Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
Sezione II
Sentenza 13 gennaio 2025, n. 55
Presidente: Flaim - Estensore: Garbari
Il ricorrente è proprietario di un'unità immobiliare articolata su due piani fuori terra ubicata all'interno di un edificio sito nel centro del comune di Verona, in via Sottoriva. Si tratta di un immobile di origine pre-ottocentesca, ristrutturato e sopraelevato negli anni '60 del secolo scorso, soggetto ad un vincolo monumentale indiretto ex art. 45 del d.lgs. n. 42/2004 imposto con d.m. 7 marzo 1966 (Dichiarazione di notevole interesse pubblico di una zona sita nel Comune di Verona - c.d. "entro le mura magistrali cittadine") e ricadente in area soggetta a vincolo paesaggistico-ambientale ai sensi della parte III del medesimo decreto legislativo.
Intendendo ristrutturare la sua proprietà, l'esponente ha presentato al Comune istanza di autorizzazione paesaggistico-ambientale ai sensi dell'art. 146 del d.lgs. 42/2004 e del d.P.R. 31/2017 al fine di realizzare un intervento che prevede, in corrispondenza del fronte laterale, la riapertura di due finestre tamponate al piano terra ed una, ugualmente tamponata, al primo piano, l'apertura a piano terra di una finestra in corrispondenza di un varco tamponato, l'installazione di una canna fumaria esterna, nonché la realizzazione, in corrispondenza del fronte principale, di un nuovo accesso carraio alla retrostante autorimessa, in sostituzione e con allargamento di quello pedonale attuale, con dimensioni e contorni analoghi a quello già esistente al piano terra della medesima facciata. L'intervento è stato proposto con il consenso dei condomini e all'istanza è stato allegato il nulla osta della Soprintendenza in ordine alla compatibilità con il vincolo monumentale indiretto.
Espone il ricorrente che con un primo provvedimento assunto in data 7 ottobre 2024, in conformità al parere negativo espresso dalla Commissione locale per il paesaggio in seduta congiunta con la Soprintendenza, il Comune ha disposto la chiusura negativa del procedimento per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica.
Il parere negativo, richiamato nel provvedimento finale sfavorevole, è così motivato: «Le integrazioni pervenute non superano i motivi ostativi in quanto la relazione allegata attiene ad un sistema vincolistico di altra natura. L'autorizzazione rilasciata ai sensi dell'art. 45 del codice dei Beni Culturali (d.lgs. 42/2004) fa infatti riferimento alla tutela della prospettiva degli immobili citati nel decreto di tutela, così come la relazione allegata. L'intervento proposto, valutato in questa sede dal punto di vista paesaggistico, altera in modo significativo una tipologia abitativa tipica di via Sottoriva della quale oggi rimangono solo poche tracce. Il D.M. 07 marzo 1966 tutela in modo specifico "una unità inscindibile nella composizione urbanistica di Verona, forma di per sé un insieme di cose immobili di valore estetico e tradizionale, nonché un quadro naturale di particolare bellezza". Per questo motivo l'intervento proposto si inserisce in un contesto paesaggistico delicato, andando a snaturare la composizione architettonica del fronte urbano direttamente affacciante sulla via pubblica. L'ingresso carraio, in questo caso, non può considerarsi un elemento che si integra nel prospetto dell'edificio né può considerarsi un elemento tipico della via in questione e la tavola allegata della Commissione d'Ornato attesta un fronte architettonico ben consolidato nel contesto paesaggistico di riferimento».
L'esponente ha presentato una seconda istanza, datata 28 ottobre 2024, con cui ha chiesto all'amministrazione il riesame del provvedimento negativo anche rispetto alle ulteriori modifiche prospettiche proposte.
A seguito e in conformità al nuovo parere espresso dalla Commissione locale del paesaggio in seduta congiunta con la Soprintendenza, il dirigente comunale ha rilasciato l'autorizzazione paesaggistica semplificata, chiarendo che il progetto "non reca pregiudizio alla tutela dell'ambiente e risulta compatibile con i valori storico architettonici e paesaggistico ambientali tutelati dal vincolo vigente" e prescrivendo "tuttavia, al fine di un più armonioso inserimento delle nuove opere nel paesaggio (...) che non venga realizzato il portone in Via Sottoriva".
Con il gravame in epigrafe il ricorrente impugna sia il primo provvedimento di archiviazione, ancorché in via cautelativa, ritenendolo sostituito dal secondo, sia la prescrizione recata dall'autorizzazione paesaggistica semplificata.
Ne denuncia l'illegittimità per eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria, della carenza di motivazione, del travisamento dei fatti ed errore.
In particolare evidenzia che la motivazione della prescrizione da ultimo imposta dall'amministrazione è del tutto insufficiente, in quanto reca solo il riferimento al presupposto parere, il quale a sua volta fa riferimento alla finalità "di un più armonioso inserimento delle nuove opere nel paesaggio"; essa inoltre è viziata da manifesta irragionevolezza oltre che da evidente travisamento della realtà di fatto e di quella progettuale, e non si basa su alcuna valutazione tecnica delle caratteristiche dell'edificio o del portone progettato. Anche il primo provvedimento è sorretto da una motivazione solo apparente e viziata da difetto dei presupposti. La nuova apertura per dimensioni, forma e finitura si propone come modifica coerente e in armonia con le forme tradizionali dell'edificio, consistendo solo in un allargamento di una porta già esistente ed è analoga a quella presente sullo stesso fronte del fabbricato. La medesima via Sottoriva, inoltre, si caratterizza per la molteplicità di portoni carrai, anche in edifici di maggior pregio storico-tradizionale. Il confronto con la tavola di progetto della Commissione d'Ornato risalente ai primi dell'800 poi è inconferente, perché tale documento riproduce un fabbricato completamente diverso da quello attuale.
Si è costituito per resistere al ricorso l'intimato Comune di Verona.
La causa è stata chiamata alla camera di consiglio del 9 gennaio 2025 ai fini dello scrutinio dell'istanza cautelare e, a seguito dell'avviso dato dal Presidente alle parti in merito alla possibilità di una definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata a termini dell'art. 60 del codice di rito, sussistendone tutti i presupposti, è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è fondato.
Il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica costituisce esercizio di un'ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l'applicazione di cognizioni tecnico-scientifiche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari caratterizzati da ampi margini di opinabilità, ma non per questo risulta sottratto al sindacato giurisdizionale in ipotesi di illogicità manifesta, di difetto di motivazione, ovvero di conclamato errore di fatto (ex multis, C.d.S., Sez. IV, 5 settembre 2024, n. 7431).
Secondo un consolidato orientamento interpretativo «il giudizio paesaggistico consta di un apprezzamento comparativo che nasce dal confronto dei contenuti del vincolo con tutte le circostanze di fatto relative all'intervento e al suo inserimento nel contesto circostante, in modo che la conferma o l'esclusione della compatibilità delle opere con i valori tutelati costituisca il frutto di un giudizio condotto sulla base di rilievi puntuali; il diniego dell'assenso paesaggistico non può, pertanto, fondarsi sul generico richiamo all'esistenza del vincolo, né su valutazioni apodittiche e stereotipate, ma deve rispondere a un modello che contempli la descrizione dell'edificio e del suo contesto, e che sia volto a stabilire se il rapporto tra l'uno e l'altro possa considerarsi armonico, esplicitando, se del caso, le effettive ragioni del contrasto e delle disarmonie eventualmente ravvisati (cfr. T.A.R. Toscana, Sez. III, 10 febbraio 2021, n. 229).
È stato precisato, inoltre, che il giudizio di incompatibilità paesaggistica (comportante il diniego di autorizzazione paesaggistica) deve essere il risultato del confronto tra le singole caratteristiche del progetto e quelle dell'area di riferimento, e non tra il progetto nel suo complesso e la norma di tutela astrattamente considerata, la quale si riferisce all'intero ambito territoriale vincolato; vige infatti il principio del dissenso costruttivo, secondo cui vi è l'obbligo delle Amministrazioni coinvolte di collaborare lealmente con la parte privata per consentirle di apportare al progetto le modifiche necessarie a renderlo compatibile con i valori paesistici tutelati dal vincolo (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-quater, 29 ottobre 2021, n. 11092; T.A.R. Toscana, Sez. III, 16 dicembre 2020, n. 1657).
Invero, posto che qualsiasi nuova opera è suscettibile di generare un impatto visivo sul paesaggio circostante, ovvero una sua "alterazione", il diniego dell'autorizzazione paesaggistica deve contenere una sufficiente esternazione delle peculiari ragioni per le quali si ritiene che un'opera non sia idonea a inserirsi nell'ambiente, attraverso l'esame delle sue caratteristiche concrete e l'analitica individuazione degli elementi di contrasto con il vincolo da tutelare (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. II, 15 gennaio 2020, n. 42)» (T.A.R. Liguria, Sez. I, 7 giugno 2022, n. 442).
Il provvedimento di diniego dell'autorizzazione paesaggistica, quindi, deve essere sorretto da un'adeguata motivazione, che ne specifichi le ragioni, esplicitando i profili di contrasto tra le opere da realizzare e le ragioni di tutela dell'area interessata.
Come evidenziato dal Consiglio di Stato, nello specifico settore delle autorizzazioni paesaggistiche «la motivazione può ritenersi adeguata quando risponde a un modello che contempli, in modo dettagliato, la descrizione: I) dell'edificio mediante indicazione delle dimensioni, delle forme, dei colori e dei materiali impiegati; II) del contesto paesaggistico in cui esso si colloca, anche mediante l'indicazione di eventuali altri immobili esistenti, della loro posizione e dimensioni; III) del rapporto tra edificio e contesto, anche mediante l'indicazione dell'impatto visivo al fine di stabilire se esso si inserisca in maniera armonica nel paesaggio (cfr. C.d.S., Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4899, e 11 settembre 2013, n. 4481, cui il Collegio aderisce). Sempre secondo la giurisprudenza amministrativa consolidata (C.d.S., Ad. plen., 14 dicembre 2001, n. 9 e, più di recente, ex multis, C.d.S., Sez. VI, n. 300/2012), l'eventuale annullamento del nulla osta paesaggistico comunale, da parte della Soprintendenza, risulta riferibile a qualsiasi vizio di legittimità, riscontrato nella valutazione formulata in concreto dall'ente territoriale, ivi compreso l'eccesso di potere in ogni sua figura sintomatica (sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta). L'unico limite che la Soprintendenza competente incontra in tema di annullamento dell'autorizzazione paesaggistica è costituito dal divieto di effettuare "un riesame complessivo delle valutazioni compiute dall'ente competente tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell'autorizzazione" (C.d.S., Ad. plen., n. 9/2001; cfr. anche C.d.S., Sez. VI, 14 agosto 2012, n. 4562)» (C.d.S., Sez. VI, 20 marzo 2018, n. 1799).
Nel rispetto delle illustrate coordinate ermeneutiche i provvedimenti impugnati non superano il vaglio di legittimità rimesso a questo T.A.R.
La coerenza delle valutazioni espresse dall'amministrazione deve essere parametrata alla situazione di fatto.
Né la prescrizione impugnata né il precedente provvedimento negativo giustificano perché la realizzazione del portone su via Sottoriva renderebbe meno "armoniosi" gli interventi previsti su altre parti dell'immobile, inoltre non considerano le caratteristiche dell'edificio (che già presenta al piano terra un accesso carraio), né il contesto (la strada in questione presenta numerosissime autorimesse con accesso dal piano terra, come documentato fotograficamente dal ricorrente), né infine chiariscono quali sono gli elementi di contrasto con i valori da tutelare.
La nuova opera, per contro, sembra riportare una simmetria nella facciata, perché introduce, in corrispondenza del piano terra, un'omogeneità delle due porzioni di edificio fronte strada, tramite la previsione - in entrambe - di un accesso pedonale e di un accesso carraio di identiche caratteristiche costruttive.
Come dedotto nel ricorso il primo provvedimento negativo, poi, è fondato sul fatto che la realizzazione del passo carraio non si integrerebbe nel prospetto dell'edificio perché non tipico della via in questione e perché "la tavola allegata della Commissione d'Ornato attesta un fronte architettonico ben consolidato nel contesto paesaggistico di riferimento".
Invero, come ben evidenziato sia dal raffronto delle tavole raffiguranti l'edificio pre e post intervento sia dalla documentazione del contesto, il passo carraio progettato è identico a quello già esistente sullo stesso fronte del fabbricato e in molti altri edifici collocati sulla medesima via. Inoltre la Tavola di progetto della Commissione d'Ornato risale ai primi del 1800 e raffigura un edificio diverso per conformazione volumetrica e aspetto da quello attuale sul quale è proposto l'intervento.
Per le esposte considerazioni il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente pronuncia di annullamento degli atti impugnati. Le spese di lite vanno poste a carico del Comune soccombente, nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento, comunicato in data 7 ottobre 2024, di chiusura negativa del procedimento per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica e la prescrizione apposta all'autorizzazione paesaggistica emessa in forma semplificata in data 14 novembre 2024.
Condanna il Comune di Verona a rifondere al ricorrente le spese di lite, che liquida in 1.500,00 (millecinquecento/00) euro, oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.