Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 19 marzo 2025, n. 2266
Presidente: Mastrandrea - Estensore: Monteferrante
FATTO E DIRITTO
Gli odierni appellanti hanno interposto appello avverso la sentenza del T.A.R. per la Toscana n. 657 del 2024 che ha dichiarato tardiva la trasposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto per l'annullamento del decreto di occupazione di urgenza n. 1 del 25 gennaio 2023, emesso del Comune di Piancastagnaio, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 22-bis del d.P.R. n. 327/2001, nonché delle precedenti delibere di approvazione del progetto di opera pubblica della Giunta del Comune di Piancastagnaio n. 123 del 17 novembre 2022 e n. 124 del 29 novembre 2022 e del silenzio sulla richiesta di annullamento in autotutela, con conseguente inefficacia del verbale di immissione in possesso del 9 febbraio 2023.
Il progetto in questione ha ad oggetto la realizzazione sul terreno di cui sono proprietari gli attuali appellanti, ubicato nel Comune di Piancastagnaio, di cui al foglio 4 del N.C.T., particella n. 889, di un'area dedicata a sport equestri dove ricavare una pista per corse di cavalli e maneggio, da utilizzare anche per la corsa del Palio delle Contrade.
Oltre a contestare la erroneità della statuizione del giudice di primo grado in punto di irricevibilità (motivi di appello 1 e 2), hanno riproposto (con i motivi 3, 4, 5 e 6) i motivi di ricorso articolati nel ricorso straordinario e segnatamente:
1) violazione degli artt. 1 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241, degli artt. 20, 21 e 22-bis d.P.R. 327 del 2001, degli artt. 41 e 42 Cost. e diversi profili di eccesso di potere, stante l'omessa indicazione nel decreto di occupazione delle ragioni di urgenza, essendo presente solo un generico rinvio alla necessità di rispettare i tempi del previsto finanziamento;
2) violazione degli artt. 1, 3, 7 e 8 della l. 7 agosto 1990, n. 241, degli artt. 16 e 17 d.P.R. 327 del 2001 e violazione degli artt. 41 e 42 Cost., oltre vari profili di eccesso di potere, in quanto la delibera n. 123 del 17 novembre 2022 sarebbe stata approvata senza alcuna comunicazione di avvio del procedimento; una volta riapprovato il progetto definitivo con la delibera 123 del 17 novembre 2022, l'Amministrazione avrebbe dovuto comunicare il relativo avvio del procedimento ai ricorrenti;
3) violazione degli artt. 1 e 3 l. 7 agosto 1990, n. 241 ed eccesso di potere, in quanto il decreto n. 1 del 25 gennaio 2023, risulta divergere da quanto previsto dalla precedente delibera 123 del 17 novembre 2023 che non avrebbe legittimato un'occupazione sine titulo sull'intera particella;
4) eccesso di potere per irragionevolezza, contraddittorietà, violazione del principio di proporzionalità e necessarietà e del principio del legittimo affidamento.
Si è costituito in giudizio il Comune di Piancastagnaio per resistere all'appello, concludendo per la sua reiezione in quanto infondato, stante la correttezza della decisione del T.A.R. in punto di irricevibilità del gravame.
In particolare, con la memoria depositata il 25 ottobre 2024, il Comune ha riproposto le eccezioni assorbite o comunque non esaminate dal T.A.R. e, in particolare, quella di inammissibilità del ricorso per avere i ricorrenti omesso di impugnare tempestivamente la deliberazione di Giunta comunale n. 123 del 17 novembre 2022, recante l'approvazione del progetto definitivo e la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera.
All'udienza pubblica del 16 gennaio 2025 la causa è stata trattenuta in decisione, previo deposito di memorie conclusive e di replica con le quali le parti hanno nuovamente illustrato le rispettive difese ed eccezioni.
L'appello è infondato.
Nel presente giudizio è controversa l'applicabilità del regime di dimezzamento dei termini, previsto dall'art. 119, commi 1, lett. f), e 2, c.p.a., al termine perentorio di 60 giorni previsto dall'art. 48, comma 1, c.p.a., per la trasposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato, mediante deposito di atto di costituzione in giudizio nella segreteria del T.A.R. e notifica di apposito avviso alle altre parti.
Il T.A.R. si è espresso in senso affermativo, con ampia ed articolata motivazione, che richiama anche precedenti specifici in tema.
Gli appellanti sul punto con un primo articolato motivo di appello hanno dedotto: "Inammissibilità e infondatezza dell'asserita improcedibilità per irricevibilità - Violazione di legge: articolo 35, comma 1, lettera a) del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 - Difetto di motivazione - Violazione degli articoli 1, 3, 21 septies legge n. 241 del 1990 - Violazione degli articoli del codice civile 1325, 1346, 1362, 1363, 1418. Violazione degli articoli 24 e 111 della Costituzione - Violazione di legge: articoli 10 comma 2 d.P.R. n. 1199 del 1971, 48, comma 3 c.p.a. e articolo 112 c.p.c.; omessa pronuncia sulla pregiudiziale eccezione di irricevibilità e inammissibilità dell'opposizione - Violazione di legge: articoli 9, quarto comma, 10 comma 2 d.P.R. n. 1199 del 1971, articoli 48, comma 1, 2, 3 c.p.a., articolo 112 c.p.c., omessa pronuncia sull'eccezione di inammissibilità dell'eccezione di inammissibilità posta dal Comune - Violazione dell'articolo 112 c.p.c.".
Lamentano, in primo luogo, che la erronea indicazione nell'atto di opposizione del termine di costituzione (60 giorni anziché 30) renderebbe nulla o inammissibile l'opposizione del Comune, con conseguente prosecuzione del giudizio in sede giustiziale e che sul punto il T.A.R. avrebbe omesso di pronunciarsi.
Il T.A.R. non avrebbe neppure esaminato la loro eccezione di inammissibilità della eccezione sollevata dal Comune per asserita mancata impugnazione nei termini della delibera di Giunta comunale n. 123 del 17 novembre 2022.
Con il secondo motivo hanno dedotto: "Inammissibilità e infondatezza dell'asserita improcedibilità per irricevibilità - Violazione di legge: articolo 35, comma 1, lettera a) del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 - Difetto di motivazione - Violazione degli articoli 24 e 111 della Costituzione - Violazione di legge: articolo 10 DPR 1199 del 1971; articoli 11, 48 e 119 d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 c.p.a. - violazione articolo 112 c.p.c. - Violazione degli articoli 3 e 24, 113 della Costituzione - Eccesso di potere - Mancanza dei presupposti - Questione di legittimità costituzionale dell'articolo 48 c.p.a.".
Criticano la sentenza del T.A.R. nella parte in cui ha ricondotto la materia del contendere nel novero dei giudizi di cui all'art. 119, comma 1, lett. f), concernenti la materia espropriativa, evidenziando che, in realtà, si tratterebbe di un mero spossessamento poiché il provvedimento impugnato solo formalmente afferma di essere stato emanato nell'ambito di una procedura espropriativa. Ciò sarebbe stato riconosciuto implicitamente anche dall'Amministrazione comunale che con il proprio atto di opposizione ha chiesto la trasposizione nel termine di sessanta giorni anziché in quello dimezzato di trenta.
Deducono che, in ogni caso, il termine di costituzione presso la segreteria del T.A.R. di cui all'art. 48 c.p.a. sarebbe estraneo alla materia espropriativa di cui all'art. 119, comma 1, lett. f), con conseguente inapplicabilità della regola del dimezzamento di cui all'art. 119, comma 2, c.p.a. come confermato da numerose opinioni dottrinali.
In particolare il dimezzamento, per previsione espressa, opererebbe esclusivamente per i termini ordinari e non per quelli speciali, come quello previsto dall'art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971, che non prevede una separazione temporale tra notifica e deposito, unificati invece nello stesso termine di sessanta giorni dalla notifica dell'opposizione.
La trasposizione, in ogni caso, sarebbe assimilabile, dal punto di vista sostanziale, alla notifica del ricorso che l'art. 119, comma 2, c.p.a. esclude dalla regola del dimezzamento.
In via subordinata eccepiscono la illegittimità costituzionale dell'art. 48 c.p.a., per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. in quanto irragionevolmente preclusivo del diritto di azione, laddove interpretato nel senso della applicabilità della regola del dimezzamento del termine, dovendo l'atto di trasposizione essere assimilato alla notifica del ricorso introduttivo cui non si applica detta regola del dimezzamento.
L'interpretazione contrastata avrebbe anche l'effetto di determinare una sostanziale abrogazione dell'art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971.
Criticano sul punto le motivazioni addotte dal T.A.R. nel senso della manifesta infondatezza della questione (cfr. punto 2 della motivazione).
In ogni caso sussisterebbero gli estremi per la concessione dell'errore scusabile ai sensi dell'art. 37 c.p.a., di cui invocano l'applicazione al caso di specie, criticando il diverso avviso espresso sul punto dal T.A.R.
Tanto premesso circa il tenore delle critiche mosse dagli appellanti alle motivazioni del T.A.R., i due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi.
Essi sono infondati.
Deve premettersi che in fatto non sono contestate le seguenti circostanze:
1) l'atto di opposizione è stato notificato dal Comune di Piancastagnaio in data 24 luglio 2023;
2) il deposito dell'atto di costituzione in giudizio presso la segreteria del T.A.R. competente risale invece al 23 ottobre 2023.
Considerando la sospensione feriale del termine nel periodo dal primo al trenta di agosto, la costituzione, avvenuta il sessantesimo giorno dalla notifica dell'atto di opposizione, risulta dunque tempestiva rispetto al termine perentorio ordinario di sessanta giorni previsto dall'art. 48 c.p.a. ma tardiva rispetto al termine dimezzato di trenta giorni previsto dall'art. 119, comma 2, c.p.a., applicabile al caso di specie trattandosi di rito speciale in materia espropriativa, secondo quanto previsto dal comma 1, lett. f), del predetto articolo.
Tanto premesso in fatto gli appellanti con i primi due motivi di appello assumono che:
- l'atto di opposizione del Comune sarebbe nullo stante l'erroneità del termine di costituzione indicato (60 giorni anziché 30);
- la controversia non rientrerebbe tra quelle di cui all'art. 119, comma 1, lett. f), c.p.a., soggette al dimezzamento dei termini processuali;
- la regola del dimezzamento non si applicherebbe al termine di costituzione in giudizio previsto dall'art. 48 c.p.a. in quanto esterno alla materia espropriativa, pena, in ogni caso, la sua illegittimità costituzionale per violazione dell'art. 24 Cost.;
- in ogni caso sussisterebbero i presupposti per la concessione dell'errore scusabile.
Il Collegio è dell'avviso che non è causa di nullità la circostanza per cui nell'atto di opposizione notificato in data 23 luglio 2023 il Comune abbia invitato gli appellanti al deposito del ricorso presso la segreteria del T.A.R. nel termine ordinario di sessanta giorni anziché in quello dimezzato di trenta giorni poiché i ricorrenti sono tenuti a conoscere la disciplina dei termini processuali e non sussistono profili di scusabilità dell'errore - come meglio si vedrà oltre - perché, a quella data, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, richiamata dal T.A.R., aveva già ampiamente chiarito che al termine di deposito dell'atto di trasposizione si applica, nei riti c.d. accelerati, la regola del dimezzamento dei termini.
Con l'atto di opposizione la parte destinataria del ricorso straordinario manifesta la volontà che il giudizio si svolga in sede giurisdizionale ma gli adempimenti e le tempistiche relative alla modalità della trasposizione sono poste dalla legge a carico del ricorrente che è quindi onerato del rispetto dei termini di legge, a prescindere da quanto eventualmente indicato nell'atto di opposizione che non può pertanto ritenersi affetto da nullità e/o inammissibilità per avere richiamato il termine ordinario di 60 giorni in fattispecie in cui, ratione materiae, trova applicazione un termine speciale.
Il suddetto termine non rappresenta un requisito essenziale, a pena di nullità, dell'atto di opposizione, come opinano gli appellanti, poiché la finalità dell'atto è quella di manifestare la volontà di proseguire il giudizio in sede giurisdizionale e non quella di disciplinare le modalità ed i tempi della trasposizione, che sono affidati alla legge.
Non spettava al Comune bensì ai ricorrenti qualificare la natura del ricorso e verificare se ai fini della corretta trasposizione, in luogo della regola generale di cui all'art. 48 c.p.a., richiamata dal Comune, dovesse trovare applicazione quella speciale di cui all'art. 119, comma 2, c.p.a.
Non sussistono pertanto i presupposti per la rimessione dell'affare alla sede straordinaria secondo quanto previsto dall'art. 48, comma 3, c.p.a., invocato dagli appellanti.
Non rileva neppure che il Comune, nel costituirsi in giudizio davanti al T.A.R., abbia inizialmente scandito il deposito dei propri atti applicando i termini ordinari anziché quelli dimezzati né che il T.A.R. abbia errato nel dare atto in motivazione di una eccezione di irricevibilità per tardività della trasposizione che il Comune in realtà non ha mai sollevato con la memoria di costituzione in giudizio, poiché il regime dei termini processuali non è nella disponibilità delle parti ma, assolvendo a finalità di ordine pubblico processuale, è oggetto di doverosa verifica officiosa da parte del giudice, in ogni stato e grado del giudizio (cfr. C.d.S., Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4), a garanzia del corretto ed ordinato svolgimento del processo.
È poi irrilevante la circostanza per cui l'eccezione di irricevibilità sarebbe stata, da ultimo, sollevata dal Comune, con la memoria difensiva conclusiva, in violazione del principio di sinteticità, riportando ampi stralci di precedenti giurisprudenziali sia perché trattasi di eccezione rilevabile anche d'ufficio sia perché non risultano superati i limiti dimensionali degli atti giudiziari introdotti con il decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 167 del 22 dicembre 2016, in applicazione dell'art. 13-ter dell'allegato II al d. lgs. n. 104 del 2010, tenuto conto che, al di fuori di tali ipotesi, il principio di sinteticità non risultava sanzionato nel momento in cui l'eccezione è stata sollevata dal Comune (cfr. art. 13-ter, comma 5, dell'allegato II al d. lgs. n. 104 del 2010).
Quanto alla impossibilità di ricondurre la presente controversia a quelle in materia espropriativa di cui all'art. 119, comma 1, lett. f), c.p.a., la doglianza è manifestamente infondata poiché la domanda giudiziale ha chiaramente per oggetto l'annullamento di provvedimenti del procedimento espropriativo e, in particolare, del decreto di occupazione d'urgenza n. 1 del 2023, unitamente alle delibere di Giunta che hanno approvato l'opera pubblica e che quindi valgono quale dichiarazione di pubblica utilità.
I parametri di legittimità evocati consistono in plurime disposizioni del testo unico sugli espropri, a cominciare da quella relativa al presupposto dell'urgenza - richiesto per la adozione del decreto di occupazione ai sensi dell'art. 22-bis del d.P.R. 327 del 2001 - nella specie recisamente contestato dagli appellanti (sono altresì richiamati l'art. 16, comma 4, e l'art. 17, comma 2, del d.P.R. n. 327 del 2001).
Gli appellanti, a sostegno della loro tesi, evocano profili di spossessamento e quindi possessori che esulano tuttavia dalla giurisdizione del giudice amministrativo. Trattasi in ogni caso di profilo limitato al quinto motivo di appello (terzo motivo di ricorso) che, per connessione, resta attratto nelle più ampie questioni fatte valere con i restati motivi di ricorso che si incentrano su presunte violazioni di legge tutte riferite al procedimento espropriativo e riconducibili alla materia di cui all'art. 119, comma 1, lett. f), c.p.a.
Quanto alla dedotta inapplicabilità, nelle materie di cui all'art. 119, comma 1, c.p.a., della regola del dimezzamento dei termini al deposito dell'atto di costituzione in giudizio ed all'avviso di cui all'art. 48 c.p.a., la tesi non è condivisa dal Collegio ed è già stata disattesa dalla giurisprudenza di questo Consiglio, puntualmente richiamata dal T.A.R. con riferimenti pertinenti.
In particolare non sussistono motivi per discostarsi da quanto osservato in tema da C.d.S., Sez. VI, 20 agosto 2019, n. 5771 che si richiama, quale precedente conforme, ai sensi dell'art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a. ed al quale il Collegio intende dare continuità.
La VI Sezione, in linea peraltro con C.d.S., Sez. IV, 24 luglio 2007, n. 4136 (ma con le precisazioni ivi operate al punto 4 della motivazione), ha precisato, al riguardo, quanto segue: «Innanzitutto va rilevato che dal principio di alternatività del ricorso straordinario rispetto al ricorso giurisdizionale - previsto dall'art. 8, comma 2, d.P.R. 1199/1971 - discende che in tale ricorso amministrativo la vera e propria fase che possa ritenersi "proposizione del ricorso introduttivo" deve individuarsi, secondo il successivo art. 9, nella notificazione del ricorso ad uno almeno dei controinteressati e successiva presentazione all'organo che ha emanato l'atto o al Ministero competente, ma non anche in quella eventualmente successiva dell'atto di costituzione in giudizio al TAR, per proseguirlo a seguito di opposizione ex art. 10, primo comma, cit. Tant'è vero che la disposizione ult. cit. aggiunge che, in tal caso, il giudizio segue in sede giurisdizionale secondo le norme di rito vigenti. // Ed è appena il caso di considerare che, sempre in base alla disposizione ult. cit., ciò che va notificato al fine ivi previsto, a pena di inammissibilità, è solo l'avviso di voler insistere nel ricorso, ma non anche il ricorso stesso, che oltretutto è stato già notificato e non può più essere modificato o integrato nei motivi e nelle conclusioni, dovendo semplicemente essere depositato al TAR, nei termini previsti. // ... Da quanto detto discendono ulteriori conseguenze in ordine alle domande ed alle conclusioni presentate dall'appellante... Viceversa, nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, per le materie soggette al rito speciale di cui all'art. 23-bis, commi 1, lett. b), e 2, della legge n. 1034 del 1971, non si è mai dubitato che il deposito dell'atto di costituzione ex art. 10 primo comma cit. presso il Tribunale Amministrativo Regionale competente, ivi definito atto successivo alla proposizione del ricorso, dovesse eseguirsi nel termine dimidiato di 30 giorni. // Il che ovviamente esclude in radice che si sia verificato un contrasto di giurisprudenza che possa ritenersi rilevante ai fini della decisione della presente controversia» (cfr. in termini C.d.S., Sez. IV, 26 ottobre 2018, n. 6124).
Quanto precede è coerente con l'affermazione per cui l'atto di trasposizione in nessun modo può essere equiparato alla proposizione del ricorso già introdotto, così come nemmeno l'avviso di voler insistere nel ricorso può essere assimilato alla notificazione del ricorso introduttivo in primo grado (C.d.S., Sez. VII, sent. n. 1443 del 9 febbraio 2023) e ciò conferma l'insussistenza nel caso di specie delle esigenze difensive che giustificano l'inapplicabilità del termine dimezzato alla notificazione del ricorso introduttivo, risolvendosi la trasposizione in adempimenti che consistono di operazioni giuridicamente rilevanti per gli effetti che ne scaturiscono ma che non incidono sul diritto di difesa in senso stretto, inteso come diritto ad articolare difese compiute in un tempo ritenuto congruo; ed anzi proprio il carattere elementare dell'operazione di deposito presso la segreteria del T.A.R. di un atto che riproduce pedissequamente il contenuto del ricorso originario presentato in sede giustiziale, giustifica l'assoggettamento del termine entro cui deve essere adempiuta alla regola del dimezzamento, ciò al fine di assicurare la celere definizione del giudizio in materie particolarmente sensibili in cui, accanto al principio della ragionevole durata del processo, rileva l'esigenza di garantire che una serie di interventi particolarmente rilevanti possano essere realizzati celermente, in un quadro di sicurezza giuridica, riducendo i tempi di definizione del contenzioso.
Inoltre non sussistono i presupposti per la concessione del beneficio della rimessione in termini poiché, come osservato da C.d.S., Sez. VI, n. 5771 del 2019 cit., in situazione sostanzialmente identica «L'art. 37 c.p.a. prevede che "Il giudice può disporre, anche d'ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o per gravi impedimenti di fatto". // La giurisprudenza (cfr., ex multis, C.d.S., III, 10 agosto 2017, n. 3992) ha chiarito che nel processo amministrativo l'errore scusabile, di cui all'art. 37 c.p.a., è beneficio con carattere eccezionale nella misura in cui si risolve in una deroga al principio di perentorietà dei termini processuali ed è quindi soggetto a regole di stretta interpretazione, giacché i termini processuali sono stabiliti dal legislatore per ragioni di interesse generale e i relativi presupposti sono individuabili solo: nell'oscurità del quadro normativo, nelle oscillazioni della giurisprudenza, in comportamenti ambigui della pubblica amministrazione, nell'ordine del giudice di compiere un determinato adempimento processuale in violazione dei termini effettivamente previsti dalla legge, nel caso fortuito e nella forza maggiore. // Orbene, dalla disamina in precedenza svolta non risultano configurabili i presupposti dell'incertezza del quadro normativo e neppure delle oscillazioni della giurisprudenza».
In particolare nel caso di specie non sussistono oscillazioni nella giurisprudenza del giudice di appello e il quadro interpretativo deve ritenersi da tempo definitivamente chiarito nei termini ricostruiti dalla menzionata sentenza della VI sezione (cfr. in termini C.d.S., Sez. VII, 9 febbraio 2023, n. 1443 che definisce l'orientamento del giudice di appello sul punto come ormai "granitico").
Anche sulla dedotta questione di illegittimità costituzionale dell'art. 48, comma 1, c.p.a., rispetto agli artt. 3 e 24 Cost., laddove ritenuto applicabile il dimezzamento del termine di cui all'art. 119, comma 2, c.p.a., il Collegio condivide le diffuse argomentazioni del T.A.R. (cfr. punto 2 della motivazione) cui si fa rinvio.
In particolare gli appellanti muovono dall'erroneo presupposto, già confutato, secondo cui poiché l'abbreviazione dei termini disposta dall'art. 119 c.p.a. non riguarda il termine per la proposizione del ricorso (salvo le disposizioni specifiche dettate dall'art. 120, comma 2 e 5, per le materie di cui all'art. 119, lett. a), deve concludersi nel senso che lo stesso non si applicherebbe nemmeno all'atto di trasposizione, in quanto esso includerebbe una domanda del soggetto interessato che sarebbe assimilabile al ricorso introduttivo.
Una tale prospettazione non è condivisa dal Collegio, dovendosi escludere una siffatta assimilazione, atteso che vi è una sostanziale differenza tra la notifica del ricorso introduttivo e la riassunzione a seguito dell'opposizione per la trasposizione in sede giudiziale ed anzi, come si è evidenziato, risolvendosi la trasposizione in mere operazioni materiali giuridicamente rilevanti (notifica dell'atto che manifesta la volontà di proseguire il giudizio in sede giurisdizionale e deposito in segreteria dell'atto di costituzione in giudizio che deve riprodurre nella sua interezza il gravame originariamente proposto in via amministrativa) ma di nessuna particolare complessità, ben si giustifica, per tali adempimenti, un termine dimezzato rispetto a quello di notifica del ricorso introduttivo dove massima è l'esigenza di garantire l'effettività del diritto di difesa: in definitiva è proprio la diversa natura sostanziale dei due atti che giustifica il diverso regime processuale dei termini (cfr. negli stessi termini, su analoga questione di legittimità costituzionale, C.d.S., Sez. VII, sent. n. 1443 del 9 febbraio 2023).
Ne discende che i due motivi, nelle loro varie articolazioni, sono infondati e deve pertanto essere confermata la statuizione del T.A.R. di irricevibilità del ricorso di primo grado per tardività della trasposizione, con conseguente assorbimento di tutti i motivi di ricorso riproposti dagli appellanti nel presente grado di giudizio (motivi 3, 4, 5 e 6), ivi compresa la doglianza con cui gli appellanti hanno lamentato l'omessa pronuncia del T.A.R. sulla loro eccezione di inammissibilità per tardività della eccezione di inammissibilità formulata dal Comune in sede di memoria ai sensi dell'art. 73 c.p.a. e riproposta nel presente grado, per asserita mancata impugnazione nei termini della delibera di Giunta comunale n. 123 del 17 novembre 2022 recante la approvazione del progetto definitivo e la dichiarazione di pubblica utilità.
Restano del pari assorbite le eccezioni variamente sollevate dal Comune con le proprie memorie difensive che nulla aggiungono rispetto alla statuizione di irricevibilità per tardività della trasposizione.
Infine la statuizione di irricevibilità, incidendo sulla rituale instaurazione del rapporto processuale, preclude altresì la disamina della domanda proposta dagli appellanti, in via meramente subordinata, di accertamento dell'illegittimità degli atti impugnati a fini risarcitori, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 34, comma 3, c.p.a.
Tale disposto normativo consentendo infatti un siffatto accertamento "Quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente" presuppone che il giudizio sia stato ritualmente instaurato, mentre nel caso di specie il tardivo deposito dell'atto di costituzione non consente di ritenere sussistente un tale presupposto né la conversione della domanda di annullamento in domanda di accertamento dell'illegittimità a fini risarcitori può comportare una elusione del termine perentorio a tal fine previsto dall'art. 48, comma 1, c.p.a. - nella specie dimezzato ex art. 119, comma 2, c.p.a. - per la rituale instaurazione del rapporto processuale.
Alla luce delle motivazioni che precedono l'appello deve, in definitiva, essere respinto in quanto infondato, con integrale conferma della sentenza appellata.
Le spese di lite del grado seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Nulla spetta invece per le spese di lite del primo grado, compensate dal T.A.R., non essendo stato il relativo capo di sentenza fatto oggetto di appello da parte del Comune.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna gli appellanti, in solido tra loro, alla rifusione, in favore del Comune di Piancastagnaio, delle spese del grado che si liquidano complessivamente in euro 4.000,00, oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Toscana, sez. IV, sent. n. 657/2024.