Corte dei conti
Sezione I centrale d'appello
Sentenza 7 febbraio 2025, n. 12
Presidente: Lasalvia - Estensore: Galeffi
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in segreteria il 7 giugno 2024, M. Fabio Massimo, ufficiale della Guardia di finanza, ha chiesto la revocazione della sentenza n. 533/2021 del 21 dicembre 2021, emessa da questa Sezione.
Va premesso che con atto di citazione del 26 agosto 2015, la Procura regionale [della] Campania aveva contestato a M. Fabio Massimo un'ipotesi di danno erariale per complessivi euro 1.619.320,66 di cui euro 1.000.000,00 per danno patrimoniale diretto, valutato in via equitativa, derivante da mancato accertamento e riscossione di maggiori introiti tributari da recuperarsi a tassazione fiscale ed euro 619.320,66 discendente dal gravissimo disservizio arrecato al funzionamento dei raggruppamenti territoriali di Roma e Napoli della Guardia di finanza.
La sentenza della Sezione giurisdizionale regionale per la Campania n. 317/2019 del 29 agosto 2019 aveva condannato l'attuale ricorrente al risarcimento di euro 80.000 soltanto per la voce di danno da disservizio.
A seguito dell'appello interposto da M. Fabio Massimo, era stata emessa la sentenza di questa Sezione n. 343/2020 del 17 dicembre 2020, con la quale era stato rigettato il gravame.
M. Fabio Massimo proponeva quindi ricorso per revocazione della predetta sentenza n. 343/2020. Questa Sezione, con sentenza n. 533 del 21 dicembre 2021, dichiarava il ricorso inammissibile quanto al primo punto di revocazione, relativo ad errore di fatto revocatorio risultante dagli atti o documenti della causa (decisione fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità risulta incontrastabilmente esclusa), ed ammissibile quanto al secondo punto di revocazione, relativo ad errore di fatto revocatorio risultante dagli atti o documenti della causa, vertente sul contenuto della sentenza n. 317/2019 emessa dalla Sezione Campania, per essere la sentenza impugnata contraria ad altra avente tra le parti autorità di cosa giudicata. L'accoglimento del secondo motivo comportava la conseguente rideterminazione del danno in euro 17.777,77 (pari a 2/9 di 80.000), avendo il Giudicante ritenuto che la sentenza impugnata n. 343/2020 "pur confermando il quantum del provvedimento impugnato, ha valutato che le condotte responsabili abbracciassero un arco temporale maggiore di quello accertato, ponendosi pertanto in discontinuità con i contenuti dello stesso, non oggetto di gravame".
Successivamente, con atto del 7 giugno 2024, M. Fabio Massimo ha proposto ricorso per revocazione anche avverso la sentenza n. 533/2021 del 21 dicembre 2021, evidenziando che la pronuncia è intervenuta allorquando era ancora in corso il giudizio penale a seguito di appello proposto dallo stesso M. Fabio Massimo presso la Corte di appello penale di Napoli. Nel ricorso il M. ha innanzitutto premesso che, con sentenza n. 9928/23 dell'11 luglio 2023, divenuta definitiva il 27 maggio 2024, la Corte di appello di Napoli lo ha definitivamente assolto da tutti i reati contestati per non aver commesso i fatti.
Nella prospettazione difensiva, è stato messo in risalto che la Corte di appello di Napoli in data 20 dicembre 2022 ha disposto, su richiesta dei difensori di M., l'acquisizione degli atti del procedimento penale n. 28322/2014 R.G.N.R. presso il Tribunale di Torino, documentazione che è stata depositata a corredo del ricorso per revocazione, in quanto ritenuta di rilevante interesse probatorio e cronologicamente successiva alla sentenza di questa Sezione n. 533/2021 del 21 dicembre 2021 (qui impugnata), comprendente:
1) sentenza n. 824/18 emessa dal G.u.p. presso il Tribunale di Torino nell'ambito del procedimento penale n. 28322/14 R.G.N.R.;
2) sentenza emessa, ai sensi degli artt. 589, 599-bis e 605 c.p.p., dalla Corte di appello di Torino e passata in giudicato il 25 febbraio 2022 nell'ambito del procedimento di cui al punto che precede;
3) richiesta di misura cautelare avanzata dal P.M. presso il Tribunale di Torino nell'ambito del procedimento penale n. 28322/14 R.G.N.R.;
4) C.N.R. finale redatta in data 13 maggio 2016 dalla G.d.f. di Torino nell'ambito del procedimento penale n. 28322/14 R.G.N.R. ed informativa del 20 gennaio 2016 ad essa allegata;
5) verbale stenotipico dell'udienza del 3 ottobre 2017 dinanzi al G.u.p. di Torino nell'ambito del procedimento penale n. 28322/14 R.G.N.R.;
6) annotazione di P.G. del Nucleo [di] polizia tributaria di Torino relativamente alle attività di sequestro eseguite nei confronti di terzi per un valore di euro 1.105.487,04;
7) verbale di sequestro a carico di terzi e verbali di sommarie informazioni rese da terzi in data 8 giugno 2015 e 9 giugno 2015;
8) annotazione di P.G. del Nucleo speciale di polizia valutaria del 10 dicembre 2013;
9) C.N.R. del Nucleo di polizia tributaria [di] Roma del 19 giugno 2015 a carico degli amministratori di Gotha s.r.l.
Secondo il ricorrente, dall'acquisizione di tali ulteriori elementi:
- sarebbe emersa per tabulas la falsità delle prove che avevano determinato la condanna in primo grado, con conseguente necessità di "rivisitazione" di tutti i fatti e gli atti del giudizio contabile, in funzione della definitiva assoluzione in sede penale;
- sarebbe emersa la circostanza che l'attuale ricorrente è stato giudicato dalla Corte dei conti in base a prove riconosciute e/o comunque dichiarate false (con riferimento alla predetta sentenza n. 9928/23 dell'11 luglio 2023 della Corte di appello di Napoli, divenuta definitiva il 27 maggio 2024) e, quindi, in data successiva alla pubblicazione della sentenza n. 533/2021 del 21 dicembre 2021.
Il ricorrente ha affidato il gravame a unico complesso motivo di revocazione, ai sensi dell'art. 202, n. 1, lett. c) e d), del c.g.c., esponendo:
- che l'esame comparato della ulteriore e nuova documentazione di carattere probatorio ha fatto emergere da un lato la "spregiudicatezza criminale di questi soggetti" che accusavano l'attuale ricorrente e ancor più "la loro propensione a mentire" ed, infine, " la capacità altamente mistificatrice mostrata da entrambi i fratelli (P.) sia nella gestione delle loro attività economiche che delle loro vicende giudiziarie "e, dall'altro che le dichiarazioni accusatorie rese dai fratelli P. nei confronti del Colonello M." avevano costituito oggetto del mendacio" ed assumevano evidentemente, un contenuto con "un intento calunnioso" (pagg. 135-142 della sentenza penale di appello);
- che in tal modo, emergeva l'inconsistenza e la falsità delle dichiarazioni accusatorie dei P. (così come ricostruito dalla Corte di appello di Napoli nella sentenza di assoluzione) che si riflettevano anche sulla correttezza professionale ed operativa relativa alle attività di servizio sviluppate da M. e dai suoi militari nei confronti di P. e delle società riconducibili agli stessi;
- che dal contenuto della sentenza penale si evince, nella prospettazione del ricorrente, che gli accusatori avrebbero effettuato ricostruzioni non veritiere dei fatti (come per la presenza a Rivisondoli di M., non confermata dalle risultanze documentale dei C.C. e della Questura dell'Aquila) e gli accusatori stessi sarebbero stati ispirati da propositi di vendetta. Non ci sarebbe, inoltre, alcuna traccia documentale dei presunti prelievi mensili per formare la provvista di dazioni di denaro nei confronti di M.;
- che il materiale probatorio su cui si è basata la sentenza n. 533/2021, qui impugnata, sarebbe quindi il narrato dei fratelli P. e di D.S. Rosario che, alla luce della sentenza penale, è connotato da caratteri di falsità, infondatezza ed incongruenza (pag. 14 ricorso), oltre che di inattendibilità.
Ne deriverebbe, secondo la difesa del ricorrente, l'estraneità del ricorrente stesso ai fatti contestati in sede contabile.
Il ricorrente ha quindi chiesto la riforma della sentenza gravata e la revoca della condanna, con conseguente obbligo a carico dell'amministrazione di restituire la somma già versata, comprensiva degli interessi, concludendo nei seguenti termini:
1) riformare l'impugnata sentenza siccome manifestamente basata su prove riconosciute e/o comunque dichiarate false solo successivamente alla pubblicazione della sentenza n. 533/2021 come definitivamente statuito nella sentenza n. 9928 del 2023 della Corte di appello Penale di Napoli passata in giudicato in data 27 maggio 2024 e, per l'effetto, revocare ogni condanna pronunciata nei confronti del ricorrente col. M. Fabio Massimo;
2) accertata e dichiarata altresì la mancata esistenza di danno da disservizio, conseguentemente, in accoglimento del presente ricorso revocare la condanna emessa nei confronti del ricorrente M. Fabio Massimo e disporre la restituzione di tutte le somme già corrisposte dal predetto pari all'importo complessivo di euro 19.299,79 (precisamente in restituzione della somma versata con il bonifico eseguito in data 10 marzo 2022 di euro 19.187,53 e bollettino postale del 15 marzo 2022 di euro 112,26 entrambi con beneficiario Tesoreria centrale dello Stato causale sentenza Corte dei conti n. 533/21) oltre interessi dalla dazione dei predetti importi alla data di restituzione;
3) il tutto con vittoria di spese, diritti ed onorari, oltre spese generali al 15%, iva e c.p.a. come per legge con attribuzione al procuratore antistatario per tutti i gradi di giudizio.
Con successiva memoria del 5 settembre 2024, il ricorrente ha depositato copia della determinazione del 16 luglio 2024 con cui il Comandante generale della Guardia di finanza ha archiviato il procedimento disciplinare di stato all'epoca avviato nei suoi confronti e la determinazione del 24 luglio 2024 con cui il Comandante dei Reparti speciali ha proceduto a revocare ex tunc tutte le sospensioni precauzionali dall'impiego, a titolo obbligatorio e facoltativo, che furono disposte a carico dello stesso (precisamente i decreti del Ministro dell'economia e delle finanze dell'11 marzo 2015 e dell'8 ottobre 2019 e le determinazioni del Comandante regionale [della] Toscana del 18 giugno 2014 e del 19 giugno 2019).
La Procura generale non ha depositato conclusioni scritte.
All'odierna udienza del 6 dicembre 2024, la difesa di parte appellante ha insistito per l'accoglimento delle conclusioni, come rassegnate in atti.
La Procura generale, costituitasi oralmente all'odierna udienza, ha evidenziato che l'eventuale riforma della sentenza impugnata per revocazione rappresenta uno strumento straordinario che il ricorrente ha basato sulle lett. c) e d) dell'art. 202, comma 1, del c.g.c. In particolare, la predetta lett. c) richiama il profilo delle prove false, mentre la lett. d) riguarda i nuovi documenti decisivi rinvenuti successivamente alla pronuncia impugnata. Secondo la P.G., la proposizione del ricorso per revocazione ai sensi della predetta lett. d) è subordinata al rispetto di un termine di sessanta giorni dal rinvenimento dei nuovi documenti ritenuti decisivi, e tale termine non sarebbe stato rispettato con riferimento alla sentenza emessa dalla Corte di appello di Torino e passata in giudicato il 25 febbraio 2022. In ordine al punto c) dell'art. 202, la P.G., pur rilevando che non sarebbe sopravvenuta un'attestazione di falsità degli atti, ha osservato che l'oggettiva ricostruzione dei fatti in contestazione era stata basata, prima dell'attuale ricorso per revocazione, sul compendio probatorio e documentale della sentenza penale di primo grado, sotto il profilo di una condotta che avrebbe malgovernato o ritardato l'azione di accertamento dei tributi ad opera dell'attuale ricorrente, con conseguente addebito di una responsabilità per disservizio. La P.G. ha rilevato pertanto che, in considerazione della peculiarità della questione, la mancata veridicità delle dichiarazioni acquisite in sede penale e la sostanziale non rinvenibilità di un danno da disservizio possono essere valutate in questa sede contabile ai fini di una eventuale fondatezza della domanda.
Al termine della discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il ricorso all'odierno esame, M. Fabio Massimo ha chiesto la revocazione della sentenza della Prima sezione giurisdizionale centrale d'appello n. 533/2021 del 21 dicembre 2021, a seguito della sentenza della Corte penale d'appello di Napoli che lo ha definitivamente assolto dai reati ascrittigli in contestazione con la formula "per non aver commesso i fatti".
Va vagliata in primo luogo l'ammissibilità del rimedio revocatorio nel caso di specie.
Si osserva preliminarmente che, ai sensi dell'art. 202 c.g.c., le decisioni della Corte dei conti possono essere impugnate per revocazione allorché:
a) sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra;
b) la sentenza è effetto del dolo del giudice accertato con sentenza passata in giudicato;
c) si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza;
d) dopo la sentenza siano stati rinvenuti uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario;
e) per l'esame di altri conti o per altro modo si sia riconosciuta omissione o doppio impiego ovvero errore di calcolo;
f) la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa; l'errore di fatto ricorre quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare;
g) la sentenza è contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata purché la stessa non abbia pronunciato sulla relativa eccezione.
La revocazione è uno strumento ordinario di impugnazione nelle ipotesi di cui alle lett. f) e g), mentre nelle restanti ipotesi è uno strumento straordinario; in questi ultimi casi, le sentenze per le quali è scaduto il termine per l'appello possono essere impugnate per revocazione purché la scoperta del dolo o della falsità, o il recupero dei documenti o la pronuncia della sentenza siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto.
L'impugnazione per revocazione ha carattere non devolutivo, in quanto la cognizione del giudice chiamato a decidere non attiene alla totalità delle questioni sottoposte al giudice di provenienza; ha critica vincolata, in quanto sono posti limiti di ammissibilità ai motivi di motivi di ricorso; ha finalità rescissoria, in quanto la nuova pronuncia sostituisce la precedente decisione.
Ai sensi dell'art. 178 c.g.c., il termine per proporre la revocazione è di sessanta giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza, o di un anno dalla pubblicazione della sentenza.
Nei casi di revocazione straordinaria, il termine per impugnare decorre dal giorno in cui sono stati scoperti il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento, o sono stati riconosciuti l'omissione o il doppio impiego ovvero è passata in giudicato la sentenza di cui all'art. 202, comma 1, lett. b).
L'attuale ricorrente ha chiesto la revocazione della sentenza impugnata invocando le lett. c) e d).
Trattasi quindi di rimedio straordinario, in cui rileva il termine di sessanta giorni dalla scoperta dell'evento che può dar luogo alla revocazione.
La Procura generale ha osservato che l'evocazione della lett. d) non sarebbe utile ai fini della revocazione, in quanto la sentenza cui far riferimento non sarebbe quella della Corte di appello di Napoli n. 9928/23 dell'11 luglio 2023, divenuta definitiva il 27 maggio 2024, ma altra precedente sentenza della Corte di appello di Torino divenuta definitiva il 25 febbraio 2022 (doc. elencato al n. 2 nell'elenco riportato a pag. 10 del ricorso per revocazione e allegato per estratto sub 8 al ricorso stesso).
Ritiene il Collegio che quest'ultima sentenza, che costituirebbe in ipotesi un presupposto della prima, non è comunque quella cui far riferimento, in quanto riguarda ipotesi delittuose e vicende nelle quali l'attuale ricorrente non era parte, mentre ne erano parti altri soggetti che avevano sollevato accuse nei confronti del M. Fabio Massimo. Pertanto, pur potendo la richiamata sentenza costituire un precedente per giungere poi all'assoluzione di M., il passaggio che può essere ritenuto significativo ai fini della definizione penale per M. è costituito essenzialmente dalla sentenza della Corte di appello di Napoli, che, all'esito dell'impugnazione e dopo aver vagliato la posizione dell'imputato, ne ha disposto l'assoluzione da tutti i reati ascrittigli.
Ne deriva che il profilo di inammissibilità formulato dalla Procura generale, relativamente al punto d) dell'art. 202, è privo di fondamento, in quanto il termine di sessanta giorni cui far riferimento è quello che decorre dal 27 maggio 2024 (data di passaggio in giudicato della sentenza della Corte di appello di Napoli), rispetto alla data di proposizione del ricorso del 7 giugno 2024.
Mediante il motivo di revocazione sub d) dell'art. 202, il ricorrente intende far valere il rinvenimento di un documento decisivo che non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario. La mancata produzione del documento non è derivata da fatto dall'avversario, ma è sorta in seguito ad un effetto indotto dalla sequenza cronologica degli atti, in quanto la sentenza di assoluzione penale è stata pronunciata ed è passata in giudicato in un momento (24 maggio 2024) successivo al momento della pronuncia della sentenza impugnata (21 dicembre 2021).
Va rilevato che il termine di sessanta giorni dal rinvenimento del documento, stabilito dall'art. 178, comma 2, del c.g.c., ai fini dell'ammissibilità, è stato rispettato.
La parte ricorrente ha richiamato anche la lett. c) dell'art. 202, presupponendo che le dichiarazioni accusatorie sarebbero state oggetto di mendacio con un connesso contenuto diffamatorio, oltre che calunnioso (pagg. 135 e 142 della sentenza penale), e che il materiale documentale e probatorio utilizzato, sia in sede penale che in sede contabile, sia stato connotato da caratteri di falsità, infondatezza ed incongruenza, oltre che di inattendibilità.
La giurisprudenza al riguardo tende a circoscrivere l'effetto del documento falso soltanto al caso in cui la decisione impugnata sia stata assunta sulla base di prove "legittimamente e ritualmente riconosciute o dichiarate false": la prova falsa che consente la proponibilità dell'impugnazione per revocazione di cui all'art. 395, n. 2, c.p.c. [corrispondente alla lett. c) dell'art. 202] è quella che sia stata dichiarata tale con sentenza passata in giudicato (Cass. civ., n. 1590/2020 e n. 28653/2017; C.d.S., Sez. V, n. 6461/2020). Vi è tuttavia spazio per il caso in cui la falsità della prova sia stata riconosciuta dalla stessa parte a cui vantaggio la prova è stata utilizzata dal Giudice (C.G.A.R.S., n. 807/2023; C.d.S., Sez. V, n. 6461/2020 citata; Cass., n. 1590/2020, citata; Cass., Sez. II, n. 7576/1994; Cass., Sez. III, n. 3863/1992).
La giurisprudenza contabile ha già esaminato un caso simile, pervenendo all'ammissibilità della revocazione, ove - sulla base di un'attività di un terzo percettore di contributi pubblici che aveva tratto in errore i funzionari della Regione - è stato riconosciuto che il presupposto su cui fondava la sentenza gravata era rappresentato dalla sussistenza di un fatto ideologicamente falso. La ricostruzione dei fatti operata nella sentenza penale di primo grado e, di riflesso, quella effettuata dalla sentenza gravata si era quindi compiuta sulla base di una ricostruzione fattuale non rispondente al vero, e la sentenza gravata si era formata sul presupposto della commissione di una condotta ideologicamente falsa, poi disconosciuta dalla sentenza penale del giudice d'appello. È stata quindi riconosciuta la fondatezza dell'istanza rescindente formulata dal ricorrente, oltre che della richiesta rescissoria, in quanto il quadro fattuale che risultava all'esito del giudizio penale di condanna non aveva consentito al Giudicante di addivenire ad un accertamento della responsabilità amministrativa per danno erariale, all'interno della ricostruzione della dinamica dei fatti, operata nel giudicato penale, in assenza di ulteriori e autonomi elementi istruttori, che la Procura non aveva fornito, "non risultando profili di illegittimità dell'azione amministrativa che possano essere causativi di un danno erariale" (Corte conti, Sez. III app., sent. n. 2/2024).
Al riguardo, vanno considerate le dichiarazioni rese in udienza dal P.M., il quale ha riconosciuto che, ai fini della condanna contabile conseguita dall'attuale ricorrente, i fatti che sinora sono stati considerati costitutivi della responsabilità erariale non sono veridici, in funzione della sopravvenuta sentenza penale di assoluzione.
In ordine al carattere di non veridicità e di inattendibilità delle accuse mosse in sede penale all'attuale ricorrente, tali da condurre all'assoluzione per non aver commesso i fatti, si possono richiamare alcuni passaggi della corposa sentenza penale, che si riportano qui di seguito:
"ben altri sono gli aspetti critici della dichiarazione del chiamante in reità che si andranno ad evidenziare nella presente trattazione e che danno conto una sua illogicità, tale da ingenerare il forte sospetto che la ricostruzione dei fatti offerta non sia del tutto veritiera e da rendere, di conseguenza, particolarmente difficoltosa l'utilizzazione pur frazionata del propalato, stante la imprescindibile connessione tra le parti sospette del narrato e quelle maggiormente lineari, se non altro perché parzialmente riscontrate" (pag. 133);
"appare, dunque, censurabile la valutazione del Tribunale sulla attendibilità di P. Giovanni legata al falso presupposto che questi avrebbe sempre negato un rapporto diretto con M.; ma ancora più censurabile appare la non rilevata illogicità della complessiva dichiarazione resa che, peraltro, rimane priva, a ben vedere, di seri riscontri esterni ed individualizzanti, potendo le circostanze emerse nel corso dell'attività investigativa risultare suscettibili di una plausibile ricostruzione alternativa favorevole all'imputato e, comunque, apprendo tali da ingenerare il dubbio sulla sua effettiva colpevolezza" (pag. 137).
Il Giudice penale ha quindi proceduto al disconoscimento del materiale probatorio posto a carico dell'imputato, pronunciando la sua assoluzione per non aver commesso i fatti.
La circostanza che la sentenza di assoluzione penale in via definitiva sia venuta ad esistenza in un momento successivo alla pronuncia della sentenza della Corte dei conti introduce il tema della concorrenza tra le due giurisdizioni e degli effetti che la giurisdizione penale esercita sulla giurisdizione contabile.
Nel caso di specie è indubbio che il Requirente si sia avvalso del materiale probatorio e documentale raccolto in sede penale per formulare e sostenere le sue contestazioni e che il Giudice contabile abbia fondato la propria pronuncia su una domanda giudiziale del Requirente basata sul materiale stesso.
È da notare che la circostanza che il materiale probatorio formato in sede penale sia stato attinto dal Requirente contabile per sostenere le proprie contestazioni e i propri assunti, rende pur sempre autonome le valutazioni del Giudice contabile di merito in ordine alle condotte contestate al convenuto, laddove le stesse presentino contenuti propri, disancorati dalla qualificazione penale dei fatti; in tal modo gli atti formati in sede penale divengono atti del giudizio contabile, la cui valutazione è di esclusiva pertinenza del Collegio giudicante (Corte conti, Sez. riun., ord. n. 1/2017).
L'opzione ermeneutica adottata dalla Corte dei conti si svolge, dunque, secondo il chiaro criterio di autonomia tra accertamenti compiuti in sede penale e accertamenti compiuti in sede contabile, ove la materialità dei fatti può essere valutata in modo diverso, senza che vi sia alcun vulnus a carico dei soggetti chiamati in giudizio dinanzi al Giudice contabile.
Le (autonome) valutazioni compiute dal Giudice penale riguardano la rilevanza penale delle condotte per le quali si procede in quella sede, mentre le (altrettanto autonome) valutazioni del Giudice contabile riguardano le condotte illecite sotto il profilo del danno erariale.
Non vi è dubbio che possano esservi dei casi in cui:
a) residui una non completa sovrapposizione tra rilievo penale e rilievo contabile rispetto alle condotte commissive o omissive poste in essere dal soggetto convenuto nel giudizio contabile;
b) vi sia una completa identità dei fatti materiali posti a fondamento dell'azione penale e dell'azione contabile, tanto da far supporre una sovrapposizione tra fatti valutati in sede penale e fatti valutati in sede contabile.
Ferma restando l'autonomia delle due giurisdizioni, penale e contabile, in funzione di uno specifico apprezzamento dei fatti dedotti in giudizio, il Collegio rileva che, nel caso di specie, vi è stata una completa assoluzione in sede penale per non aver commesso i fatti (pag. 180 sentenza Corte di appello di Napoli n. 9928/23 dell'11 luglio 2023), e nel contempo non residuano elementi che - sia pure non rilevanti sotto il profilo penalistico, che presuppone una violazione tipizzata di una norma, connotata da dolo o da colpa - depongono in sede contabile per un'affermazione di responsabilità.
Si tratta quindi di un apprezzamento compiuto in sede contabile che supera l'esito dell'autonomo procedimento penale.
Nel caso di specie, in funzione di una totale sovrapposizione tra condotte aventi rilievo penale e condotte produttive di danno erariale, sulla base del compendio probatorio e documentale su cui è stata basata la contestazione del danno erariale fatto valere dal Requirente, il Collegio ritiene che la materialità dei fatti in contestazione non possa dirsi realizzata.
In fase rescindente, le censure svolte dal ricorrente sono quindi ammissibili e fondate.
Per quanto attiene la fase rescissoria, ritiene questo Collegio che, sulla base delle considerazioni che precedono, i motivi che sostengono il ricorso per revocazione sono fondati - in quanto non residuano elementi che possano condurre ad un'affermazione di responsabilità erariale - con conseguente annullamento della sentenza gravata e obbligo di restituzione della somma versata all'amministrazione da parte del ricorrente, con gli interessi legali dal momento della domanda giudiziale al soddisfo.
Alla luce di quanto sopra, e restando assorbita ogni altra questione, il ricorso per revocazione deve essere accolto e, con esso, in riforma della sentenza gravata, l'appello già proposto dinanzi a questa Sezione deve essere accolto, e per l'effetto deve essere rigettata la richiesta di risarcimento del danno formulata dalla Procura.
Le spese, considerata la assoluta novità della questione trattata, possono essere compensate.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione prima giurisdizionale centrale d'appello, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso per revocazione della sentenza di questa Sezione n. 533 del 21 dicembre 2021 proposto da M. Fabio Massimo ed iscritto al n. 61576 del registro generale e, per l'effetto, in riforma della predetta sentenza, accoglie l'appello avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale regionale per la Campania n. 317/2019 del 29 agosto 2019 e rigetta la domanda di risarcimento del danno formulata dalla Procura. Dispone altresì la restituzione della somma già versata da parte del ricorrente per effetto della condanna annullata con il presente provvedimento, con gli interessi legali dal momento della domanda giudiziale al soddisfo. Spese compensate.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.