Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria
Sentenza 4 marzo 2025, n. 252

Presidente: Ungari - Estensore: Carrarelli

FATTO E DIRITTO

1. Con pec del 21 giugno 2024 l'odierna ricorrente inoltrava al Comune di Spoleto una istanza volta all'annullamento in autotutela, previa sospensione dell'efficacia, del permesso di costruire rilasciato in favore della Di Marco Costruzioni s.n.c. con riferimento ad un terreno confinante con la propria proprietà.

La ricorrente riferisce di un parallelo contenzioso in sede civile incardinato presso la Corte d'appello di Perugia, conclusosi con la sentenza del 18 aprile 2024, relativo ad una questione di violazione delle distanze nelle costruzioni da parte dell'odierna controinteressata nella realizzazione di garage.

1.1. In assenza di riscontro da parte dell'Amministrazione comunale, ritenuta la sussistenza dei presupposti per la formazione del silenzio-diniego rispetto alle richieste avanzate, l'odierna ricorrente ha agito per l'annullamento del silenzio formatosi ai sensi dell'art. 2, comma 1, l. n. 241 del 1990 e, contestualmente, per l'annullamento del silenzio-diniego, nonché per la condanna del Comune al risarcimento del danno.

1.2. La parte ricorrente ha articolato motivi in diritto per:

i) violazione degli artt. 2 l. n. 241 del 1990, 39 d.P.R. n. 380 del 2001 e 97 Cost.; eccesso di potere, carenza di presupposti, falsa applicazione, manifesta illogicità e violazione dei principi posti alla base del corretto esercizio della potestà amministrativa. Ad avviso di parte ricorrente sussisterebbe in capo all'Amministrazione l'obbligo di provvedere sull'istanza di annullamento in autotutela in ragione della particolarità della materia urbanistico-edilizia;

ii) violazione degli artt. 3 l. n. 241 del 1990 e 111 Cost.; eccesso di potere, errata applicazione carenza di motivazione e manifesta illogicità;

iii) sulla legittimità del ricorso per annullamento del silenzio-diniego.

La parte ricorrente ha, altresì, articolato domanda di condanna del Comune resistente al risarcimento del «danno per aver confidato ingiustamente nell'esercizio del potere amministrativo e, nelle more del presente ricorso, per la concessione del titolo abitativo su un immobile affetto da abuso edilizio».

2. Si è costituito il Comune di Spoleto evidenziando, in punto di fatto, che in data 11 novembre 2006 l'Amministrazione comunale rilasciava alla ditta Di Marco Costruzioni s.n.c., C. o d.C. Giuliana e P. Alberto il permesso di costruire n. 32241/2006 per la realizzazione di un fabbricato abitativo plurifamiliare sul lotto di terreno sito in Spoleto, viale Martiri della Resistenza, distinto al NCT al foglio n. 163 particelle n. 1754-1755-1756. Successivamente, in data 28 aprile 2011, veniva rilasciato alla ditta Di Marco Costruzioni s.n.c. un ulteriore permesso di costruire n. 63768, riferito allo stesso immobile e recante la dicitura "nuovo permesso per lavori non ultimati, variante e voltura al permesso di costruire n. 32242/2006". La difesa comunale ha rilevato la sussistenza di risalente un contenzioso, con plurime istanze negativamente riscontrate dall'Amministrazione comunale. In particolare, in data 15 settembre 2011, il sig. P. - figlio dell'odierna ricorrente e comproprietario dell'immobile - segnalava al Comune presunte difformità rispetto ai titoli edilizi commesse dalla ditta Di Marco Costruzioni. A seguito di attività ispettiva (di cui al verbale 2011 gennaio 55) il Comune accertava la conformità dei lavori in corso (nota prot. n. 55074/2011), come comunicato con nota prot. n. 40390/2011 al sig. P. Con istanza prot. n. 64032 del 2023, il sig. P. richiedeva al Comune di Spoleto annullamento in autotutela dei titoli rilasciati sulla base delle risultanze di una CTU effettuata nell'ambito di un giudizio civile pendente inter partes. L'istanza veniva negativamente riscontrata dal Comune, richiamando la legittimità dell'operato amministrativo, le note già inviate ed i provvedimenti dell'autorità giudiziaria.

L'istanza dell'odierna ricorrente reiterata l'istanza di annullamento in autotutela dei titoli edilizi sopra menzionati, già presentata a firma del medesimo legale nell'interesse del sig. P.

Evidenzia, altresì, la difesa comunale che avverso la menzionata sentenza della Corte d'appello di Perugia è stato proposto ricorso per cassazione dalla Di Marco Costruzioni.

Nel merito, la difesa resistente ha eccepito l'inammissibilità del ricorso stante la carenza di interesse in capo all'attuale ricorrente, in quanto la sua istanza ripresenta doglianze già espresse e conosciute, sui cui l'Amministrazione comunale si è già espressa. Argomentato circa l'infondatezza delle pretese attoree è stata, in particolare, evidenziata l'insussistenza nel caso in esame di un obbligo di provvedere in capo all'Amministrazione comunale. Le vicende civilistiche in corso tra i titolari del titolo edilizio in questione - ovvero Di Marco Costruzioni-P.-C. o d.C. - rivestono una rilevanza iure privatorum (vertendo in materia di distanza legali); l'odierna ricorrente ben avrebbe potuto promuovere l'impugnazione dei titoli oggi contestati, ma ciò non è mai avvenuto.

3. Alla camera di consiglio del 28 febbraio 2025, uditi per le parti i difensori come specificato a verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Può omettersi la disamina delle eccezioni in rito, non essendo il ricorso meritevole di accoglimento, per quanto di seguito esposto.

4.1. Occorre premettere all'esame dei singoli motivi, che il ricorso si presenta non conforme ai canoni di chiarezza e specificità di cui all'art. 40 c.p.a., difettando, in primo luogo, una chiara esposizione dei fatti. In particolare, dalla lettura degli scritti attorei non è neanche dato comprendere dalla lettura degli scritti attorei rispetto a quali titoli abilitativi è stato invocato il potere di annullamento in autotutela da parte dell'Amministrazione comunale.

Ciò posto, quanto al primo mezzo, va evidenziato che per costante orientamento giurisprudenziale - fatte salve ipotesi eccezionali che nel caso di specie non ricorrono - viene riconosciuta natura meramente sollecitatoria dell'istanza volta ad ottenere l'annullamento di un provvedimento. Difatti «in caso di presentazione di istanza di autotutela, l'Amministrazione non ha l'obbligo di pronunciarsi in maniera esplicita in quanto la relativa determinazione costituisce una manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa, di cui è titolare in via esclusiva l'amministrazione per la tutela dell'interesse pubblico; non è quindi configurabile un obbligo di provvedere a fronte di istanze di riesame di atti precedentemente emanati, conseguente alla natura officiosa e ampiamente discrezionale, soprattutto nell'an, del potere di autotutela ed al fatto che, rispetto all'esercizio di tale potere, il privato può avanzare solo mere sollecitazioni o segnalazioni prive di valore giuridicamente cogente (ex multis, C.d.S., Sez. V, 9 gennaio 2024, n. 301). In altri termini, l'ordinamento non riconosce, in via generale, un dovere giuridico in capo all'amministrazione di avviare il procedimento di autotutela, trattandosi di discrezionalità che cade sull'an dell'esercizio del potere, il cui ambito di rilevanza è sottratto anche al sindacato giurisdizionale afferendo alla sfera libera dei poteri dell'amministrazione. Il silenzio sulla istanza di autotutela, al di fuori dei casi in cui sussista un dovere codificato di provvedere, non equivale, dunque, a inadempimento e tale situazione neppure determina un vuoto di tutela costituzionalmente illegittimo (v. Corte cost., sent. n. 181/2017), soprattutto quando si tradurrebbe in un'inamm[i]ssibile rimessione in termini rispetto ad atti non tempestivamente impugnati, come nel caso di specie. Il privato può naturalmente sollecitarne l'esercizio, segnalando l'asserita illegittimità degli atti impositivi o di recupero, ma la segnalazione non trasforma il procedimento officioso e discrezionale in un procedimento ad istanza di parte da concludere con un provvedimento espresso» (C.d.S., Sez. IV, 21 maggio 2024, n. 4518; cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VII, 29 aprile 2024, n. 3855).

Pertanto, non sussistendo alcun obbligo per l'Amministrazione di pronunciarsi su un'istanza volta a ottenere un provvedimento in via di autotutela, non è coercibile dall'esterno l'attivazione del procedimento di riesame della legittimità dell'atto amministrativo mediante l'istituto del silenzio-rifiuto e lo strumento di tutela offerto ex art. 117 c.p.a. (C.d.S., Sez. IV, 9 marzo 2022, n. 1687; Sez. II, 19 ottobre 2023, n. 9094; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 17 giugno 2024, n. 3806).

Va, altresì, evidenziata l'inconferenza rispetto alla fattispecie che occupa di ogni richiamo all'art. 39 del d.P.R. n. 380 del 2001, trattandosi di un potere di annullamento espressamente riservato dalla legge alle sole Regioni.

4.2. Il secondo e terzo motivo possono essere trattati congiuntamente, in quanto volti a lamentare l'illegittimità del silenzio-diniego asseritamente formatosi per difetto di motivazione.

Non può essere condiviso l'assunto posto alla base delle censure attoree, atteso che i casi di silenzio-diniego, come particolare tipologia di silenzio significativo, sono tassativamente previsti dal legislatore, pacificamente insuscettibili di applicazione analogica e di interpretazione estensiva. Nel caso di specie, non ricorre alcuna previsione legale che attribuisca significato positivo o negativo all'inerzia dell'amministrazione rispetto alla domanda della ricorrente.

5. Per quanto esposto, la domanda avverso il silenzio deve essere respinta, disponendosi, per la discussione in udienza pubblica della domanda di risarcimento del danno, la conversione del rito ai sensi dell'art. 117, comma 6, c.p.a., e la fissazione, per il prosieguo della trattazione, dell'udienza pubblica del 23 settembre 2025.

6. Ogni statuizione sulle spese della presente fase è riservata alla sentenza definitiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima), non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

a) rigetta la domanda avverso il silenzio ex art. 117 c.p.a.;

b) visto l'art. 117, comma 6, c.p.a., dispone il mutamento del rito per la trattazione della domanda di risarcimento del danno formulata ai sensi dell'art. 30, comma 4, c.p.a.;

c) fissa per il prosieguo della trattazione del ricorso l'udienza pubblica del 23 settembre 2025.

Spese al definitivo.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.