. L'interessata ha proposto appello deducendo che la sentenza appellata sia viziata da erronea declaratoria di inammissibilità e da motivazione apparente, mentre l'atto impugnato si palesa affetto da carenze istruttorie, difetti di motivazione, contraddittorietà e violazione di principi costituzionali e convenzionali.
4. Il Comune di Custonaci non si è costituito in giudizio.
5. All'udienza pubblica del 17 settembre 2025 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
5. Con il primo motivo di appello si sostiene l'erroneità della sentenza appellata per l'aver ritenuto il ricorso originario inammissibile sul presupposto che l'atto gravato fosse privo di autonoma lesività, risolvendosi in una mera dichiarazione di non voler esercitare l'autotutela decisoria.
L'appellante, richiamata la differenza tra l'atto meramente confermativo che si limita a ribadire l'esistenza del provvedimento originario e l'atto di conferma che in quanto emesso a seguito di una rinnovata attività istruttoria e valutativa si configura come un provvedimento dotato di autonoma lesività, ritiene che nel caso di specie, il Comune di Custonaci, investito dell'istanza di revoca ex art. 21-quinquies della l. n. 241/1990, abbia proceduto a una nuova istruttoria, richiamando valutazioni aggiornate dell'Assessorato regionale territorio e ambiente e operando una rinnovata ponderazione degli interessi pubblici e privati in gioco.
L'appellante ritiene, pertanto, che l'atto impugnato non sia un atto meramente confermativo, ma un provvedimento a contenuto sostanzialmente nuovo, idoneo a ledere la propria sfera giuridica e conseguentemente suscettibile di impugnazione.
6. Col secondo motivo di appello si eccepisce la carenza di motivazione della sentenza impugnata.
Il T.A.R., nel dichiarare inammissibile il ricorso, avrebbe omesso di pronunciarsi sui motivi articolati dalla ricorrente, trincerandosi dietro la qualificazione di carenza di natura provvedimentale dell'atto impugnato. Ne è derivata una motivazione meramente apparente, non conforme al canone costituzionale e processuale dell'art. 111, comma 6, Cost., e all'art. 74 c.p.a., che impongono al giudice di dare conto delle ragioni poste a fondamento della decisione.
I motivi di primo grado non esaminati dal T.A.R. sono:
- carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione del provvedimento comunale (nota prot. 18792 del 22 dicembre 2017).
L'appellante deduce che il provvedimento di diniego dell'istanza di revoca appaia viziato da manifesta insufficienza e illogicità della motivazione. L'Amministrazione si è limitata ad affermare la permanenza delle condizioni di cui all'art. 31 d.P.R. n. 380/2001 e la sussistenza di un interesse pubblico al mantenimento dell'opera nel patrimonio comunale, destinandola genericamente a servizi o attrezzature pubbliche.
Tale motivazione non ha tenuto conto della circostanza - puntualmente dedotta dall'istante - che, dall'adozione dell'ordinanza di demolizione (2001) nessun atto esecutivo è stato posto in essere e che il decorso di un considerevole lasso di tempo costituisce indice del venir meno dell'interesse pubblico originariamente perseguito;
- difetto di declaratoria di pubblico interesse.
Il Comune ha giustificato il rigetto dell'istanza perché l'opera è stata acquisita per finalità di interesse pubblico, richiamando la disciplina di cui all'art. 31, comma 5, d.P.R. n. 380/2001. Tuttavia, ritiene parte appellante, che l'acquisizione al patrimonio comunale non possa automaticamente comportare la legittimità del mantenimento dell'opera: è necessario che il Consiglio comunale adotti una specifica deliberazione di pubblico interesse, idonea a derogare all'obbligo di demolizione, provvedimento questo che nel caso di specie non è stato adottato.
Il provvedimento gravato risulterebbe altresì contraddittorio nella parte in cui, da un lato, afferma l'attualità di un interesse pubblico prevalente al mantenimento del bene, dall'altro rimette la destinazione dell'immobile a «future esigenze o scelte politiche programmatiche», subordinando la giustificazione dell'atto a evenienze future e incerte e negando in radice la sussistenza di un interesse pubblico attuale e concreto;
- violazione del diritto di proprietà e dei principi sanciti dalla CEDU.
Il rigetto dell'istanza si porrebbe in contrasto con l'art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che tutela il diritto di ogni persona al rispetto dei propri beni;
- violazione del principio di legittimo affidamento e della certezza giuridica.
Il protrarsi per oltre vent'anni dell'inerzia amministrativa ha ingenerato nel privato un legittimo affidamento nella stabilizzazione della situazione di fatto e l'atto impugnato non avrebbe in alcun modo considerato né bilanciato detto affidamento ledendo così i principi di certezza del diritto e di proporzionalità.
7. L'appello non è fondato.
7.1. La Pubblica Amministrazione non ha l'obbligo di provvedere su un'istanza diretta a sollecitare l'esercizio del potere di autotutela in quanto il provvedimento di secondo grado è espressione di un potere eminentemente discrezionale e non è coercibile.
Nel caso di specie il Comune di Custonaci ben poteva determinarsi a respingere, senza riconsiderare la problematica, la richiesta dell'odierna parte appellante volta a ottenere il riesame dei provvedimenti negativi (diniego di sanatoria e ordinanza di demolizione) divenuti da tempo inoppugnabili.
La giurisprudenza è costante nel ritenere che non sussista alcun obbligo dell'Amministrazione di pronunciarsi su un'istanza volta a ottenere un provvedimento in via di autotutela, poiché l'esercizio del relativo potere ha natura officiosa e ampiamente discrezionale, soprattutto nell'an, e il privato può al riguardo avanzare solo mere sollecitazioni o segnalazioni che, in quanto prive di valore giuridicamente cogente, non sono in grado di generare un obbligo giuridico di provvedere. Il principio trova conferma testuale nella lettera dell'art. 21-nonies della l. 241/1990, che prefigura l'iniziativa di annullamento dell'atto già adottato in termini di mera "possibilità", e si giustifica alla luce delle esigenze di certezza delle situazioni giuridiche e della correlata regola di inoppugnabilità dei provvedimenti amministrativi non tempestivamente contestati (C.d.S., VI, 6 aprile 2022, n. 2564; IV, 9 luglio 2020, n. 4405; V, 24 settembre 2019, n. 6420).
Questo Collegio concorda col giudice di prime cure nel ritenere il provvedimento impugnato privo di natura provvedimentale e quindi privo di lesività, risolvendosi in una mera dichiarazione di non provvedere ad atti di autotutela decisoria.
Il Comune con la comunicazione impugnata in primo grado ha correttamente dichiarato la persistenza delle condizioni di cui all'art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 e il conseguente mantenimento al patrimonio comunale dell'opera illegittima non demolita nei termini previsti di cui all'ingiunzione di demolizione notificata all'interessata (n. 166 del 24 settembre 2001) respingendo conseguentemente la richiesta di quest'ultima.
L'ente si è limitato a dichiarare che persistono le condizioni di cui all'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, che gli immobili acquisiti al patrimonio comunale sono oggetto di continuo monitoraggio e che il loro utilizzo dipenderà dalle esigenze o scelte politiche programmatiche deliberate dall'Amministrazione comunale; il tutto senza avviare alcuna attività istruttoria.
Detta dichiarazione di non provvedere a poteri di autotutela decisoria non è un atto provvedimentale e non può essere impugnato non avendo contenuto lesivo, per cui la ricorrente non aveva alcun interesse alla proposizione del ricorso in primo grado, conseguentemente il T.A.R. in modo corretto ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso proposto in primo grado.
7.2. Di nessun pregio si appalesano le argomentazioni dell'appellante circa la mancata esecuzione da parte dell'ente della demolizione dell'immobile o dell'adozione di apposita deliberazione di pubblico interesse, idonea a derogare all'obbligo di demolizione.
In tema di reati edilizi, dopo l'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, qualora il Consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento del manufatto, ravvisando l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, l'originario proprietario può chiedere la revoca dell'ordine di demolizione soltanto per provvedere spontaneamente all'esecuzione di tale provvedimento, essendo privo di interesse ad avanzare richieste diverse, in quanto il procedimento amministrativo sanzionatorio ha ormai come unico esito obbligato la demolizione della costruzione a spese del responsabile dell'abuso.
Sul punto il C.d.S., Ad. plen., 11 ottobre 2023, n. 16 ha espressamente chiarito che l'inottemperanza all'ordinanza di demolizione comporta la novazione oggettiva dell'obbligo del responsabile o del suo avente causa di ripristinare la legalità violata, poiché, a seguito dell'acquisto del bene da parte dell'Amministrazione, egli non può più demolire il manufatto abusivo e deve rimborsare all'Amministrazione le spese da essa sostenute per effettuare la demolizione d'ufficio, salva la possibilità che essa consenta anche in seguito che la demolizione venga posta in essere dal privato.
Nessun'altra pretesa può avanzare il soggetto che non ha ottemperato all'ordine di demolizione avendo perso ope legis la proprietà del bene.
Tutti gli altri motivi di appello restano assorbiti anche se è indubbio che le relative argomentazioni avrebbero dovuto essere eccepite con riferimento ai provvedimenti di diniego di sanatoria e ordine di demolizione e non certamente avverso la nota (non avente natura provvedimentale) con la quale l'Amministrazione comunale ha semplicemente comunicato di non ritenere di accogliere l'istanza volta ad ottenere un provvedimento di secondo grado.
8. In definitiva, l'appello va respinto.
9. Nulla sulle spese del grado attesa la mancata costituzione del Comune appellato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Sicilia, sez. II, sent. n. 1046/2023.