Corte costituzionale
Sentenza 24 luglio 2025, n. 128

Presidente: Amoroso - Redattore: Luciani

[...] nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 420-quater, comma 4, del codice di procedura penale, promossi dal Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale ordinario di Grosseto, nei procedimenti penali a carico di R. L. e A. A., con due ordinanze del 2 maggio 2024, rispettivamente iscritte ai numeri 152 e 163 del registro ordinanze 2024 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, numeri 35 e 38, prima serie speciale, dell'anno 2024.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 luglio 2025 il Giudice relatore Massimo Luciani;

deliberato nella camera di consiglio del 7 luglio 2025.

RITENUTO IN FATTO

1.- Con due distinte, ma identiche, ordinanze del 2 maggio 2024, iscritte rispettivamente ai numeri 152 e 163 del registro ordinanze 2024, il Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale ordinario di Grosseto, chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio di R. L., in relazione ai reati di bancarotta fallimentare (reg. ord. n. 152 del 2024), e di A. A., in relazione al reato di maltrattamenti in famiglia (reg. ord. n. 163 del 2024), ha sollevato d'ufficio, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 420-quater, comma 4, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che la sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell'imputato contenga l'avviso della facoltà del medesimo di accedere ai programmi di giustizia riparativa.

1.1.- In punto di rilevanza della questione, il giudice a quo, premesso che R. L. è chiamato a rispondere dei reati di bancarotta fallimentare (reg. ord. n. 152 del 2024) e che A. A. è chiamato a rispondere del reato di maltrattamenti in famiglia (reg. ord. n. 163 del 2024), evidenzia che: la notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare ha avuto in entrambi i casi esito negativo, stante l'irreperibilità degli imputati; per tale motivo è stata disposta la notifica personale ai medesimi tramite la polizia giudiziaria, ai sensi dell'art. 420-bis, comma 5, cod. proc. pen.; tuttavia, avendo le ricerche avuto esito negativo e non ricorrendo i presupposti per la celebrazione del processo in assenza, andrebbe pronunciata sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza del processo da parte degli imputati.

1.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente ritiene che la norma di cui all'art. 420-quater, comma 4, cod. proc. pen. contrasti con gli artt. 3 e 24 Cost.

Il giudice a quo, premesso che la sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza del processo da parte dell'imputato è stata introdotta dall'art. 23, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari), osserva che la stessa è una sentenza «del tutto sui generis», in quanto difetta di natura decisoria, non contenendo alcun accertamento nel merito, e ha la funzione di disporre la prosecuzione delle ricerche dell'imputato fino al decorso dei termini di prescrizione dei reati contestati nonché di consentire la ripresa del processo nel caso in cui l'imputato venga rintracciato attraverso la vocatio in iudicium di cui all'art. 420-quater, comma 4, cod. proc. pen.

In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza di legittimità (si richiama Corte di cassazione, sezione seconda penale, sentenza 26 ottobre-18 dicembre 2023, n. 50426), che ha affermato che, contenendo anche la vocatio in iudicium della persona ricercata, la predetta sentenza è del tutto «assimilabile ad un atto di impulso processuale, come tale insuscettibile di passare in giudicato».

Invero, prosegue il rimettente, quando le ricerche dell'imputato hanno esito positivo, tale sentenza assolve alla funzione propria dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare di cui all'art. 419 cod. proc. pen., contenendo l'indicazione del giudice dinanzi al quale comparire, la data e il luogo dell'udienza nonché l'avviso che, in caso di mancata comparizione e di non ricorrenza di alcuna delle ipotesi di cui all'art. 420-ter cod. proc. pen., il processo proseguirà in assenza dell'imputato, che sarà rappresentato in udienza dal difensore.

Trattandosi, dunque, di una vocatio in iudicium assimilabile a quella propria dell'avviso ex art. 419 cod. proc. pen., il giudice rimettente assume quest'ultima disposizione quale tertium comparationis per inferirne l'illegittimità costituzionale, anche pel profilo dell'irragionevolezza, del differente trattamento normativo previsto nel caso della sentenza di non doversi procedere: soltanto nel caso in cui venga immediatamente rintracciato l'imputato riceve anche l'avviso della possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa, ai sensi dell'art. 419, comma 3-bis, cod. proc. pen., mentre tale avviso non è previsto nel caso di pronuncia della sentenza di non doversi procedere ex art. 420-quater, comma 4, cod. proc. pen., né un avviso della possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa è fornito, ai sensi del successivo art. 420-sexies, dalla polizia giudiziaria che, rintracciato l'imputato, riesca a notificargli la sentenza.

Pertanto, prosegue il rimettente, mentre l'imputato è avvisato della possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa nel caso in cui la notifica dell'avviso ex art. 419 cod. proc. pen. «vada a buon fine», analogo avviso non gli è dovuto nell'ipotesi in cui, a seguito della sua iniziale irreperibilità, la citazione dinanzi al giudice dell'udienza preliminare avvenga attraverso la notifica della sentenza ex art. 420-quater cod. proc. pen.

Ciò posto, il giudice rimettente osserva come la «giustizia riparativa» (indicata nelle due ordinanze, con apparente refuso, anche come il «nuovo istituto della messa alla prova») non sia un rito speciale, ma al più un procedimento incidentale, parallelo alla giustizia contenziosa, che le si affianca in un rapporto di complementarità integrativa, «secondo un modello - per così dire - autonomistico, in base al quale la giustizia riparativa e quella punitiva procedono separatamente su binari paralleli destinati a non incontrarsi, pur se la giustizia riparativa trova il suo naturale habitat proprio nel procedimento penale: qui sono promossi tendenzialmente i percorsi riparativi e qui ricadono i suoi effetti positivi, ove ve ne siano» (viene richiamata Corte di cassazione, sezione seconda penale, sentenza 12 dicembre 2023-14 febbraio 2024, n. 6595).

L'orientamento indicato, che ha escluso il carattere giurisdizionale del procedimento riparativo, sarebbe accompagnato dall'esclusione di un'ipotesi di nullità speciale nel caso di omissione dell'avviso ex art. 419, comma 3-bis, cod. proc. pen., che avrebbe solo una finalità informativa, nell'ambito di una fase presidiata dall'assistenza difensiva tecnica (viene richiamata Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 9 maggio-13 giugno 2023, n. 25367).

Tale interpretazione sarebbe tuttavia non condivisibile: l'argomento della funzione meramente "informativa" dell'avviso, infatti, avrebbe carattere tautologico, essendo tale finalità implicita in qualsiasi tipo di avviso procedimentale; anche l'asserita assenza di un pregiudizio al diritto di difesa dell'imputato non sarebbe in linea con la giurisprudenza costituzionale, richiamata dal giudice a quo, che ha ribadito come il diritto di difesa non contempli soltanto un'adeguata difesa tecnica, ma anche un'effettiva autodifesa, quale diretta e personale partecipazione dell'imputato al processo (viene richiamata la sentenza di questa Corte n. 341 del 1999).

Inoltre, tale orientamento contraddirebbe le finalità della riforma del 2022, che, all'art. 47 («Diritto all'informazione») stabilisce l'obbligatorietà dell'avviso della possibilità di accedere alla giustizia riparativa nelle varie fasi del procedimento; obbligatorietà introdotta, da ultimo, anche con riferimento al decreto che dispone il giudizio immediato, ai sensi dell'art. 2, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 19 marzo 2024, n. 31 (Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari).

Ad avviso del rimettente, dunque, sarebbe preferibile il diverso orientamento emerso nella giurisprudenza di legittimità, che ha riconosciuto una nullità di ordine generale ai sensi dell'art. 178, lettera c), cod. proc. pen. per l'ipotesi di omesso avviso, nel decreto ex art. 447 cod. proc. pen., della facoltà di accedere alla giustizia riparativa (viene richiamata Corte di cassazione, sezione quarta penale, sentenza 9 maggio-26 luglio 2023, n. 32360).

A sostegno della preferibilità di tale orientamento si osserva che il procedimento riparativo, benché autonomo, di natura non giurisdizionale e facoltativo, può nondimeno produrre effetti sostanziali in sede penale: al fine del riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62, primo comma, numero 6), del codice penale; al fine della commisurazione della pena ex art. 133 cod. pen.; quale presupposto per il riconoscimento della sospensione condizionale breve o speciale ex art. 163, quarto comma, cod. pen.; al fine del riconoscimento della remissione tacita della querela nei reati procedibili a tale condizione.

Sulla base di tali coordinate ermeneutiche il giudice rimettente sostiene che il diverso trattamento normativo riservato dagli artt. 419, comma 3-bis, e 420-quater, comma 4, cod. proc. pen., in merito alla previsione dell'avviso della facoltà di accedere alla giustizia riparativa «configuri una ingiustificata disparità di trattamento di situazioni sostanzialmente identiche», poiché non vi sarebbero differenze sostanziali tra la posizione dell'imputato che, dopo l'iniziale irreperibilità, venga reperito durante le ricerche della polizia giudiziaria e quella dell'imputato nei cui confronti vada ab origine a buon fine la notifica dell'avviso ex art. 419 cod. proc. pen.

Ne conseguirebbe l'irragionevolezza del diverso trattamento normativo delle due fattispecie, in violazione dell'art. 3 Cost., idoneo a pregiudicare l'imputato inizialmente irreperibile, il quale, a differenza dell'imputato che riceve l'avviso ex art. 419, comma 3-bis, «non è posto subito nelle condizioni di valutare se accedere o meno al programma di giustizia riparativa, con conseguente pregiudizio del suo diritto di pianificare con anticipo la propria strategia processuale», per la possibilità di disperdere inutilmente un significativo lasso di tempo (fino a dieci mesi) compreso tra la notifica della sentenza e la celebrazione dell'udienza.

Esclusa la possibilità di un'interpretazione costituzionalmente orientata, in quanto l'inserimento dell'avviso nella sentenza si tradurrebbe in una indebita integrazione della disposizione censurata, il giudice rimettente conclude nel senso che l'omissione dell'avviso della facoltà di accedere alla giustizia riparativa sarebbe di per sé idonea a discriminare la posizione dell'imputato che riceve la vocatio in iudicium tramite la notifica della sentenza ex art. 420-quater cod. proc. pen. rispetto a quella dell'imputato che la riceve mediante la notifica dell'avviso ex art. 419 cod. proc. pen., con violazione del principio di eguaglianza ex art. 3 Cost. e del diritto di difesa ex art. 24 Cost.

2.- È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le sopradescritte questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate non fondate.

2.1.- Le questioni sarebbero manifestamente infondate in quanto non sarebbe corretto porre a raffronto la posizione dell'imputato «inizialmente irreperibile» e quella dell'imputato «nei cui confronti vada ab origine a buon fine la notifica dell'avviso ex art. 419 c.p.p.», non essendo possibile procedere ex art. 420-quater cod. proc. pen. in assenza di regolare notifica dell'avviso di udienza; in secondo luogo, la sentenza di non doversi procedere non presupporrebbe affatto l'accertamento ultimativo della mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell'imputato, dunque la mancata conoscenza dell'avviso ex art. 419 cod. proc. pen. e della richiesta di rinvio a giudizio, ma unicamente la non ricorrenza delle circostanze che, in base all'art. 420-bis cod. proc. pen., legittimano il processo in assenza.

Inoltre, in difetto di una sua natura decisoria e di un accertamento nel merito, la funzione della sentenza ex art. 420-quater cod. proc. pen. sarebbe quella di impedire la prosecuzione del processo in assenza di prova della sua conoscenza da parte dell'imputato e di disporre la prosecuzione della sua ricerca, ovvero di consentire la riapertura del processo nel caso in cui questi sia rintracciato prima del decorso dei termini di prescrizione.

La disciplina della sentenza di non doversi procedere sarebbe dunque sostanzialmente diversa da quella del decreto di fissazione dell'udienza preliminare, la cui funzione sarebbe quella di fissare l'inizio del processo. Pertanto, i due distinti atti processuali non dovrebbero necessariamente avere lo stesso contenuto, integrandosi vicendevolmente nell'ipotesi in cui all'originaria irreperibilità dell'imputato segua il suo reperimento. In tale prospettiva andrebbe letto il successivo art. 420-sexies cod. proc. pen., ove si prevede, al comma 1, che, quando rintraccia la persona nei cui confronti è stata emessa la sentenza di improcedibilità, la polizia giudiziaria «le notifica la sentenza e le dà avviso della riapertura del processo», redigendo processo verbale delle attività svolte e degli avvisi dati alla persona rintracciata (comma 2).

Secondo la difesa erariale, nell'attività della polizia giudiziaria di notifica della sentenza e di «avviso della riapertura del processo» si realizza quell'effetto conoscitivo di tutti gli avvisi che, recati dal decreto di fissazione dell'udienza preliminare ex art. 419 cod. proc. pen. e trasfusi nel verbale di cui al comma 2 dell'art. 420-sexies cod. proc. pen., vengono così portati a conoscenza dell'imputato. Non occorrerebbe, dunque, che la sentenza ex art. 420-quater cod. proc. pen. contenga specificamente l'avviso della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa, poiché esso dovrebbe ritenersi ricompreso nell'«avviso della riapertura del processo». Inoltre, eventuali carenze informative dell'originario decreto di fissazione dell'udienza preliminare potrebbero essere prospettate dall'imputato e dal suo difensore come cause di nullità processuale.

Quanto al profilo della violazione del diritto di difesa, sostiene l'Avvocatura generale, le norme sugli avvisi concernenti la giustizia riparativa sarebbero estranee al perimetro dell'intervento dell'imputato, che riguarda esclusivamente la sua partecipazione agli atti del procedimento penale, laddove la giustizia riparativa è attività extraprocessuale, priva di carattere procedimentale e giurisdizionale (viene richiamata Cass., n. 6595 del 2024). Non si tratterebbe di un procedimento speciale né di un procedimento incidentale o complementare avente a oggetto questioni collegate alla regiudicanda, in quanto il mediatore non interviene nel procedimento penale, ma contribuisce al perfezionarsi di una fattispecie successiva al fatto di reato, che potrà avere rilievo a diversi fini (attenuanti, commisurativi, concessione di benefici, eccetera).

Tali rilievi escluderebbero sia il denunciato profilo di disparità di trattamento (art. 3 Cost.), sia la violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost., non essendo l'avviso della facoltà di accedere alla giustizia riparativa funzionale all'esercizio di alcun diritto di difesa o all'attuazione del giusto processo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Con le ordinanze indicate in epigrafe (reg. ord. n. 152 e n. 163 del 2024) il Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Grosseto ha sollevato d'ufficio, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell'art. 420-quater, comma 4, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che la sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo da parte dell'imputato contenga l'avviso della sua facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.

1.1.- Il rimettente espone che: è stato chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio di R. L. in relazione ai reati di bancarotta fallimentare (reg. ord. n. 152 del 2024), e di A. A. in relazione al reato di maltrattamenti in famiglia (reg. ord. n. 163 del 2024); la notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare ha avuto in entrambi i casi esito negativo, stante l'irreperibilità degli imputati; per tale motivo è stata disposta la notifica personale ai medesimi, tramite la polizia giudiziaria, ai sensi dell'art. 420-bis, comma 5, cod. proc. pen.; tuttavia, avendo le ricerche avuto esito negativo e non ricorrendo i presupposti per la celebrazione del processo in assenza, andrebbe pronunciata sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza del processo da parte degli imputati.

1.2.- Il giudice a quo denuncia la norma di cui all'art. 420-quater, comma 4, cod. proc. pen., per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., poiché, disciplinando il contenuto di una sentenza «del tutto sui generis», priva di contenuto decisorio e connotata invece dalla vocatio in iudicium dell'imputato per il caso che questi venga rintracciato e venga disposta la ripresa del processo, non contiene l'avviso della possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa, come è invece previsto dall'art. 419, comma 3-bis, cod. proc. pen., per l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare notificato all'imputato immediatamente reperibile.

Tanto premesso, il diverso trattamento normativo riservato dagli artt. 419, comma 3-bis, e 420-quater, comma 4, cod. proc. pen., in merito alla previsione dell'avviso della facoltà di accedere alla giustizia riparativa configurerebbe, ad avviso del rimettente, «una ingiustificata disparità di trattamento di situazioni sostanzialmente identiche», poiché non vi sarebbero differenze sostanziali tra la posizione dell'imputato che, dopo l'iniziale irreperibilità, venga reperito durante le ricerche dalla polizia giudiziaria e quella dell'imputato nei cui confronti vada ab origine a buon fine la notifica dell'avviso ex art. 419 cod. proc. pen.

Ne conseguirebbe un diverso trattamento normativo delle due fattispecie, idoneo a pregiudicare l'imputato inizialmente irreperibile, il quale, a differenza di quello che riceve l'avviso ex art. 419, comma 3-bis, cod. proc. pen., «non è posto subito nelle condizioni di valutare se accedere o meno al programma di giustizia riparativa, con conseguente pregiudizio del suo diritto di pianificare con anticipo la propria strategia processuale». Tanto, in violazione del principio di eguaglianza ex art. 3 Cost. e del diritto di difesa ex art. 24 Cost.

2.- In via preliminare, deve essere disposta la riunione dei giudizi perché siano decisi con unica sentenza, avendo le relative questioni di legittimità costituzionale a oggetto la medesima disposizione, prospettando le medesime censure ed evocando parametri coincidenti (tra le tante, sentenze n. 171 del 2024 e n. 220 del 2023).

3.- Le questioni di legittimità costituzionale sopra descritte non sono fondate.

3.1.- Occorre, ai fini di una compiuta argomentazione, evidenziare che l'art. 420-quater cod. proc. pen., nell'attuale formulazione oggetto di censura, è stato modificato dall'art. 23, comma 1, lettera e), del d.lgs. n. 150 del 2022 (cosiddetta "riforma Cartabia"). Con la legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili), era stato eliminato l'istituto della contumacia ed era stata contemplata l'assenza quale unica situazione codificata, processualmente rilevante, in cui l'imputato non risulta presente all'udienza preliminare; in tale quadro, l'art. 420-quater cod. proc. pen. disciplinava la «[s]ospensione del processo per assenza dell'imputato», nel caso in cui non ricorressero i presupposti per procedere in assenza e le ulteriori ricerche dell'imputato disposte dal giudice avessero dato esito negativo. La soluzione della sospensione, che lasciava in una condizione di incertezza tutti i processi nei quali non era possibile procedere in assenza, è stata sostituita dall'introduzione della sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza del processo, allo scopo di ottenere la deflazione del contenzioso e un recupero dell'efficienza della giurisdizione. Nel nuovo regime, infatti, la pronuncia definisce il procedimento evitando ch'esso rimanga pendente e che il giudice debba disporre ogni anno nuove ricerche dell'imputato.

Tuttavia, quella prevista dall'art. 420-quater cod. proc. pen. è una pronuncia sui generis, con un contenuto complesso: oltre al contenuto generico tipico delle sentenze (l'intestazione, l'indicazione dell'autorità giudiziaria, l'imputazione, il dispositivo), essa esibisce anche un contenuto specifico, con l'indicazione dell'esito delle notifiche e delle ricerche effettuate, della data fino alla quale le ricerche finalizzate a rintracciare la persona destinataria della sentenza dovranno continuare, di una serie di avvertimenti sulla riapertura del processo, sul suo luogo e sulla sua data. Si tratta dunque di una sentenza in rito, che prescinde da ogni accertamento di merito. La sentenza è inappellabile e ha un'efficacia preclusiva limitata, in quanto destinata a essere revocata, sia pure entro determinati limiti temporali ivi indicati, quando la persona nei cui confronti è stata emessa viene rintracciata (art. 420-sexies cod. proc. pen.). La pronuncia della sentenza determina la sospensione della prescrizione (art. 159, ultimo comma, cod. pen., come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera i, numero 2, del d.lgs. n. 150 del 2022), ancorché non possa superarsi il doppio dei termini di prescrizione previsti dall'art. 157 cod. pen.

3.2.- Di particolare rilievo, ai fini del sindacato rimesso a questa Corte, appare altresì la vicenda normativa della "giustizia riparativa": la "riforma Cartabia" ne ha infatti disegnato una disciplina organica, provvedendo altresì a una serie di interpolazioni al codice penale, al codice di procedura penale, alle sue norme di attuazione e coordinamento e ad alcune previsioni extra-codicistiche.

Quanto alla natura della giustizia riparativa, si è condivisibilmente evidenziato che il sistema ruota intorno a una logica binaria: per i reati perseguibili a querela rimettibile la giustizia riparativa può configurarsi come vera e propria alternativa alla giustizia penale, poiché l'esito riparativo conduce alla non proposizione della querela o alla sua remissione, espressa o tacita (giusta quanto previsto dal nuovo art. 152, terzo comma, cod. pen.); per le altre fattispecie criminose, invece, la giustizia riparativa si colloca in una posizione di complementarità rispetto a quella contenziosa, nel senso che può svilupparsi parallelamente al procedimento penale, rispetto al quale è garantita una ferrea impermeabilità di quanto dichiarato nel corso della mediazione, mentre l'esito riparativo potrà tendenzialmente rilevare soltanto ai fini della commisurazione della pena e in bonam partem.

Ebbene, proprio la morfologia della giustizia riparativa e il profilo relativo al rapporto di alternatività/complementarità rispetto alla giustizia penale comporta che la fase, del tutto eventuale, della riparazione non possa configurarsi come un procedimento incidentale o parallelo che si sovrappone a quello di cognizione: rispetto al procedimento penale sono diversi gli attori (non essendo, ad esempio, prevista la partecipazione del pubblico ministero) e lo stesso oggetto; non è prevista la presenza del difensore; non è richiesto alcun accertamento incidentale e sommario della responsabilità dell'imputato, posto che il programma di giustizia riparativa non postula affatto l'accertamento di una responsabilità penale.

In altri termini, può concordarsi con chi osserva che la giustizia riparativa si configura come un post factum destinato a svilupparsi fuori del processo penale, come un'esperienza giuridicamente rilevante che tuttavia si concretizza indipendentemente da questo.

Invero, si tratta di attività extraprocessuale priva di carattere giurisdizionale: non a caso viene definita, normativamente, come un programma (e non come un procedimento, almeno nell'accezione processual-penalistica del termine), condotto da un soggetto - il mediatore - che non è chiamato in alcun modo a ius dicere e ha l'obiettivo del tutto diverso da quelli perseguiti nel procedimento penale, di "curare" le conseguenze derivanti dal reato.

Il profilo della disciplina dell'informazione sull'accesso va dunque scrutinato sul presupposto che non si tratta di un procedimento speciale ovvero di un procedimento incidentale o complementare, non essendo ancorato al processo penale, cui semplicemente si affianca.

La disposizione generale, a tal proposito, è l'art. 47, comma 1, del d.lgs. n. 150 del 2022, ove si stabilisce che l'autorità giudiziaria deve informare, in ogni stato e grado del procedimento, la persona indicata come autore dell'offesa e la vittima del reato della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. Inoltre, tale decreto legislativo contiene molteplici norme introduttive di oneri informativi in capo all'autorità giudiziaria procedente: la persona sottoposta alle indagini viene avvisata della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa già in sede di adempimenti esecutivi delle misure cautelari (art. 293, comma 1, lettera i-bis, cod. proc. pen.) e precautelari (art. 386, comma 1, lettera i-bis, cod. proc. pen.) nonché con l'avviso di conclusione delle indagini di cui all'art. 415-bis, comma 3, cod. proc. pen. e con il decreto di fissazione dell'udienza di cui all'art. 447, comma 1, cod. proc. pen.; nei confronti dell'imputato un'informazione è prevista nel decreto penale di condanna (art. 460, comma 1, lettera h-bis, cod. proc. pen.); il recente intervento correttivo di cui al d.lgs. n. 31 del 2024 ha opportunamente esteso la doverosità dell'informazione anche al provvedimento che dispone il giudizio immediato (art. 456, comma 2-bis, cod. proc. pen.); dopo la condanna, un'informazione è contenuta nell'ordine di esecuzione (artt. 656, comma 5, e 660, comma 3, cod. proc. pen.). Infine, è prevista una serie di avvisi che vanno dati tanto all'indagato, prima, e imputato, poi, quanto alla persona offesa: si allude all'informazione di garanzia (art. 369, comma 1-ter, cod. proc. pen.), all'avviso di fissazione dell'udienza a seguito della richiesta di archiviazione (art. 409, comma 2, cod. proc. pen.), all'avviso di fissazione dell'udienza preliminare (art. 419, comma 3-bis, cod. proc. pen.), al decreto che dispone il giudizio (art. 429, comma 1, lettera d-bis, cod. proc. pen.) e al decreto di citazione diretta a giudizio (art. 552, comma 1, lettera h-bis, cod. proc. pen.).

4.- Ciò posto quanto alla natura della sentenza di non doversi procedere ex art. 420-quater cod. proc. pen. e della cosiddetta giustizia riparativa, tre appaiono i profili maggiormente significativi: la natura della giustizia riparativa; i limiti del sindacato di costituzionalità nella materia processuale; la comparazione con l'omessa previsione degli avvisi concernenti la facoltà di accesso a un rito alternativo.

4.1.- Il primo aspetto, concernente la natura di programma extraprocessuale e non di procedimento incidentale della giustizia riparativa, appare assorbente, in quanto ne discende anche la valutazione degli altri profili.

Come si è già rilevato (supra, punto 3.2.), il rapporto di alternatività/complementarità della giustizia riparativa rispetto alla giustizia penale comporta che la prima non si configuri come un procedimento incidentale o parallelo rispetto al procedimento penale di cognizione, diversi essendone gli attori, in parte, le finalità, l'oggetto. La giustizia riparativa - si è già accennato - si configura come un post factum che si sviluppa fuori del processo penale che resta largamente impermeabile ai contenuti della riparazione, salvo che, in caso di esito positivo, in relazione ai profili latamente commisurativi della pena, ai sensi dell'art. 133 cod. pen. secondo quanto stabilito dall'art. 58 d.lgs. n. 150 del 2022. La disciplina della giustizia riparativa non richiede, infatti, alcun accertamento incidentale e sommario della responsabilità dell'imputato, proprio perché il relativo programma non postula affatto l'accertamento di una responsabilità penale.

Quanto alla evidenziazione di una disparità di trattamento con la previsione dell'avviso in favore dell'imputato reperibile, va osservato che, se la giustizia riparativa non è un procedimento speciale, incidentale (non riguardando la medesima regiudicanda del processo penale) o complementare, ma un programma di attività extraprocessuale, non procedimentale in senso processual-penalistico, né giurisdizionale, il cui esito riparativo può assumere rilevanza ai fini dell'attenuazione, della commisurazione o della concessione della sospensione condizionale della pena, l'omessa previsione normativa in uno specifico momento processuale (quello della sentenza ex art. 420-quater cod. proc. pen.) dell'avviso della facoltà di accedervi non può essere ritenuta idonea a violare il principio di eguaglianza e con esso il diritto di difesa, poiché si è al di fuori del «procedimento» penale e quindi dell'ambito di applicazione dell'art. 24 Cost., anche nella dimensione della cosiddetta autodifesa (sulla quale molto ha argomentato il rimettente).

4.2.- Già dalle considerazioni che precedono deriva la necessità di dichiarare non fondate le sollevate questioni di legittimità costituzionale. Vanno nondimeno rammentati ad abundantiam, ai fini del controllo di ragionevolezza, anche i limiti del sindacato di costituzionalità in materia processuale.

La giurisprudenza di questa Corte ha sovente ribadito che «in tema di disciplina del processo e di conformazione degli istituti processuali il legislatore dispone di un'ampia discrezionalità, con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà delle scelte compiute (ex plurimis: sentenze n. 17 del 2011; n. 229 e n. 50 del 2010; n. 221 del 2008; ordinanze n. 43 del 2010, n. 134 del 2009, n. 67 del 2007)» (ordinanza n. 141 del 2011); ha altresì evidenziato che l'astratta possibilità di una diversa disciplina legislativa sul punto non sarebbe necessariamente più razionale di quella censurata né, comunque, sarebbe costituzionalmente obbligata (ordinanza n. 43 del 2010).

Per vero, questo principio è fatto in genere valere nella prospettiva dell'inammissibilità delle questioni che comportano un'invasione nel campo della discrezionalità del legislatore, ma esso vale anche come sollecitazione a uno scrutinio particolarmente prudente della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà della scelta legislativa.

La soglia dell'irragionevolezza manifesta non è qui superata, poiché la scelta del legislatore di non inserire l'avviso della facoltà di accesso alla giustizia riparativa tra i contenuti della sentenza ex art. 420-quater cod. proc. pen. è giustificata da ciò che: è già prevista una serie di ipotesi in cui tale avviso viene dato, tanto all'indagato, prima, e all'imputato, poi, quanto alla persona offesa, con l'informazione di garanzia (art. 369, comma 1-ter, cod. proc. pen.), con l'avviso di fissazione dell'udienza a seguito della richiesta di archiviazione (art. 409, comma 2, cod. proc. pen.), con l'avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis, comma 3, cod. proc. pen.), con l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare (art. 419, comma 3-bis, cod. proc. pen.), con il decreto che dispone il giudizio (art. 429, comma 1, lettera d-bis, cod. proc. pen.) e con il decreto di citazione diretta a giudizio (art. 552, comma 1, lettera h-bis, cod. proc. pen.); nella fase che qui viene in rilievo, compresa tra l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare (art. 419 cod. proc. pen.) e l'eventuale decreto di rinvio a giudizio (art. 429 cod. proc. pen.), l'imputato, sia pur irreperibile, dovrebbe già aver ricevuto l'avviso con altri atti notificati nella precedente fase delle indagini preliminari (per esempio, con l'informazione di garanzia o con l'avviso di conclusione delle indagini preliminari) e comunque lo riceverebbe in sede di rinvio a giudizio (salvo che non venga pronunciata sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 cod. proc. pen.); l'omessa previsione dell'avviso nella sentenza ex art. 420-quater cod. proc. pen., in ogni caso, non compromette in alcun modo la facoltà dell'imputato di accedere alla giustizia riparativa, non essendo previsti termini perentori o scadenze.

4.3.- Né si potrebbe equiparare l'omessa previsione dell'avviso della possibilità di accesso alla giustizia riparativa all'omessa previsione dell'avviso concernente la facoltà di accedere a un rito alternativo, cui - pure - il rimettente rapidamente allude.

A tale ultimo riguardo, la giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, sentenze n. 19 del 2020 e n. 201 del 2016) che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale delle disposizioni processuali che non prevedevano gli avvisi per l'accesso ai riti alternativi ha motivato sulla base di due presupposti, entrambi assenti nella fattispecie in esame: l'esistenza di un rito alternativo, con contenuto premiale; la previsione di un termine perentorio per la richiesta di ammissione, con perdita irrimediabile della facoltà di presentarla nell'ipotesi della sua inosservanza.

Invero, appare assorbente, come già si è evidenziato, la considerazione che la giustizia riparativa non è un rito alternativo per la definizione della responsabilità penale (anche nella limitata ipotesi dei reati procedibili a querela rimettibile, nella quale l'estinzione consegue non all'opzione riparativa in sé, bensì alla valutabilità dell'esito riparativo quale elemento di fatto ai fini della remissione tacita della querela).

In ogni caso, anche ove così non fosse, resta comunque il dato normativo che non si prevede alcun termine perentorio o scadenza processuale per la richiesta di ammissione da parte dell'imputato, tant'è che il programma può essere avviato «[i]n ogni stato e grado del procedimento» (art. 129-bis, comma 1, cod. proc. pen.), e anche nella fase dell'esecuzione o dopo l'esecuzione della pena.

5.- Va altresì rilevato che le censure prospettate dal giudice rimettente sono significativamente argomentate anche sul presupposto della sussistenza della sanzione processuale della nullità in caso di omesso avviso della facoltà di accesso alla giustizia riparativa.

Tuttavia, premesso che il tema della nullità è, qui, secondario, non si può mancare di osservare che la giurisprudenza, formatasi in riferimento ad atti diversi dalla sentenza ex art. 420-quater cod. proc. pen., sul punto non è unanime e che parte di essa segue l'opzione interpretativa che esclude la nullità, ancora una volta in considerazione della natura non procedimentale del programma di giustizia riparativa e dell'assenza nel dato normativo della previsione di nullità speciali o generali (non riguardando l'«intervento» dell'imputato inteso quale sua consapevole partecipazione al processo penale).

L'omessa previsione dell'avviso, anche considerando i molteplici momenti informativi che scandiscono l'intero procedimento penale e l'assenza di termini perentori o di scadenze processuali per l'accesso, rientra nell'ambito delle scelte discrezionali del legislatore e comunque non supera la soglia della manifesta irragionevolezza.

6.- Peraltro, la natura di mero post factum della giustizia riparativa e, soprattutto, dell'eventuale esito positivo, appare elemento tale da contribuire a evidenziare la non fondatezza delle questioni per un ulteriore profilo: l'esito riparativo, infatti, può incidere su attenuanti, commisurazione della pena o concessione di benefici, ma nell'ambito dell'esercizio dei medesimi poteri discrezionali assegnati al giudice ai fini, proprio, del riconoscimento della circostanza attenuante della riparazione o del risarcimento del danno (art. 62, numero 6, primo periodo, cod. pen.). In altri termini: l'esito riparativo può essere assunto dal giudice quale "elemento di fatto" successivo al fatto-reato ai fini dell'esercizio della discrezionalità nella commisurazione (art. 133 cod. pen.), nell'attenuazione (art. 62 cod. pen.) o nella sospensione (art. 163 cod. pen.) della pena e rientra nella base cognitiva e valutativa allo stesso modo dell'"elemento di fatto" dell'avvenuto risarcimento.

In tal senso, non sarebbe ipotizzabile sostenere (né una questione del genere è stata posta) l'obbligatorietà di un avviso sui potenziali effetti attenuanti (o anche commisurativi) di una circostanza quale quella, strutturalmente analoga all'esito riparativo, dell'intervenuto risarcimento del danno.

7.- Alla luce delle considerazioni che precedono le questioni di legittimità costituzionale sollevate con le ordinanze indicate in epigrafe e descritte in narrativa devono essere dichiarate non fondate.

P.Q.M.
LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 420-quater, comma 4, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale ordinario di Grosseto con le ordinanze indicate in epigrafe.

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