Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli-Venezia Giulia
Sentenza 19 settembre 2025, n. 386
Presidente: Modica de Mohac di Grisì - Estensore: Micelli
FATTO E DIRITTO
1. Il ricorrente, in qualità di legale rappresentante di Pashaa s.r.l., impugna il decreto n. P-UD/L/Q/2024/100269 d.d. 27 maggio 2025 con cui la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia - Direzione centrale lavoro, formazione, istruzione e famiglia - Servizio politiche del lavoro, ha disposto la revoca del nulla osta al lavoro subordinato rilasciato il 12 ottobre 2024 per l'istanza presentata il giorno 18 marzo 2024 dal ricorrente stesso in favore del lavoratore di cittadinanza egiziana signor E.E.N.E. Ahmed Elsaid, non essendo stati superati i motivi ostativi evidenziati nel preavviso di revoca.
2. L'atto introduttivo del presente giudizio, che è stato notificato alla Prefettura di Udine e non alla Regione Friuli-Venezia Giulia, si limita ad affermare che "la ricorrente ha prodotto tutta la documentazione e quindi non esistono motivi ostativi alla prosecuzione e alla conclusione del procedimento amministrativo", concludendo per l'annullamento previa sospensiva del provvedimento indicato "perché adottato in errore, violazione di legge, eccesso di potere", senza in proposito esplicitare i vizi di legittimità di cui sarebbe affetto il gravato provvedimento.
3. La Prefettura intimata ed il Ministero dell'interno si sono costituiti in giudizio controdeducendo in merito alla inammissibilità del ricorso, non risultando comprensibile se parte ricorrente si dolga di una asserita mancata conclusione del procedimento o di una sua illegittimità, in assenza della esplicitazione di alcun vizio nel contenuto del ricorso, ed eccependo in ogni caso il proprio difetto di legittimazione passiva.
4. All'udienza camerale del 10 settembre 2025 la causa, previo avviso alle parti della sussistenza dei presupposti per la pronuncia di una sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 c.p.a., è stata trattenuta in decisione.
5. Rileva il Collegio che il ricorso è inammissibile per mancata notifica all'ente che ha emesso il provvedimento impugnato, ossia la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
6. Viene in rilievo nella presente sede un decreto di revoca di nulla osta al lavoro subordinato in favore di cittadino non appartenente all'Unione europea emesso dallo Sportello unico immigrazione della Regione in parola, Amministrazione competente in base al combinato disposto di cui agli artt. 22, comma 16, d.lgs. 286/1998 e 1, comma 3, d.lgs. 153/2012 (con la precisazione che, a seguito della riforma che ha condotto all'abolizione delle province, le relative competenze sono state trasferite all'Amministrazione regionale), come tale unica legittimata passiva.
7. Ne discende che il ricorso andava notificato all'Amministrazione che ha emanato l'atto impugnato, ai sensi dell'art. 27, comma 1, e 41 c.p.a. a pena di inammissibilità (cfr. C.d.S., Sez. IV, 11 febbraio 2011, n. 928, secondo cui "è inammissibile il ricorso notificato ad organo della Pubblica amministrazione diverso da quello al quale risale la paternità del provvedimento del quale si chiede l'annullamento (...) atteso che la corretta instaurazione del contraddittorio nella prima fase del procedimento impone come regola ineludibile che il ricorso sia portato a conoscenza legale dell'Autorità che ha emesso l'atto oggetto dell'impugnativa"; ed inoltre C.d.S., Sez. III, 19 giugno 2018, n. 3769; T.A.R. Roma, Sez. II, 17 febbraio 2023, n. 2828; T.A.R. Perugia, Sez. I, 12 novembre 2021, n. 824; T.A.R. Napoli, Sez. I, 9 luglio 2020, n. 2958, secondo cui "Il criterio formale dell'adozione dell'atto, espresso nell'art. 41 c.p.a., costituisce un riferimento essenziale, quale elemento oggettivo idoneo a consentire l'agevole individuazione dell'Amministrazione da vocare in giudizio, garantendo così quella certezza necessaria ad assicurare l'effettività della tutela giurisdizionale a cui si ispira il sistema processuale"), non potendosi sanare l'omessa evocazione in giudizio dell'ente che ha emesso l'atto mediante l'integrazione del contraddittorio, rimedio previsto esclusivamente per il caso di più parti controinteressate, solo alcune delle quali intimate.
7.1. È stato altresì osservato che "Nel giudizio amministrativo, la necessità che il contraddittorio sia ritualmente instaurato nei confronti dell'autorità che ha emanato l'atto impugnato discende dalla circostanza che dall'accoglimento derivano obblighi conformativi che presuppongono la competenza dell'amministrazione a provvedere; ne consegue che quest'ultima deve essere parte del giudizio non solo per le ovvie ragioni difensive (inclusa la possibilità di valutare l'autotutela), ma anche per altrettanto evidenti ragioni di natura esecutiva in rapporto al giudicato" (T.A.R. Lazio, Sez. IV-quater, 6 agosto 2025, n. 15331).
8. Conclusivamente, il ricorso è inammissibile con ogni conseguenza sulle spese di lite, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli-Venezia Giulia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite a favore del Ministero dell'interno, che liquida in euro 1.500,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.