Consiglio di Stato
Sezione III
Sentenza 6 giugno 2025, n. 4911
Presidente: De Nictolis - Estensore: Serlenga
FATTO E DIRITTO
1. Oggetto dell'appello in epigrafe è la sentenza del T.A.R. Lazio, Latina, n. 744/2025 [recte: n. 451/2024 – n.d.r.] che ha declinato la giurisdizione sulla domanda proposta - in primo grado - dalla società Casa di cura Villa Serena a r.l., odierna appellante, che gestisce una struttura di assistenza in regime di accreditamento con il S.S.N., afferente i controlli di appropriatezza effettuati dalla Regione Lazio sulle prestazioni eseguite dalle strutture convenzionate. Con il ricorso rubricato al n. 148/2018, impugnava i seguenti atti: a) la nota della A.S.L. Frosinone prot. n. 103213 del 12 dicembre 2017, con la quale veniva comunicato l'avvio del procedimento per il recupero degli importi dovuti "all'esito dei controlli esterni non concordati sulle prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti relativi agli anni 2011, 2012 e 2013", quantificati in euro 125.114,00; b) il provvedimento prot. n. 20581 del 19 aprile 2017 della Regione Lazio - Direzione regionale salute e politiche sociali area risorse economico/finanziarie di trasmissione delle "risultanze dei controlli esterni su dimessi in riabilitazione post acuzie anno 2013" e relativi allegati, tra i quali - per quel che qui rileva - la nota regionale n. 7976 del 9 gennaio 2017 contenente le risultanze stesse.
La controversia è dunque insorta a seguito dei controlli eseguiti sulle prestazioni erogate dalla odierna appellante negli anni 2011-2013, all'esito dei quali la A.S.L. ha comunicato all'interessata che avrebbe proceduto al recupero sulle "prime fatture utili" delle somme corrisposte in relazione agli esiti "non concordati" dei controlli; invitando dunque la stessa ad emettere una nota di credito corrispondente agli importi da recuperare e ad inserirla nel sistema dei pagamenti.
Si costituivano in giudizio per resistere all'appello la Presidenza del Consiglio dei ministri, la Regione Lazio e l'A.S.L. Frosinone, con atti - rispettivamente - in data 24 e 31 ottobre 2024 e 7 novembre 2024.
Alla camera di consiglio del 10 aprile 2025, la causa era trattenuta in decisione.
2. L'appello è incentrato sulla violazione dell'art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a.; nel merito, ripropone i tre motivi di gravame articolati in primo grado.
Si tratterebbe - in tesi - di controversia, insorta all'interno di un rapporto concessorio di pubblico servizio, che non presenterebbe carattere meramente patrimoniale ma coinvolgerebbe la verifica dell'azione autoritativa, venendo in considerazione non già la mera richiesta di nota di credito "quanto piuttosto l'esercizio del potere di programmazione dell'offerta sanitaria" (cfr. pagg. 9-14 atto di appello). La quantificazione del corrispettivo risulterebbe, cioè, mediata da un'attività dell'Amministrazione finalizzata a definire i termini del rapporto concessorio nella misura in cui alla stessa è attribuito "il compito di verificare la corrispondenza delle prestazioni erogate, ai fini della insorgenza in capo al concessionario del diritto alla relativa remunerazione, alle regole disciplinatrici del rapporto di accreditamento ed, in ultima analisi, ai profili di interesse pubblico che si compenetrano in esso (rispetto dei tetti di spesa e mantenimento dell'equilibrio economico)..." (cfr. in particolare pag. 10, 1° cpv). Attività amministrativa che, nella fattispecie, sarebbe risultata non rispettosa del principio di partecipazione (anche avuto riguardo alla mancata costituzione dell'organo collegiale tecnico previsto dal DCA 40/2012 per la risoluzione delle discordanze sull'esito dei controlli, con la partecipazione di un esponente della struttura ricorrente) e viziata da eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti, carenza di motivazione e contraddittorietà manifesta; tutti profili di illegittimità - come detto - riproposti in appello.
3. La ricostruzione operata in punto di giurisdizione, tuttavia, non convince.
Per costante giurisprudenza, ribadita da questa stessa Sezione con sentenza n. 5347/2024, "Le controversie aventi ad oggetto i controlli di appropriatezza eseguiti dalle ASL sulle strutture private eroganti prestazioni sanitarie in regime di accreditamento appartengono al giudice ordinario, ex art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a., qualora l'oggetto del contendere riguardi esclusivamente l'esito del controllo, il conseguente accertamento dell'inadempimento della struttura rispetto alle obbligazioni derivanti dal rapporto concessorio, le relative richieste pecuniarie ovvero le sanzioni amministrative irrogate, mentre spettano al giudice amministrativo se l'oggetto della contestazione è costituito dalle modalità di esecuzione del controllo o dalla titolarità in capo all'Amministrazione del potere di esercitarlo, poiché in tal caso la domanda investe anche l'esercizio di un potere autoritativo" (cfr., in termini, Cass., Sez. un., 19 gennaio 2022, n. 1602, e Sez. III, 26 gennaio 2024, n. 2577).
Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, deve confermarsi che la cognizione spetti al giudice ordinario, secondo l'impostazione seguita dal giudice di prime cure. La mera lettura degli atti impugnati dà piena contezza del fatto che oggetto di contestazione non siano le modalità con cui sono stati condotti i controlli di appropriatezza né la titolarità del relativo potere bensì gli esiti di tali controlli e la conseguente richiesta dell'A.S.L. diretta al recupero dei crediti. Ne sia riprova che - come già evidenziato - figura tra gli atti gravati la nota regionale n. 7976 del 9 gennaio 2017 contenente proprio le "risultanze" dei controlli esterni di cui si tratta.
Del resto, non può confondersi - come l'odierna appellante pretenderebbe - la verifica postuma di appropriatezza delle prestazioni concretamente erogate dalle strutture convenzionate con la "programmazione" dell'attività sanitaria, che viene invece effettuata a monte e rappresenta piuttosto parametro dei controlli successivi, dovendo in questa fase meramente verificarsi l'attività svolta in concreto dalla struttura sanitaria rispetto ai parametri fissati dall'autorità regionale; verifica che si traduce - in ultima analisi - nel controllo dell'adempimento delle prestazioni alle quali la struttura è obbligata.
Nella fattispecie, dunque, non viene in discussione alcun potere autoritativo ma in via esclusiva la contrapposizione di situazioni giuridiche soggettive obbligo/pretesa; pretesa che, in concreto, si risolve palesemente in una rivendicazione di natura economica.
4. Alla stregua delle considerazioni che precedono, l'appello va, dunque, respinto. Si dispone tuttavia la compensazione tra le parti delle spese di questo grado di giudizio trattandosi di pronuncia di mero rito.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate.
Note
La presente decisione conferma Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Latina, sezione II, sentenza 21 giugno 2024, n. 451.