Corte di cassazione
Sezione II civile
Ordinanza 11 marzo 2025, n. 6487
Presidente: Di Virgilio - Relatore: Trapuzzano
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso depositato il 6 novembre 2015, ai sensi dell'art. 702-bis c.p.c. vigente ratione temporis, A. Antonio adiva il Tribunale di Foggia, chiedendo che fosse dichiarata la nullità del recesso esercitato - con lettera dell'11 febbraio 2015, recapitata il 25 febbraio 2015 - dall'ATAF - Azienda trasporti automobilistici Foggia s.p.a. dal contratto di affidamento del servizio di guardiania notturna del parcheggio "Ginnetto" in Foggia, con efficacia dal 28 febbraio 2015, per il difetto di motivazione nonché per il mancato verificarsi della condizione risolutiva stabilita dalla stessa ATAF con lettera del 31 gennaio 2011 di rinnovo del contratto di appalto stipulato il 5 maggio 2003, missiva che subordinava la risoluzione del rapporto alla realizzazione degli impianti di meccanizzazione e di installazione delle casse automatiche, che avrebbero reso non più necessario l'espletamento del servizio di guardiania, con la correlata condanna della società evocata in causa al pagamento dei corrispettivi maturati ovvero al risarcimento dei danni.
Si costituiva in giudizio l'ATAF - Azienda trasporti automobilistici Foggia s.p.a., la quale chiedeva - previa istanza di mutamento del rito - che fosse accertata la legittimità dell'atto di recesso per inadempimento dell'appaltatore - con il conseguente rigetto delle domande avversarie - e, in via riconvenzionale, che fosse pronunciata la risoluzione dell'appalto per inadempimento dell'appaltatore (che aveva subappaltato il servizio senza l'autorizzazione del committente ex art. 1656 c.c.), con la condanna al risarcimento dei danni.
Quindi, il Tribunale adito, con ordinanza depositata il 20 giugno 2016, dichiarava l'inefficacia del recesso esercitato dall'appaltante e la conseguente persistenza del contratto intercorso tra le parti, condannando la società resistente al pagamento del corrispettivo dovuto, pari ad euro 62.533,28, oltre interessi legali (con il rigetto delle domande riconvenzionali).
In specie, a fronte della lettera dell'11 febbraio 2015, pervenuta il 25 febbraio 2015, di comunicazione del recesso dal contratto di appalto di servizi, avente ad oggetto la guardiania notturna in un parcheggio, con efficacia a decorrere dal 28 febbraio 2015, il Tribunale, applicando il disposto dell'art. 1569 c.c. - estensibile anche al contratto di appalto, in virtù del rinvio disposto dall'art. 1677 c.c. - riteneva incongruo il termine di preavviso dato all'appaltatore.
2. Con atto di citazione notificato il 20 luglio 2016, l'ATAF - Azienda trasporti automobilistici Foggia s.p.a. proponeva appello avverso la pronuncia di prime cure e, all'uopo, lamentava: 1) l'erroneo rigetto delle richieste istruttorie e l'indebita mancata conversione del rito da "sommario" ad ordinario di cognizione; 2) l'erronea dichiarazione di inefficacia del recesso esercitato per asserita incongruità del termine di preavviso concesso; 3) l'errata quantificazione del credito, superiore al corrispettivo pattuito, e comunque il suo ingiusto riconoscimento, in mancanza dell'offerta della prestazione dell'appaltatore; 4) l'erroneo rigetto dell'eccezione di inadempimento e delle domande di risoluzione e risarcimento danni, in ordine all'indebita concessione del servizio in subappalto, senza l'autorizzazione del committente.
Si costituiva in giudizio A. Antonio, il quale instava per la dichiarazione di inammissibilità o per il rigetto dell'impugnazione, con la conseguente conferma dell'ordinanza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d'appello di Bari, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l'appello per quanto di ragione e, per l'effetto, in riforma dell'ordinanza impugnata, dichiarava la legittimità del recesso esercitato nonostante l'incongruenza del termine di preavviso assegnato, differendone l'efficacia ad una data successiva e condannando l'ATAF al pagamento, in favore di A. Antonio, della complessiva somma di euro 7.816,66, oltre interessi legali, mentre respingeva le domande riconvenzionali spiegate dall'appellante.
A sostegno dell'adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a) che - una volta rilevata l'incongruità del termine di preavviso del recesso, anche rispetto alla data di spedizione - il diritto potestativo esercitato restava comunque valido, pur operando solo alla scadenza del termine di preavviso che, nel caso di specie, avuto riguardo alla natura del servizio, doveva ritenersi fissato in 60 giorni, a decorrere - in mancanza di prova della data di spedizione - dall'unica data certa della ricezione della missiva da parte dell'appellato, ossia dal 25 febbraio 2015; b) che, pertanto, il rapporto doveva ritenersi cessato alla data del 26 aprile 2015 e il diritto al compenso dell'appaltatore doveva riconoscersi unicamente per i mesi di marzo e aprile 2015, ossia per il periodo di mancato preavviso.
3. Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, A. Antonio.
È rimasta intimata l'ATAF - Azienda trasporti automobilistici Foggia s.p.a.
4. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per vizio di extra-petizione (violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato), per avere la Corte di merito stabilito un termine di preavviso, sebbene non richiesto dalle parti.
Obietta l'istante che il contratto stipulato tra le parti il 5 maggio 2003 non prevedeva né un termine di scadenza, né la facoltà di recesso del committente, essendo stata, piuttosto, la risoluzione subordinata al venir meno della convenzione esistente tra l'ATAF e il Comune di Foggia, quale proprietario della struttura, condizione poi modificata con lettera dell'ATAF del 31 gennaio 2011, che - riformulando la condizione risolutiva - aveva stabilito che la cessazione del contratto sarebbe derivata dall'effettuazione delle opere di meccanizzazione e automatizzazione della struttura di parcheggio (a cura della stessa ATAF), con la conseguente inutilità del servizio di custodia. E con la previsione ulteriore che, ove fosse maturata tale condizione, l'ATAF avrebbe dovuto comunicare il recesso dando un termine di preavviso di 20 giorni per il rilascio della struttura; condizione risolutiva espressa mai realizzata.
Senonché la sentenza impugnata avrebbe assegnato un termine di preavviso, nella misura di giorni 60 dal ricevimento della lettera di recesso, senza alcuna richiesta delle parti.
2. Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c., per avere la Corte territoriale, in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ritenuto valido il recesso come in concreto esercitato, sebbene nessuna domanda in proposito fosse stata avanzata dalle parti, avendo la committente richiesto che fosse accertata l'efficacia della disdetta in ragione della verifica positiva della congruità del termine concesso (da riferirsi alla data di spedizione e non a quella di ricezione).
Osserva l'istante che il giudicante avrebbe assegnato un termine di preavviso "postumo", che nessuno aveva ipotizzato.
3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione dell'art. 57 del d.lgs. n. 546/1992 e dell'art. 345 c.p.c. (con riferimento al divieto di nova in appello) e la nullità della sentenza, per avere la Corte distrettuale omesso di pronunciarsi sull'eccezione di inammissibilità del motivo di appello con cui l'ATAF aveva dedotto la congruità del termine di preavviso concesso, nonostante nel giudizio di primo grado l'ATAF non avesse contestato il fatto che fosse stato concesso un termine di preavviso di soli tre giorni.
Espone l'istante che, non affrontando tale eccezione di inammissibilità, la Corte d'appello sarebbe entrata nel merito della questione del preavviso, arbitrariamente determinando un termine congruo e reputando legittima la disdetta.
4. Con il quarto motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell'art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., dell'omesso esame di uno specifico fatto decisivo della controversia, oggetto di discussione tra le parti, della nullità della sentenza per motivazione inesistente e/o meramente apparente, con l'omesso esame della documentazione prodotta, e della violazione e falsa applicazione dell'art. 1372 c.c., per avere la Corte del gravame tralasciato di rilevare che il contratto stipulato tra le parti non prevedeva alcuna possibilità di recesso da parte di ATAF, essendo invece la facoltà di risolvere il contratto subordinata al verificarsi dell'evocata condizione risolutiva della realizzazione degli impianti di meccanizzazione e installazione delle casse automatiche, condizione mai avveratasi, sicché avrebbe dovuto essere affrontata, in primis, la questione attinente alla legittimità del recesso esercitato, di cui avrebbe dovuto essere esclusa la spettanza.
5. I motivi - che possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto avvinti da evidenti ragioni di connessione logica e giuridica - sono infondati per le argomentazioni che seguono.
5.1. Anzitutto nessuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato risulta perpetrata.
E ciò perché la valutazione in ordine alla congruità del termine di preavviso e alla validità del recesso esercitato dalla committente rientrava nell'originario petitum della domanda, in relazione alle causae petendi dedotte dall'appaltatore.
Inoltre, i motivi di censura in appello articolati dall'appaltante miravano appunto a contestare gli specifici argomenti posti dall'ordinanza appellata a fondamento della decisione di prime cure.
Segnatamente l'assuntore ha chiesto, introducendo il giudizio di primo grado, che fosse dichiarata la nullità del recesso esercitato dall'ordinante, in relazione al contratto di affidamento del servizio di guardiania notturna del parcheggio "Ginnetto" in Foggia, senza determinazione di una durata prefissata, per il difetto di motivazione nonché per il mancato verificarsi della condizione risolutiva contemplata in contratto.
Il Tribunale ha accolto la domanda, reputando che - a fronte della necessità che il recesso fosse preceduto da un congruo preavviso, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1677 e 1569 c.c. - il preavviso in concreto assegnato fosse incongruo e, in quanto tale, idoneo a pregiudicare la validità e l'efficacia del recesso, con la conseguente continuazione del rapporto.
Avverso detta decisione, la committente ha interposto gravame, contestando la dichiarazione di inefficacia del recesso esercitato per asserita incongruità del termine di preavviso concesso.
All'esito, la Corte d'appello ha confermato la ponderazione inerente alla incongruità del termine di preavviso accordato (come già ritenuto dal Tribunale), ma ne ha tratto conseguenze eterogenee rispetto a quelle accolte dall'ordinanza conclusiva del procedimento "sommario" di cognizione.
In particolare, è stata determinata la durata congrua e, per l'effetto, l'efficacia del recesso è stata differita alla scadenza di detto termine ritenuto congruo.
5.2. Nel merito, si rileva che l'inquadramento sistematico della fattispecie è stato correttamente compiuto dalla Corte d'appello.
Ed invero, ai sensi dell'art. 1677 c.c., ove l'appalto abbia ad oggetto prestazioni continuative o periodiche di servizi, si osservano, in quanto compatibili, le norme dedicate all'appalto nonché quelle relative al contratto di somministrazione.
E, in tema di somministrazione, l'art. 1569 c.c., rubricato "Contratto a tempo indeterminato", stabilisce che, se la durata della somministrazione non è stabilita, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, dando preavviso nel termine pattuito o in quello stabilito dagli usi o, in mancanza, in un termine congruo, avuto riguardo alla natura della somministrazione.
La dottrina, in ordine all'interpretazione di detto combinato disposto, è divisa: ad avviso di alcuni autori, anche il recesso unilaterale del committente dall'appalto di servizi sarebbe regolato, in ogni caso, dall'art. 1671 c.c., sicché il recesso potrebbe avvenire ad nutum senza necessità di preavviso; in senso contrario si sono espressi altri autori, secondo cui, con riferimento alla fattispecie del recesso unilaterale del committente nell'appalto di servizi, in luogo dell'art. 1671 c.c., troverebbero applicazione gli artt. 1569 e 1373, secondo comma, c.c., sicché l'esercizio di tale diritto potestativo dovrebbe essere sempre preceduto dal relativo avvertimento.
Ad un indirizzo intermedio aderisce la giurisprudenza di legittimità - cui, in questa sede, si intende dare seguito -, la quale discrimina l'individuazione del regime applicabile in relazione alla natura determinata o indeterminata della durata dell'appalto continuativo o periodico di servizi: A) trova applicazione l'art. 1671 c.c., in tema di recesso unilaterale e ad nutum del committente, ove l'appalto sia a tempo determinato (oltre alla scadenza del contratto al termine stabilito, previa disdetta, pena la sua tacita rinnovazione); B) viceversa, allorché la durata del contratto d'appalto continuativo o periodico di servizi non sia stata stabilita, ciascuna delle parti può recedere dal contratto in tempo utile a norma dell'art. 1569 c.c., altrimenti esso si rinnoverà per il tempo previsto nel contratto stesso o dagli usi oppure a tempo indeterminato (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 4783 del 13 luglio 1983; Sez. 1, Sentenza n. 3343 del 18 novembre 1933).
Tanto perché nei contratti di prestazione, in appalto, di servizi continuativi o periodici a tempo indeterminato il peso dell'elemento fiduciario è ben minore rispetto all'appalto d'opera (o di servizi a tempo determinato) e, pertanto, la figura è assimilabile alla somministrazione, con l'effetto che l'inapplicabilità dell'art. 1671 c.c. ai contratti di appalto di servizi senza limite di durata discende dalla sua stessa ratio.
D'altronde, anche il recesso delineato dall'art. 1569 c.c. costituisce un'ipotesi di recesso ad nutum, sebbene esso debba essere indefettibilmente esercitato secondo le forme ivi previste - ossia dando preavviso nel termine pattuito o in quello stabilito dagli usi o, in mancanza, in un termine congruo, avuto riguardo alla natura del servizio prestato - e non sia stabilito un indennizzo per effetto del suo esercizio.
Siffatta conclusione, con precipuo riguardo allo spazio applicativo dell'art. 1569 c.c., è stata estesa da un arresto giurisprudenziale anche al caso di stipulazione di un appalto d'opera a tempo indeterminato. In questa prospettiva, si è osservato che l'applicabilità delle singole norme via via dettate per l'appalto d'opera e l'appalto di servizi non deriva dal riferimento delle stesse all'uno o all'altro, bensì dalla loro compatibilità o incompatibilità con il contenuto specifico del rapporto. Conseguentemente, nel caso di appalto d'opera a tempo indeterminato, va riconosciuta (anche) all'appaltatore la facoltà di recesso prevista dagli artt. 1677-1569 c.c. per l'appalto di servizi, con l'obbligo di un congruo preavviso (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 3530 del 21 maggio 1983).
5.2.1. Pertanto, con riferimento all'appalto di servizi a tempo determinato, la previsione di un termine di durata, scaduto il quale senza disdetta l'appalto si rinnova, non impedisce di esercitare il diverso diritto potestativo di recesso ad nutum ex art. 1671 c.c.; recesso che, dunque, costituisce esercizio di un diritto potestativo e che, come tale, non richiede la ricorrenza di una giusta causa e può essere esercitato per qualsiasi ragione, ponendosi in relazione all'esigenza di evitare che il medesimo committente resti vincolato pure quando sia venuto meno il suo interesse alla prestazione dei servizi appaltati.
Infatti, l'accordo circa la durata e la rinnovazione del rapporto non comporta deroga all'art. 1671 c.c., trattandosi di previsioni tra loro non incompatibili, giacché il rinnovo automatico, in mancanza di disdetta entro il termine pattuito, produce i suoi effetti solo sulla durata del rapporto, ma lascia inalterata la facoltà del committente di recedere dal contratto in qualsiasi momento, anche in corso di esecuzione, con l'obbligo di indennizzo verso l'appaltatore (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 29675 del 19 novembre 2024; Sez. 2, Ordinanza n. 15335 del 31 maggio 2024).
E tanto perché il contratto d'opera e quello di prestazioni continuative di servizi non possono considerarsi strutture negoziali ontologicamente e funzionalmente diverse tra loro, risultandone, viceversa, l'indiscutibile omogeneità, tra l'altro, sotto il profilo dell'identità delle situazioni che possono verificarsi tanto nell'una quanto nell'altra fattispecie contrattuale con riguardo alla scelta del contraente secondo l'intuitus personae, con la conseguenza che nessun valido motivo consente di escludere, per l'appalto di prestazione continuativa di servizi (a tempo determinato), l'applicabilità del disposto di cui all'art. 1671 c.c. (dichiarazione di recesso del committente), non rilevando, appunto, in proposito, l'esistenza di una clausola convenzionale che attribuisca la facoltà della disdetta al committente entro un tempo predeterminato rispetto ad ogni scadenza contrattuale (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 8254 del 29 agosto 1997).
Nello stesso senso si sono pronunciati altri arresti giurisprudenziali, i quali hanno confermato che anche nell'appalto continuativo o periodico di servizi (evidentemente a tempo determinato) trova applicazione l'art. 1671 c.c., in tema di recesso unilaterale del committente, in relazione all'esigenza di evitare che lo stesso resti vincolato pure quando sia venuta meno la sua fiducia nell'appaltatore (con il conseguente venir meno dell'intuitus personae), ovvero non abbia più interesse ai servizi medesimi (per la sopravvenuta perdita di utilità della prestazione o per il sopravvenuto difetto di gradimento del servizio, ad esempio per le mutate condizioni economiche dell'appaltante), con la conseguenza che tale recesso può essere esercitato in qualsiasi momento dopo la conclusione o la rinnovazione del contratto, salvo l'obbligo del recedente di tenere indenne l'appaltatore dei servizi prestati fino alla data del recesso, nonché delle spese sostenute e del mancato guadagno fino al giorno in cui il rapporto avrebbe dovuto avere normale svolgimento (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6873 del 20 marzo 2013, con riferimento all'appalto di servizi, avente la durata predeterminata di anni dieci, per la manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti di illuminazione comunali e per la manutenzione degli impianti di riscaldamento ed elettrici di tutti gli stabili comunali; Sez. 2, Sentenza n. 17807 del 30 agosto 2011, con riguardo all'appalto avente ad oggetto la manutenzione, con fissazione di una durata minima, dei misuratori di cassa installati nei punti vendita; Sez. 2, Sentenza n. 1874 del 19 marzo 1984, con riferimento all'appalto del servizio avente ad oggetto la preparazione e realizzazione di una campagna pubblicitaria, per definizione di durata predefinita; nello stesso senso anche Cass., Sez. 2, Sentenza n. 4783 del 13 luglio 1983, già citata; Sez. 1, Sentenza n. 447 del 16 febbraio 1956).
In questi casi il recesso ex art. 1671 c.c. assolve all'utile funzione di porre fine, col minor danno per le parti, ad un rapporto ormai inutile o dannoso, mentre sarebbe irrazionale costringere il committente a ricevere la prestazione del servizio (con aggravio di tutte le spese relative) sino alla fine naturale del contratto (ossia alla conclusione prefissata della sua durata).
5.2.2. Per converso, nel contratto d'appalto avente ad oggetto la prestazione di servizi continuativi o periodici (quale contratto di durata: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 29675 del 19 novembre 2024; Sez. 1, Ordinanza n. 22065 del 12 luglio 2022; Sez. 2, Ordinanza n. 4225 del 9 febbraio 2022; Sez. 2, Sentenza n. 15705 del 21 giugno 2013), senza predeterminazione della sua durata (ossia a tempo indeterminato), il recesso che ciascuna delle parti (non solo l'appaltante ma anche l'appaltatore) intenda esercitare dal rapporto postula che esso avvenga previo avviso nel termine pattuito in contratto o in quello stabilito dagli usi o, in mancanza, in un termine congruo (secondo valutazione rimessa all'apprezzamento del giudicante), avuto riguardo alla natura del servizio appaltato (senza la previsione di alcun indennizzo).
In tal caso non ha un fondamento logico il riconoscimento del recesso con la prestazione di un indennizzo in favore dell'assuntore, poiché la prestazione del servizio senza alcuna delimitazione di durata non rende preventivabile il mancato guadagno, né, d'altronde, è esigibile che la liberazione dell'appaltante da un vincolo di durata indeterminata sia controbilanciata dalla liquidazione di un ristoro in favore dell'artefice del servizio.
Conclusione, questa, conforme al principio immanente al sistema della libera recedibilità dai contratti conclusi a tempo indeterminato: in forza di tale principio, nei contratti a tempo indeterminato è consentito alle parti lo scioglimento del rapporto, normalmente con preavviso, così dandosi forma al c.d. recesso "conformativo" o "determinativo". Per un verso, è dunque assicurato lo scioglimento del rapporto di durata indeterminata, così scongiurando l'invalidità che altrimenti discenderebbe dalla perpetuità del vincolo, e - per altro verso - ne sono plasmate le modalità di esercizio, imponendo comunque un termine di preavviso.
La necessità del preavviso integra quel minimo di "procedimentalizzazione" esigibile nella fattispecie, allo scopo di assegnare, sia al somministrante (e così all'appaltatore di servizi), sia al somministrato (e così al committente di servizi), un tempo ragionevolmente necessario per "riorientarsi" nel mercato e trovare così, rispettivamente, una collocazione alternativa della propria produzione o una fonte alternativa di approvvigionamento. Non assumono, per contro, rilievo, in base al dettato della norma, ai fini della determinazione della durata del preavviso, i costi eventualmente sostenuti dall'una o dall'altra parte, sotto forma di investimenti volti ad assicurare una migliore esecuzione o fruizione della prestazione e, in particolare, ad adeguare la propria struttura organizzativa all'esecuzione di una prestazione specifica rispetto alle esigenze di controparte o alla ricezione della prestazione in modo rispondente alle sue precipue caratteristiche.
Piuttosto, a garanzia dell'appaltatore, la manifestazione della volontà del committente di liberarsi dal rapporto obbligatorio deve essere preceduta da un adeguato preavviso, allo scopo di consentire al prestatore di organizzare per tempo tale cessazione.
5.3. Resta da esaminare il profilo - espressamente affrontato dalla pronuncia impugnata - delle conseguenze che discendono dall'esercizio, nell'appalto di servizi a tempo indeterminato, del diritto potestativo di recesso con un termine di preavviso non congruo.
Secondo il Tribunale, all'esito della ponderazione della non congruità del termine di preavviso assegnato (ovvero della concessione di un termine di preavviso inferiore a quello previsto dal contratto o desumibile dagli usi), il recesso sarebbe nullo e improduttivo di effetti (tamquam non esset), sicché il rapporto negoziale dovrebbe proseguire sino all'inoltro di un nuovo recesso, manifestato nel rispetto del termine di preavviso.
La Corte d'appello ha, per contro, rilevato che - una volta determinato il termine congruo, in relazione alla natura dei servizi prestati - il recesso esercitato sia comunque valido, sebbene la sua efficacia sia differita alla scadenza del termine di preavviso considerato adeguato (ovvero sino alla scadenza del termine di preavviso previsto in contratto o ricavabile dagli usi).
Ebbene il giudice deve, in ogni caso, valutare la congruità del preavviso, in quanto richiesto dalla legge.
Quest'ultima impostazione è stata fatta propria dal precedente di questa Corte, a mente del quale, nel contratto di somministrazione a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può dimostrare, per facta concludentia, la volontà di recedere dal rapporto in corso, salvo per il giudice il potere di stabilire - in base alle clausole contrattuali, agli usi e alla natura della somministrazione - il termine congruo entro il quale il recesso debba avere efficacia (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1496 del 22 aprile 1977).
Dunque, il termine "congruo" di preavviso attiene al quomodo dell'esercizio del diritto potestativo e non ne rappresenta un indefettibile elemento costitutivo (quid). Ne consegue che (sempre nei contratti d'appalto a tempo indeterminato), ove una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato o con un preavviso inadeguato, il rapporto si risolve comunque, benché la sua efficacia si protragga sino al decorso del termine, reputato congruo, del periodo di preavviso.
In altri termini, a fronte di contratto di appalto di servizi a tempo indeterminato, il recesso esercitato in violazione del termine di preavviso pattuito o stabilito dagli usi o congruo, avuto riguardo alla natura del servizio, è comunque valido (in quanto espressione della volontà legittimamente manifestata di risolvere il rapporto), benché la sua efficacia sia differita alla scadenza del termine di preavviso.
Non vi è, infatti, l'esigenza di salvaguardare la rinnovazione del contratto per l'intervenuta scadenza del termine senza un congruo preavviso (appunto perché l'appalto in questione, su cui si innesta l'esercizio del diritto di recesso con preavviso, è senza delimitazione di durata).
Ne discende che, uniformandosi a tali precetti, la Corte del gravame ha ritenuto che, ferma restando la validità del recesso esercitato dal contratto di affidamento della guardiania senza fissazione della durata, nonostante l'inadeguatezza del preavviso concesso, ciò avrebbe inciso solo sulla determinazione del momento di efficacia di detto recesso, posticipato alla data di scadenza del termine congruo (valutato in 60 giorni dalla data di ricezione della lettera raccomandata a.r. con cui il recesso era stato esercitato), con la conseguente spettanza del corrispettivo dovuto sino a tale scadenza.
6. In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto, enunciando i seguenti principi di diritto ex art. 384, primo comma, c.p.c.
"In tema di contratto di appalto di servizi continuativi o periodici, il regime applicabile del recesso muta in relazione alla natura determinata o indeterminata della durata dell'appalto: A) trova applicazione l'art. 1671 c.c., in tema di recesso unilaterale e ad nutum del committente, ove l'appalto sia a tempo determinato (oltre alla scadenza del contratto al termine stabilito, previa disdetta, pena la sua tacita rinnovazione); B) viceversa, allorché la durata del contratto d'appalto continuativo o periodico di servizi non sia stata stabilita, né sia determinabile, ciascuna delle parti può recedere dal contratto in tempo utile a norma dell'art. 1569 c.c.".
"In tema di contratto di somministrazione a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal rapporto in corso ex art. 1569 c.c., salvo per il giudice il potere di stabilire - in base alle clausole contrattuali, agli usi e alla natura della somministrazione - il termine congruo entro il quale il recesso debba avere efficacia".
Le spese e compensi di lite sono irripetibili, stante che la parte contro cui il ricorso è stato proposto è rimasta intimata.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.