Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 2 aprile 2025, n. 2776

Presidente: Sabatino - Estensore: Santini

FATTO E DIRITTO

1. Veniva impugnata, da parte del Consiglio nazionale forense, la deliberazione n. 907 del 2018 con cui ANAC stabiliva che, per i servizi legali offerti da avvocati del libero foro in favore di pubbliche amministrazioni, occorreva quanto segue: a) preventiva procedura comparativa; b) comunicazione CIG; c) versamento contributo ANAC. Con primi motivi aggiunti veniva impugnato anche il comunicato ANAC del 25 ottobre 2019. In fine, con secondi motivi aggiunti veniva gravata la delibera ANAC n. 584 del 19 dicembre 2023 con cui si confermava l'obbligo sia di comunicazione del CIG (codice identificativo gara), sia di versamento del contributo in favore di ANAC.

2. Il T.A.R. Lazio, con la sentenza impugnata:

2.1. dichiarava improcedibile il ricorso in ordine alla lett. a), ossia l'obbligo di preventiva procedura comparativa, in quanto il nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 36 del 2023) prevede una disciplina, sul punto, i cui contenuti non risultano più "coincidenti" con quelli di cui alla superata normativa del d.lgs. n. 50 del 2016 (vecchio codice dei contratti). Le impugnate linee guida, sul punto, hanno dunque "perso efficacia". Di qui la sopravvenuta carenza di interesse e la ridetta improcedibilità in ordine a tale statuizione (obbligo di gara);

2.2. rigettava invece per i restanti punti (comunicazione CIG e versamento contributo ANAC) in quanto simili oneri continuano a persistere, in base alla nuova disciplina di cui al d.lgs. n. 36 del 2023, anche per i "contratti esclusi" quali quelli di specie (servizi legali).

3. La decisione di primo grado ha formato oggetto di appello per erroneità nella parte in cui:

3.1. sarebbe stata ritenuta applicabile la comunicazione CIG anche ai patrocini legali che, in quanto contratti di prestazione d'opera, sarebbero "estranei" alla disciplina del codice dei contratti pubblici;

3.2. è stato affermato che ANAC svolgerebbe attività di vigilanza anche nei confronti dei "patrocini legali" ossia contratti di prestazione d'opera professionale che, in quanto tali, sarebbero del tutto "estranei" alla disciplina del codice dei contratti. Più in particolare i suddetti contratti (prestazione d'opera professionale) sarebbero diversi dagli appalti di servizi poiché sottratti da ogni obbligo di evidenza pubblica e al tempo stesso caratterizzati, data la natura strettamente fiduciaria dell'incarico da svolgere, dall'intuitus personae;

3.3. non sarebbe stato rilevato che sia la comunicazione CIG, sia il versamento del contributo ANAC si tradurrebbero, nella sostanza, in livelli di regolazione superiori rispetto a quelli stabiliti dalle direttive UE in materia di appalti, con ciò determinando una violazione del principio di gold plating. Veniva al riguardo sollevata, altresì, questione di legittimità costituzionale delle disposizioni primarie che consentirebbero un simile approccio interpretativo ed applicativo;

3.4. non sarebbe stata rilevata la violazione dell'art. 23 Cost. in quanto i suddetti adempimenti (comunicazione CIG e versamento ANAC) sarebbero stati disposti pur in assenza di una chiara base normativa di livello primario;

3.5. non sarebbe stata evidenziata la violazione della procedura specificamente contemplata dall'art. 1, comma 65, della l. n. 266 del 2005, in tema di versamento del contributo ANAC (ossia passaggio in Presidenza Consiglio dei ministri e MEF su termini e modalità di versamento del contributo);

3.6. veniva infine richiesto il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE per la ritenuta violazione dei parametri di cui all'art. 10 della direttiva 2014/2024/UE.

4. Si costituiva in giudizio ANAC per resistere al gravame mediante articolate controdeduzioni che, più avanti, formeranno oggetto di specifica trattazione.

5. Alla pubblica udienza del 23 gennaio 2025 la difesa di parte appellante rassegnava le proprie conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.

6. Tutto ciò premesso, l'appalto del CNF si rivela infondato e dunque da rigettare per le ragioni che verranno di seguito esposte.

7. Con il motivo sub 3.1 si lamenta che il giudice di primo grado avrebbe ritenuto applicabile la comunicazione CIG anche ai patrocini legali che, in quanto contratti di prestazione d'opera, sarebbero "estranei" alla disciplina del codice dei contratti pubblici. Osserva al riguardo il collegio che:

7.1. la categoria dei contratti "estranei" non esiste, essendo contemplata soltanto quella dei contratti "esclusi" ossia quegli appalti pubblici tra cui anche i servizi legali che, ai sensi dell'art. 56 del d.lgs. n. 36 del 2023, sono sottratti dagli obblighi di evidenza pubblica (affidamento mediante gara);

7.2. l'obbligo di "evidenza pubblica" riguarda in ogni caso il procedimento da applicare per individuare il soggetto chiamato a contrarre con la P.A. A tale ultimo fine, infatti, l'art. 3 dell'allegato I.1 al d.lgs. n. 36 del 2023 prevede sia la procedura di evidenza pubblica, sia l'affidamento diretto. Entrambe le procedure sono poi dirette alla stipula finale di un contratto di "appalto pubblico", ossia quei "contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori economici e una o più stazioni appaltanti e aventi per oggetto l'esecuzione di lavori, la fornitura di beni o la prestazione di servizi" [art. 2, comma 1, lett. b), del citato allegato I.1];

7.3. con ciò si vuole dire che, quale che sia la procedura adottata per l'individuazione del contraente (evidenza pubblica o affidamento diretto), il contratto successivamente stipulato va comunque considerato alla stregua di "appalto pubblico". E ciò dal momento che, con esso, la P.A. persegue un "fine pubblico" ossia una utilità collettiva che può variamente atteggiarsi in funzione delle specifiche esigenze dell'ente che rappresenta quella stessa comunità (realizzazione di un'opera oppure, come nel caso di specie, la difesa in giudizio degli interessi del medesimo ente esponenziale). E tale "fine pubblico", il quale conferisce la matrice altrettanto pubblicistica al relativo contratto, va tenuto distinto dalle finalità che si intende invece perseguire mediante la procedura di evidenza pubblica, quelle ossia di garantire al tempo stesso imparzialità della P.A., concorrenzialità nel mercato di riferimento settoriale e buon andamento dell'amministrazione (che deve sempre scegliere "il migliore");

7.4. in questa specifica direzione, lo stesso art. 56 del d.lgs. n. 36 del 2023 qualifica i "servizi legali" alla stregua di "appalti pubblici" (cfr. comma 1, primo periodo) sebbene "esclusi" dai suddetti obblighi di "evidenza pubblica". Ciò anche in forza della legislazione comunitaria la quale non distingue - ricomprendendole in un'unica generale nozione di appalto pubblico di servizio legale - tra singola difesa in giudizio e attività di consulenza legale, prescindendo dalla nozione civilistica nazionale e attraendo anche negozi qualificabili come contratto d'opera o contratto d'opera intellettuale;

7.5. a ciò si aggiunga che la comunicazione CIG è strumentale al monitoraggio dei flussi finanziari cui è soggetta ogni tipo di transazione che effettua la P.A. Come correttamente evidenziato da ANAC nelle impugnate linee guida: "Detta normativa si applica ... in ogni caso in cui vengano erogate risorse pubbliche per l'esecuzione di contratti pubblici, a prescindere dallo svolgimento di una procedura di gara" (paragrafo 2.1 "Soggetti tenuti all'osservanza degli obblighi di tracciabilità");

7.6. l'art. 3, comma 1, della l. n. 136 del 2010 (Piano straordinario contro le mafie) prevede infatti che la "tracciabilità dei flussi finanziari" sia applicata "ai lavori, ai servizi e alle forniture pubbliche". E ciò indipendentemente dalla procedura che è stata osservata "a monte" onde individuare il relativo contraente (evidenza pubblica oppure affidamento diretto, come sopra evidenziato);

7.7. in siffatta direzione, il controllo circa il flusso di denaro pubblico viene effettuato prescindendo dallo svolgimento o meno, a monte, di una gara pubblica (si potrebbe anzi affermare che tale forma di controllo è a fortiori necessaria allorché un simile confronto competitivo sia del tutto mancato);

7.8. pertanto, poiché i "movimenti finanziari" debbono formare oggetto di monitoraggio in relazione a tutti gli appalti pubblici, e poiché i "servizi legali" sono da considerare alla stregua di "appalti pubblici" (sebbene sottratti alla procedura di evidenza pubblica per la scelta del contraente), va da sé che anche tali contratti di "servizi legali" siano soggetti alla suddetta comunicazione CIG;

7.9. come correttamente evidenziato da ANAC nella delibera impugnata: "le norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari si applicano in tutti i casi in cui sia stipulato un contratto d'appalto pubblico tra operatore economico e committente pubblico, indipendentemente dall'esperimento o meno di una gara per l'affidamento dell'opera o del servizio" (par. 2.4 "I flussi finanziari soggetti a tracciabilità");

7.10. entro questi esatti termini il motivo di appello sopra evidenziato deve quindi essere rigettato.

8. Con il motivo sub 3.2 si impugna la parte della sentenza di primo grado in cui è stato affermato che ANAC svolgerebbe attività di vigilanza anche nei confronti dei "patrocini legali" ossia contratti di prestazione d'opera professionale che, in quanto tali, sarebbero del tutto "estranei" alla disciplina del codice dei contratti. Più in particolare i suddetti contratti (prestazione d'opera professionale) sarebbero diversi dagli appalti di servizi poiché sottratti da ogni obbligo di evidenza pubblica e al tempo stesso caratterizzati, data la natura strettamente fiduciaria dell'incarico da svolgere, dall'intuitus personae. Osserva al riguardo il collegio che:

8.1. come pure sopra evidenziato, non esiste la categoria dei contratti "estranei" ma soltanto quella dei contratti "esclusi";

8.2. la suddetta "esclusione" riguarda tuttavia l'applicazione dagli obblighi di evidenza pubblica (ossia la gara per l'individuazione del soggetto che deve contrarre con la P.A.) ma non elide al tempo stesso la natura "pubblica" del contratto di appalto che deve essere concluso con un dato professionista. L'esclusione riguarda dunque la "procedura di evidenza pubblica" ma non anche la "natura pubblica" del contratto stipulato. Ciò in quanto non si deve confondere tipologia e natura dei contratti con la procedura di scelta del contraente;

8.3. e tanto sia che si qualifichi tale contratto alla stregua di prestazione d'opera professionale in quanto meramente occasionale (locatio operis), sia che lo si qualifichi come appalto di servizi in quanto diretto a disciplinare una serie continuativa di incarichi di patrocinio legale in forma complessa ed organizzata (locatio operarum: in questo caso occorrerebbe anzi una gara semplificata o "a regime alleggerito", ai sensi dell'art. 127 del codice). Ciò dal momento che il d.lgs. n. 36 del 2023 racchiude tali fenomeni contrattuali all'interno di un'unica definizione che è quella dei "servizi legali". Dunque il relativo contratto è comunque un appalto pubblico di servizi (di natura legale, per l'appunto);

8.4. in una complementare prospettiva, la constatazione che non si tratti di contratti del tutto "estranei" rispetto al predetto codice dei contratti risulta anzi avvalorata dal fatto che l'art. 13, comma 5, del d.lgs. n. 36 del 2023, stabilisce che i "contratti esclusi" di cui al comma 2 della medesima disposizione, qualora garantiscano un certo ritorno economico, siano affidati nel rispetto dei principi di cui agli artt. 1, 2 e 3 dello stesso codice. Ebbene l'art. 3 appena richiamato contempla, a sua volta, il principio dell'accesso al mercato secondo cui: "Le stazioni appaltanti ... favoriscono ... l'accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità". Formulazione questa più ampia rispetto a quella di cui all'art. 4 del d.lgs. n. 50 del 2016 il quale pure prevedeva, per l'affidamento dei "contratti esclusi", alcuni criteri nel cui novero non rientrava, tuttavia, anche la "concorrenza";

8.5. dunque per simili "servizi legali" (quelli almeno non forniti in forma organizzata, per i quali si applicano le procedure semplificate o "alleggerite" di cui all'art. 127) l'amministrazione appaltante non è tenuta allo svolgimento di alcuna gara in senso stretto, ai sensi del codice dei contratti, ma risulta comunque chiamata ad osservare procedure che, in qualche misura, consentano alla amministrazione stessa di scegliere il relativo contraente (ossia il professionista) nel rispetto di taluni specifici principi tra cui anche quelli di imparzialità, pubblicità e concorrenza. Di qui la tendenziale regola, a titolo esemplificativo, di adottare interpelli affinché i singoli interessati possano manifestare la propria disponibilità, istituire elenchi da cui attingere i professionisti più idonei ed effettuare - ove possibile - una certa rotazione degli incarichi stessi;

8.6. di qui ancora l'esigenza che, anche sul rispetto di taluni principi fondamentali (art. 3 del d.lgs. n. 36 del 2023, richiamato sul punto dall'art. 13, comma 5, e indirettamente dall'art. 56 stesso codice) possa vigilare una autorità indipendente di settore come l'ANAC la quale dovrà verificare, caso per caso, che non vi siano abusi o eventuali eccessi circa il ricorso al meccanismo procedimentale dell'affidamento diretto;

8.7. del resto, come si è detto nel paragrafo che precede occorre tenere ben presente la distinzione tra tipologia e natura dei contratti che può stipulare la Pubblica Amministrazione (art. 2 dell'allegato I.1) e procedure per addivenire alla scelta del contraente (art. 3 stesso allegato, il quale contempla sia la gara pubblica sia l'affidamento diretto). In siffatta direzione, anche l'affidamento di tali servizi legali comporta la stipula di un contratto di appalto pubblico sia che si tratti di prestazione d'opera professionale per incarichi periodici e saltuari, sia che si tratti di appalto di servizi in senso stretto per incarichi continuativi ed organizzati: nel primo caso (incarico saltuario ed occasionale) per la scelta del relativo contraente privato la P.A. non sarà tenuta, sul piano procedimentale, al rigoroso rispetto delle regole di evidenza pubblica ma soltanto ad osservare alcuni principi in tema di "accesso al mercato" (art. 3 del codice dei contratti); nel secondo caso (servizi legali continuativi svolti in forma organizzata) occorrerà seguire le procedure competitive a carattere semplificato o "alleggerito" di cui all'art. 127 del codice;

8.8. ad una simile conclusione (natura pubblica del contratto stipulato per il patrocinio legale anche soltanto occasionale) si perviene in base alla formulazione sia degli artt. 2 e 3 dell'allegato I.1 del nuovo codice dei contratti, sia dell'art. 56 che, al primo periodo del primo comma, qualifica espressamente alla stregua di "appalti pubblici" anche i suddetti "servizi legali". E tanto, come già si è detto, proprio in virtù di un'unica e più generale nozione comunitaria di "appalto pubblico di servizi legali";

8.9. una simile impostazione è stata integralmente sposata dall'art. 222, comma 3, stesso codice, a norma del quale "l'ANAC ... vigila sui contratti pubblici ... nonché sui contratti esclusi dall'ambito di applicazione del codice";

8.10. la ratio di tale esplicita previsione è stata peraltro almeno in parte anticipata: consentire ad ANAC di evitare possibili abusi circa il ricorso all'affidamento diretto ossia il sostanziale rispetto del principio del c.d. "accesso al mercato" di cui all'art. 3 del codice dei contratti (che si traduce in strumenti di concorrenzialità ridotta o minima attraverso interpelli, formazione di elenchi di professionisti e rotazione degli incarichi ove possibile);

8.11. in conclusione, ai fini della sottoposizione alla vigilanza ANAC non rileva il fatto che tali servizi legali possano formare oggetto di affidamento diretto sulla base della fiduciarietà dell'incarico e dunque dell'intuitus personae risultando piuttosto dirimente, in proposito, la circostanza che i relativi contratti siano comunque qualificati alla stregua di "appalti pubblici", benché esclusi da procedure di evidenza pubblica per la scelta del contraente;

8.12. alla luce di tutte le considerazioni sopra svolte, anche tale profilo di censura deve essere rigettato in quanto è stato ampiamente dimostrato come pure i contratti esclusi quali quelli di specie (appalti pubblici di servizi legali) siano comunque soggetti alla vigilanza ANAC e dunque anche al pagamento del relativo contributo, come si avrà modo più avanti di vedere.

9. Con il motivo sub 3.3 si evidenzia che sia la comunicazione CIG, sia il versamento del contributo ANAC si tradurrebbero, nella sostanza, in livelli di regolazione superiori rispetto a quelli stabiliti dalle direttive UE in materia di appalti, con ciò determinando una violazione del principio di gold plating. Viene al riguardo sollevata, altresì, questione di legittimità costituzionale delle disposizioni primarie che consentirebbero un simile approccio interpretativo ed applicativo. Osserva al riguardo il collegio che, sulla base di quanto evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza 27 maggio 2020, n. 100:

9.1. come pure rilevato «dall'Adunanza della commissione speciale del Consiglio di Stato, nel parere n. 855 del 1° aprile 2016, relativo allo schema di decreto legislativo recante "Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 28 gennaio 2016, n. 11" ... "il 'divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive' va rettamente interpretato in una prospettiva di riduzione degli 'oneri non necessari', e non anche in una prospettiva di abbassamento del livello di quelle garanzie che salvaguardano altri valori costituzionali, in relazione ai quali le esigenze di massima semplificazione e efficienza non possono che risultare recessive"». In questa prospettiva la comunicazione CIG, come si è visto al paragrafo 7 della presente decisione, risponde a fondamentali esigenze di prevenzione da infiltrazione malavitose nonché alla correlata necessità di garantire il buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.) la quale deve poter contrarre e coltivare più in generale rapporti con soggetti che non siano coinvolti in vicende legate alla criminalità organizzata. Esigenze queste le quali comportano determinati adempimenti che, alla luce del chiaro dictum della Consulta, non potrebbero di certo venire meno, per la chiara rilevanza costituzionale dei valori sopra indicati, soltanto per garantire la massima semplificazione a vantaggio di professionisti che comunque si trovano ad operare, traendone un pur legittimo profitto economico, con apparati della pubblica amministrazione;

9.2. quanto invece al contributo ANAC, come già visto esso costituisce mera conseguenza del fatto che anche simili "contratti esclusi" siano comunque soggetti alla vigilanza di tale autorità. E ciò proprio allo scopo di vigilare sulla corretta osservanza dei principi del c.d. "accesso al mercato" di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 36 del 2023 (concorrenza, imparzialità, non discriminazione, etc.). Dunque la vigilanza ANAC, da cui discende il necessario versamento del relativo contributo per il suo funzionamento, costituisce il frutto di una scelta pro concorrenziale più ampia (ma non per questo vietata) rispetto al quadro eurounitario di riferimento normativo. Ed anche simili scelte (che ampliano come detto lo spettro delle capacità concorrenziali) sono immuni dal divieto di gold plating in quanto la stessa Corte costituzionale, nella citata sentenza, ha apertamente ammesso «un'applicazione più estesa di detta regola comunitaria, quale conseguenza di una precisa scelta del legislatore italiano. Tale scelta, proprio perché reca una disciplina pro concorrenziale più rigorosa rispetto a quanto richiesto dal diritto comunitario, non è da questo imposta - e, dunque, non è costituzionalmente obbligata, ai sensi del primo comma dell'art. 117 Cost., come sostenuto dallo Stato -, ma neppure si pone in contrasto [...] con la citata normativa comunitaria, che, in quanto diretta a favorire l'assetto concorrenziale del mercato, costituisce solo un minimo inderogabile per gli Stati membri. È infatti innegabile l'esistenza di un "margine di apprezzamento" del legislatore nazionale rispetto a princìpi di tutela, minimi ed indefettibili, stabiliti dall'ordinamento comunitario con riguardo ad un valore ritenuto meritevole di specifica protezione, quale la tutela della concorrenza "nel" mercato e "per" il mercato» (sentenza n. 325 del 2010; nello stesso senso, sentenza n. 46 del 2013)». In altre parole: a) il legislatore comunitario non impone l'esclusione dei servizi legali dalle procedure di evidenza pubblica ma lo auspica sebbene con forte accento (l'art. 10 della direttiva 2014/2024/UE afferma infatti che tali appalti "dovrebbero" essere esclusi da tali meccanismi procedurali): b) il legislatore interno si è tendenzialmente adeguato a tale indirizzo eurounitario (cfr. art. 56 codice dei contratti) temperandolo tuttavia con la applicazione di meccanismi di "concorrenzialità minima" o "ridotta" (ossia rispetto dei principi del c.d. "accesso al mercato"); c) tale maggiore concorrenzialità non costituisce violazione del divieto di gold plating, come evidenziato dalla Corte costituzionale; d) tale maggiore apertura comporta in ogni caso un intervento suppletivo di ANAC che, in ogni caso, è autorità che fa parte del sistema di governance in quanto primariamente addetta al "controllo dell'applicazione delle norme sugli appalti pubblici" (cfr. titolo IV direttiva 2014/2024/UE nonché artt. 221 ss. del d.lgs. n. 36 del 2023, specificamente dedicato agli suddetti strumenti di governo del sistema degli appalti pubblici; e) tale intervento suppletivo di ANAC deve pertanto trovare adeguate forme di finanziamento anche da parte di simili contraenti (professionisti che stipulano contratti di appalto di servizi legali con la P.A.);

9.3. alla luce di quanto sopra considerato il motivo deve pertanto essere rigettato anche con riferimento alla sollevata questione di legittimità costituzionale, atteso che le considerazioni sopra svolte vanno riferite sia all'impianto deliberativo di ANAC, sia al tessuto normativo primario sopra partitamente descritto.

10. Con il motivo sub 3.4 si lamenta che non sarebbe stata rilevata la violazione dell'art. 23 Cost. in quanto i suddetti adempimenti (comunicazione CIG e versamento ANAC) sarebbero stati disposti pur in assenza di una chiara base normativa di livello primario. Osserva al riguardo il collegio che, come peraltro in buona parte anticipato nei paragrafi che precedono:

10.1. i servizi legali sono espressamente contemplati tra i "contratti esclusi" ai sensi dell'art. 56 del nuovo codice;

10.2. i "contratti esclusi" sono a loro volta comunque soggetti alla vigilanza ANAC ai sensi dell'art. 222, comma 3, dello stesso codice;

10.3. lo stesso art. 222, al comma 12, fa espressamente salvo l'art. 1, comma 67, della l. n. 266 del 2005, a norma del quale tutto ciò che forma oggetto di vigilanza ANAC deve contestualmente formare oggetto di versamento di contributo (proprio per il funzionamento di ANAC);

10.4. da quanto sopra detto consegue la chiara sussistenza di una solida base normativa primaria affinché ANAC possa pretendere il versamento del contributo anche in relazione a simili contratti di appalto (servizi legali);

10.5. di qui il conseguente rispetto dell'art. 23 Cost. e dunque il rigetto, altresì, di tale specifica censura di appello.

11. Con il motivo sub 3.5 si invoca la violazione della procedura specificamente contemplata dall'art. 1, comma 65, della l. n. 266 del 2005, in tema di versamento del contributo ANAC (in particolare: esame delle deliberazioni ANAC, le quali dispongono termini e modalità del versamento, anche da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri e del MEF). Tale censura, alla luce di una attenta analisi degli atti difensivi di primo grado, risulta essere stata tuttavia effettivamente introdotta soltanto in tale grado di giudizio. Di qui la violazione del divieto di ius novorum di cui all'art. 104, comma 1, c.p.a., e dunque la conseguente inammissibilità della specifica censura.

12. Si chiede infine il rinvio alla Corte di giustizia UE per la violazione dell'art. 10 della direttiva n. 24 del 2014 ma la questione è infondata dal momento che il nuovo codice ha già escluso i suddetti servizi legali, come previsto dalla invocata disposizione eurounitaria, dal novero dei contratti non soggetti alle procedure ad evidenza pubblica contemplate dalla stessa direttiva. Né si potrebbe ipotizzare una violazione del suddetto principio di esclusione atteso che, in quella sede, il legislatore comunitario si è limitato all'utilizzo del modo condizionale del verbo servile ("Tali servizi legali dovrebbero ... essere esclusi dall'ambito di applicazione della presente direttiva") con ciò configurando una esclusione di tipo "tendenziale" e dunque non impedendo del tutto forme aggiuntive di concorrenzialità ridotta quali quelle contemplate dal citato art. 13, comma 5, del d.lgs. n. 36 del 2023 (il quale richiama a sua volta l'art. 3 dello stesso codice); forme che sicuramente rispondono a criteri di proporzionalità e ragionevolezza dell'azione amministrativa diretti a consentire un minimo di "accesso al mercato" a vantaggio di tutti gli operatori dello specifico settore. Di qui il rigetto della suddetta richiesta di rinvio pregiudiziale.

13. In conclusione il ricorso in appello è infondato e deve dunque essere rigettato.

14. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la parte appellante alla rifusione delle spese di lite, da quantificare nella complessiva somma di euro 3.000 (tremila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Lazio, sez. I, sent. n. 9492/2024.