Corte di giustizia dell'Unione Europea
Quinta Sezione
Sentenza 20 marzo 2025
Presidente: Jarukaitis - Relatore: Regan
«Rinvio pregiudiziale - Direttiva 2014/23/UE - Concessioni per l'attività di gestione dei giochi e di raccolta di scommesse - Articolo 43 - Modifica apportata ad una concessione in corso di esecuzione - Normativa nazionale che prevede il pagamento, da parte dei concessionari, di un canone mensile dovuto per la proroga della durata di validità delle concessioni - Compatibilità - Articolo 5 - Obbligo per gli Stati membri di conferire all'amministrazione aggiudicatrice il potere di avviare, su domanda di un concessionario, un procedimento volto a modificare le condizioni di esercizio di una concessione, qualora eventi imprevedibili e indipendenti dalla volontà delle parti incidano in modo significativo sul rischio operativo della concessione stessa - Insussistenza».
Nelle cause riunite da C‑728/22 a C‑730/22, aventi ad oggetto le tre domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con ordinanze del 21 novembre 2022, pervenute in cancelleria il 24 novembre 2022, nei procedimenti Associazione Nazionale Italiana Bingo - Anib, Play Game Srl (C‑728/22) Associazione Concessionari Bingo - Ascob Srl, B&B Srl, TM Srl, Better Now Srl, Bingo Adda Srl, Bingo Baccara Srl, Bingo Boing Srl, Bingo Bon Srl, Bingobrescia Srl, Bingo Bul Srl, Bingo Centrum Srl, Bingo Dolomiti Srl, Bingo Gallura Srl, Bingo Globo Srl Unipersonale, Bi.Pa. Srl, Bingo Ritz Somalia Srl, Bingo Seven Monza Srl, Bingo Star Rovigo Srl, Bingo Time Trentino Srl, Borgaro Bingo Srl, Dora Srl, Eden Srl, Eliodoro Srl, Eurogela Giochi Srl, Euronissa Giochi Srl, Fiore Srl, Hippobingo Firenze Srl, Hippogroup Cesenate SpA, Hippogroup Modena Srl, Iris Srl, Kristal Palace Srl, Le Casinò Srl, AT e Bingo Srl Unipersonale in Amministrazione Giudiziaria, Milano Giochi Srl, Mondo Bingo Srl, Progetto Bingo Srl, Romulus Srl, Tutto Gioco Srl (C‑729/22) Coral Srl (C‑730/22) contro Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in presenza di: B.E. Srl, Play Game Srl, Play Line Srl Unipersonale, BC, BD, EF, GL, HU.
[...]
1. Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono principalmente sull'interpretazione della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU 1989, L 395, pag. 33), della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione (GU 2014, L 94, pag. 1), nonché degli articoli 49 e 56 TFUE.
2. Tali domande sono state presentate nell'ambito di controversie che oppongono due associazioni di categoria che raggruppano imprese esercenti attività di gioco del bingo in Italia, e alcune imprese di tale settore di attività, ossia l'Associazione Nazionale Italiana Bingo - Anib, la Play Game Srl (C‑728/22), l'Associazione Concessionari Bingo - Ascob Srl, la B&B Srl, la TM Srl, la Better Now Srl, la Bingo Adda Srl, la Bingo Baccara Srl, la Bingo Boing Srl, la Bingo Bon Srl, la Bingobrescia Srl, la Bingo Bul Srl, la Bingo Centrum Srl, la Bingo Dolomiti Srl, la Bingo Gallura Srl, la Bingo Globo Srl Unipersonale, la Bi.Pa. Srl, la Bingo Ritz Somalia Srl, la Bingo Seven Monza Srl, la Bingo Star Rovigo Srl, la Bingo Time Trentino Srl, la Borgaro Bingo Srl, la Dora Srl, la Eden Srl, la Eliodoro Srl, la Eurogela Giochi Srl, la Euronissa Giochi Srl, la Fiore Srl, la Hippobingo Firenze Srl, la Hippogroup Cesenate SpA, la Hippogroup Modena Srl, la Iris Srl, la Kristal Palace Srl, la Le Casinò Srl, la AT e Bingo Srl Unipersonale in Amministrazione Giudiziaria, la Milano Giochi Srl, la Mondo Bingo Srl, la Progetto Bingo Srl, la Romulus Srl, la Tutto Gioco Srl (C‑729/22) e la Coral Srl (C‑730/22), al Ministero dell'Economia e delle Finanze (Italia) e all'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Italia) (in prosieguo: l'«ADM»), in merito alla validità del regime cosiddetto di «proroga tecnica», mediante il quale il governo italiano ha prorogato la durata di validità di alcune concessioni e, quale contropartita, ha previsto, segnatamente, in primo luogo, un obbligo, per i concessionari interessati, di pagare un canone mensile, il cui ammontare è stato successivamente incrementato, in secondo luogo, un divieto di trasferimento dei loro locali e, in terzo luogo, un obbligo di accettare tali proroghe per essere autorizzati a partecipare a qualsiasi futura procedura di riattribuzione di dette concessioni.
Contesto normativo
Diritto dell'Unione
3. I considerando 52, 75, 76 e 87 della direttiva 2014/23 enunciano quanto segue:
«(52) La durata di una concessione dovrebbe essere limitata al fine di evitare la preclusione dell'accesso al mercato e restrizioni della concorrenza. Inoltre, le concessioni di durata molto lunga possono dar luogo alla preclusione dell'accesso al mercato, ostacolando così la libera circolazione dei servizi e la libertà di stabilimento. Tuttavia, tale durata può essere giustificata se è indispensabile per consentire al concessionario di recuperare gli investimenti previsti per eseguire la concessione, nonché di ottenere un ritorno sul capitale investito. Di conseguenza, per le concessioni di durata superiore a cinque anni la durata dovrebbe essere limitata al periodo in cui si può ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli investimenti effettuati per eseguire i lavori e i servizi e ottenga un ritorno sul capitale investito in condizioni operative normali, tenuto conto degli specifici obiettivi contrattuali assunti dal concessionario per rispondere alle esigenze riguardanti, ad esempio, la qualità o il prezzo per gli utenti. (...)
(...)
(75) I contratti di concessione generalmente comportano disposizioni tecniche e finanziarie complesse e di lunga durata, soggette ai mutamenti delle circostanze. È pertanto necessario precisare, tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea in materia, le condizioni alle quali le modifiche di una concessione durante la sua esecuzione richiedono una nuova procedura di aggiudicazione della concessione. Una nuova procedura di concessione è necessaria quando vengono apportate modifiche sostanziali alla concessione iniziale, in particolare al campo di applicazione e al contenuto dei diritti e degli obblighi reciproci delle parti, inclusa la ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale. Tali modifiche dimostrano l'intenzione delle parti di rinegoziare termini o condizioni essenziali della concessione in questione. Ciò si verifica, in particolare, quando le condizioni modificate avrebbero inciso sull'esito della procedura nel caso in cui fossero state parte della procedura sin dall'inizio. Le modifiche della concessione comportanti una modifica minore del valore del contratto sino a un determinato livello dovrebbero essere sempre possibili senza richiedere una nuova procedura di concessione. (...)
(76) Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori possono trovarsi ad affrontare circostanze esterne che non era possibile prevedere quando hanno aggiudicato la concessione, in particolare quando l'esecuzione della concessione copre un periodo lungo. In questi casi è necessaria una certa flessibilità per adattare la concessione alle circostanze senza ricorrere a una nuova procedura di aggiudicazione. Il concetto di circostanze imprevedibili si riferisce a circostanze che non si potevano prevedere nonostante una ragionevole e diligente preparazione dell'aggiudicazione iniziale da parte dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore, tenendo conto dei mezzi a sua disposizione, della natura e delle caratteristiche del progetto specifico, delle buone prassi nel settore in questione e della necessità di garantire un rapporto adeguato tra le risorse investite nel preparare l'aggiudicazione e il suo valore prevedibile. Tale principio non può tuttavia applicarsi qualora una modifica comporti una variazione della natura complessiva della concessione, ad esempio con la sostituzione dei lavori da eseguire o dei servizi da prestare con qualcosa di diverso, oppure attraverso un cambiamento sostanziale del tipo di concessione poiché, in una situazione di questo genere, è possibile presumere un'influenza ipotetica sul risultato. (...)
(...)
(87) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire il coordinamento di disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che si applicano a determinate procedure di concessione, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri, ma, a motivo della portata e degli effetti dell'azione, può essere conseguito meglio a livello dell'Unione [europea], quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 TUE. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo».
4. L'articolo 1 di detta direttiva, intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», dispone, al paragrafo 1, quanto segue:
«La presente direttiva stabilisce le norme applicabili alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione indette da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori il cui valore stimato non è inferiore alla soglia indicata all'articolo 8».
5. L'articolo 5 della direttiva in parola, dal titolo «Definizioni», recita:
«Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni seguenti:
1) "concessioni": le concessioni di lavori o di servizi di cui alle lettere a) e b):
(...)
b) "concessione di servizi"[:] si intende un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi diversi dall'esecuzione di lavori di cui alla lettera a) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo.
L'aggiudicazione di una concessione di lavori o di servizi comporta il trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla gestione dei lavori o dei servizi, comprendente un rischio sul lato della domanda o sul lato dell'offerta, o entrambi. Si considera che il concessionario assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita al concessionario comporta una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile».
6. L'articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2014/23 stabilisce, come indicato dal suo titolo, le soglie e i metodi di calcolo del valore stimato delle concessioni. In particolare, il paragrafo 2, primo comma, di tale articolo enuncia che «[i]l valore di una concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell'IVA, stimato dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi».
7. L'articolo 18 della medesima direttiva, rubricato «Durata della concessione», prevede quanto segue:
«1. La durata delle concessioni è limitata. Essa è stimata dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario.
2. Per le concessioni ultraquinquennali, la durata massima della concessione non supera il periodo di tempo in cui si può ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli investimenti effettuati nell'esecuzione dei lavori o dei servizi, insieme con un ritorno sul capitale investito tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici.
(...)».
8. L'articolo 43 della citata direttiva, intitolato «Modifica di contratti durante il periodo di validità», dispone quanto segue:
«1. Le concessioni possono essere modificate senza una nuova procedura di aggiudicazione della concessione a norma della presente direttiva nei casi seguenti:
a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole [di revisione] chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi, o opzioni. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche o opzioni, nonché le condizioni alle quali possono essere impiegate. Esse non apportano modifiche o opzioni che altererebbero la natura generale della concessione;
b) per lavori o servizi supplementari da parte del concessionario originario che si sono resi necessari e non erano inclusi nella concessione iniziale, ove un cambiamento di concessionario:
i) risulti impraticabile per motivi economici o tecnici quali il rispetto dei requisiti di intercambiabilità o interoperatività tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti forniti nell'ambito della concessione iniziale; e
ii) comporti per l'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi.
Tuttavia, nel caso di concessioni aggiudicate dall'amministrazione aggiudicatrice allo scopo di svolgere un'attività diversa da quelle di cui all'allegato II, l'eventuale aumento di valore non deve eccedere il 50% del valore della concessione iniziale. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare la presente direttiva;
c) ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
i) la necessità di modifica è determinata da circostanze che un'amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore diligente non [poteva] prevedere;
ii) la modifica non altera la natura generale della concessione;
iii) nel caso di concessioni aggiudicate dall'amministrazione aggiudicatrice allo scopo di svolgere un'attività diversa da quelle di cui all'allegato II, l'eventuale aumento di valore non è superiore al 50% del valore della concessione iniziale. In caso di più modifiche successive, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non sono intese ad aggirare la presente direttiva;
d) se un nuovo concessionario sostituisce quello a cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore avevano inizialmente aggiudicato la concessione a causa di una delle seguenti circostanze:
i) una clausola o opzione di revisione inequivocabile in conformità della lettera a);
ii) al concessionario iniziale succede, in via universale o parziale, a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, acquisizione o insolvenza, un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l'applicazione della presente direttiva; oppure
iii) nel caso in cui l'amministrazione aggiudicatrice stessa o l'ente aggiudicatore stesso si assumano gli obblighi del concessionario principale nei confronti dei suoi subappaltatori, ove tale possibilità sia prevista dalla legislazione nazionale;
e) se le modifiche, a prescindere dal loro valore, non sono sostanziali ai sensi del paragrafo 4.
Le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori che hanno modificato una concessione nelle situazioni di cui al presente paragrafo, lettere b) e c), pubblicano un avviso al riguardo nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Tale avviso contiene le informazioni di cui all'allegato XI ed è pubblicato conformemente all'articolo 33.
2. Inoltre, e senza ulteriore bisogno di verificare se le condizioni di cui al paragrafo 4, lettere da a) a d), sono rispettate, le concessioni possono parimenti essere modificate senza necessità di una nuova procedura di aggiudicazione di una concessione a norma della presente direttiva se il valore della modifica è al di sotto di entrambi i valori seguenti:
i) la soglia fissata all'articolo 8; e
ii) il 10% del valore della concessione iniziale.
Tuttavia, la modifica non può alterare la natura generale della concessione. In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo netto delle successive modifiche.
3. Ai fini del calcolo del valore di cui al paragrafo 2 e al paragrafo 1, lettere b) e c), il valore aggiornato è il valore di riferimento quando la concessione prevede una clausola di indicizzazione. Se la concessione non prevede una clausola di indicizzazione, il valore aggiornato è calcolato tenendo conto dell'inflazione media nello Stato membro dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore.
4. La modifica di una concessione durante il periodo della sua validità è considerata sostanziale ai sensi del paragrafo 1, lettera e), [se] muta sostanzialmente la natura della concessione rispetto a quella inizialmente conclusa. In ogni caso, fatti salvi i paragrafi 1 e 2, una modifica è considerata sostanziale se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte:
a) la modifica introduce condizioni che, se fossero state contenute nella procedura iniziale di aggiudicazione della concessione, avrebbero consentito l'ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l'accettazione di un'offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione della concessione;
b) la modifica cambia l'equilibrio economico della concessione a favore del concessionario in modo non previsto dalla concessione iniziale;
c) la modifica estende notevolmente l'ambito di applicazione della concessione;
d) se un nuovo concessionario sostituisce quello cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore avevano inizialmente aggiudicato la concessione in casi diversi da quelli previsti al paragrafo 1, lettera d).
5. Una nuova procedura di aggiudicazione di una concessione in conformità della presente direttiva è richiesta per modifiche delle disposizioni di una concessione durante il periodo della sua validità diverse da quelle previste ai paragrafi 1 e 2».
9. L'articolo 51 della medesima direttiva, intitolato «Recepimento», prevede, al paragrafo 1, quanto segue:
«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 18 aprile 2016. Essi comunicano immediatamente alla Commissione [europea] il testo di tali disposizioni.
(...)».
10. L'articolo 54 della direttiva 2014/23, dal titolo «Entrata in vigore», così dispone:
«La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
La presente direttiva non si applica all'aggiudicazione di concessioni per le quali è stata presentata un'offerta o che sono state aggiudicate prima del 17 aprile 2014».
Diritto italiano
11. Il gioco del bingo era inizialmente disciplinato in Italia dal decreto del 31 gennaio 2000, n. 29 - Regolamento recante norme per l'istituzione del gioco «Bingo» ai sensi dell'articolo 16 della legge 13 maggio 1999, n. 133 (GURI n. 43, del 22 febbraio 2000), il quale attribuiva al Ministro delle Finanze la competenza a disciplinare le modalità e i tempi di gioco, la corresponsione di aggi, diritti e proventi dovuti a qualsiasi titolo, ivi compresi quelli da destinare agli organizzatori delle competizioni.
12. In pratica, le concessioni, attribuite all'esito della procedura di selezione messa in atto a seguito dell'adozione di detto decreto, non prevedevano il versamento di un canone mensile. Per contro, sulle cartelle di gioco vendute veniva applicato un prelievo fiscale.
13. La durata di tali concessioni è stata fissata a sei anni, con possibilità di rinnovo una sola volta, conformemente alle disposizioni dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera e), del suddetto decreto.
14. Nel 2013, allorché stavano giungendo a scadenza le prime concessioni assegnate ai sensi del citato decreto, è stata sollevata la questione della compatibilità delle modalità di attribuzione delle concessioni con il diritto dell'Unione, dato che quest'ultimo esige la pubblicazione di un bando di gara al quale qualsiasi impresa avente titolo può partecipare su un piano di parità. Secondo il legislatore italiano, questa messa in conformità con il diritto dell'Unione delle modalità di attribuzione delle concessioni prevista dal diritto nazionale implicava tuttavia un «tendenziale allineamento temporale» dei momenti di inizio di tutte le concessioni del settore in questione.
15. Di conseguenza, è stato deciso di istituire il regime di proroga tecnica a favore delle concessioni giunte a scadenza, che permetteva ai concessionari titolari di continuare a esercitare provvisoriamente le loro attività in modo che, una volta che tutte le concessioni fossero giunte a scadenza, avrebbero potuto essere avviate alla stessa data delle procedure di assegnazione per la totalità delle concessioni.
16. L'articolo 1, commi 636 e 637, della legge del 27 dicembre 2013, n. 147 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014) (supplemento ordinario alla GURI n. 302, del 27 dicembre 2013; in prosieguo: la «legge n. 147/2013»), prevede quanto segue:
«636. Al fine di contemperare il principio [del diritto dell'Unione] secondo il quale le concessioni pubbliche vanno attribuite ovvero riattribuite, dopo la loro scadenza, secondo procedure di selezione concorrenziale con l'esigenza di perseguire, in materia di concessioni di gioco per la raccolta del Bingo, il tendenziale allineamento temporale di tali concessioni, relativamente a queste concessioni in scadenza negli anni 2013 e 2014 l'[ADM] procede nel corso dell'anno 2014 alla riattribuzione delle medesime concessioni attenendosi ai seguenti criteri direttivi:
a) introduzione del principio dell'onerosità delle concessioni per la raccolta del gioco del Bingo e fissazione nella somma di euro 200.000 della soglia minima corrispettiva per l'attribuzione di ciascuna concessione;
b) durata delle concessioni pari a sei anni;
c) versamento della somma di euro 2.800, per ogni mese ovvero frazione di mese superiore ai quindici giorni, oppure di euro 1.400 per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni, da parte del concessionario in scadenza che intenda altresì partecipare al bando di gara per la riattribuzione della concessione, per ogni mese ovvero frazione di mese di proroga del rapporto concessorio scaduto e comunque fino alla data di sottoscrizione della nuova concessione riattribuita;
d) versamento della somma di cui alla lettera a) in due metà di pari importo, la prima alla data di presentazione della domanda di partecipazione alla gara per la riattribuzione della concessione e la seconda alla data di sottoscrizione della nuova concessione, all'esito della conclusione della procedura di selezione dei concorrenti;
e) determinazione nella somma complessiva annua di euro 300.000 dell'entità della garanzia bancaria ovvero assicurativa dovuta dal concessionario, per tutta la durata della concessione, a tutela dell'Amministrazione statale, durante l'intero arco di durata della concessione, per il mantenimento dei requisiti soggettivi ed oggettivi, dei livelli di servizio e di adempimento delle obbligazioni convenzionali pattuite.
637. Con decreto dirigenziale dell'[ADM], da adottare entro la fine del mese di maggio 2014, sono stabilite le eventuali disposizioni applicative occorrenti per assicurare, con cadenza biennale, nel rispetto dei criteri direttivi di cui al comma 636, l'avvio delle procedure di riattribuzione concorrenziale delle vigenti concessioni per la raccolta del gioco del Bingo, la scadenza dell'ultima delle quali è prevista per l'anno 2020».
17. Secondo il giudice del rinvio, il regime di proroga tecnica ha altresì istituito un divieto di partecipare alla gara per la riattribuzione della concessione per i titolari di concessioni scadute che non avessero acceduto al suddetto regime di proroga tecnica sopportandone il relativo onere.
18. Il regime di proroga tecnica è stato modificato una prima volta nel 2015, dall'articolo 1, comma 934, della legge del 28 dicembre 2015, n. 208 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) (supplemento ordinario alla GURI n. 302, del 30 dicembre 2015), con l'effetto, segnatamente, di estendere il regime di proroga tecnica alle concessioni in scadenza nel 2015 e nel 2016, di spostare la data limite per l'attribuzione delle concessioni in questione dal 31 dicembre 2014 al 31 dicembre 2016 e, di conseguenza, di allungare la durata di queste concessioni, di aumentare l'importo del canone mensile dovuto dagli operatori esercenti sotto tale regime facendolo passare da EUR 2 800 a EUR 5 000 per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni e da EUR 1 400 a EUR 2 500 per ciascuna frazione di mese inferiore a quindici giorni, nonché di vietare il trasferimento dei locali per tutta la durata della proroga tecnica.
19. Il decreto legislativo del 18 aprile 2016, n. 50 - Codice dei contratti pubblici (GURI n. 91 del 19 aprile 2016), ha trasposto la direttiva 2014/23 nell'ordinamento giuridico italiano.
20. L'articolo 1, commi 636 e 637, della legge n. 147/2013 è stato nuovamente modificato nel 2017, dalla legge del 27 dicembre 2017, n. 205 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018‑2020 (supplemento ordinario alla GURI n. 302, del 29 dicembre 2017) (in prosieguo: la «legge n. 205/2017»), che ha avuto l'effetto di estendere il suddetto regime alle concessioni in scadenza nel 2017 e nel 2018, di rinviare la data limite prevista per l'avvio delle procedure di gara in vista della loro nuova attribuzione dal 31 dicembre 2016 al 30 settembre 2018 e di aumentare l'importo del canone mensile dovuto a titolo dello stesso regime, portandolo da EUR 5 000 a EUR 7 500 per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni, e da EUR 2 500 a EUR 3 500 per ciascuna frazione di mese inferiore a quindici giorni.
21. L'articolo 1, commi da 636 a 638, della legge n. 147/2013 è stato successivamente modificato nel 2018, nel 2019 e nel 2020 portando al risultato, ogni volta, di prolungare, per le concessioni non giunte a scadenza, l'applicazione del regime di proroga tecnica. In particolare, la legge del 30 dicembre 2020, n. 178 - Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021‑2023 (GURI n. 322, del 30 dicembre 2020, supplemento ordinario n. 46), ha fissato al 31 marzo 2023 la data di scadenza del termine per indire la procedura di gara relativa all'attribuzione delle concessioni, ossia successivamente alla data di scadenza dell'ultima concessione per il gioco del bingo.
22. Successivamente ai fatti in discussione nei procedimenti principali, l'articolo 1 di cui sopra è stato ulteriormente modificato nel 2022 al fine non soltanto di prolungare l'applicazione del regime di proroga tecnica fino al 31 dicembre 2024, ma anche di aumentare l'importo del canone mensile dovuto per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni fissandolo ad un importo di EUR 8 625.
Procedimenti principali e questioni pregiudiziali
Cause C‑728/22 e C‑729/22
23. I ricorsi nei procedimenti principali sono stati proposti da due associazioni di categoria che raggruppano imprese esercenti attività di gioco del bingo, nonché da alcune imprese di tale settore di attività.
24. Dovendo far fronte a difficoltà finanziarie, dovute sia gli effetti della pandemia di COVID‑19 che all'applicazione della normativa nazionale che ha in sostanza introdotto il carattere oneroso delle concessioni, le ricorrenti di cui ai procedimenti principali hanno presentato all'ADM delle domande intese ad ottenere, segnatamente, la sospensione immediata del canone mensile dovuto a titolo del regime di proroga tecnica, nell'ammontare fissato dalla legge n. 205/2017, fino al ripristino delle originarie condizioni di equilibrio economico‑finanziario alterate dalla pandemia suddetta, e, per alcuni, nonché in subordine, la modifica di tale canone, in modo da tener conto dell'effettiva capacità contributiva di ciascun concessionario.
25. Rispettivamente in data 9 luglio 2020, quanto alla causa C‑729/22, e 18 novembre 2020, quanto alla causa C‑728/22, l'ADM ha respinto le domande di cui sopra, a motivo segnatamente del fatto che essa non poteva modificare, tramite un provvedimento amministrativo, l'importo del canone suddetto, dato che quest'ultimo era fissato a livello legislativo nazionale.
26. Le ricorrenti di cui ai procedimenti principali hanno proposto dei ricorsi dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) contro il rigetto delle suddette domande. Tali ricorsi sono stati respinti perché infondati alla luce della sentenza n. 49/2021 della Corte costituzionale (Italia), che ha ritenuto non fondati dubbi analoghi a quelli sollevati nelle presenti cause in merito alla conformità alla Costituzione della Repubblica italiana della normativa nazionale controversa nei procedimenti principali.
27. Le ricorrenti di cui ai procedimenti principali hanno proposto appello contro queste due sentenze dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), odierno giudice del rinvio, facendo valere, segnatamente, che il fatto che il canone mensile dovuto a titolo del regime di proroga tecnica sia previsto dalla normativa nazionale non può giustificare che l'ADM sia privata di qualsiasi potestà amministrativa discrezionale al fine di adottare atti amministrativi intesi a riequilibrare le condizioni economico‑finanziarie di esercizio delle concessioni, qualora su tali condizioni vengano ad incidere eventi imprevedibili. Diversamente, i rapporti giuridici nascenti dalle concessioni per l'esercizio di attività di raccolta e di gestione delle scommesse verrebbero ingiustamente trattati in maniera deteriore rispetto ai rapporti giuridici organizzati esclusivamente a mezzo di un contratto. Inoltre, l'impossibilità di rinegoziare l'equilibrio economico di una concessione sarebbe contraria al diritto dell'Unione, in quanto, sebbene l'attribuzione di una concessione determini per sua natura un trasferimento del rischio operativo al concessionario, resterebbe il fatto che, in caso di condizioni di gestione eccezionali, il diritto dell'Unione imporrebbe che il rapporto concessorio possa essere modificato in corso di esecuzione.
28. Il giudice del rinvio sottolinea, anzitutto, che le ricorrenti di cui ai procedimenti principali hanno presentato degli elementi di prova che permettono di dimostrare che le condizioni di gestione delle concessioni, e in particolare la sostenibilità dei costi di gestione di queste ultime, sono state seriamente pregiudicate da eventi imprevisti e imprevedibili, segnatamente a seguito della pandemia di COVID‑19, mentre la Corte costituzionale si sarebbe pronunciata, nella sua sentenza n. 49/2021, su situazioni antecedenti alla crisi sanitaria risultante da tale pandemia.
29. Poi, il giudice del rinvio esprime dei dubbi riguardo alla compatibilità con il diritto dell'Unione, da un lato, del ricorso alla legislazione nazionale per modificare taluni elementi dei contratti di concessione, qualora il ricorso ad uno strumento siffatto privi l'ADM di qualsiasi potere di modificare le concessioni in questione in caso di sopravvenienza di eventi imprevisti, imprevedibili e non imputabili alle parti, che incidano in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo collegato alle concessioni stesse, e, dall'altro, delle diverse previsioni legislative nazionali così adottate al fine di modificare tali concessioni, qualora queste prevedano la proroga delle concessioni stesse, ma subordinino quest'ultima e la possibilità di partecipare alla futura procedura di gara al pagamento di un canone mensile, e siano così idonee ad alterare l'equilibrio generale di ciascuna concessione.
30. Infine, il giudice del rinvio fa valere che, anche supponendo che l'introduzione del regime di proroga tecnica sia giustificata dalla necessità di allineare le date di scadenza delle concessioni in discussione nei procedimenti principali al fine di indire nuove procedure di assegnazione, un tale regime appare contrario agli articoli 49 e 56 TFUE, in quanto esso fa sorgere dei dubbi riguardo alla sua reale necessità, alla sua adeguatezza e alla sua proporzionalità in rapporto a detto obiettivo.
31. Alla luce di tali circostanze, nella causa C‑728/22, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la [direttiva 2014/23], nonché i principi generali desumibili dal Trattato, e segnatamente gli articoli 15, 16, 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea [(in prosieguo: la "Carta")], l'articolo 3 [TUE] e gli articoli 8, 49, 56, 12, 145 e 151 [TFUE] debbano essere interpretati nel senso che essi trovano applicazione a fronte di concessioni di gestione del gioco del Bingo le quali siano state affidate con procedura selettiva nell'anno 2000, siano scadute e poi siano state reiteratamente prorogate nell'efficacia con disposizioni legislative entrate in vigore successivamente all'entrata in vigore della direttiva [sopra citata] ed alla scadenza del suo termine di recepimento.
2) Nel caso in cui al primo quesito sia fornita risposta affermativa, se la [direttiva 2014/23] osti ad una interpretazione o applicazione di norme legislative interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali da privare l'Amministrazione del potere discrezionale di avviare, su istanza degli interessati, un procedimento amministrativo volto a modificare le condizioni di esercizio delle concessioni, con o senza indizione di nuova procedura di aggiudicazione a seconda che si qualifichi o meno modifica sostanziale la rinegoziazione dell'equilibrio convenzionale, nei casi in cui si verifichino eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni.
3) Se la direttiva [89/665], quale modificata dalla direttiva [2014/23], osti ad una interpretazione o applicazione di norme nazionali interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali che il Legislatore o l'Amministrazione pubblica possano condizionare la partecipazione alla procedura per la riattribuzione delle concessioni di gioco all'adesione del concessionario al regime di proroga tecnica, anche nell'ipotesi in cui sia esclusa la possibilità di rinegoziare le condizioni di esercizio della concessione al fine di ricondurle in equilibrio, in conseguenza di eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni.
4) Se, in ogni caso, gli articoli 49 e 56 TFUE e i principi di certezza ed effettività della tutela giuridica, nonché il principio del legittimo affidamento ostino ad una interpretazione o applicazione di norme legislative interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali da privare l'Amministrazione del potere discrezionale di avviare, su istanza degli interessati, un procedimento amministrativo volto a modificare le condizioni di esercizio delle concessioni, con o senza indizione di nuova procedura di aggiudicazione a seconda che si qualifichi o meno modifica sostanziale la rinegoziazione dell'equilibrio convenzionale, nei casi in cui si verifichino eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni.
5) Se gli articoli 49 e 56 TFUE e i principi di certezza ed effettività della tutela giuridica, nonché il principio del legittimo affidamento ostino ad una interpretazione o applicazione di norme nazionali interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali che il Legislatore o l'Amministrazione pubblica possano condizionare la partecipazione alla procedura per la riattribuzione delle concessioni di gioco all'adesione del concessionario al regime di proroga tecnica, anche nell'ipotesi in cui sia esclusa la possibilità di rinegoziare le condizioni di esercizio della concessione al fine di ricondurle in equilibrio, in conseguenza di eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni.
6) Se, più in generale, gli articoli 49 e 56 TFUE e i principi di certezza ed effettività della tutela giuridica, nonché il principio del legittimo affidamento ostino a una normativa nazionale (quale quella che rileva nella controversia principale), la quale prevede a carico dei gestori delle sale Bingo il pagamento di un oneroso canone di proroga tecnica su base mensile non previsto negli originari atti di concessione, di ammontare identico per tutte le tipologie di operatori e modificato di tempo in tempo dal legislatore senza alcuna dimostrata relazione con le caratteristiche e l'andamento del singolo rapporto concessorio».
32. Nella causa C‑729/22, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se la [direttiva 2014/23], nonché i principi generali desumibili dal Trattato [FUE], e segnatamente gli articoli 49 e 56 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi trovano applicazione a fronte di concessioni di gestione del gioco del Bingo le quali siano state affidate con procedura selettiva nell'anno 2000, siano scadute e poi siano state reiteratamente prorogate nell'efficacia con disposizioni legislative entrate in vigore successivamente all'entrata in vigore della direttiva ed alla scadenza del suo termine di recepimento.
2) Nel caso in cui al primo quesito sia fornita risposta affermativa, se la [direttiva 2014/23] osti ad una interpretazione o applicazione di norme legislative interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali da privare l'Amministrazione del potere discrezionale di avviare, su istanza degli interessati, un procedimento amministrativo volto a modificare le condizioni di esercizio delle concessioni, con o senza indizione di nuova procedura di aggiudicazione a seconda che si qualifichi o meno modifica sostanziale la rinegoziazione dell'equilibrio convenzionale, nei casi in cui si verifichino eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni.
3) Se la direttiva [89/665], quale modificata dalla direttiva [2014/23], osti ad una interpretazione o applicazione di norme nazionali interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali che il Legislatore o l'Amministrazione pubblica possano condizionare la partecipazione alla procedura per la riattribuzione delle concessioni di gioco all'adesione del concessionario al regime di proroga tecnica, anche nell'ipotesi in cui sia esclusa la possibilità di rinegoziare le condizioni di esercizio della concessione al fine di ricondurle in equilibrio, in conseguenza di eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni.
4) Se, in ogni caso, gli articoli 49 e 56 TFUE e i principi di certezza ed effettività della tutela giuridica, nonché il principio del legittimo affidamento ostino ad una interpretazione o applicazione di norme legislative interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali da privare l'Amministrazione del potere discrezionale di avviare, su istanza degli interessati, un procedimento amministrativo volto a modificare le condizioni di esercizio delle concessioni, con o senza indizione di nuova procedura di aggiudicazione a seconda che si qualifichi o meno modifica sostanziale la rinegoziazione dell'equilibrio convenzionale, nei casi in cui si verifichino eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni.
5) Se gli articoli 49 e 56 TFUE e i principi di certezza ed effettività della tutela giuridica, nonché il principio del legittimo affidamento ostino ad una interpretazione o applicazione di norme nazionali interne, o prassi applicative sulla base delle norme stesse, tali che il Legislatore o l'Amministrazione pubblica possano condizionare la partecipazione alla procedura per la riattribuzione delle concessioni di gioco all'adesione del concessionario al regime di proroga tecnica, anche nell'ipotesi in cui sia esclusa la possibilità di rinegoziare le condizioni di esercizio della concessione al fine di ricondurle in equilibrio, in conseguenza di eventi non imputabili alle parti, imprevisti ed imprevedibili, che incidono in modo significativo sulle condizioni normali di rischio operativo, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio delle concessioni.
6) Se, più in generale, gli articoli 49 e 56 TFUE e i principi di certezza ed effettività della tutela giuridica, nonché il principio del legittimo affidamento ostino a una normativa nazionale quale quella che rileva nella controversia principale, la quale prevede a carico dei gestori delle sale Bingo il pagamento di un oneroso canone di proroga tecnica su base mensile non previsto negli originari atti di concessione, di ammontare identico per tutte le tipologie di operatori e modificato di tempo in tempo dal legislatore senza alcuna dimostrata relazione con le caratteristiche e l'andamento del singolo rapporto concessorio».
Causa C‑730/22
33. Nella causa C‑730/22, la Coral, una società che gestisce delle sale per il gioco del bingo in virtù di una concessione, ha proposto un ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio contro un provvedimento adottato nel corso dell'anno 2018 dall'ADM, in applicazione della legge n. 205/2017, che, in attesa della riattribuzione delle concessioni, ha fissato il canone mensile dovuto dai concessionari a titolo del regime di proroga tecnica ad un importo di EUR 7 500.
34. A sostegno di tale ricorso, detta società ha fatto valere che l'aumento del canone in questione era irragionevole e ingiustificato, tenuto conto del fatto che, mentre la concessione che le era stata inizialmente attribuita era gratuita, il canone in questione era stato introdotto unilateralmente dal legislatore italiano ed era stato aumentato in maniera continua. Essa ha denunciato altresì un ricorso abusivo allo strumento della proroga tecnica a partire dall'anno 2013, il quale violerebbe segnatamente i principi di libera concorrenza e di non discriminazione e restringerebbe la libertà di iniziativa economica privata.
35. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato dinanzi alla Corte costituzionale alcune questioni riguardanti la compatibilità con la Costituzione della Repubblica Italiana della normativa nazionale controversa nel procedimento principale.
36. Nella sua sentenza n. 49/2021, la Corte costituzionale ha concluso dichiarando la conformità di tale normativa nazionale alla Costituzione della Repubblica italiana, nonché agli articoli 16, 20 e 21 della Carta.
37. Alla luce di tale sentenza, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha integralmente respinto il suddetto ricorso.
38. La Coral ha dunque interposto appello contro tale sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio dinanzi al giudice del rinvio per il fatto, segnatamente, che il regime di proroga tecnica determinava delle modifiche eccessive per le concessioni in corso, eccedenti i limiti autorizzati in particolare dall'articolo 43 della direttiva 2014/23.
39. Sul fronte opposto, l'ADM fa valere, segnatamente, che il regime di proroga tecnica ha lo scopo di permettere ai concessionari esistenti, che sono tutti soggetti alle medesime condizioni nell'ambito della proroga tecnica, di partecipare ad una nuova procedura di aggiudicazione, come richiesto dal diritto dell'Unione.
40. In tale contesto, il giudice del rinvio dichiara di avere dei dubbi riguardo alla compatibilità con la direttiva 2014/23 del regime di proroga tecnica, il quale subordina tale proroga, nonché la possibilità di partecipare ad una futura procedura di gara, al pagamento di un canone mensile, senza una valutazione concreta delle condizioni economiche di ciascuna concessione e con una potenziale alterazione dell'equilibrio generale di ciascuna di esse.
41. A questo proposito, detto giudice fa valere che, sebbene la nozione stessa di concessione presupponga l'esistenza di un rischio operativo, il legislatore italiano ha, nel caso di specie, modificato in maniera significativa la struttura stessa dei costi di impresa del settore del bingo, introducendo un meccanismo di canone mensile. Inoltre, tale modifica non avrebbe avuto luogo sulla base di un evento imprevedibile e indipendente dalla volontà delle parti, bensì deriverebbe dalla decisione unilaterale di detto legislatore.
42. Il giudice del rinvio sottolinea che, per l'ipotesi in cui la Corte ritenesse che la direttiva 2014/23 non sia applicabile alla causa C‑730/22, esso nutre dei dubbi anche riguardo alla compatibilità della normativa nazionale in discussione nel procedimento principale con gli articoli 49 e 56 TFUE, nonché con alcuni principi generali del diritto dell'Unione. Infatti, anche supponendo che l'introduzione del regime di proroga tecnica sia giustificata dalla necessità di allineare le date di scadenza delle concessioni in corso ai fini delle nuove attribuzioni, dopo la scadenza delle concessioni stesse, mediante procedure di gara aperte, un tale regime appare contrario agli articoli 49 e 56 TFUE, in quanto introduce delle restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi che fanno sorgere dubbi riguardo alla loro reale necessità, alla loro congruità e alla loro proporzionalità rispetto allo scopo perseguito.
43. Alla luce di tali circostanze, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se la [direttiva 2014/23], ove ritenuta applicabile e, in ogni caso, i principi generali desumibili dagli articoli 26, 49, 56 e 63 TFUE come interpretati e applicati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, con particolare riguardo al divieto di discriminazioni, al canone di proporzionalità ed alla tutela della concorrenza e della libera circolazione dei servizi e dei capitali, ostino all'applicazione di norme nazionali per cui il legislatore nazionale o l'amministrazione pubblica possano, durante la cd. "proroga tecnica" più volte rinnovata nell'ultimo decennio nel settore delle concessioni di gioco, incidere unilateralmente sui rapporti in corso, introducendo l'obbligo di pagamento di canoni concessori, originariamente non dovuti, ed aumentando successivamente a più riprese i medesimi canoni, sempre determinati in misura fissa per tutti i concessionari a prescindere dal fatturato, apponendo anche ulteriori vincoli all'attività dei concessionari come il divieto di trasferimento dei locali e subordinando la partecipazione alla futura procedura per la riattribuzione delle concessioni all'adesione degli operatori alla proroga medesima».
Procedimento dinanzi alla Corte
44. La Corte ha rivolto al giudice del rinvio una richiesta di chiarimenti, alla quale quest'ultimo ha risposto con tre ordinanze datate 31 ottobre 2023, trasmesse alla Corte il 16 novembre 2023. In tali ordinanze, il giudice del rinvio ha sottolineato che, pur nutrendo un dubbio riguardo all'applicabilità della direttiva 2014/23, taluni elementi, che esso reputava preponderanti, deponevano a favore di detta applicabilità e che, pertanto, in sostanza, soltanto in via subordinata veniva richiesta l'interpretazione degli articoli 49, 56 e 63 TFUE.
45. Tra tali elementi preponderanti, il giudice del rinvio ha fatto segnatamente riferimento alla circostanza che, da un lato, i diritti di gestione concessi non costituivano semplici autorizzazioni o licenze amministrative, bensì concessioni di servizi, quali definite all'articolo 5 della direttiva 2014/23, e che, dall'altro, tutte le concessioni in questione avevano generato un fatturato superiore alla soglia prevista dall'articolo 8 di tale direttiva.
Sulle questioni pregiudiziali
Considerazioni preliminari
46. La Commissione fa valere che la normativa nazionale in discussione nei procedimenti principali non permette di trarre alcuna conclusione chiara per quanto riguarda la natura giuridica delle concessioni in questione, dato che l'unico elemento pertinente menzionato nelle ordinanze di rinvio è che tali concessioni non istituirebbero un diritto esclusivo a beneficio dei concessionari. Orbene, la risposta, segnatamente alle prime due questioni nelle cause C‑728/22 e C‑729/22, sarebbe necessaria soltanto se tali diritti costituissero concessioni di servizi, ai sensi dell'articolo 5 della direttiva 2014/23, e non semplici licenze amministrative.
47. A questo proposito, occorre ricordare che, secondo una consolidata giurisprudenza, il giudice del rinvio è l'unico competente a constatare i fatti della controversia sottoposta alla sua cognizione, nonché ad interpretare il diritto nazionale (v., in tal senso, sentenza del 17 ottobre 2024, NFŠ, C‑28/23, EU:C:2024:893, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata). Di conseguenza, qualora le questioni sottoposte alla Corte riguardino l'interpretazione del diritto dell'Unione, la Corte è, in linea di principio, tenuta a statuire [sentenza del 7 febbraio 2023, Confédération paysanne e a. (Mutagenesi casuale in vitro), C‑688/21, EU:C:2023:75, punto 32].
48. Infatti, il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l'interpretazione del diritto dell'Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l'oggetto del procedimento principale, quando il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in maniera utile alle questioni che le vengono sottoposte [sentenza del 7 febbraio 2023, Confédération paysanne e a. (Mutagenesi casuale in vitro), C‑688/21, EU:C:2023:75, punto 33].
49. Orbene, se, nelle domande di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ha fatto riferimento, per evocare i diritti di gestione in discussione nei procedimenti principali, alla nozione di «concessione» senza però precisare se tale nozione fosse impiegata nel senso che le viene attribuito nel diritto dell'Unione, risulta senza ambiguità dalla risposta fornita dal giudice del rinvio alla richiesta di chiarimenti rivolta dalla Corte che, da un lato, i diritti di gestire le concessioni in discussione nei procedimenti principali soddisfano i presupposti sostanziali per poter essere qualificati come concessioni di servizi, ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/23. Dall'altro lato, tutte queste concessioni raggiungono la soglia di valore prevista dall'articolo 8 della direttiva 2014/23 per rientrare nell'ambito di applicazione di quest'ultima.
50. Di conseguenza, occorre rispondere a tali domande di pronuncia pregiudiziale partendo dalla premessa che i diritti di gestione in discussione nei procedimenti principali costituiscono concessioni, ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/23, e che tali concessioni raggiungono la soglia prevista dall'articolo 8 di detta direttiva.
Sulla prima questione nella causa C‑728/22 e nella causa C‑729/22
51. La Commissione sostiene che la prima questione nella causa C‑728/22 e la prima questione nella causa C‑729/22 sono, in parte, irricevibili, nella misura in cui esse vertono sull'interpretazione di disposizioni, come gli articoli 8, 12, 145 e 151 TFUE, in ordine alle quali il giudice del rinvio non ha fornito chiarimenti tali da permettere alla Corte e alle eventuali parti intervenienti di comprendere in che modo esse siano pertinenti ai fini della soluzione delle controversie nei procedimenti principali.
52. A questo proposito, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, nell'ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, la necessità di pervenire ad una interpretazione del diritto dell'Unione che sia utile per il giudice nazionale esige che quest'ultimo rispetti scrupolosamente le prescrizioni concernenti il contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale e indicate in maniera esplicita all'articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, di cui si presume che il giudice del rinvio abbia conoscenza (sentenza del 19 aprile 2018, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑152/17, EU:C:2018:264, punto 21).
53. Pertanto, è indispensabile, in particolare, come enunciato dall'articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura, che la decisione di rinvio contenga l'esposizione delle ragioni che hanno portato il giudice del rinvio a interrogarsi in merito all'interpretazione o alla validità di talune disposizioni del diritto dell'Unione, nonché il collegamento che esso istituisce tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (sentenza del 19 aprile 2018, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑152/17, EU:C:2018:264, punto 22).
54. Orbene, nella causa C‑728/22, il giudice del rinvio, pur chiedendo alla Corte l'interpretazione dell'articolo 3 TUE, degli articoli 8, 12, 26, 145 e 151 TFUE, nonché degli articoli 15, 16, 20 e 21 della Carta, non fornisce alcuna spiegazione concreta quanto alla rilevanza, per la prima questione in questa causa, degli articoli summenzionati. Ne consegue che la prima questione nella causa C‑728/22 è irricevibile nella parte in cui verte sull'interpretazione di detti articoli.
55. Per contro, alla luce dei chiarimenti concreti contenuti nella domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑728/22, la prima questione in questa causa deve essere considerata ricevibile nella parte in cui verte sull'interpretazione della direttiva 2014/23, nonché su quella degli articoli 49 e 56 TFUE.
56. Per quanto riguarda la causa C‑729/22, la prima questione sollevata è redatta diversamente dalla prima questione nella causa C‑728/22, in quanto verte unicamente sull'interpretazione delle disposizioni della direttiva 2014/23 e su quella degli articoli 49 e 56 TFUE. Orbene, la domanda di pronuncia pregiudiziale in tale causa contiene sufficienti spiegazioni in merito alle ragioni che hanno portato il giudice del rinvio ad interrogare la Corte circa l'interpretazione delle disposizioni e degli articoli suindicati, ragion per cui tale questione deve essere considerata integralmente ricevibile.
57. Inoltre, dato che, come sottolineato al punto 49 della presente sentenza, il giudice del rinvio parte dal presupposto che i diritti di gestione che erano stati affidati alle ricorrenti di cui ai procedimenti principali nelle cause C‑728/22 e C‑729/22 soddisfano i presupposti sostanziali per essere qualificati come concessioni di servizi, ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2014/23, occorre da ciò dedurre, come evidenziato dall'avvocata generale ai paragrafi 43 e 44 delle sue conclusioni, che dette questioni vertono più precisamente sull'ambito di applicazione temporale della direttiva suddetta.
58. Di conseguenza, occorre considerare che, con la prima questione nella causa C‑728/22 e con la prima questione nella causa C‑729/22, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2014/23 nonché gli articoli 49 e 56 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi sono applicabili ratione temporis a dei contratti di concessione, ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva, i quali siano stati attribuiti prima dell'entrata in vigore di quest'ultima, ma siano stati prorogati da disposizioni legislative che hanno posto a carico dei concessionari interessati, quale contropartita, in primo luogo, un obbligo di pagare un canone mensile, il cui importo è stato successivamente aumentato, in secondo luogo, un divieto di trasferimento dei loro locali e, in terzo luogo, un obbligo di accettare tali proroghe per essere autorizzati a partecipare a qualsiasi futura procedura di riattribuzione di dette concessioni.
59. A questo proposito, occorre ricordare che, in caso di modifica di un contratto di concessione, la legislazione dell'Unione applicabile alla stessa è quella in vigore alla data di tale modifica, tenendo presente che il fatto che la data di conclusione del contratto di concessione iniziale sia antecedente all'entrata in vigore delle norme dell'Unione che disciplinano la materia non determina alcuna conseguenza sotto questo aspetto (v., in tal senso, sentenze del 18 settembre 2019, Commissione/Italia, C‑526/17, EU:C:2019:756, punto 60, nonché del 2 settembre 2021, Sisal e a., C‑721/19 e C‑722/19, EU:C:2021:672, punto 28). Per contro, sono inapplicabili le disposizioni di una direttiva le quali prevedano un termine di trasposizione che è scaduto dopo la data suddetta, a meno che tale direttiva non sia già stata trasposta nell'ordinamento nazionale alla data di pubblicazione della modifica della concessione (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2018, Stanley International Betting e Stanleybet Malta, C‑375/17, EU:C:2018:1026, punti 34 e 35).
60. Dato che l'articolo 51, paragrafo 1, della direttiva 2014/23 prevede che quest'ultima debba essere trasposta entro e non oltre il 18 aprile 2016, detta direttiva deve essere considerata applicabile a qualsiasi modifica di un contratto di concessione effettuata successivamente a tale data.
61. Nel caso di specie, come si è rilevato al punto 24 della presente sentenza, le domande presentate all'ADM dalle ricorrenti di cui ai procedimenti principali nelle cause C‑728/22 e C‑729/22 riguardano le modifiche introdotte dalla legge n. 205/2017. Orbene, tali modifiche sono consistite, secondo le informazioni fornite alla Corte, in un rinnovo del regime di proroga tecnica e nella sua estensione anche alle concessioni destinate a scadere negli anni 2017 e 2018, insieme all'aumento dell'importo del canone mensile dovuto a titolo di tale regime.
62. Di conseguenza, sebbene gli obblighi gravanti sui concessionari interessati ai sensi della legge n. 205/2017 fossero previsti anche nelle proroghe tecniche adottate in precedenza, resta il fatto che la modifica dei contratti di concessione operata da tale legge ha avuto l'effetto di prorogare l'insieme di tali obblighi e, più in generale, il regime di proroga tecnica al quale i concessionari sono attualmente soggetti.
63. Orbene, tali modifiche sono state adottate successivamente alla data limite di trasposizione della direttiva 2014/23. Per effetto di ciò, tale direttiva si applica non soltanto all'aumento dell'importo del canone conseguente all'adozione della legge n. 205/2017, ma anche alla totalità degli elementi del regime di proroga tecnica che, quanto ad alcuni, erano certo già previsti nelle proroghe precedenti, ma sono stati rinnovati sulla base della legge n. 205/2017. Pertanto, l'articolo 43 di detta direttiva costituisce la disposizione alla luce della quale, a partire dall'adozione della legge n. 205/2017, deve essere valutata la compatibilità con il diritto dell'Unione di una modifica consistente nel prorogare la durata di concessioni di servizi, quale contropartita, in primo luogo, di un obbligo di pagare un canone, in secondo luogo, di un divieto di trasferimento dei locali e, in terzo luogo, di un obbligo di accettare qualsiasi proroga delle concessioni.
64. Inoltre, risulta dalla formulazione dell'articolo 43 della direttiva 2014/23 che quest'ultima ha proceduto ad un'armonizzazione esaustiva delle disposizioni nazionali relative alle ipotesi in cui, da un lato, i contratti di concessione possono essere modificati senza che per questo sia necessaria l'organizzazione di una nuova procedura di attribuzione di concessione conforme alle norme stabilite da tale direttiva e, dall'altro, una siffatta procedura di attribuzione è richiesta in caso di modifica delle condizioni della concessione [v., in tal senso, sentenza del 7 novembre 2024, Adusbef (Ponte Morandi), C‑683/22, EU:C:2024:936, punto 51].
65. Orbene, qualsiasi misura nazionale adottata in un settore che ha costituito l'oggetto di un'armonizzazione esaustiva a livello dell'Unione deve essere valutata alla luce non delle disposizioni del diritto primario, come gli articoli 49 e 56 TFUE, bensì delle disposizioni adottate con la misura di armonizzazione in questione (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2021, Sisal e a., C‑721/19 e C‑722/19, EU:C:2021:672, punto 32)).
66. Di conseguenza, in situazioni come quelle in discussione nei procedimenti principali, la compatibilità di disposizioni nazionali che, come quelle risultanti dall'adozione della legge n. 205/2017, sono state adottate dopo la trasposizione della direttiva 2014/23 e, in ogni caso, dopo il 18 aprile 2016 non deve essere valutata anche alla luce degli articoli 49 e 56 TFUE, dato che simili disposizioni devono essere valutate esclusivamente alla luce dell'articolo 43 di detta direttiva.
67. Tenuto conto dell'insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione nella causa C‑728/22 e alla prima questione nella causa C‑729/22 dichiarando che la direttiva 2014/23 deve essere interpretata nel senso che essa è applicabile ratione temporis a dei contratti di concessione, ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva, i quali siano stati attribuiti prima dell'entrata in vigore di quest'ultima, ma siano stati prorogati da disposizioni legislative che hanno posto a carico dei concessionari interessati, quale contropartita, in primo luogo, un obbligo di pagare un canone mensile, il cui importo è stato successivamente aumentato, in secondo luogo, un divieto di trasferimento dei loro locali e, in terzo luogo, un obbligo di accettare tali proroghe per essere autorizzati a partecipare a qualsiasi futura procedura di riattribuzione di dette concessioni, laddove dette disposizioni legislative siano esse stesse entrate in vigore dopo la data limite di trasposizione della direttiva summenzionata. In tale situazione, gli articoli 49 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non sono applicabili.
Sulla questione unica nella causa C‑730/22
68. Anzitutto, occorre rilevare che, nella misura in cui, nella questione unica nella causa C‑730/22, il giudice del rinvio fa riferimento all'articolo 26 TFUE senza fornire alcuna spiegazione concreta riguardo alla rilevanza di quest'ultimo ai fini della soluzione della controversia nel procedimento principale, tale questione deve essere considerata irricevibile nella parte in cui verte sull'interpretazione di detto articolo, per le ragioni esposte ai punti 50 e 51 della presente sentenza. Per contro, alla luce dei chiarimenti contenuti nella domanda di pronuncia pregiudiziale presentata nella presente causa, la questione suddetta deve essere considerata ricevibile laddove essa verte sull'interpretazione della direttiva 2014/23 nonché sugli articoli 49 e 56 TFUE. Ciò premesso, tenuto conto, da un lato, di quanto viene evidenziato al punto 65 della presente sentenza e, dall'altro, della circostanza che l'atto controverso nella causa C‑730/22 è stato adottato in applicazione della legge n. 205/2017, non occorre procedere ad una interpretazione di tali articoli del Trattato FUE.
69. Inoltre, se, nella questione unica nella causa C‑730/22, il giudice del rinvio non considera alcuna disposizione specifica della direttiva 2014/23, e quantunque anche l'articolo 18 di tale direttiva avrebbe potuto essere pertinente alla luce delle circostanze della causa di cui al procedimento principale, dalle spiegazioni fornite nell'ordinanza di rinvio risulta che tale questione verte esclusivamente sull'interpretazione dell'articolo 43 di detta direttiva, nonché su quella dei principi di non discriminazione, di proporzionalità e di tutela della concorrenza.
70. A questo proposito, risulta dalle informazioni fornite alla Corte che, se la ricorrente nel procedimento principale di cui alla causa C‑730/22 censura le disposizioni relative al regime di proroga tecnica che figuravano nelle proroghe antecedenti, resta il fatto che la controversia di cui al procedimento principale ha ad oggetto soltanto le misure adottate sul fondamento della legge n. 205/2017 mediante la quale gli elementi costitutivi del regime di proroga preesistente sono stati rinnovati e l'importo del canone dovuto quale contropartita è stato aumentato. Orbene, come si è constatato ai punti 62 e 63 della presente sentenza, l'articolo 43 della direttiva 2014/23 costituisce la disposizione alla luce della quale, a partire dall'adozione della legge n. 205/2017, deve essere esaminato l'insieme degli elementi del regime di proroga tecnica applicabili, quand'anche alcuni di essi figurassero anche nelle proroghe precedenti.
71. Infine, se, per l'interpretazione della direttiva 2014/23, occorre tener conto, come sottolineato dalla Coral nelle sue osservazioni scritte, dei principi di non discriminazione, di proporzionalità e di tutela della concorrenza, è giocoforza constatare che il giudice del rinvio fa riferimento a tali principi o in collegamento con gli articoli 49 e 56 TFUE, che, come si è constatato, non erano applicabili nella causa di cui al procedimento principale, o in un modo che è insufficientemente preciso perché la Corte sia in grado di prendere posizione in merito all'interpretazione di tali principi che sarebbe così richiesta.
72. Pertanto, occorre considerare che, con la questione unica nella causa C‑730/22, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l'articolo 43 della direttiva 2014/23 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che il legislatore nazionale possa prorogare unilateralmente, mediante disposizioni legislative entrate in vigore dopo la data limite per la trasposizione di detta direttiva, la durata di concessioni di servizi e, in tale occasione, quale contropartita, in primo luogo, aumentare l'importo di un canone fissato forfettariamente e dovuto da tutti i concessionari interessati, indipendentemente dal loro fatturato, in secondo luogo, mantenere un divieto di trasferimento dei loro locali e, in terzo luogo, mantenere un obbligo di accettare tali proroghe al fine, per i concessionari suddetti, di essere autorizzati a partecipare a qualsiasi futura procedura di riattribuzione di tali concessioni.
73. A questo proposito, come si è ricordato al punto 64 della presente sentenza, l'articolo 43 della direttiva 2014/23 ha proceduto ad un'armonizzazione esaustiva delle ipotesi in cui, da un lato, le concessioni possono essere modificate senza che sia necessaria a tal fine l'organizzazione di una nuova procedura di attribuzione di concessioni conformi alle norme stabilite dalla direttiva summenzionata e, dall'altro, è richiesta una siffatta procedura di attribuzione in caso di modifica delle condizioni della concessione [v., in tal senso, sentenza del 7 novembre 2024, Adusbef (Ponte Morandi), C‑683/22, EU:C:2024:936, punto 51].
74. Orbene, dal tenore letterale del citato articolo 43 non risulta che quest'ultimo riguardi unicamente le modifiche effettuate a seguito di una negoziazione tra il concessionario e l'amministrazione aggiudicatrice, restando escluse le modifiche imposte unilateralmente per via legislativa. In tale contesto, il fatto che il considerando 75 della direttiva 2014/23 precisi che una modifica sostanziale della concessione attesta l'intenzione delle parti di rinegoziare le condizioni essenziali di quest'ultima non può limitare l'ambito di applicazione del suddetto articolo 43, quale risulta dal chiaro tenore letterale di quest'ultimo.
75. Di conseguenza, deve considerarsi non rilevante ai fini dell'applicazione della direttiva 2014/23 il fatto che le modifiche contemplate dal giudice del rinvio nella questione unica nella causa C‑730/22 siano state decise unilateralmente dal legislatore italiano.
76. Per contro, occorre ricordare che l'articolo 43 della direttiva 2014/23 osta a qualsiasi modifica delle condizioni di esecuzione di una concessione, sia essa unilaterale o effettuata in modo consensuale, la quale venga realizzata senza nuove procedure di attribuzione, salvo che tale modifica rientri in una delle ipotesi contemplate dall'articolo 43, paragrafo 1 o 2, di detta direttiva.
77. Orbene, qualora, come nella fattispecie di cui al procedimento principale, una modifica, come l'introduzione dell'obbligo di pagare un canone, venga decisa quale contropartita di altri obblighi, come il prolungamento della durata della concessione in questione, la valutazione della possibilità di effettuare una siffatta modifica sulla base dell'articolo 43, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/23 deve essere effettuata tenendo conto dell'insieme degli effetti della modifica stessa, dovendosi considerare che tali effetti non sono scindibili gli uni dagli altri.
78. Di conseguenza, è alla luce di tutti gli effetti indotti da una modifica, come quella considerata dal giudice del rinvio nella propria questione, che occorre stabilire se essa rientri in una delle ipotesi contemplate dall'articolo 43, paragrafo 1 o 2, di detta direttiva.
79. Per quanto riguarda, in primo luogo, l'articolo 43, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/23 e tenuto conto della situazione considerata dal giudice del rinvio nella questione unica nella causa C‑730/22, che è quella di una modifica effettuata per via legislativa, è senz'altro da escludersi che tale situazione possa rientrare nell'ipotesi contemplata dalla disposizione sopra citata, e ciò in quanto quest'ultima esige che la modifica effettuata abbia luogo in virtù di una clausola prevista nel contratto di concessione.
80. Per quanto riguarda, in secondo luogo, le ipotesi contemplate dalle lettere da b) a d) del citato articolo 43, paragrafo 1, esse presuppongono che la modifica in questione venga effettuata per una delle ragioni espressamente previste da tali disposizioni, vale a dire, nel caso in cui si siano resi necessari lavori o servizi supplementari da parte del concessionario iniziale, nel caso in cui una modifica sia determinata da circostanze che un'amministrazione aggiudicatrice diligente o un ente aggiudicatore diligente non poteva prevedere, oppure nel caso in cui un nuovo concessionario sostituisca quello al quale l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore aveva inizialmente assegnato la concessione in questione.
81. Dato che il giudice del rinvio non ha fatto riferimento, nella questione unica nella causa C‑730/22, ad alcun motivo particolare che giustifichi le modifiche in questione, non occorre esaminare se taluna delle disposizioni sopra citate sia suscettibile di applicarsi. Spetterà, se del caso, al giudice del rinvio sottoporre alla Corte nuove questioni riguardanti specificamente tali ipotesi, ove esso dovesse ritenere che una di esse è suscettibile di trovare applicazione.
82. Per quanto riguarda, in terzo luogo, l'ipotesi contemplata dall'articolo 43, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2014/23, occorre ricordare che essa ha ad oggetto le modifiche che, «a prescindere dal loro valore, non sono sostanziali ai sensi del paragrafo 4».
83. Ai sensi dell'articolo 43, paragrafo 4, prima frase, della direttiva 2014/23, una modifica deve essere considerata sostanziale «se muta sostanzialmente la natura della concessione rispetto a quella inizialmente conclusa».
84. Come indicato dal considerando 75 di detta direttiva, l'obiettivo di tale disposizione è di fare in modo che venga avviata una nuova procedura di assegnazione di concessione nel caso in cui vengano apportate modifiche sostanziali alla concessione iniziale, segnatamente per quanto riguarda la portata e il contenuto dei diritti e degli obblighi reciproci delle parti, compresa l'attribuzione di diritti di proprietà intellettuale. Rientra in tale ipotesi segnatamente il caso di condizioni che, se fossero state incluse nella procedura iniziale, avrebbero influito sul suo esito.
85. A questo proposito, è pacifico che una modifica che abbia segnatamente l'effetto di rinnovare o di prolungare la durata di una concessione oltre quella prevista al momento dell'attribuzione iniziale di quest'ultima muta sostanzialmente la natura di tale concessione rispetto a quella inizialmente prevista, dato che essa incide su un elemento essenziale del contratto in questione, e che, se questa nuova caratteristica di un elemento essenziale di tale contratto fosse stata inclusa nella procedura iniziale, quest'ultima avrebbe attirato ulteriori partecipanti. Pertanto, una modifica siffatta deve essere considerata sostanziale, tenendo presente che gli altri effetti da essa prodotti possono aver soltanto accentuato il suo carattere sostanziale.
86. Di conseguenza, una modifica avente ad oggetto la proroga della durata di una concessione e, quale contropartita, l'introduzione, in primis, di un obbligo di versare un canone mensile, il cui importo venga successivamente aumentato, in secundis, di un divieto di trasferimento dei locali e, in tertiis, di un obbligo di accettare tali proroghe affinché il concessionario interessato possa essere autorizzato a partecipare a qualsiasi futura procedura di riattribuzione di tali concessioni, deve essere considerata sostanziale e dunque non suscettibile di ricadere sotto l'articolo 43, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2014/23, senza che occorra esaminare separatamente ciascuno degli aspetti di tale modifica.
87. In quarto e ultimo luogo, si deve constatare che una tale modifica non rientra neppure nella fattispecie contemplata dall'articolo 43, paragrafo 2, della direttiva 2014/23. Infatti, risulta dal tenore letterale di tale disposizione che l'ipotesi da essa contemplata è quella di modifiche che, anzitutto, siano di ammontare inferiore alla soglia fissata dall'articolo 8 della medesima direttiva, poi, il cui importo sia altresì inferiore al 10% dell'importo della concessione iniziale e che, infine, non modifichino la natura generale della concessione di cui trattasi.
88. Nel caso di specie, nessun elemento del fascicolo a disposizione della Corte permette di pensare che la modifica in questione nel procedimento principale soddisfi i suddetti criteri, o addirittura che le parti di tale procedimento sostengano che tale situazione si verifica nel caso di specie.
89. Del resto, ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2014/23, il valore di una concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, stimato dall'amministrazione aggiudicatrice, tenuto conto dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché delle forniture accessorie a tali lavori e servizi. Di conseguenza, in caso di modifica avente come effetto, segnatamente, di prorogare la durata di una concessione, affinché essa rientri nell'ipotesi contemplata dall'articolo 43, paragrafo 2, di detta direttiva, tale aumento, maggiorato della conversione in unità di tempo degli eventuali altri effetti di tale modifica sui fattori presi in considerazione per determinare il valore iniziale di detta concessione, non deve rappresentare più del 10% della durata iniziale di quest'ultima.
90. Orbene, nella controversia di cui al procedimento principale, la modifica generata dall'adozione della legge n. 205/2017 ha avuto come effetto, in virtù del rinvio della data di scadenza delle concessioni già scadute nel periodo dal 31 dicembre 2016 al 30 settembre 2018, di prorogare queste ultime quale contropartita, segnatamente, di un aumento del canone, essendo quest'ultimo passato, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni, da EUR 5 000 a EUR 7 500 e, per ciascuna frazione di mese inferiore a quindici giorni, da EUR 2 500 a EUR 3 500.
91. Dato che, secondo le indicazioni contenute nel fascicolo a disposizione della Corte, le concessioni in questione erano state inizialmente concluse per sei anni, anche partendo dall'ipotesi che, da un lato, esse avessero tutte un valore iniziale pari alla soglia prevista dall'articolo 8 della direttiva 2014/23 quando questa è stata adottata, ossia un valore di EUR 5 186 000, e che, dall'altro, la proroga intervenuta nel 2017 fosse la prima che si applicava a tali concessioni, tale proroga, per non superare il 10% dell'ammontare della concessione in questione, non avrebbe dovuto eccedere una durata di poco superiore agli otto mesi, dovendosi precisare che l'aumento del canone viene detratto dall'aumento del valore delle concessioni generato dalla loro proroga.
92. Invero, il regime di proroga tecnica comporta anche, per il concessionario interessato, come sottolineato dal giudice del rinvio nella questione unica nella causa C‑730/22, un divieto di trasferimento dei suoi locali e un obbligo di accettare qualsiasi proroga decisa dal legislatore nazionale al fine di essere autorizzato a partecipare a qualsiasi futura procedura di riattribuzione della concessione in questione.
93. Tuttavia, l'aggiunta di un obbligo o di un divieto siffatto non può, comunque, portare a ricondurre l'incidenza dell'aumento della durata delle concessioni sul valore iniziale della concessione in questione al di sotto della soglia del 10%. Infatti, la prima di queste modifiche ha avuto per l'appunto l'effetto di obbligare i concessionari interessati a proseguire la loro attività a condizioni identiche a quelle che servono per determinare il valore iniziale della loro concessione, mentre la seconda di dette modifiche, pur restringendo i diritti di tali concessionari, non sembra per questo suscettibile di esercitare un'influenza sul valore di tali concessioni, così come definito all'articolo 8 della direttiva 2014/23.
94. Spetterà al giudice del rinvio stabilire l'esatta incidenza della modifica controversa nel procedimento principale sul valore della concessione in questione tenendo conto dell'insieme degli effetti di tale modifica su detto valore, calcolato con le modalità prescritte dall'articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 2014/23.
95. Per il caso in cui si constatasse che l'articolo 43 della direttiva 2014/23 osta ad una siffatta modifica, occorre precisare che la ricorrente nel procedimento principale non può ricavarne un argomento per pretendere che vengano disapplicate soltanto le disposizioni mediante le quali il legislatore nazionale ha aumentato l'importo del canone. Infatti, oltre alla circostanza che tale aumento è inscindibile dalla proroga della concessione in quanto esso costituisce la contropartita di quest'ultima, il fatto di disapplicare soltanto tale aumento del canone avrebbe come conseguenza di operare una modifica dell'equilibrio della concessione a favore del concessionario in un modo che non era previsto nel contratto di concessione iniziale e, dunque, di procedere ad una modifica sostanziale di tale contratto, quando invece, ai sensi dell'articolo 43, paragrafo 1, lettera e), di detta direttiva, letto in combinato disposto con il paragrafo 5 del medesimo articolo, in caso di modifica sostanziale di un contratto di concessione è richiesta una nuova procedura di assegnazione.
96. Alla luce dell'insieme delle considerazioni sopra esposte, occorre rispondere alla questione unica nella causa C‑730/22 dichiarando che l'articolo 43 della direttiva 2014/23 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che il legislatore nazionale possa prorogare unilateralmente, mediante disposizioni legislative entrate in vigore dopo la data limite per la trasposizione di detta direttiva, la durata di concessioni di servizi e, in tale occasione, quale contropartita, in primo luogo, aumentare l'importo di un canone fissato forfettariamente e dovuto da tutti i concessionari interessati, indipendentemente dal loro fatturato, in secondo luogo, mantenere un divieto di trasferimento dei loro locali e, in terzo luogo, mantenere un obbligo di accettare tali proroghe al fine, per i concessionari suddetti, di essere autorizzati a partecipare a qualsiasi futura procedura di riattribuzione di tali concessioni, laddove tali modifiche, considerate congiuntamente, non soddisfino i presupposti per l'applicazione dell'articolo 43, paragrafi 1 e 2, della direttiva summenzionata.
Sulla seconda questione nella causa C‑728/22 e nella causa C‑729/22
97. In limine, risulta dalle domande di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑728/22 e nella causa C‑729/22 che la seconda questione sollevata in entrambe queste cause viene sottoposta in ragione del fatto che, nelle sue decisioni del 9 luglio e del 18 novembre 2020, l'ADM si è dichiarata incompetente a modificare l'importo del canone in discussione nei procedimenti principali, in quanto lo stesso era fissato da un atto legislativo.
98. Peraltro, sebbene, in tali questioni, il giudice del rinvio non prenda in considerazione nessuna specifica disposizione della direttiva 2014/23, risulta dalle spiegazioni fornite nelle ordinanze di rinvio che tali questioni vertono sull'interpretazione degli articoli 5 e 43 di detta direttiva.
99. Pertanto, occorre considerare che, con la seconda questione nella causa C‑728/22 e con la seconda questione nella causa C‑729/22, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 5 e 43 della direttiva 2014/23 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad un'interpretazione o ad un'applicazione di norme legislative interne, o a prassi applicative fondate su tali norme, tali da privare l'autorità aggiudicatrice del potere di avviare, su domanda di un concessionario, un procedimento amministrativo inteso a modificare le condizioni di esercizio della concessione in parola, qualora eventi imprevisti e imprevedibili, indipendenti dalla volontà delle parti, incidano in modo significativo sul rischio operativo di tale concessione, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio della concessione stessa.
100. A questo proposito, occorre rilevare che, invero, l'articolo 5, paragrafo 1, lettera b), secondo comma, della direttiva 2014/23 definisce la nozione di «concessione di servizi» come un contratto nel quale si reputa che il concessionario interessato assuma il rischio di gestione del servizio «in condizioni operative normali».
101. Tuttavia, come rilevato dall'avvocata generale al paragrafo 77 delle sue conclusioni, e contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti nei procedimenti principali, tale definizione non può servire quale fondamento per esigere dagli Stati membri che essi accordino alle autorità aggiudicatrici il potere di avviare, su domanda di un concessionario, un procedimento amministrativo inteso a modificare le condizioni di esercizio di una concessione, qualora degli eventi imprevisti e imprevedibili, indipendenti dalla volontà delle parti, incidano in modo significativo sul rischio operativo di tale concessione. Infatti, come risulta dal tenore letterale dell'articolo 5 della direttiva 2014/23, la definizione di cui sopra viene fornita soltanto ai fini dell'applicazione di tale direttiva e, in particolare, ai fini della definizione dell'ambito di applicazione ratione materiae della direttiva stessa, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 2, di quest'ultima.
102. Quanto all'articolo 43 della direttiva 2014/23, se quest'ultimo fa riferimento, nel suo paragrafo 1, lettera c), all'ipotesi di una modifica resa necessaria da circostanze che un'amministrazione aggiudicatrice diligente o un ente aggiudicatore diligente non potevano prevedere, risulta dal tenore letterale di tale disposizione che quest'ultima opera il riferimento suddetto unicamente per precisare che, in un simile caso, non è necessaria una nuova procedura di attribuzione, senza imporre un obbligo, a carico dell'amministrazione aggiudicatrice, di avviare un procedimento di modifica della concessione.
103. Tale conclusione è suffragata dal considerando 75 di detta direttiva, dal quale risulta che l'obiettivo dell'articolo 43 di quest'ultima è di chiarire le condizioni nelle quali delle modifiche apportate ad una concessione in corso di esercizio impongono una nuova procedura di attribuzione, elencando un numero tassativo di ipotesi nelle quali l'avvio di un nuovo procedimento di attribuzione non è necessario, e non di imporre agli Stati membri di prevedere che una concessione debba necessariamente poter essere modificata in ciascuna di queste ipotesi.
104. Ciò premesso, nell'ipotesi in cui norme legislative interne prevedessero che l'amministrazione aggiudicatrice possa essere costretta ad avviare una procedura di modifica della concessione in ragione di eventi imprevedibili e indipendenti dalla volontà delle parti che incidano in modo significativo sul rischio operativo, la direttiva 2014/23 non osterebbe a che il concessionario interessato possa fondarsi su tali norme per esigere dall'amministrazione aggiudicatrice l'avvio di un procedimento siffatto, purché la modifica prevista non sia esclusa dalla normativa nazionale che traspone l'articolo 43, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva.
105. Di conseguenza, occorre rispondere alla seconda questione nella causa C‑728/22 e alla seconda questione nella causa C‑729/22 dichiarando che gli articoli 5 e 43 della direttiva 2014/23 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad un'interpretazione o ad un'applicazione di norme legislative interne, o a prassi applicative fondate su tali norme, tali da privare l'autorità aggiudicatrice del potere di avviare, su domanda di un concessionario, un procedimento amministrativo inteso a modificare le condizioni di esercizio della concessione in parola, qualora eventi imprevedibili e indipendenti dalla volontà delle parti incidano in modo significativo sul rischio operativo di tale concessione, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio della concessione stessa.
Sulla terza questione nella causa C‑728/22 e nella causa C‑729/22
106. Con la terza questione nella causa C‑728/22 e con la terza questione nella causa C‑729/22, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 2014/23, debba essere interpretata nel senso che essa osta a che una normativa nazionale possa prevedere, quale condizione preliminare per la partecipazione a qualsiasi procedura di riattribuzione di una concessione, l'adesione del concessionario de quo ad un regime di proroga di tale concessione, anche nel caso in cui sia esclusa la possibilità di rinegoziare le condizioni di esercizio di detta concessione a causa della sopravvenienza di un evento imprevedibile e indipendente dalla volontà delle parti.
107. A questo proposito, occorre ricordare che, ai sensi dell'articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura, qualsiasi domanda di pronuncia pregiudiziale deve contenere l'illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull'interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell'Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla causa principale, il che implica che la disposizione o le disposizioni da interpretare siano chiaramente identificabili.
108. Orbene, da un lato, nella formulazione della terza questione nella causa C‑728/22 e nella causa C‑729/22 il giudice del rinvio non ha preso in considerazione alcuna disposizione particolare della direttiva 89/665. Dall'altro, i chiarimenti forniti da detto giudice nelle domande di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi non permettono di identificare alcuna disposizione siffatta, e ciò a maggior ragione per il fatto che, come sottolineato dall'avvocata generale al paragrafo 94 delle sue conclusioni, la descrizione delle controversie di cui ai procedimenti principali non evidenzia che degli obblighi imposti da tale direttiva siano stati violati in virtù dell'adozione e della susseguente modifica del regime di proroga tecnica.
109. Di conseguenza, la terza questione nella causa C‑728/22 e la terza questione nella causa C‑729/22 devono essere dichiarate irricevibili.
Sulle questioni quarta, quinta e sesta nelle cause C‑728/22 e C‑729/22
110. Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione nella causa C‑728/22 e alla prima questione nella causa C‑729/22 e dato che, nelle controversie di cui ai procedimenti principali, le ricorrenti di tali procedimenti contestano delle modifiche che devono essere valutate alla luce della direttiva 2014/23, non occorre rispondere alle questioni quarta, quinta e sesta nelle cause C‑728/22 e C‑729/22.
Sulle spese
111. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M.
la Corte (Quinta Sezione) dichiara:
1) La direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, deve essere interpretata nel senso che essa è applicabile ratione temporis a dei contratti di concessione, ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva, i quali siano stati attribuiti prima dell'entrata in vigore della direttiva 2014/23, ma siano stati prorogati da disposizioni legislative che hanno posto a carico dei concessionari interessati, quale contropartita, in primo luogo, un obbligo di pagare un canone mensile, il cui importo è stato successivamente aumentato, in secondo luogo, un divieto di trasferimento dei loro locali e, in terzo luogo, un obbligo di accettare tali proroghe per essere autorizzati a partecipare a qualsiasi futura procedura di riattribuzione di dette concessioni, laddove dette disposizioni legislative siano esse stesse entrate in vigore dopo la data limite di trasposizione della direttiva 2014/23. In tale situazione, gli articoli 49 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi non sono applicabili.
2) L'articolo 43 della direttiva 2014/23, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che il legislatore nazionale possa prorogare unilateralmente, mediante disposizioni legislative entrate in vigore dopo la data limite per la trasposizione della direttiva 2014/23, la durata di concessioni di servizi e, in tale occasione, quale contropartita, in primo luogo, aumentare l'importo di un canone fissato forfettariamente e dovuto da tutti i concessionari interessati, indipendentemente dal loro fatturato, in secondo luogo, mantenere un divieto di trasferimento dei loro locali e, in terzo luogo, mantenere un obbligo di accettare tali proroghe al fine, per i concessionari suddetti, di essere autorizzati a partecipare a qualsiasi futura procedura di riattribuzione di tali concessioni, laddove tali modifiche, considerate congiuntamente, non soddisfino i presupposti per l'applicazione dell'articolo 43, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/23.
3) Gli articoli 5 e 43 della direttiva 2014/23 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad un'interpretazione o ad un'applicazione di norme legislative interne, o a prassi applicative fondate su tali norme, tali da privare l'autorità aggiudicatrice del potere di avviare, su domanda di un concessionario, un procedimento amministrativo inteso a modificare le condizioni di esercizio della concessione in parola, qualora eventi imprevedibili e indipendenti dalla volontà delle parti incidano in modo significativo sul rischio operativo di tale concessione, finché perdurino tali condizioni e per il tempo necessario per eventualmente ripristinare le condizioni originarie di esercizio della concessione stessa.