Corte di cassazione
Sezione I penale
Sentenza 29 gennaio 2025, n. 7722
Presidente: Rocchi - Estensore: Oggero
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza in epigrafe, il Giudice delle indagini preliminari di Padova ha rigettato l'istanza avanzata da Muhammad S., volta ad ottenere, previa rinuncia alla sospensione condizionale della pena, la rideterminazione della pena pecuniaria secondo il più favorevole criterio di conversione, oggi previsto all'art. 459, comma 1-bis, c.p.p. in vigore dal 30 dicembre 2022, in relazione al decreto penale di condanna n. 697 del 6 maggio 2015, divenuto esecutivo, con il quale era stato applicato, in sede di sostituzione della pena detentiva irrogata, il parametro di 250,00 euro pro die, in luogo del più favorevole criterio di ragguaglio stabilito dalla nuova disciplina.
Il Giudice ha osservato che la nuova disposizione, certamente più favorevole all'imputato, non è applicabile al caso di specie, alla luce dell'intervenuta definitività del decreto penale, non essendo dunque superabile, ai sensi dell'art. 2, comma quarto, c.p., il limite del giudicato.
2. Con ricorso, la difesa chiede che sia annullato il provvedimento del giudice di Padova, alla luce della violazione dell'art. 2 c.p., invocando l'applicabilità della norma sostanziale e processuale più favorevole, anche in sede esecutiva, sul rilievo che, nella specie, alla luce della entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia, o, quanto meno, all'esito della pronuncia della Corte cost. n. 28 del 2022, il condannato deve potere beneficiare della disciplina più favorevole in termini di ragguaglio tra la pena pecuniaria e pena detentiva, la quale, per effetto del principio espresso da Sez. un., n. 42858 del 29 maggio 2014, Gatto, circa l'incidenza della declaratoria di incostituzionalità della norma sanzionatoria più sfavorevole in sede esecutiva, deve ritenersi operante, salva l'ipotesi di esaurimento del rapporto esecutivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato, come di seguito esposto.
1.1. Ad avviso del Collegio, in disparte la invocata rinuncia alla sospensione condizionale della pena, non contemplata in sede esecutiva e quindi correttamente ritenuta, con motivazione implicita, inammissibile dal giudice dell'esecuzione, deve rilevarsi la sussistenza dell'interesse della parte all'impugnazione per effetto delle vicende previste e disciplinate dall'art. 168 c.p.
1.2. Ciò premesso, è fondata la sola richiesta di applicazione del criterio di ragguaglio più favorevole, come scaturito dalla declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza Corte cost., n. 28 del 2022.
Il ricorrente lamenta, in primis, la violazione dell'art. 2 c.p. e sostiene che avrebbe dovuto applicarsi il nuovo art. 459 c.p.p., come novellato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, dell'art. 459 c.p.p., in quanto recante una disciplina maggiormente favorevole al condannato.
Sul punto, la decisione impugnata è immune da vizi e coerente con la previsione di cui all'art. 2, comma quarto, c.p., laddove il giudice osserva, con motivazione esente dalle censure formulate dal ricorrente, l'inapplicabilità retroattiva della disciplina più favorevole, introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022, in riferimento ad un decreto penale divenuto definitivo.
1.3. Il ricorso deve essere invece accolto, limitatamente alla richiesta di applicazione dell'art. 53 I. 24 novembre 1981, n. 689, nella formulazione scaturita dalla declaratoria di parziale incostituzionalità, avvenuta con sentenza della Corte cost. n. 28 del 2022, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 53, comma 2, cit., nella parte in cui prevedeva che il valore giornaliero di conversione della pena detentiva in quella pecuniaria non potesse essere inferiore a 250 euro anziché a 75 euro, restando invariato l'importo massimo, stabilito in quello pari a dieci volte la somma di 250 euro di cui all'art. 135 c.p.
Come correttamente afferma il ricorrente, i principi espressi da Sez. un. Gatto impongono, anche in sede esecutiva, di intervenire in relazione ad una decisione, nel caso in cui, a seguito di declaratoria di illegittimità costituzionale, la successiva disciplina, per effetto di tale pronuncia, sia più favorevole al condannato: e ciò, diversamente dall'ipotesi di cui all'art. 2, comma quarto, c.p., afferendo la declaratoria di incostituzionalità di una norma penale, anche relativa al trattamento sanzionatorio, in applicazione della quale è stata pronunciata sentenza di condanna, ad una causa di incompatibilità originaria della disposizione censurata, norma [che], per effetto della illegittimità costituzionale, viene caducata ex tunc. Ai sensi dell'art. 30, comma quarto, I. 11 marzo 1953, n. 87, ne deriva la cessazione, ove sia stata pronunciata condanna, dell'esecuzione e di tutti gli effetti penali della precedente sentenza.
In altre parole, la norma costituzionalmente illegittima viene espunta dall'ordinamento in quanto affetta da una invalidità originaria, ragione che giustifica la proiezione retroattiva, sugli effetti ancora in corso di rapporti giuridici pregressi già disciplinati dalla norma medesima, della intervenuta pronuncia di incostituzionalità, la quale certifica la espunzione dall'ordinamento di una norma geneticamente invalida.
Con sintetica affermazione, può concludersi che Sezioni unite Gatto hanno consacrato il principio della non eseguibilità della pena derivata da parametri dichiarati costituzionalmente illegittimi, alla condizione che l'esecuzione non sia ancora avvenuta, atteso che «(...) l'art. 30 I. n. 87 del 1953 impone di rimuovere tutti gli effetti pregiudizievoli del giudicato non divenuti nel frattempo irreversibili, ossia quelli che non possono essere rimossi perché già "consumati", come nel caso del condannato che abbia già scontato la pena».
La giurisprudenza, con specifico riferimento al caso di pena applicata mediante decreto penale di condanna, condivisibilmente, ha affermato che «È ammissibile l'istanza di rideterminazione in executivis della pena pecuniaria, applicata con decreto penale di condanna in sostituzione di pena detentiva, secondo i nuovi valori minimi giornalieri di conversione conseguenti alla declaratoria di incostituzionalità dell'art. 53, comma 2, legge 24 novembre 1981, n. 689, resa dalla sentenza della Corte costituzionale n. 28 del 2022, nel caso in cui il trattamento sanzionatorio non sia stato ancora interamente eseguito» (Sez. 1, n. 12675 del 13 dicembre 2022, dep. 2023, Huyer, Rv. 284284-01), enunciato valevole anche nel caso di specie, alla luce del fatto che, per effetto della concessa sospensione condizionale della pena, la sanzione di cui decreto penale di cui si tratta non è stata eseguita.
Alla luce di quanto premesso, va pertanto disposto l'annullamento senza rinvio della decisione impugnata, limitatamente alla misura della pena inflitta con decreto penale del giudice di Padova, essendo in potere della Corte provvedere, ai sensi dell'art. 620, lett. I), c.p.p., alla relativa rideterminazione, secondo il più favorevole criterio di ragguaglio di 75 euro per giorno, della pena.
Pertanto, la pena inflitta con il decreto penale n. 697 del 2015 del Giudice delle indagini preliminari di Padova deve essere rideterminata in complessivi 7.335 euro, pari alla somma di 7.250 euro - 97 giorni (pena detentiva da sostituire), per 75 euro al giorno - cui va aggiunta la somma di 60 euro, pena pecuniaria inflitta con il decreto penale.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il decreto impugnato limitatamente alla misura della pena inflitta con il decreto penale n. 697/2015 del GIP presso il Tribunale di Padova, pena che ridetermina in euro 7.335,00 di multa. Rigetta nel resto il ricorso.
Depositata il 25 febbraio 2025.