Corte di giustizia dell'Unione Europea
Terza Sezione
Sentenza 11 settembre 2025
Presidente: Lycourgos - Relatore: Fenger
«Rinvio pregiudiziale - Agricoltura - Organizzazione comune del mercato vitivinicolo - Regime comunitario di protezione delle denominazioni dei vini - Regolamento (CE) n. 1493/1999 - Articolo 54 - Vini di qualità prodotti in regioni determinate (v.q.p.r.d.) - Regolamento (CE) n. 479/2008 - Articolo 43, paragrafo 2, e articolo 51 - Regolamento (CE) n. 1234/2007 - Articolo 118 duodecies, paragrafo 2, e articolo 118 vicies - Regolamento (UE) n. 1308/2013 - Articolo 101, paragrafo 2, e articolo 107 - Protezione, ai sensi del diritto dell'Unione, dei v.q.p.r.d. riconosciuti dal diritto nazionale - Conflitto tra una denominazione di vini protetta e un marchio anteriore notorio contenente un termine identico a tale denominazione - Denominazione asseritamente ingannevole - Regime transitorio - Estensione automatica della protezione - Completezza del regime di protezione - Certezza del diritto».
Nella causa C‑341/24, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con ordinanza dell'8 maggio 2024, pervenuta in cancelleria l'8 maggio 2024, nel procedimento Duca di Salaparuta SpA contro Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Consorzio volontario di tutela dei vini DOC Salaparuta, Baglio Gibellina Srl, Cantina Giacco Soc. coop. agricola, Madonna del Piraino Soc. coop. agricola, nonché contro: Botte di Vino di VH & C. Snc, Baglio San Vito Srl, in liquidazione, Romeo Vini di CZ & C. Sas.
[...]
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo (GU 1999, L 179, pag. 1), del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio, del 29 aprile 2008, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, che modifica i regolamenti (CE) n. 1493/1999, (CE) n. 1782/2003, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 3/2008 e abroga i regolamenti (CEE) n. 2392/86 e (CE) n. 1493/1999 (GU 2008, L 148, pag. 1), del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (GU 2007, L 299, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) n. 491/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009 (GU 2009, L 154, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento n. 1234/2007»), nonché del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU 2013, L 347, pag. 671).
2. Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia tra, da un lato, la società Duca di Salaparuta SpA e, dall'altro, il Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste (Italia), il Consorzio volontario di tutela dei vini DOC Salaparuta (Italia), nonché le società Baglio Gibellina Srl, Cantina Giacco Soc. coop. agricola, Madonna del Piraino Soc. coop. agricola, Botte di vino di VH & C. snc, Baglio San Vito Srl in liquidazione e Romeo Vini di CZ & C. Sas in merito a una domanda di dichiarazione di nullità e/o di invalidità della registrazione a livello dell'Unione europea della denominazione di origine protetta «Salaparuta» nonché del riconoscimento nel diritto italiano del termine «Salaparuta» quale denominazione di origine controllata, sulla base del rilievo che tale denominazione di origine protetta e tale denominazione di origine controllata creerebbero un rischio di conflitto con i marchi anteriori notori registrati per vini di cui la Duca di Salaparuta è titolare e che contengono termini identici a dette denominazioni di origine protetta e di origine controllata.
Contesto normativo
Diritto internazionale
Convenzione di Parigi
3. La Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale è stata firmata a Parigi il 20 marzo 1883, riveduta da ultimo a Stoccolma il 14 luglio 1967 e modificata il 28 settembre 1979 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 828, n. 11851, pag. 305; in prosieguo: la «Convenzione di Parigi»). Tutti gli Stati membri dell'Unione sono parti di tale convenzione.
4. L'articolo 10 bis di tale Convenzione così recita:
«1) I Paesi dell'Unione sono tenuti ad assicurare ai cittadini dei Paesi dell'Unione una protezione effettiva contro la concorrenza sleale.
2) Costituisce un atto di concorrenza sleale ogni atto di concorrenza contrario agli usi onesti in materia industriale o commerciale.
3) Dovranno particolarmente essere vietati:
1° tutti i fatti di natura tale da ingenerare confusione, qualunque ne sia il mezzo, con lo stabilimento, i prodotti o l'attività industriale o commerciale di un concorrente;
(...)
3° le indicazioni o asserzioni il cui uso, nell'esercizio del commercio, possa trarre in errore il pubblico sulla natura, il modo di fabbricazione, le caratteristiche, l'attitudine all'uso o la quantità delle merci».
Accordo di Madrid
5. Ai sensi dell'articolo 3 bis dell'Accordo di Madrid relativo alla repressione delle indicazioni di provenienza false o fallaci del 14 aprile 1891, come riveduto da ultimo a Stoccolma il 14 luglio 1967 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 828, n. 11848, pag. 163; in prosieguo: l'«Accordo di Madrid»):
«I paesi ai quali si applica [l'Accordo di Madrid] s'impegnano altresì a vietare l'uso, per quanto riguarda la vendita, l'esposizione o l'offerta di prodotti, di qualsiasi indicazione che abbia carattere pubblicitario e sia tale da trarre in inganno il pubblico sulla provenienza dei prodotti, facendola figurare su insegne, annunci, fatture, carte dei vini, lettere o documenti commerciali o in qualsiasi altra comunicazione commerciale».
Accordo TRIPS
6. L'accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (in prosieguo: l'«accordo TRIPS») costituisce l'allegato 1 C dell'accordo che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) che è stato firmato a Marrakech il 15 aprile 1994 e approvato con la decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell'Uruguay Round (1986-1994) (GU 1994, L 336, pag. 1). Sono parti dell'accordo TRIPS i membri dell'OMC, tra cui tutti gli Stati membri dell'Unione e la stessa Unione.
7. L'articolo 2 di tale accordo, che rientra nella parte I di quest'ultimo, al paragrafo 1 stabilisce quanto segue:
«In relazione alle parti II, III e IV del presente accordo, i membri si conformano agli articoli da 1 a 12 e all'articolo 19 della [Convenzione di Parigi]».
8. L'articolo 22, paragrafo 1, di detto accordo, che rientra nella parte II di quest'ultimo, così dispone:
«Ai fini del presente accordo, per indicazioni geografiche si intendono le indicazioni che identificano un prodotto come originario del territorio di un membro, o di una regione o località di detto territorio, quando una determinata qualità, la notorietà o altre caratteristiche del prodotto siano essenzialmente attribuibili alla sua origine geografica».
Diritto dell'Unione
Regolamento n. 1493/1999
9. L'articolo 52, paragrafo 1, del regolamento n. 1493/1999, così recitava:
«Se uno Stato membro attribuisce il nome di una regione determinata ad un [vino di qualità prodotto in regioni determinate (v.q.p.r.d.)] nonché, se del caso, ad un vino destinato ad essere trasformato nel v.q.p.r.d. in questione, questo nome non può essere utilizzato per la designazione di prodotti del settore vitivinicolo che non provengono da questa regione e/o ai quali questo nome non è stato attribuito in conformità alle normative comunitaria e nazionale in vigore. (...)
(...)».
10. Ai sensi dell'articolo 54 di tale regolamento:
«1. Per vini di qualità prodotti in regioni determinate ("v.q.p.r.d.") si intendono i vini conformi alle disposizioni del presente titolo e alle disposizioni comunitarie e nazionali adottate in materia.
(...)
4. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione [europea] l'elenco dei v.q.p.r.d. da essi riconosciuti, fornendo per ciascuno informazioni sulle norme nazionali che ne disciplinano la produzione e l'elaborazione.
5. La Commissione pubblica l'elenco nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C».
11. L'allegato VII, sezione F, di detto regolamento, sotto il titolo «Marchi», enunciava quanto segue:
«(...)
2. In deroga alla lettera b) del primo comma del punto 1, il titolare di un marchio registrato per un vino o un mosto di uve che sia identico:
- al nome di un'unità geografica più piccola di una regione determinata utilizzato per la designazione di un v.q.p.r.d., oppure
- al nome di un'unità geografica utilizzato per la designazione di un vino da tavola recante un'indicazione geografica, oppure
- al nome di un vino importato designato mediante un'indicazione geografica,
può, anche se non ha diritto a questo nome a norma del primo comma del punto 1, continuare ad usare tale marchio fino al 31 dicembre 2002 a condizione che il marchio in questione:
a) sia stato registrato al più tardi il 31 dicembre 1985 dall'autorità competente di uno Stato membro conformemente al diritto vigente al momento di questa registrazione; e
b) sia stato effettivamente utilizzato fino al 31 dicembre 1986 senza interruzione dopo la sua registrazione o, se quest'ultima è anteriore al 1° gennaio 1984, almeno dopo tale data.
Inoltre, il titolare di un marchio conosciuto e registrato per un vino o un mosto di uve che contenga termini identici al nome di una regione determinata o al nome di un'unità geografica più piccola di una regione determinata può, anche se non ha diritto a questo nome a norma del punto 1, continuare ad usare tale marchio se corrisponde all'identità del suo titolare originario o del prestanome originario, purché la registrazione del marchio sia stata fatta almeno venticinque anni prima del riconoscimento ufficiale del nome geografico in questione da parte dello Stato membro produttore a norma delle disposizioni comunitarie pertinenti per quanto riguarda i v.q.p.r.d. e il marchio sia stato effettivamente utilizzato senza interruzione.
I marchi conformi alle condizioni del primo e del secondo comma non possono essere opposti all'utilizzazione dei nomi delle unità geografiche utilizzati per la designazione di un v.q.p.r.d. o di un vino da tavola.
(...)».
Regolamento n. 479/2008
12. Il regolamento n. 1493/1999 è stato abrogato dal regolamento n. 479/2008. In forza dell'articolo 129, paragrafo 2, lettera e), di quest'ultimo regolamento, il capo IV del titolo III dello stesso era applicabile a decorrere dal 1° agosto 2009, salvo disposizione contraria mediante regolamento adottato secondo la procedura di cui all'articolo 113, paragrafo 1, di detto regolamento.
13. Il considerando 5 del regolamento n. 479/2008 enunciava che era «appropriato modificare radicalmente il regime comunitario applicabile al settore del vino».
14. Il successivo considerando 36 così recitava:
«Ai fini della certezza del diritto, le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche esistenti nella Comunità dovrebbero essere esentate dall'applicazione della nuova procedura di esame. Gli Stati membri interessati dovrebbero tuttavia essere tenuti a fornire alla Commissione le informazioni di base e gli atti con cui hanno riconosciuto tali denominazioni e indicazioni a livello nazionale, pena la perdita della protezione di cui godono le medesime. Ai fini della certezza del diritto, si dovrebbe limitare la possibilità di cancellazione di denominazioni di origine e indicazioni geografiche esistenti».
15. L'articolo 43 di detto regolamento, rubricato «Motivi di rigetto della protezione», al paragrafo 2 così disponeva:
«Un nome non è protetto in quanto denominazione di origine o indicazione geografica se, a causa della notorietà e della reputazione di un marchio commerciale, la protezione potrebbe indurre in errore il consumatore quanto alla vera identità del vino».
16. L'articolo 46 del medesimo regolamento prevedeva quanto segue:
«La Commissione crea e tiene aggiornato un registro elettronico delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette dei vini, accessibile al pubblico».
17. L'articolo 50 del regolamento n. 479/2008, rubricato «Cancellazione», così recitava:
«Secondo la procedura di cui all'articolo 113, paragrafo 2, per iniziativa della Commissione o su richiesta debitamente motivata di uno Stato membro, di un paese terzo o di una persona fisica o giuridica avente un interesse legittimo, può essere decisa la cancellazione della protezione di una denominazione di origine o di un'indicazione geografica non più rispondenti al rispettivo disciplinare.
(...)».
18. L'articolo 51 di tale regolamento, rubricato «Denominazioni di vini protette preesistenti», era così formulato:
«1. Le denominazioni di vini protette in virtù degli articoli 51 e 54 del regolamento [n. 1493/1999] e dell'articolo 28 del regolamento (CE) n. 753/2002 [della Commissione, del 29 aprile 2002, che fissa talune modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli (GU 2002, L 118, pag. 1)] sono automaticamente protette in virtù del presente regolamento. La Commissione le iscrive nel registro di cui all'articolo 46 del presente regolamento.
(...)
4. L'articolo 50 non si applica alle denominazioni di vini protette preesistenti di cui al paragrafo 1.
Secondo la procedura di cui all'articolo 113, paragrafo 2, ed entro il 31 dicembre 2014, su iniziativa della Commissione può essere decisa la cancellazione della protezione di una denominazione di vini protetta preesistente di cui al paragrafo 1 se non sono rispettate le condizioni previste dall'articolo 34».
19. Il regolamento n. 479/2008 è stato abrogato dal regolamento (CE) n. 491/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, che modifica il regolamento (CE) n. 1234/2007 recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (GU 2009, L 154, pag. 1), il quale modifica il regolamento unico OCM, con effetto dal 1° agosto 2009.
20. L'articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 491/2009 precisa che i riferimenti al regolamento abrogato, vale a dire il regolamento n. 479/2008, si intendono fatti al regolamento n. 1234/2007 e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato XXII di quest'ultimo regolamento.
Regolamento n. 1234/2007
21. Il regolamento n. 1234/2007 ha quindi incorporato, in forza del regolamento n. 491/2009 e con effetto dal 1° agosto 2009, il regolamento n. 479/2008.
22. L'articolo 118 duodecies del regolamento n. 1234/2007, rubricato «Motivi di rigetto della protezione», al paragrafo 2 prevedeva quanto segue:
«Un nome non è protetto in quanto denominazione di origine o indicazione geografica se, a causa della notorietà e della reputazione di un marchio commerciale, la protezione potrebbe indurre in errore il consumatore quanto alla vera identità del vino».
23. L'articolo 118 quindecies di tale regolamento così recitava:
«La Commissione crea e tiene aggiornato un registro elettronico delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette dei vini, accessibile al pubblico».
24. L'articolo 118 novodecies di detto regolamento, rubricato «Cancellazione», disponeva quanto segue:
«(...) [L]a Commissione può decidere la cancellazione della protezione di una denominazione di origine o di un'indicazione geografica non più rispondenti al rispettivo disciplinare.
(...)».
25. L'articolo 118 vicies dello stesso regolamento, rubricato «Denominazioni di vini protette preesistenti», così recitava:
«1. Le denominazioni di vini protette in virtù degli articoli 51 e 54 del regolamento [n. 1493/1999] e dell'articolo 28 del regolamento [n. 753/2002] sono automaticamente protette in virtù del presente regolamento. La Commissione le iscrive nel registro di cui all'articolo 118 quindecies del presente regolamento.
(...)
4. L'articolo 118 novodecies non si applica alle denominazioni di vini protette preesistenti di cui al paragrafo 1.
Fino al 31 dicembre 2014, la Commissione può decidere, di propria iniziativa e secondo la procedura di cui all'articolo 195, paragrafo 4, la cancellazione della protezione di una denominazione di vini protetta preesistente di cui al paragrafo 1 se non sono rispettate le condizioni previste dall'articolo 118 ter».
Regolamento n. 1308/2013
26. Ai sensi dell'articolo 230, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 1308/2013, il regolamento n. 1234/2007 è abrogato, salvo per le sue disposizioni che, in forza dell'articolo 230, paragrafo 1, secondo comma, nonché paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1308/2013, continuano ad applicarsi. Dall'articolo 232, paragrafo 1, secondo comma, di tale regolamento risulta che quest'ultimo si applica a decorrere dal 1° gennaio 2014, fatte salve le disposizioni speciali previste da tale articolo 232.
27. Ai sensi dell'articolo 101, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013:
«Un nome non è protetto in quanto denominazione di origine o indicazione geografica se, a causa della notorietà e della reputazione di un marchio commerciale, la protezione potrebbe indurre in errore il consumatore quanto alla vera identità del vino».
28. L'articolo 104 di tale regolamento dispone quanto segue:
«La Commissione crea e tiene aggiornato un registro elettronico delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette dei vini, accessibile al pubblico. (...)».
29. L'articolo 106 di detto regolamento così recita:
«Di propria iniziativa o su richiesta debitamente motivata di uno Stato membro, di un paese terzo o di una persona fisica o giuridica avente un interesse legittimo, la Commissione può adottare atti di esecuzione per la cancellazione della protezione di una denominazione di origine o di un'indicazione geografica non più rispondenti al rispettivo disciplinare.
(...)».
30. L'articolo 107, paragrafi 1 e 3, del medesimo regolamento così dispone:
«1. Le denominazioni di vini di cui agli articoli 51 e 54 del regolamento [n. 1493/1999] e all'articolo 28 del regolamento [n. 753/2002] sono automaticamente protette in virtù del presente regolamento. La Commissione le iscrive nel registro di cui all'articolo 104 del presente regolamento.
(...)
3. L'articolo 106 non si applica alle denominazioni di vini protette preesistenti di cui al paragrafo 1 del presente articolo.
Fino al 31 dicembre 2014, la Commissione può, di propria iniziativa, adottare atti di esecuzione per la cancellazione della protezione di denominazioni di vini protette preesistenti di cui al paragrafo 1 che non rispettano le condizioni previste dall'articolo 93.
(...)».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
31. La Duca di Salaparuta è una società viticola, con sede in Sicilia (Italia), titolare di diversi marchi nazionali e dell'Unione, alcuni dei quali contenenti il termine «Salaparuta».
32. Il 13 luglio 1989, il segno «Salaparuta» è stato registrato come marchio nazionale (n. 511337). Il 25 ottobre 2000, tale segno è stato altresì registrato come marchio dell'Unione europea denominativo, per prodotti rientranti nella classe 33 dell'accordo di Nizza sulla classificazione internazionale di merci e servizi per la registrazione di marchi del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato (bevande alcoliche). Tali marchi sono stati da allora rinnovati.
33. La commercializzazione dei vini con i marchi Salaparuta non ha alcun rapporto con il Comune di Salaparuta (Italia), situato in Sicilia. Infatti, la Duca di Salaparuta ha sede al di fuori di tale comune e le uve utilizzate non provengono da quest'ultimo.
34. Il decreto «Riconoscimento della denominazione di origine controllata dei vini "Salaparuta" e approvazione del relativo disciplinare di produzione» (GURI n. 42 del 20 febbraio 2006) ha riconosciuto, a livello nazionale, la denominazione di origine controllata «Salaparuta» (in prosieguo: la «DOC "Salaparuta"»), la quale mira a designare e a proteggere una serie di vini prodotti con uve provenienti da vigneti ubicati su terreni situati all'interno dei confini territoriali del Comune di Salaparuta.
35. La protezione di tali vini è stata successivamente estesa a livello dell'Unione. In particolare, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, conformemente all'articolo 54, paragrafo 4, del regolamento n. 1493/1999, un elenco dei v.q.p.r.d., contenente la DOC «Salaparuta», è stato pubblicato, l'8 agosto 2009, dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (GU 2009, C 187, pag. 1) e che tale DOC è stata iscritta, con effetto dal 1° agosto 2009, nel registro elettronico delle denominazioni di origine protette (DOP) e delle indicazioni geografiche protette (IGP) relative ai vini, come DOP PDO-IT-A0795 (in prosieguo: la «DOP "Salaparuta"»).
36. L'8 febbraio 2016, la Duca di Salaparuta ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale di Milano (Italia) chiedendo segnatamente che fosse dichiarata la nullità o l'invalidità della DOP «Salaparuta» nonché della DOC «Salaparuta», sulla base del rilievo che tali denominazioni sono ingannevoli e, in ogni caso, interferiscono con il marchio Salaparuta, registrato per il vino e contenente un termine identico a dette denominazioni, nonché con gli altri marchi di cui tale società è titolare, i quali contengono lo stesso termine e sono da essa considerati notori.
37. Con sentenza del 16 febbraio 2021, detto giudice ha respinto tale ricorso con la motivazione che il conflitto tra la denominazione protetta «Salaparuta» e l'omonimo marchio anteriore doveva essere risolto sulla base della regola di preminenza della denominazione protetta su tale marchio, fatta salva la possibilità per il titolare di detto marchio di continuare ad utilizzarlo a determinate condizioni.
38. La Duca di Salaparuta ha proposto appello avverso tale sentenza dinanzi alla Corte d'appello di Milano (Italia) che, con sentenza del 5 maggio 2023, ha confermato la sentenza di primo grado. Tale giudice ha ritenuto, in sostanza, che alle denominazioni di vini protette in forza delle disposizioni del regolamento n. 1493/1999 fosse stata concessa, automaticamente, una protezione mediante il riconoscimento di una DOP a livello dell'Unione. Detto giudice ha concluso che il conflitto tra la DOC «Salaparuta» e il marchio anteriore contenente un termine identico a tale denominazione dovesse essere risolto sulla base del regolamento n. 1493/1999, in particolare del suo allegato VII, sezione F, paragrafo 2, lettera b), che era in vigore alla data del riconoscimento di tale denominazione di vini protetta a livello nazionale. Infatti, detto allegato stabiliva un criterio di prevalenza della denominazione protetta su tale marchio, fatta salva la possibilità, per il titolare di quest'ultimo, di continuare, a determinate condizioni, ad utilizzare detto marchio.
39. La Duca di Salaparuta ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza dinanzi alla Corte suprema di cassazione (Italia), giudice del rinvio, affermando, in sostanza, che il regolamento n. 1493/1999 non disciplina tali conflitti.
40. La Duca di Salaparuta deduce al riguardo che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice d'appello, a seguito della sua pubblicazione, la DOP «Salaparuta» ha sostituito la DOC omonima. Orbene, tenuto conto della data di efficacia dell'iscrizione della DOP «Salaparuta» nel registro E-Bacchus, ossia il 1° agosto 2009, dovrebbe applicarsi l'articolo 43, paragrafo 2, del regolamento n. 479/2008, o l'articolo 118 duodecies del regolamento n. 1234/2007, o ancora l'articolo 101, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013. Ebbene, tali disposizioni escludono la protezione di una denominazione qualora, a causa della notorietà e della reputazione di un marchio anteriore, i consumatori possano essere indotti in errore quanto all'identità del vino di cui trattasi. Inoltre, la Duca di Salaparuta sostiene che, tenuto conto delle condizioni stabilite dall'allegato VII, sezione F, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1493/1999, le sarebbe impedito di utilizzare il marchio Salaparuta, di cui è titolare, quand'anche si applicasse il regime di coesistenza previsto da tale disposizione.
41. Il giudice del rinvio indica, in primo luogo, che occorre stabilire il regime di protezione applicabile in una situazione caratterizzata dall'esistenza di un conflitto tra, da un lato, marchi notori, registrati nel 1989, e, dall'altro, una denominazione di vini, protetta a livello nazionale nel 2006, contenente un termine identico a quello contenuto in tali marchi, seguita da una pubblicazione e da una registrazione di tale denominazione a livello dell'Unione nel 2009.
42. In proposito, detto giudice si chiede se si debba ritenere che la DOC «Salaparuta» mantenga i suoi effetti e se, pertanto, le disposizioni dell'allegato VII, sezione F, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1493/1999 trovino applicazione, o se invece si debba ritenere che tale protezione nazionale sia stata sostituita dal riconoscimento della DOP «Salaparuta» a livello dell'Unione, cosicché occorra applicare le disposizioni dell'articolo 43, paragrafo 2, del regolamento n. 479/2008, o le disposizioni equivalenti di cui all'articolo 118 duodecies del regolamento n. 1234/2007 o all'articolo 101, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013, relativi ai motivi di rigetto della protezione di una denominazione in una fattispecie in cui, a causa della notorietà e della reputazione di un marchio anteriore, la protezione possa indurre in errore il consumatore quanto alla vera identità del vino di cui trattasi.
43. In secondo luogo, nell'ipotesi in cui trovi applicazione il regolamento n. 1493/1999, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il regime di protezione previsto da tale regolamento sia completo, in quanto copra tutte le ipotesi di coesistenza tra segni diversi, tra cui in particolare denominazioni di vini protette, oppure se il conflitto tra un marchio di vini notorio e una denominazione protetta concessa successivamente, comprendente un termine identico a tale marchio, possa essere risolto sulla base del principio generale secondo cui i segni distintivi non devono essere ingannevoli.
44. In tale contesto, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) [S]e le registrazioni DOP-IGP, nel settore vitivinicolo, di denominazioni preesistenti al Regolamento 1234/2007, poi sostituito dal Regolamento 1308/2013, quali, in particolare, [la DOP "Salaparuta"] dell'8 agosto 2009, siano soggette, quanto all'impedimento determinato da anteriore marchio che, per notorietà e reputazione, sia tale da poter rendere decettiva la DOP-IGP in questione ("la protezione potrebbe indurre in errore il consumatore quanto alla vera identità del vino"), all'articolo 43, [paragrafo 2], Regolamento [n. 479/2008], recte [all'articolo] 118 duodecies Regolamento 1234/2007 (poi [all']articolo 101, [paragrafo 2], Regolamento [1308]/2013), che esclude la protezione della DOP o IGP, quando la denominazione considerata possa indurre in errore il consumatore, "a causa della notorietà e della reputazione di un marchio commerciale", oppure se la predetta norma sia inapplicabile alle denominazioni già beneficiarie di protezione nazionale prima della registrazione [ai sensi del diritto dell'Unione], in applicazione del principio di certezza del diritto [(sentenza del 22 dicembre 2010, Bavaria, C-120/08, EU:C:2010:798)], secondo cui una situazione di fatto, di regola, purché non sia espressamente disposto il contrario, va valutata alla luce delle norme giuridiche vigenti al momento in cui essa si è prodotta, con conseguente applicazione della normativa regolamentare anteriore, di cui al Regolamento [n. 1493/1999] e soluzione del conflitto tra la denominazione di origine e il marchio anteriore in base a quanto previsto da tale normativa, alla lettera b) del [paragrafo] 2 della sezione "F" dell'allegato VII di detto Regolamento.
2) Ove si affermi, in base alla risposta al primo quesito, la necessaria applicazione, alla situazione di fatto oggetto del presente giudizio, del Regolamento n. 1493/1999, (...) se la disciplina di cui all'Allegato [VII, sezione F,] del Regolamento 1493/1999, dettata per regolare il conflitto tra un marchio registrato per un vino o un mosto di uve che sia identico a denominazioni d'origine [protette] o [IGP] di un vino, esaurisca tutte le ipotesi di coesistenza tra i diversi segni e di proteggibilità delle denominazioni per vini ovvero residui comunque un'ipotesi di invalidità o non proteggibilità delle DOP o IGP posteriori, nel caso in cui l'indicazione geografica possa ingannare il pubblico circa la vera identità del vino a causa della reputazione di un marchio anteriore, in forza del principio generale di non decettività dei segni distintivi».
Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento
45. Con atti depositati presso la cancelleria della Corte, rispettivamente il 14 e il 28 aprile 2025, la Duca di Salaparuta ha chiesto che fosse disposta la riapertura della fase orale del procedimento, ai sensi dell'articolo 83 del regolamento di procedura della Corte.
46. A sostegno della sua domanda, essa deduce, in sostanza, da un lato, che, nelle sue conclusioni, l'avvocato generale si è fondato su elementi di fatto e di diritto errati al fine di rispondere alle questioni sollevate e, pertanto, ha introdotto argomenti che non erano stati oggetto di discussione tra le parti. Dall'altro lato, la Duca di Salaparuta sostiene che l'assenza di un'udienza di discussione dinanzi alla Corte, nonostante la sua domanda in tal senso, viola il suo diritto a un'udienza pubblica, sancito dall'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.
47. Ai sensi dell'articolo 83 del suo regolamento di procedura, la Corte, in qualsiasi momento, sentito l'avvocato generale, può disporre la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare se essa non si ritiene sufficientemente edotta o quando, dopo la chiusura di tale fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte, oppure quando la causa deve essere decisa in base a un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti o gli interessati menzionati dall'articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea.
48. In proposito, occorre tuttavia rilevare che il tenore delle conclusioni dell'avvocato generale non può costituire, in quanto tale, un fatto nuovo del genere, altrimenti le parti ben potrebbero, invocando tale fatto, rispondere a dette conclusioni. Orbene, le conclusioni dell'avvocato generale non possono essere discusse dalle parti. La Corte ha infatti avuto modo di sottolineare che, ai sensi dell'articolo 252 TFUE, il ruolo dell'avvocato generale consiste nel presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea, richiedono il suo intervento, al fine di assisterla nell'adempimento della sua missione, che è quella di garantire il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei Trattati. Ai sensi dell'articolo 20, quarto comma, di tale Statuto e dell'articolo 82, paragrafo 3, del regolamento di procedura, le conclusioni dell'avvocato generale pongono fine alla fase orale del procedimento. Collocandosi al di fuori del dibattimento, le conclusioni aprono la fase della deliberazione da parte della Corte. Non si tratta quindi di un parere rivolto ai giudici o alle parti proveniente da un'autorità esterna alla Corte, bensì dell'opinione individuale, motivata ed espressa pubblicamente, di un membro dell'istituzione stessa (sentenza dell'8 maggio 2025, Beevers Kaas, C‑581/23, EU:C:2025:323, punto 29 e giurisprudenza citata).
49. Nel caso di specie, da un lato, la Corte, sentito l'avvocato generale, constata che dagli elementi addotti dalla Duca di Salaparuta non emerge alcun fatto nuovo tale da influenzare in modo determinante la decisione che essa è chiamata ad emettere nella presente causa e che quest'ultima non deve essere decisa sulla base di un argomento che non sia stato oggetto di discussione tra le parti o gli interessati di cui all'articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea. La Duca di Salaparuta critica in realtà la fondatezza di taluni passaggi delle conclusioni dell'avvocato generale, il che non può validamente giustificare la sua domanda di riapertura della fase orale del procedimento. Inoltre, la Corte dispone, al termine delle fasi scritta e orale del procedimento, di tutti gli elementi necessari ed è quindi sufficientemente edotta per statuire.
50. Dall'altro lato, occorre ricordare che né l'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali né l'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea impongono un obbligo assoluto di tenere un'udienza pubblica e non richiedono necessariamente lo svolgimento di un'udienza in tutti i procedimenti. Ciò vale in particolare quando la causa non solleva questioni di fatto o di diritto che non possano essere adeguatamente risolte sulla scorta del fascicolo e delle osservazioni scritte delle parti. L'articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura prevede proprio che la Corte possa decidere di non tenere un'udienza di discussione qualora essa giudichi, a seguito della lettura delle memorie o delle osservazioni depositate durante la fase scritta del procedimento, di essere sufficientemente edotta per statuire (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punti 123 e 124 nonché giurisprudenza citata).
51. Alla luce di quanto precede, si deve respingere la domanda di riapertura della fase orale del procedimento.
Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
52. Il governo italiano mette in dubbio la competenza dei giudici nazionali a conoscere di una controversia vertente sulla validità di un atto dell'Unione, sostenendo che, poiché la Duca di Salaparuta cerca di far annullare o invalidare la registrazione della DOP «Salaparuta», che costituisce un atto dell'Unione, la competenza ad annullare tale registrazione spetterebbe ai giudici dell'Unione in forza dell'articolo 263 TFUE.
53. Peraltro, tale governo deduce che la DOC «Salaparuta» non è mai stata contestata dinanzi ai giudici nazionali, benché la Duca di Salaparuta sia stata informata del procedimento di riconoscimento nazionale e sia stata invitata a presentare le sue osservazioni in tale contesto.
54. Ne consegue che tali allegazioni mirano, in sostanza, a rimettere in discussione la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale.
55. A tal riguardo, occorre rilevare, da un lato, che la pubblicazione dell'elenco delle denominazioni di vini protette nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, in forza dell'articolo 54, paragrafi 4 e 5, del regolamento n. 1493/1999, così come l'iscrizione nel registro elettronico delle DOP e delle IGP relative ai vini, in forza dell'articolo 51, paragrafo 1, del regolamento n. 479/2008, non possono, tenuto conto del carattere automatico della protezione delle denominazioni di vini protette, essere considerate produttive di effetti giuridici e, pertanto, costituire atti impugnabili ai sensi dell'articolo 263 TFUE.
56. Infatti, la Corte ha dichiarato, in sostanza, che, conformemente all'articolo 54, paragrafo 5, del regolamento n. 1493/1999, non si può ritenere che l'iscrizione nel registro elettronico delle DOP e IGP relative ai vini, effettuata dalla Commissione relativamente alle denominazioni di vini protette dagli Stati membri in quanto denominazioni di origine anteriormente al 1° agosto 2009, miri a produrre effetti giuridici obbligatori caratteristici degli atti impugnabili (v., in tal senso, sentenza del 13 febbraio 2014, Ungheria/Commissione, C‑31/13 P, EU:C:2014:70, punto 63).
57. Pertanto, non si può contestare alla Duca di Salaparuta di non aver presentato ricorso contro la DOP «Salaparuta» direttamente dinanzi al giudice dell'Unione.
58. Inoltre, come rilevato, in sostanza, dall'avvocato generale al paragrafo 41 delle sue conclusioni, il rinvio pregiudiziale si basa su un dialogo tra giudici, la cui proposizione si basa interamente sulla valutazione della pertinenza e della necessità di detto rinvio compiuta dal giudice nazionale (sentenze del 12 febbraio 2008, Kempter, C‑2/06, EU:C:2008:78, punto 42 e giurisprudenza citata, nonché del 16 luglio 2015, Diageo Brands, C‑681/13, EU:C:2015:471, punto 59 e giurisprudenza citata). Se è vero che solo la Corte può pronunciare la nullità di un atto promanante dalle istituzioni dell'Unione, resta il fatto che, nel caso di specie, nell'ambito della sua domanda di interpretazione pregiudiziale, il giudice del rinvio si limita a chiedere alla Corte di stabilire il contesto normativo dell'Unione applicabile a un potenziale conflitto tra una denominazione di vini protetta e un marchio anteriore notorio registrato per il vino, contenente un termine identico a tale denominazione.
59. Dall'altro lato, spetta al giudice del rinvio, e non alla Corte, valutare l'incidenza sul procedimento principale dell'eventuale assenza, alla data del riconoscimento della DOC «Salaparuta», di una contestazione di quest'ultima da parte della Duca di Salaparuta. In ogni caso, una siffatta assenza non può impedire al giudice del rinvio di adire la Corte con una domanda di interpretazione pregiudiziale, al fine di stabilire il contesto normativo dell'Unione applicabile a un conflitto come quello menzionato al punto precedente della presente sentenza.
60. Da quanto precede risulta che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.
Sulle questioni pregiudiziali
61. Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 51 del regolamento n. 479/2008, l'articolo 118 vicies del regolamento n. 1234/2007 e l'articolo 107 del regolamento n. 1308/2013 debbano essere interpretati nel senso che, rispettivamente, l'articolo 43, paragrafo 2, del regolamento n. 479/2008, l'articolo 118 duodecies del regolamento n. 1234/2007 e l'articolo 101, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 sono applicabili a un conflitto tra una denominazione di vini protetta conformemente all'articolo 54 del regolamento n. 1493/1999 e marchi anteriori notori registrati per vini, contenenti termini identici a detta denominazione, o se tale conflitto debba essere risolto soltanto sulla base dell'allegato VII, sezione F, paragrafo 2, secondo comma, di quest'ultimo regolamento.
62. Anzitutto, è necessario rilevare che il regolamento n. 1493/1999 definiva, all'articolo 54, paragrafo 1, i v.q.p.r.d. come vini conformi alle disposizioni del titolo VI di tale regolamento e alle disposizioni comunitarie e nazionali adottate in materia.
63. L'articolo 54, paragrafi 4 e 5, di detto regolamento prevedeva una protezione, ai sensi del diritto dell'Unione, dei v.q.p.r.d. riconosciuti dal diritto nazionale. In particolare, l'articolo 54, paragrafo 4, del medesimo regolamento prevedeva che gli Stati membri trasmettessero alla Commissione l'elenco dei v.q.p.r.d. da essi riconosciuti, fornendo per ciascuno informazioni sulle norme nazionali che ne disciplinavano la produzione e l'elaborazione. Ai sensi del paragrafo 5 di detto articolo 54, la Commissione pubblicava tale elenco nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C.
64. Nel caso di specie, la DOC «Salaparuta» rientra nella categoria dei v.q.p.r.d., ai sensi dell'articolo 54, paragrafo 1, del regolamento n. 1493/1999. Inoltre, come risulta dal fascicolo di cui dispone la Corte, l'elenco di tali vini è stato notificato alla Commissione e pubblicato, a norma dell'articolo 54, paragrafo 5, di tale regolamento, l'8 agosto 2009, nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C, come DOP «Salaparuta» (GU 2009, C 187, pag. 1).
65. Secondo l'articolo 52, paragrafo 1, del regolamento n. 1493/1999, il nome della regione in cui si produce il v.q.p.r.d., non poteva essere utilizzato per la designazione di prodotti del settore vitivinicolo che non provenivano da questa regione e/o ai quali questo nome non era stato attribuito in conformità alle normative comunitaria e nazionale in vigore. Lo stesso divieto si sarebbe applicato se uno Stato membro avesse segnatamente attribuito ad un v.q.p.r.d. il nome di un comune. Tale disposizione stabiliva pertanto una regola volta a proteggere le denominazioni geografiche da un uso dei termini in esse contenuti da parte di qualsiasi altro segno.
66. Per quanto riguarda un eventuale conflitto tra una siffatta denominazione protetta e un marchio anteriore notorio contenente termini identici a tale denominazione, il regolamento n. 1493/1999 prevedeva, all'allegato VII, sezione F, paragrafo 2, secondo comma, che un siffatto conflitto potesse essere risolto applicando un regime di coesistenza tra tale denominazione e detto marchio.
67. In particolare, da tale disposizione discendeva che il titolare di un marchio notorio e registrato per un vino o un mosto di uve contenente termini identici al nome di una regione determinata poteva continuare ad usare tale marchio se corrispondeva all'identità del suo titolare originario o del prestanome originario, purché la registrazione di detto marchio fosse stata fatta almeno venticinque anni prima del riconoscimento ufficiale del nome geografico in questione da parte dello Stato membro produttore, a norma alle disposizioni comunitarie pertinenti per quanto riguarda i v.q.p.r.d., e purché il marchio fosse stato effettivamente utilizzato senza interruzione. Inoltre, all'allegato VII, sezione F, paragrafo 2, terzo comma, del regolamento n. 1493/1999 veniva precisato che tali marchi non potevano essere opposti all'utilizzazione dei nomi delle unità geografiche utilizzati in particolare per la designazione di un v.q.p.r.d.
68. Ne consegue che l'allegato VII, sezione F, paragrafo 2, secondo e terzo comma, del regolamento n. 1493/1999 sanciva la preminenza di una denominazione di vini protetta su marchi anteriori notori, contenenti termini identici a tale denominazione, autorizzando, fatto salvo il rispetto delle condizioni previste da tale disposizione, la continuazione dell'uso di tali marchi.
69. Nel caso di specie, poiché, come risulta dalla decisione di rinvio, la DOC «Salaparuta» è stata riconosciuta l'8 febbraio 2006, vale a dire sotto la vigenza del regolamento n. 1493/1999, e poiché tale denominazione di vini protetta corrispondeva a taluni v.q.p.r.d., ai sensi dell'articolo 54, paragrafo 1, di tale regolamento, un conflitto tra una siffatta denominazione e marchi anteriori notori registrati per vini, contenenti termini identici a tale denominazione, deve essere risolto sulla base delle disposizioni di detto regolamento e, in particolare, sulla base del suo allegato VII, sezione F, paragrafo 2. Tale conclusione è d'altronde corroborata dal riferimento espresso all'articolo 54, paragrafi 4 e 5, del medesimo regolamento in sede di notifica e di pubblicazione della DOC «Salaparuta» nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, menzionata al punto 64 della presente sentenza.
70. La Duca di Salaparuta ha tuttavia invocato, dinanzi ai giudici nazionali nonché nelle sue osservazioni dinanzi alla Corte, l'applicazione dell'articolo 43, paragrafo 2, del regolamento n. 479/2008 o dell'articolo 118 duodecies del regolamento n. 1234/2007 o, ancora, dell'articolo 101, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013. Essa ritiene infatti che, poiché una nuova registrazione della DOP «Salaparuta» è stata pubblicata l'8 agosto 2009, siano tali nuove norme ad essere applicabili al conflitto di cui trattasi nel procedimento principale. In tali circostanze, il giudice del rinvio interroga la Corte sull'incidenza di dette disposizioni sulla risoluzione del conflitto.
71. In proposito, occorre anzitutto rilevare che, con le tre disposizioni menzionate al punto precedente della presente sentenza, il legislatore dell'Unione ha previsto che nessuna denominazione sia protetta in quanto denominazione di origine o indicazione geografica se, a causa della notorietà e della reputazione di un marchio commerciale, la protezione potrebbe indurre in errore il consumatore quanto alla vera identità del vino.
72. Del resto, si deve constatare che, come enunciato dal considerando 5 del regolamento n. 479/2008, il regime dell'Unione applicabile al settore vitivinicolo è stato modificato radicalmente, mediante tale regolamento, per conseguire obiettivi connessi, in particolare, alla qualità dei vini. Tale regolamento ha modificato e abrogato il regolamento n. 1493/1999 ed era applicabile a decorrere dal 1° agosto 2009.
73. Se è vero che tale nuovo regime di protezione delle denominazioni assoggetta ogni domanda di protezione di una denominazione di vini ad un esame approfondito che viene compiuto in due fasi, segnatamente una a livello nazionale e una successiva a livello dell'Unione, in cui la Commissione dispone di un vero e proprio potere di decisione che le permette di concedere oppure di negare la protezione alla denominazione di origine o all'indicazione geografica (v., in tal senso, sentenza del 13 febbraio 2014, Ungheria/Commissione, C‑31/13 P, EU:C:2014:70, punto 74), ciò non si verifica invece nel caso delle denominazioni di vini già protette in forza dell'articolo 54 del regolamento n. 1493/1999.
74. Infatti, conformemente a quest'ultima disposizione, gli Stati membri hanno trasmesso alla Commissione l'elenco dei v.q.p.r.d. da essi riconosciuti, fornendo per ciascuno di tali vini informazioni sulle norme nazionali che ne disciplinavano la produzione e l'elaborazione. Successivamente, ai sensi dell'articolo 54, paragrafo 5, di tale regolamento, e senza alcun ulteriore esame da parte della Commissione, quest'ultima si è limitata a pubblicare tale elenco nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C.
75. In forza del regime transitorio previsto all'articolo 51, paragrafo 1, del regolamento n. 479/2008, le denominazioni di vini protette ai sensi dell'articolo 54 del regolamento n. 1493/1999 erano «automaticamente» protette in virtù del regolamento n. 479/2008. Detto articolo 51 precisava, inoltre, che la Commissione iscriveva tali denominazioni nel registro elettronico delle DOP e delle IGP dei vini, accessibile al pubblico.
76. Come risulta dal considerando 36 del regolamento n. 479/2008, lo scopo del sistema transitorio previsto all'articolo 51, paragrafo 1, di detto regolamento era quello di esentare dall'applicazione della nuova procedura di esame le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche già esistenti nell'Unione, nonché di limitare le possibilità di cancellazione di tali denominazioni e indicazioni, ai fini della certezza del diritto (v., in tal senso, sentenza del 13 febbraio 2014, Ungheria/Commissione, C‑31/13 P, EU:C:2014:70, punto 57).
77. La stessa protezione automatica era garantita ai sensi dell'articolo 118 vicies del regolamento n. 1234/2007 che mira a mantenere, per ragioni di certezza del diritto, la protezione delle denominazioni di vini già protette anteriormente al 1° agosto 2009 ai sensi del diritto interno e, pertanto, a livello dell'Unione in forza dell'articolo 54 del regolamento n. 1493/1999 (v., in tal senso, sentenza del 13 febbraio 2014, Ungheria/Commissione, C‑31/13 P, EU:C:2014:70, punti 56 e 58).
78. Questo stesso regime automatico di protezione delle denominazioni di vini protette ai sensi dell'articolo 54 del regolamento n. 1493/1999 è stato nuovamente confermato dal legislatore all'articolo 107 del regolamento n. 1308/2013, che ha abrogato il regolamento n. 1234/2007, fatta salva l'applicazione di talune disposizioni di quest'ultimo, a decorrere dal 1° gennaio 2014.
79. Nel caso di specie, ne consegue che, alla luce del carattere automatico del regime di protezione previsto dai regolamenti nn. 479/2008, 1234/2007 e 1308/2013, una denominazione come la DOP «Salaparuta», notificata e pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C, con un riferimento espresso all'articolo 54, paragrafi 4 e 5, del regolamento n. 1493/1999, deve essere considerata l'estensione della denominazione di vini protetta a livello nazionale, e non il risultato di una nuova registrazione.
80. Tale interpretazione è d'altronde avvalorata, come sostenuto dalla Commissione nelle sue osservazioni, dall'evoluzione delle norme che hanno disciplinato la protezione delle denominazioni dei vini. In tal senso, la legislazione dell'Unione che prevede un sistema di riconoscimento e di protezione delle indicazioni geografiche nel settore vitivinicolo è stata adottata in fasi successive. La Commissione sottolinea giustamente che il regolamento n. 1493/1999 conteneva norme di base non dettagliate, che non erano allineate al sistema delle indicazioni geografiche già in vigore nel settore alimentare, poiché tali norme rientravano in una fase transitoria tra la protezione concessa dagli Stati membri e quella concessa a livello dell'Unione.
81. Inoltre, occorre rilevare che la cancellazione della protezione concessa a una denominazione di vini, prevista dall'articolo 50 del regolamento n. 479/2008 e dalle disposizioni equivalenti a tale articolo nei regolamenti nn. 1234/2007 e 1308/2013, non era, in linea di principio, possibile nei confronti delle denominazioni di vini protette conformemente all'articolo 54 del regolamento n. 1493/1999.
82. Infatti, ai sensi dell'articolo 51, paragrafo 4, primo comma, del regolamento n. 479/2008, così come delle disposizioni equivalenti dei regolamenti nn. 1234/2007 e 1308/2013, vale a dire, rispettivamente, l'articolo 118 vicies, paragrafo 4, primo comma, e l'articolo 107, paragrafo 3, primo comma, una siffatta possibilità di cancellazione non si applicava a tali denominazioni.
83. Tuttavia, l'articolo 51, paragrafo 4, secondo comma, del regolamento n. 479/2008, al pari delle disposizioni equivalenti dei regolamenti nn. 1234/2007 e 1308/2013, aveva introdotto un'eccezione a tale regola nel senso che poteva essere decisa, fino al 31 dicembre 2014, su iniziativa della Commissione, la cancellazione della protezione concessa alle denominazioni di vini protette di cui all'articolo 51, paragrafo 1, del regolamento n. 479/2008 qualora non fossero rispettate le condizioni stabilite dall'articolo 34 di tale regolamento. Il legislatore dell'Unione ha quindi limitato a ipotesi espressamente previste le possibilità di cancellazione delle denominazioni protette soggette al regime transitorio di cui al regolamento n. 479/2008.
84. Poiché tale regime transitorio sancisce un'estensione automatica della protezione delle denominazioni di vini protette ai sensi dell'articolo 54 del regolamento n. 1493/1999 e poiché esso disciplina, inoltre, espressamente le ipotesi di cancellazione di tali denominazioni, si deve ritenere che né l'articolo 43, paragrafo 2, del regolamento n. 479/2008 né l'articolo 118 duodecies del regolamento n. 1234/2007 né l'articolo 101, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 siano applicabili a un conflitto come quello di cui trattasi nel procedimento principale.
85. Infatti, l'articolo 43, paragrafo 2, del regolamento n. 479/2008, l'articolo 118 duodecies del regolamento n. 1234/2007 e l'articolo 101, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 si applicano a domande di protezione soggette al nuovo regime istituito dal regolamento n. 479/2008, come indicato al punto 73 della presente sentenza, e non a denominazioni di vini protette riconosciute in vigenza del regolamento n. 1493/1999. Come risulta dal titolo stesso degli articoli contenenti tali disposizioni, vale a dire «Motivi di rigetto della protezione» o «Ulteriori motivi di rigetto della protezione», dette disposizioni prevedono solo un'ipotesi di diniego di registrazione di una nuova denominazione a causa di un conflitto con un marchio anteriore notorio, e non la cancellazione di una denominazione che era già stata registrata in forza dell'articolo 54, paragrafi 4 e 5, del regolamento n. 1493/1999.
86. Inoltre, dalla formulazione stessa dell'allegato VII, sezione F, paragrafo 2, secondo comma, di quest'ultimo regolamento risulta che tale disposizione riguarda l'ipotesi in cui il marchio notorio e registrato per un vino o un mosto di uve contenga termini identici al nome di una denominazione, prevedendo, a determinate condizioni, il principio di coesistenza tra detto marchio e tale denominazione. Pertanto, il legislatore dell'Unione ha necessariamente ritenuto, al momento dell'adozione del regolamento n. 1493/1999, che una siffatta denominazione potesse essere registrata nonostante l'esistenza di un marchio anteriore notorio.
87. Per giunta, sebbene, per quanto riguarda i prodotti agricoli e alimentari, l'articolo 14, paragrafo 3, del regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari (GU 1992, L 208, pag. 1), non applicabile ai prodotti vitivinicoli, prevedesse che una denominazione di origine o un'indicazione geografica non fosse registrata qualora, tenuto conto della fama di un marchio, della notorietà e della durata di utilizzazione dello stesso, la registrazione fosse tale da indurre il consumatore in errore quanto alla vera identità del prodotto, occorre rilevare che il legislatore dell'Unione ha deliberatamente scelto di non riprodurre disposizioni analoghe nel regolamento n. 1493/1999.
88. Di conseguenza, un conflitto tra una denominazione di vini protetta a livello nazionale, protezione estesa successivamente, in modo automatico, a livello dell'Unione, e marchi anteriori notori registrati per vini, contenenti termini identici a tale denominazione, deve essere risolto applicando le disposizioni dell'allegato VII, sezione F, paragrafo 2, del regolamento n. 1493/1999, in quanto il legislatore dell'Unione ha inteso far prevalere una siffatta denominazione su detti marchi, prevedendo al contempo un regime di coesistenza tra denominazione e marchi in parola.
89. È necessario poi aggiungere che devono essere considerate irrilevanti al riguardo le disposizioni dell'articolo 22 dell'accordo TRIPS, dell'articolo 10 bis della Convenzione di Parigi e dell'articolo 3 bis dell'Accordo di Madrid, invocate dalla Duca di Salaparuta e menzionate nella decisione di rinvio, relative al carattere asseritamente incompleto della protezione stabilita dal regolamento n. 1493/1999.
90. Ai sensi dell'articolo 22, paragrafo 1, dell'accordo TRIPS, per «indicazioni geografiche» si intendono le indicazioni che identificano un prodotto come originario del territorio di un membro dell'OMC, o di una regione o località di detto territorio, quando una determinata qualità, la notorietà o altre caratteristiche del prodotto siano essenzialmente attribuibili alla sua origine geografica.
91. Orbene, la Corte ha già dichiarato che, tenuto conto della natura e dell'economia generale di tale accordo, le sue disposizioni sono prive di effetto diretto. Pertanto, tali disposizioni non sono neppure idonee a creare in capo ai singoli diritti che essi possano invocare direttamente dinanzi al giudice in forza del diritto dell'Unione (sentenza del 27 febbraio 2024, EUIPO/The KaiKai Company Jaeger Wichmann, C‑382/21 P, EU:C:2024:172, punto 63 e giurisprudenza citata).
92. Per quanto riguarda l'articolo 10 bis della Convenzione di Parigi, che vieta, in particolare, tutti i fatti di natura tale da ingenerare confusione con i prodotti di un concorrente, si deve ritenere che le norme enunciate in tale articolo producano gli stessi effetti prodotti dall'accordo TRIPS. In proposito, la Corte ha già dichiarato che le norme enunciate da taluni articoli di tale convenzione sono incorporate nell'accordo TRIPS, il quale è stato concluso dall'Unione (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2024, EUIPO/The KaiKai Company Jaeger Wichmann, C‑382/21 P, EU:C:2024:172, punto 80 e giurisprudenza citata). Più precisamente, tale accordo prevede, all'articolo 2, paragrafo 1, che i membri dell'OMC, tra cui l'Unione, si conformino agli articoli da 1 a 12 e 19 della Convenzione di Parigi per quanto riguarda le parti dalla II alla IV di detto accordo, che contengono gli articoli da 9 a 62 di quest'ultimo.
93. In relazione all'Accordo di Madrid, dall'articolo 3 bis di quest'ultimo risulta che i paesi ai quali si applica tale accordo si impegnano a vietare l'uso, per quanto riguarda la vendita, l'esposizione o l'offerta di prodotti, di qualsiasi indicazione che abbia carattere pubblicitario e sia tale da trarre in inganno il pubblico sulla provenienza dei prodotti. Orbene, poiché tale disposizione è in sostanza comparabile all'articolo 22 dell'accordo TRIPS, deve anch'essa essere considerata priva di effetto diretto, non essendo quindi idonea a creare in capo ai singoli diritti che essi possano far valere direttamente dinanzi al giudice in forza del diritto dell'Unione.
94. In ogni caso, tali disposizioni di diritto internazionale non inficiano la conclusione secondo la quale il regime previsto all'allegato VII, sezione F, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1493/1999 ha carattere di completezza.
95. Sulla base delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni pregiudiziali dichiarando che l'articolo 51 del regolamento n. 479/2008, l'articolo 118 vicies del regolamento n. 1234/2007 e l'articolo 107 del regolamento n. 1308/2013 devono essere interpretati nel senso che l'articolo 43, paragrafo 2, del regolamento n. 479/2008, l'articolo 118 duodecies del regolamento n. 1234/2007 e l'articolo 101, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 non sono applicabili a un conflitto tra una denominazione di vini protetta ai sensi dell'articolo 54 del regolamento n. 1493/1999 e marchi anteriori notori registrati per vini, contenenti termini identici a detta denominazione, dovendo tale conflitto essere risolto solo sulla base dell'allegato VII, sezione F, paragrafo 2, secondo comma, di quest'ultimo regolamento.
Sulle spese
96. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
la Corte (Terza Sezione) dichiara:
L'articolo 51 del regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio, del 29 aprile 2008, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, che modifica i regolamenti (CE) n. 1493/1999, (CE) n. 1782/2003, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 3/2008 e abroga i regolamenti (CEE) n. 2392/86 e (CE) n. 1493/1999, l'articolo 118 vicies del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM), come modificato dal regolamento (CE) n. 491/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, e l'articolo 107 del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, devono essere interpretati nel senso che l'articolo 43, paragrafo 2, del regolamento n. 479/2008, l'articolo 118 duodecies del regolamento n. 1234/2007, come modificato dal regolamento n. 491/2009, e l'articolo 101, paragrafo 2, del regolamento n. 1308/2013 non sono applicabili a un conflitto tra una denominazione di vini protetta ai sensi dell'articolo 54 del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo, e marchi anteriori notori registrati per vini, contenenti termini identici a detta denominazione, dovendo tale conflitto essere risolto solo sulla base dell'allegato VII, sezione F, paragrafo 2, secondo comma, di quest'ultimo regolamento.