Consiglio di Stato
Adunanza plenaria
Sentenza 15 luglio 2025, n. 10

Presidente: Maruotti - Estensore: Tarantino

FATTO E DIRITTO

1. La società appellante svolge la propria attività nel campo dello spettacolo quale organizzatore di eventi teatrali e musicali ed ha partecipato al procedimento indetto col bando pubblicato dalla Camera di commercio di Napoli per "la valorizzazione della cultura napoletana attraverso i teatri - anno 2021" , finalizzato a sostenere il settore della cultura nel periodo emergenziale Covid-19 attraverso l'erogazione di sovvenzioni a fondo perduto pari al 100% del valore economico di alcune rappresentazioni teatrali e sulla base dei costi sostenuti.

In data 29 dicembre 2021, la Camera di commercio, con la determina n. 491/21, dopo la "correzione" di "errori di calcolo" compiuti dalla commissione giudicatrice, ha approvato l'elenco delle istanze ammesse e finanziabili, tra cui quella dell'appellante.

La graduatoria è stata successivamente riformulata, a seguito di una istanza di riesame proposta dalla quarta graduata, con determinazione dirigenziale n. 97 del 3 marzo 2022, in base alla quale quest'ultima ascendeva al terzo posto in graduatoria, mentre l'appellante si è collocata al quarto posto, con conseguente riduzione del contributo concessole.

2. Con il ricorso di primo grado, proposto dinanzi al T.A.R. della Campania, sede di Napoli, la società appellante ha chiesto l'annullamento della determinazione dirigenziale della Camera di commercio n. 97 del 3 marzo 2022, con l'allegata tabella che ha comportato la sua posizione al quarto posto in graduatoria, nonché il risarcimento dei danni da essa derivati.

3. Il giudice di prime cure ha dichiarato improcedibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, rilevando che la società, anche laddove fossero accolte le sue ragioni e fosse reintegrata in graduatoria con la riattribuzione del contributo nella misura originaria, dovrebbe essere esclusa dalla procedura selettiva, per non aver presentato all'Amministrazione - dopo la proposizione del ricorso ed entro il termine perentorio di sessanta giorni dal termine massimo di conclusione dell'iniziativa sovvenzionata, prorogato dal 31 dicembre 2021 al 30 aprile 2022 - la rendicontazione delle spese sostenute per le attività teatrali in questione.

Inoltre, a giudizio del T.A.R., la sopravvenuta carenza di interesse ad ottenere l'annullamento degli atti impugnati avrebbe comportato l'improcedibilità anche della domanda di risarcimento danni, non spettando il bene della vita posto alla base della pretesa risarcitoria.

4. La società interessata ha impugnato la sentenza di primo grado, affidando a tre motivi di appello la censura avverso il capo della sentenza che ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso introduttivo, ed ha riproposto i motivi non esaminati in primo grado.

4.1. Si sono costituite in giudizio le parti appellate, argomentando in ordine all'inammissibilità e all'infondatezza dell'avverso gravame.

5. La VI Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza non definitiva n. 1483 del 2025, ha respinto le eccezioni di inammissibilità del gravame, ha esaminato congiuntamente i primi tre motivi di appello e li ha accolti, ritenendo che la declaratoria di improcedibilità del ricorso pronunciata dal primo giudice sia palesemente errata.

Ha osservato la VI Sezione che l'appellante ha un perdurante interesse alla decisione sia della domanda di annullamento ex art. 29 del c.p.a. che della domanda di risarcimento del danno ex art. 30 del c.p.a., proposte con il ricorso di primo grado, malgrado la mancata completa rendicontazione delle spese sostenute, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla conclusione dell'iniziativa sovvenzionata.

6. Quanto ai restanti motivi d'appello, la VI Sezione ha sottoposto all'Adunanza plenaria un quesito inerente l'interpretazione dell'art. 105 del c.p.a., in relazione al principio di diritto da questa enunciato con la sentenza n. 16 del 2024 in tema di conseguenze dell'erronea pronuncia di inammissibilità da parte del giudice di primo grado.

A giudizio della Sezione, infatti, il principio di diritto ivi sancito dovrebbe estendersi anche all'ipotesi di erronea declaratoria di improcedibilità.

Questa conclusione potrebbe però comportare un contrasto giurisprudenziale, stante il diverso consolidato orientamento del Consiglio di Stato, dal quale la Sezione vorrebbe discostarsi.

7. La Sezione remittente, infatti, ritiene che l'erronea declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado e l'erronea declaratoria di improcedibilità del ricorso di primo grado sono fattispecie del tutto assimilabili ai fini della questione in esame, quanto alla loro natura giuridica ed alle conseguenze processuali, poiché:

- sono entrambe pronunce in rito che conseguono alla verifica, rispettivamente, dell'originaria sussistenza e della permanenza della medesima condizione dell'azione (l'interesse a ricorrere);

- sono assoggettate ad un regime giuridico processuale sostanzialmente identico (si veda, in particolare, l'art. 35 del c.p.a.);

- incidono sul principio del doppio grado "di merito" del giudizio amministrativo (punto 12.4 della sentenza n. 16 del 2024 dell'Adunanza plenaria);

- qualora conseguano ad un errore palese che porti al mancato esame della totalità dei motivi di ricorso [ipotesi sub lett. a) e b) del punto 11.9 della sentenza n. 16 del 2024 dell'Adunanza plenaria], danno luogo all'identico vizio di "motivazione apparente", che comporta la "nullità della sentenza" ex art. 105, comma 1, del c.p.a.

Tanto premesso, la VI Sezione ha formulato il seguente quesito di diritto all'Adunanza plenaria: "se l'art. 105, comma 1, c.p.a., nella parte in cui prevede che il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado se dichiara la nullità della sentenza, si applichi anche quando la sentenza appellata abbia dichiarato improcedibile il ricorso di primo grado errando palesemente nell'escludere la permanenza dell'interesse del ricorrente".

8. La Sezione remittente, infine, ha formulato un ulteriore quesito sulla estensibilità o meno del principio enunciato nella sentenza n. 16 del 2024 dell'Adunanza plenaria anche alla fattispecie di declaratoria, palesemente errata, di irricevibilità del ricorso di primo grado ex art. 35, comma 1, lett. a), del c.p.a.

Quanto alla possibilità di deferire tale questione all'esame dell'Adunanza plenaria, la VI Sezione ha richiamato il comma 5 dell'art. 99 del c.p.a., per il quale, "Se ritiene che la questione è di particolare importanza, l'adunanza plenaria può comunque enunciare il principio di diritto nell'interesse della legge anche quando dichiara il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero l'estinzione del giudizio".

Tale disposizione sarebbe espressione di un principio di portata più ampia, che consentirebbe all'Adunanza plenaria di formulare, seppur solo a fronte di una questione di "particolare importanza", il principio di diritto anche laddove la quaestio sia non indispensabile (per ragioni originarie o sopravvenute) ai fini della decisione della controversia.

A sostegno di questa interpretazione, la Sezione ha valorizzato la centralità del ruolo nomofilattico dell'Adunanza plenaria e la natura di "giurisdizione oggettiva" propria della fase processuale di cui all'art. 99, comma 5, del c.p.a.

Del resto, a differenza di quanto previsto per il processo civile ove la pronuncia "nell'interesse della legge" può essere resa non solo ex officio (art. 363, comma 3, del c.p.c.), ma anche su richiesta del Procuratore generale presso la Corte di cassazione (art. 363, comma 1, del c.p.c.), nella disciplina del c.p.a. l'esercizio del potere di cui all'art. 99, comma 5, è rimesso all'ampia valutazione discrezionale dell'Adunanza plenaria.

Ad avviso dell'ordinanza di rimessione, l'esercizio di tale potere da parte della Adunanza plenaria potrebbe essere sollecitato dalla Sezione remittente, in particolare quando vada enunciato un principio di diritto "di completamento", strettamente connesso a quello formulato ai sensi dell'art. 99, comma 1, così come è avvenuto con la sentenza dell'Adunanza plenaria n. 10 del 2020, punto 38, in tema di accesso agli atti.

9. La VI Sezione ritiene, inoltre, che il principio di diritto sancito nella sentenza 20 novembre 2024, n. 16, sia estensibile anche al caso in cui il giudice di primo grado abbia palesemente errato nel dichiarare l'irricevibilità del ricorso di primo grado.

A sostegno di questa tesi, viene evidenziato che:

a) argomenti possono trarsi dalla motivazione della sentenza dell'Adunanza plenaria n. 16 del 2024 (punti 10.4, 11.11), specie laddove si precisa che: «La disparità di trattamento di situazioni equivalenti sarebbe del resto vistosa nel caso (non espressamente previsto dall'art. 105) di erronea declaratoria di irricevibilità del ricorso perché notificato o depositato oltre il termine massimo, rispetto al caso di erronea declaratoria di estinzione del processo perché il ricorso è stato riassunto mediante notifica o deposito oltre il termine massimo (che impone la regressione del giudizio). In entrambi i casi si disputa di una notifica o di un deposito tardivi dell'originario ricorso o del medesimo originario ricorso "riassunto"»;

b) la statuizione di irricevibilità rientra tra le pronunce in rito ex art. 35 del c.p.a.;

c) la statuizione di irricevibilità riguarda un presupposto processuale da verificare prioritariamente rispetto alle condizioni dell'azione;

d) la statuizione di irricevibilità, che consegua ad un "errore palese" che porti al mancato esame della totalità dei motivi di ricorso [ipotesi sub lett. a) e b) del punto 11.9 della sentenza n. 16 del 2024 dell'Adunanza plenaria], dà luogo all'identico vizio di "motivazione apparente", che comporta la "nullità della sentenza" ex art. 105, comma 1, del c.p.a.;

e) anche la statuizione di irricevibilità produce la perdita di un doppio grado di giudizio amministrativo effettivo, vale a dire di merito, non pregiudicando la ragionevole durata del processo.

Conseguentemente, si chiede ai sensi dell'art. 99, comma 5, del c.p.a. la pronuncia dell'Adunanza plenaria sull'ulteriore seguente quesito di diritto: "se l'art. 105, comma 1, c.p.a., nella parte in cui prevede che il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado se dichiara la nullità della sentenza, si applichi anche quando la sentenza appellata abbia dichiarato irricevibile il ricorso di primo grado errando palesemente".

10. In vista dell'udienza dinanzi all'Adunanza plenaria, le parti non hanno depositato memorie.

11. Prima di procedere all'esame del primo quesito, va rilevato che ha efficacia di giudicato parziale - e non può essere posto in discussione in questa sede - quanto deciso dalla Sezione remittente sul carattere palese dell'erronea statuizione di improcedibilità del ricorso di primo grado da parte del T.A.R. (cfr. quanto deciso dalle sentenze di questa Adunanza plenaria n. 3 del 2009 e n. 11 del 2008).

12. Nel passare all'esame della questione oggetto della presente rimessione, vanno richiamate le considerazioni poste a base della sentenza n. 16 del 2024 dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, la quale ha richiamato i principi di diritto enunciati nelle sentenze n. 10 e n. 11 del 2018 dell'Adunanza plenaria, secondo le quali:

a) le espressioni "lesione del diritto di difesa" e "mancanza del contraddittorio", contenute nell'art. 105 del c.p.a., sono entrambe riconducibili alla menomazione del contraddittorio lato sensu, quando sia mancata la possibilità di difendersi nel giudizio-procedimento;

b) la distinzione tra la "mancanza del contraddittorio" e la violazione del "diritto di difesa" attiene alla natura "genetica" della prima o "funzionale" della seconda, pur indicando un vizio che ha inficiato lo svolgimento del giudizio-procedimento;

c) la "mancanza del contraddittorio" va individuata in un'erronea individuazione delle parti del giudizio, mentre la lesione del diritto di difesa presuppone che la parte abbia preso parte al giudizio, ma sia stata privata di alcune garanzie difensive, sicché il diritto di difesa è leso "nel giudizio", sicché non sussiste la lesione del diritto di difesa nel caso di erronea pronuncia di rito o di mancato esame del merito;

d) l'erronea declaratoria di irricevibilità, inammissibilità o improcedibilità può dare luogo alla rimessione al primo giudice solo nel caso di nullità della sentenza.

12.1. Da qui prendono avvio le precisazioni operate dalla sentenza dell'Adunanza plenaria n. 16 del 2024, la quale si è basata su una ratio decidendi in parte diversa, che ha approfondito il significato dell'espressione "nullità della sentenza".

12.1.1. Quanto al primo profilo, essa ha sottolineato il valore di regola costituzionale per il doppio grado di giudizio nel processo amministrativo, che comporta non solo il necessario rimedio dell'appello dopo la pronuncia di primo grado, ma anche che la causa venga esaminata nel merito in primo grado nel rispetto dei principi del giusto processo e di effettività della tutela giurisdizionale.

In quest'ottica la mediazione tra il modello del "doppio grado di merito pieno" e quello di un primo grado "di mero rito" seguito da un "unico grado di merito pieno" in fase di appello è disciplinata dall'art. 105 c.p.a. attraverso un archetipo che bilancia le esigenze del giusto processo con quelle della sua ragionevole durata.

In particolare, l'art. 105 del c.p.a. per il processo amministrativo contiene disposizioni peculiari e diverse da quelle contenute per il processo civile nell'art. 354 del c.p.c.

Da ciò consegue che ogni questione esegetica riguardante il citato art. 105 va risolta nella cornice del c.p.a. e in coerenza con i sopra ricordati principi costituzionali.

12.1.2. Sotto il secondo profilo, la sentenza n. 16 del 2024 ha precisato che i vizi di "mancanza del contraddittorio", "lesione del diritto di difesa", "nullità della sentenza" sono individuati come "categorie generali", che corrispondono a tre serie di vizi e che vanno riempite di contenuti attraverso una ricognizione delle ipotesi normative e delle fattispecie concrete riconducibili nelle categorie generali.

Con riferimento alla "nullità della sentenza", deve ritenersi che questa si verifichi non solo nel caso di difetto di sottoscrizione, ma anche di palesi "errori di giudizio" in fatto o in diritto, ipotesi quest'ultima che è configurabile quando l'erronea dichiarazione di inammissibilità del ricorso - per il riscontrato difetto di una condizione dell'azione - si sia basata su di una motivazione palesemente tautologica o riferibile a fatti o a circostanze non pertinenti.

13. Ritiene l'Adunanza plenaria che le considerazioni formulate dalla sentenza n. 16 del 2024 - in relazione alla erronea declaratoria di inammissibilità del ricorso - devono essere estese anche all'ipotesi dell'erronea declaratoria di improcedibilità del ricorso, caratterizzata da un corrispondente oggetto dell'errore sulla persistenza di una condizione dell'azione.

Ciò che muta è soltanto il tempo in cui essa si ritiene non sussistente, ossia già prima dell'instaurazione del giudizio nel caso della pronuncia di inammissibilità, ed invece nel corso del giudizio nel caso della pronuncia di improcedibilità.

Anche in quest'ultimo caso, se la pronuncia si basa su di una motivazione palesemente tautologica, superficiale o riferibile a fatti o a circostanze non pertinenti, il mancato esame del merito (inteso come fatti di causa o inteso come totalità dei motivi di ricorso) determina la totale negazione del doppio grado di giudizio di merito.

14. Va rimarcato come la sentenza di declaratoria di improcedibilità del ricorso possa essere annullata con rinvio, ai sensi dell'art. 105 del c.p.a., quando il Consiglio di Stato rilevi, senza alcun margine di dubbio, che la sua motivazione sia palesemente tautologica, superficiale o riferibile a fatti o a circostanze non pertinenti e dunque si basi su insussistenti presupposti fattuali o giuridici.

Infatti, la "nullità della sentenza" pur sempre è la conseguenza di un suo vizio formale (come la sua mancata sottoscrizione), che attiene alla individuazione dei presupposti processuali (e dei rilevanti elementi giuridici e fattuali), riverberandosi sul "contenuto meramente processuale" della decisione.

14.1. In sede di applicazione dei principi enunciati dalla sentenza dell'Adunanza plenaria n. 16 del 2024, la giurisprudenza di questo Consiglio ha già chiarito che va disposto l'annullamento con rinvio nel caso di erronea declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado a causa della rilevata inoppugnabilità di un atto presupposto, in realtà insussistente (C.d.S., Sez. IV, 14 maggio 2025, n. 4142).

Analogamente, l'annullamento con rinvio va disposto nel caso di erronea declaratoria di improcedibilità del ricorso di primo grado a causa della rilevata inoppugnabilità di un atto consequenziale, in realtà insussistente.

Già questo Consiglio ha condivisibilmente rilevato l'applicabilità dell'art. 105 del c.p.a., quando la sentenza di primo grado abbia dichiarato improcedibile il ricorso, attribuendo effetti permanenti ad un atto in realtà avente effetti provvisori (C.d.S., Sez. V, 22 aprile 2025, n. 3456).

La nullità della sentenza può ravvisarsi, inoltre, quando la statuizione di improcedibilità non tenga conto, nel senso che neppure ne manifesti la conoscenza, tanto da risultarne inconsapevole, di un principio di diritto enunciato dall'Adunanza plenaria o di un orientamento consolidato del Consiglio di Stato, così basandosi su una motivazione palesemente tautologica e superficiale.

14.2. Non va disposto l'annullamento con rinvio, qualora l'errore non possa essere qualificato come palese, così da rendere nulla la sentenza, come avviene quando siano stati analiticamente esaminati tutti gli elementi fattuali della vicenda e vi sia stata la consapevole valutazione del quadro normativo e giurisprudenziale.

Nel caso in cui, invece, si disponga l'annullamento con rinvio, vanno evidenziate le circostanze che consentano di qualificare l'errore come palese.

15. In conclusione, può enunciarsi il seguente principio di diritto:

"l'art. 105, comma 1, del c.p.a., nella parte in cui prevede che il Consiglio di Stato rimette la causa al giudice di primo grado se dichiara la nullità della sentenza, si applica anche quando la sentenza appellata abbia dichiarato improcedibile il ricorso di primo grado, errando palesemente nell'escludere la permanenza dell'interesse del ricorrente".

16. Il principio di diritto così enunciato, al pari di quello affermato dalla sentenza dell'Adunanza plenaria n. 16 del 2024, trova applicazione anche nei giudizi pendenti, dal momento che le regulae juris in questione riguardano questioni processuali sottoposte al principio tempus regit actum e non incidono negativamente sul diritto di azione e sul diritto di difesa.

17. Il secondo quesito posto dalla Sezione non può essere esaminato dalla Adunanza plenaria, dal momento che difetta il presupposto della rilevanza "almeno in astratto" della questione: la sentenza appellata non ha dichiarato irricevibile il ricorso.

L'Adunanza plenaria può enunciare un principio di diritto quando la questione è rilevante almeno in astratto in relazione alla controversia da decidere e dunque:

a) quando la decisione sul quesito sia rilevante per decidere in concreto la fattispecie in esame;

b) quando la decisione sul quesito potrebbe essere rilevante per decidere la fattispecie in esame, ma l'Adunanza plenaria, pur dovendo concludersi il giudizio con una pronuncia di irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o di estinzione, ritenga di dover enunciare il principio di diritto nell'interesse della legge;

c) quando, pur mancando una richiesta espressa da parte del remittente, vada enunciato un principio di diritto di natura pregiudiziale rispetto alla soluzione del quesito rimesso (C.d.S., Ad. plen., n. 14 del 2011).

Il quesito non può essere invece esaminato dall'Adunanza plenaria, qualora non sia attinente ai fatti di causa (Ad. plen., n. 16 del 2024 e n. 31 del 2012).

Una regola corrispondente si desume dal primo comma 1 dell'art. 363 del c.p.c., per il quale, "quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, ovvero quando il provvedimento non è ricorribile in cassazione e non è altrimenti impugnabile, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può chiedere che la Corte enunci nell'interesse della legge il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi".

Anche nel processo civile la possibilità di enunciare un principio nell'interesse della legge resta legata alla rilevanza almeno astratta della questione, come si desume chiaramente dalla locuzione "al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi".

18. Enunciato il principio di diritto di cui al paragrafo 15, per la sua applicazione al caso concreto la causa va restituita alla Sezione rimettente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza plenaria), non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, enuncia il principio di diritto di cui al punto 15 della motivazione e dispone la restituzione della causa alla VI Sezione del Consiglio di Stato per la definizione del secondo grado del giudizio.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Campania, sez. III, sent. n. 1027/2023.