Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
Sezione III
Sentenza 3 aprile 2025, n. 587

Presidente: Perna - Estensore: Perilongo

FATTO E DIRITTO

1 Con ricorso notificato in data 25 febbraio 2025 Gaetano Domenico Z., operatore amministrativo temporaneamente assegnato alla Prefettura di Torino, ha impugnato la determinazione del 30 dicembre 2024 n. prot. 0102359, a mezzo della quale il Ministero dell'interno ha respinto la sua istanza di assegnazione temporanea ex art. 33, comma 5, l. n. 104/1992 presso l'U.G.T. torinese e ha disposto il suo rientro presso la Prefettura di Vercelli, sede di appartenenza. A fondamento della propria impugnazione, il ricorrente ha articolato un unico motivo di diritto, diretto a rivendicare l'arbitrarietà della determinazione impugnata e, in ogni caso, l'inconsistenza della motivazione addotta dall'Amministrazione prefettizia per il rigetto dell'istanza.

Il Ministero dell'interno si è costituito in giudizio, chiedendo l'integrale reiezione della pretesa avversa. In estrema sintesi, la difesa erariale ha contestato la sussistenza dei presupposti per la concessione del beneficio, stanti le significative scoperture di organico della Prefettura di Vercelli, e ha evidenziato il carattere strumentale dell'istanza proposta da Z., diretta a prorogare sotto altro titolo benefici già concessi.

Nel corso dell'udienza camerale del 2 aprile 2025, la Presidente ha reso l'avviso ex art. 73, comma 3, c.p.a. in ordine alla sussistenza di profili di inammissibilità del ricorso, per difetto di giurisdizione del Giudice adito, e ha sentito il procuratore del ricorrente circa la possibile definizione del procedimento con sentenza in forma semplificata. La causa è stata quindi trattenuta in decisione, a seguito della discussione delle parti.

2. La causa può essere definita con sentenza in forma semplificata a norma dell'art. 60 c.p.a.

La decisione non richiede l'espletamento di alcun incombente istruttorio. Appare rispettato il termine a difesa previsto dagli art. 60 c.p.a., decorrente dalla notificazione del ricorso nei confronti dell'Amministrazione resistente. Sussistono infine profili di manifesta inammissibilità del ricorso introduttivo, i quali giustificano ex art. 74 c.p.a. la definizione della controversia con sentenza in forma semplificata.

3. Tanto precisato in rito, difetta la giurisdizione del Giudice amministrativo.

Il ricorrente, già coadiutore amministrativo-contabile in servizio presso lo Sportello unico per l'immigrazione della Prefettura di Vercelli, è stato da ultimo assunto a tempo pieno e indeterminato «nel profilo professionale di operatore amministrativo, Area funzionale seconda, fascia retributiva F1, nei ruoli del personale dell'Amministrazione civile» del Ministero dell'interno (doc. 5 resistente). Il rapporto di lavoro del ricorrente è regolato dai contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto ministeri e dal contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto funzioni centrali. Si tratta di un rapporto di pubblico impiego contrattualizzato in regime privatistico.

Non trova dunque applicazione alla fattispecie controversa l'art. 3 d.lgs. 165/2001, che esclude il personale della carriera prefettizia dall'applicazione del testo unico del pubblico impiego. Trova invece applicazione l'art. 63 d.lgs. 165/2001 che, in materia di pubblico impiego, disciplina il riparto di giurisdizione secondo gli ordinari criteri.

La disposizione da ultimo richiamata attribuisce alla giurisdizione del Giudice ordinario tutte le controversie inerenti ad ogni fase del rapporto di lavoro, incluse quelle concernenti l'assunzione al lavoro ed il conferimento di incarichi dirigenziali. La riserva alla giurisdizione amministrativa, prevista in via residuale dal quarto comma della disposizione in parola, concerne le procedure concorsuali strumentali alla costituzione del rapporto con la P.A. (da ultimo ex permultis Cass. civ., Sez. un., 8 luglio 2024, n. 18653).

La devoluzione delle controversie relative al pubblico impiego al Giudice ordinario, in fase di attuazione del rapporto, è giustificata dal fatto che la disciplina del rapporto di lavoro è stata affidata alla contrattazione collettiva e alle norme di diritto privato, e non più alle norme di diritto pubblico. Ne consegue che l'Amministrazione pubblica ha assunto, nei confronti del dipendente pubblico, un ruolo equiparabile a quello del datore di lavoro privato, come testimoniato dal fatto che il rapporto di lavoro si perfeziona con un contratto, e non con un atto d'autorità. Le controversie devolute alla giurisdizione del Giudice ordinario, pertanto, sono solo quelle che hanno ad oggetto gli atti con cui la Pubblica Amministrazione gestisce il singolo rapporto di lavoro, sempre che questo sia disciplinato dalla contrattazione collettiva e dalle norme di diritto privato, e non si tratti, invece, di rapporto di lavoro che ancora oggi sia disciplinato da norme di diritto pubblico (C.d.S., Sez. VI, 19 giugno 2024, n. 5487).

Alla luce di tali coordinate normative, ai fini del riparto di giurisdizione nelle controversie in materia di pubblico impiego, giurisprudenza unanime distingue tra gli atti di c.d. macro-organizzazione (concernenti le linee fondamentali di organizzazione degli uffici ed i modi di conferimento degli incarichi dirigenziali, nonché le modalità di copertura del fabbisogno di personale) assoggettati a principi e regole pubblicistiche, e gli atti c.d. di micro-organizzazione, che si collocano al di sotto della soglia di configurazione degli uffici pubblici, con cui si dispone l'organizzazione dei singoli uffici, regolati dalla disciplina privatistica: «appartengono alla giurisdizione del Giudice amministrativo le controversie concernenti i primi (atti di macro-organizzazione), nei cui confronti, quali atti presupposti rispetto a quelli di organizzazione e gestione dei singoli rapporti di lavoro, sono astrattamente configurabili posizioni di interesse legittimo (potendo essi produrre effetti immediatamente pregiudizievoli per il dipendente ed essendo peraltro irrilevante - ai fini della giurisdizione - la loro incidenza riflessa sullo stesso rapporto di lavoro); mentre gli atti di micro-organizzazione, direttamente ed unicamente incidenti sulla concreta gestione del rapporto di lavoro, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario» (da ultimo C.d.S., Sez. V, 14 ottobre 2024, n. 8222).

L'assegnazione della sede di lavoro di un dipendente (in regime di pubblico impiego privatizzato) costituisce - per incontroversa giurisprudenza - atto di micro-organizzazione, incidente in via esclusiva e diretta sulla concreta gestione del rapporto di lavoro. Le controversie che investano tale determinazione sono dunque devolute alla giurisdizione del Giudice ordinario, in ossequio alla regola generale sul riparto giurisdizionale («In tema di assegnazione della sede di lavoro presso una amministrazione pubblica (all'esito della procedura concorsuale per l'assunzione in servizio), intervenuta con contratto stipulato successivamente al 30 giugno 1998, deve riconoscersi [...] stante il carattere generale della giurisdizione del giudice ordinario in relazione ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche (d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 63, comma 1), a fronte del quale la perpetuazione della giurisdizione del giudice amministrativo (prevista dal comma 4 dello stesso art. 63) riveste una portata limitata ed eccezionale [...] la giurisdizione del giudice ordinario nella controversia in cui, sul presupposto della definitività della graduatoria e senza in alcun modo censurare lo svolgimento del concorso ed il relativo atto finale, si faccia valere, in base alla l. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5, il diritto [...] alla scelta della sede di lavoro più vicina al proprio domicilio» (Cass. civ., Sez. un., 9 giugno 2021, n. 16086; 27 marzo 2008, n. 7945; in senso conforme C.d.S., Sez. III, 16 aprile 2024, n. 3428; T.A.R. Lazio, Sez. IV-ter, 5 marzo 2025, n. 4720; Sez. I, 10 febbraio 2025, n. 2946; 16 dicembre 2024, n. 22605; Sez. V, 5 febbraio 2024, n. 2199; Sez. IV, 12 settembre 2024, n. 16355).

Sulla scorta delle considerazioni che precedono, il ricorso proposto da Z. si appalesa inammissibile ai sensi dell'art. 7 c.p.a., giacché la fattispecie controversa è devoluta alla giurisdizione del Giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro.

Trova applicazione la tra[n]slatio iudici[i] di cui all'art. 11, comma 2, c.p.a. Ferme pertanto le preclusioni e le decadenze già intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda, se il ricorrente la riproporrà dinanzi al Giudice competente, come sopra individuato, entro il termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente pronuncia.

4. La ragioni poste a fondamento della decisione e la natura degli oneri difensivi concretamente assolti dalle parti giustificano l'integrale compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- dichiara il difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo e individua, ai sensi dell'art. 11 c.p.a., nel Giudice ordinario l'Autorità giurisdizionale cui spetta la cognizione della domanda proposta;

- compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.