Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 8 ottobre 2024, n. 8092

Presidente: Lopilato - Estensore: Martino

FATTO E DIRITTO

1. Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado ed i successivi ricorsi per motivi aggiunti la società odierna appellante impugnava una serie di atti dell'Amministrazione comunale di Garbagnate Milanese con i quali era stata rigettata la richiesta di variante al permesso di costruire convenzionato n. 15/2018 presentata dalla ricorrente in relazione ad un trasferimento di diritti edificatori.

1.1. Il diniego era stato opposto dall'Amministrazione sulla base della ritenuta inidoneità delle aree individuate a costituire punti di "decollo" e "atterraggio" della capacità edificatoria necessaria per la variante al permesso convenzionato.

2. Il ricorso e i motivi aggiunti di primo grado sono stati dichiarati inammissibili dal T.A.R., con compensazione delle spese di lite.

2.1. Nello specifico, il primo giudice, sulla base di articolate argomentazioni, ha ritenuto la carenza di ius postulandi in capo ai difensori della società, in ragione della mancanza di una valida procura speciale.

3. La società, rimasta soccombente, ha impugnato la sentenza sulla base dei seguenti motivi.

I) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 40, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 104 del 2010, dell'art. 39 del medesimo decreto e dell'art. 182, comma 2, c.p.c.

Secondo l'appellante, l'attuale formulazione dell'art. 40 d.lgs. 104/2014 non ricollegherebbe in alcun modo al difetto della procura [lett. g)] la sanzione dell'inammissibilità del ricorso.

Quest'ultima riguarderebbe soltanto la mancata specificazione dei motivi sui quali si regge il ricorso proposto.

Il T.A.R. avrebbe quindi dovuto consentire la regolarizzazione/integrazione della procura alle liti, sulla base del combinato disposto dell'art. 39, comma 1, del c.p.a. e dell'art. 182, comma 2, c.p.c.

L'appellante sottolinea, al riguardo, che il processo amministrativo non ha struttura esclusivamente impugnatoria, essendo prevista e disciplinata anche l'azione di condanna (art. 30 del c.p.a.).

Inoltre, il fatto che il processo amministrativo preveda termini decadenziali per la notifica del ricorso, non sarebbe sufficiente a conferirgli una funziona peculiare rispetto al processo civile.

In tal senso, l'appellante richiama i giudizi relativi all'impugnazione delle delibere assembleari ex art. 1337 c.c., ovvero dei provvedimenti di licenziamento, ex art. 414 c.p.c., ai quali l'art. 182, comma 2, c.p.c., è ritenuto pacificamente applicabile.

In ogni caso, quando il legislatore ha voluto espressamente collegare al difetto della procura la sanzione dell'inammissibilità, lo ha fatto in maniera chiara ed inequivocabile.

È il caso, ad esempio, dell'art. 365 c.p.c. relativo alla sottoscrizione del ricorso per cassazione, da parte di un avvocato iscritto nell'apposito albo, munito di procura speciale, prevista "a pena di inammissibilità".

L'appellante richiama inoltre giurisprudenza di questo Consiglio in merito all'applicabilità al processo amministrativo dell'art. 182, comma 2, c.p.c., (sentenze nn. 1178 del 2018 e 2606 del 2018; in precedenza, n. 1331 del 2016).

II) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 77 e 83 c.p.c. nonché degli artt. 1362 e ss. c.c.

Non sarebbe poi corretta la conclusione del T.A.R. secondo cui la procura esibita in atti sarebbe stata limitata (quale procura generale) alla trattazione (quale difensore) delle sole liti (attive e/o passive) che coinvolgano la società Milano Costruzioni.

Tale procura spiegherebbe i suoi effetti anche quale vera e propria rappresentanza sostanziale ex art. 77 c.p.c.

In base alla procura, l'avvocato M. potrebbe infatti ben disporre della res litigiosa anche in quelle ipotesi, previste formalmente dal codice di rito (vedi artt. 185 e 420 c.p.c.) per le quali è stabilita espressamente la presenza di soggetti muniti di rappresentanza sostanziale.

Il T.A.R. avrebbe fatto esclusivo riferimento alle espressioni letterali riportate all'interno della procura, dando altresì, alle locuzioni riportate, un significato non conforme rispetto a quello datogli da parte dello stesso rappresentato.

III) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 37 d.lgs. n. 104 del 2010. Sussistenza dell'errore scusabile.

L'appellante ritiene che, in materia, non vi sia un indirizzo giurisprudenziale uniforme e ciò costituirebbe il legittimo presupposto per il riconoscimento dell'errore scusabile.

IV) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 40, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 104/2010 e degli artt. 39, comma 1, e 37 del medesimo decreto.

Parimenti errate sarebbero, infine, le conclusioni del T.A.R. in ordine all'insussistenza dello ius postulandi in capo all'avvocato B.

In primo luogo, la procura conferita dall'avvocato M. all'avvocato B. sarebbe completa sotto ogni punto di vista.

L'appellante ribadisce altresì che il potere ricevuto dall'avv. M. (e relativo alla nomina di ulteriori difensori) deve intendersi quale potere negoziale e non di natura processuale, con la logica conseguenza che ai fini del vaglio di validità ed efficacia della procura (conferita dall'avv. M. all'avv. B.) non potrebbero entrare le questioni attinenti alla specialità o generalità della procura conferita (a monte) dalla società appellante all'avv. M.

Ne deriverebbe che la procura conferita in capo all'avv. B. dovrebbe ritenersi valida ed efficace in relazione all'insaturazione del procedimento oggetto di lite.

V) Infine, la società appellante ha riproposto i motivi il cui esame è stato assorbito dal T.A.R.

4. Si è costituito, per resistere, il Comune di Garbagnate Milanese.

5. In data 8 marzo 2024, la società appellante ha rappresentato la permanenza dell'interesse alla definizione del giudizio.

6. Le parti hanno depositato memorie conclusionali, e di replica, in vista della pubblica udienza del 25 luglio 2024 alla quale l'appello è stato trattenuto per la decisione.

7. La decisione impugnata si fonda su articolate argomentazioni con le quali, in sintesi, il T.A.R. ha fatto osservare che:

- l'art. 182, comma 2, c.p.c. non è espressione di un principio generale applicabile al processo amministrativo che, a differenza di quello civile (che ammette anche il conferimento di un mandato generale alle liti) impone il conferimento del mandato speciale prima della sottoscrizione del ricorso da parte del difensore, trattandosi di processo strutturato come prevalentemente di impugnazione; inoltre, il predetto art. 182, comma 2, c.p.c. non può ritenersi compatibile con i principi propri del processo amministrativo, atteso che la previsione di un termine decadenziale per la notifica del ricorso presuppone necessariamente il previo conferimento del mandato speciale, con riferimento allo specifico atto oggetto di impugnazione;

- lo ius postulandi dell'avvocato B. non è stato validamente conferito in quanto proveniente da un soggetto (l'avvocato M.) che non agisce in forza di un valido potere conferito dalla società appellante per lo specifico giudizio amministrativo instaurato.

8. Le statuizioni del T.A.R. sono del tutto in linea con la giurisprudenza assolutamente prevalente di questo Consiglio di Stato, a cui si intende dare continuità, la quale ha fatto rilevare che ai sensi dell'art. 40, comma 1, c.p.a., al fine dell'introduzione di un'impugnazione dinanzi al giudice amministrativo, occorre necessariamente una procura ad litem di tipo speciale, conferita anteriormente o contestualmente alla data di sottoscrizione del ricorso da parte del difensore pena la sua radicale nullità sancita dall'art. 44, comma 1, lett. a), del medesimo codice, che rende l'impugnazione inammissibile (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. II, 9 febbraio 2023, n. 1446 e la giurisprudenza ivi richiamata; in questo senso anche la prevalente giurisprudenza di primo grado, si v., tra le altre, T.A.R. Lazio, Sez. I, sent. 5 giugno 2023, n. 9451).

Al riguardo, non è quindi corretta l'affermazione del ricorrente secondo cui, in relazione alla violazione dell'art. 40, comma 1, lett. g), c.p.a., non sarebbe prevista alcuna conseguenza "sanzionatoria".

8.1. Anche questa Sezione (cfr., ad esempio, la sent. 19 maggio 2021 n. 3887), ha prestato adesione al richiamato orientamento, sottolineando altresì che la radicale nullità del ricorso sottoscritto dal difensore privo di mandato speciale impedisce la configurabilità del potere di rinnovazione (in tal senso vedi anche C.d.S., Sez. V, 22 settembre 2015, n. 4424; Cass. civ., Sez. III, 19 gennaio 2018, n. 1255; Sez. un., 13 giugno 2014, n. 13431; Sez. II, 11 giugno 2012, n. 9464).

Diversamente opinando, si consentirebbe la sanatoria di una decadenza specificamente comminata dal codice del processo amministrativo, qual è quella correlata al rispetto del termine per la proposizione dell'azione di annullamento.

8.2. È poi inconferente quanto fatto rilevare dall'appellante in ordine al fatto che il codice del processo amministrativo disciplina anche l'azione di condanna.

A prescindere dal fatto che anche quando è proposta quest'ultima azione, anche in via autonoma, deve essere rispettato il termine decadenziale (con orientamenti non univoci soltanto relativamente all'azione proposta in sede di giurisdizione esclusiva), l'azione esperita nella fattispecie in esame è finalizzata esclusivamente all'annullamento di provvedimenti adottati dal Comune resistente.

8.3. Va altresì esclusa la riconoscibilità dell'errore scusabile; tale rimedio, oggi codificato dall'art. 37 del c.p.a., presuppone una situazione di obiettiva incertezza esegetica o di grave impedimento di fatto tale da provocare - senza alcuna colpa della parte interessata - menomazioni o maggiore difficoltà nell'esercizio dei diritti di difesa.

Nella fattispecie in esame, non esiste però alcuna oscillazione giurisprudenziale o contraddittorietà normativa.

In disparte il fatto che la necessità della procura speciale - per i ricorsi sottoscritti dal solo difensore - è un requisito sancito sin dagli albori della disciplina della giustizia amministrativa (cfr., in tale senso l'art. 6, comma 4, r.d. n. 642 del 1907 e l'art. 35, comma 1, del r.d. n. 1054 del 1924), i precedenti invocati dall'appellante - per quanto consta al Collegio - sono rimasti del tutto isolati.

In particolare, C.d.S. n. 2606 del 2018 non reca alcuna motivazione in ordine all'applicabilità dell'art. 182, comma 2, c.p.c. (nella versione antecedente alla c.d. riforma "Cartabia") anche all'atto introduttivo del giudizio.

Tale pronuncia richiama comunque precedenti relativi non già alla proposizione del ricorso ma alla costituzione in giudizio delle parti intimate (così, ad esempio, C.d.S., n. 1178 del 2018).

8.4. Relativamente, poi, alla tesi - pur sostenuta in dottrina dopo la c.d. riforma "Cartabia" - secondo cui l'art. 182 c.p.c. avrebbe assunto una funzione di norma di principio idonea a regolare tutte le ipotesi in cui la procura non sussista o presenti dei vizi che ne comportino nullità - essa non considera l'incompatibilità della richiamata disposizione civilistica con la peculiare funzione del termine di decadenza rispetto all'azione di annullamento disciplinata dal processo amministrativo.

Tale termine è infatti posto a presidio dell'interesse dell'ordinamento alla certezza e stabilità dei rapporti di diritto pubblico.

8.5. È peraltro ragionevole dubitare della stessa valenza di principio generale del cit. art. 182, esclusa dalla Suprema Corte proprio perché trattasi di previsione incompatibile con la disciplina del ricorso per cassazione (ex plurimis, Cass. civ., Sez. III, ord. 12 febbraio 2024, n. 3832).

A ciò si aggiunga che solo con il d.lgs. n. 149 del 2022 è stato inserito nell'art. 182 c.p.c. l'esplicito riferimento alla mancanza della procura, laddove il testo previgente menzionava la sola ipotesi di rilevazione di un vizio idoneo a determinarne la nullità.

8.6. Infine - tenuto conto del fatto che il processo dinanzi al Consiglio di Stato, già nella più risalente dottrina del secolo scorso, è stato assimilato a quello che all'epoca era già compiutamente disciplinato avanti la Corte di cassazione - quand'anche volesse ravvisarsi una lacuna della disciplina contenuta nel c.p.a., nel caso di cui trattasi maggiormente affine alla struttura del processo amministrativo, e quindi compatibile con esso, dovrebbe semmai ritenersi la disposizione relativa all'inammissibilità del ricorso per cassazione privo della sottoscrizione da parte di un difensore munito di mandato speciale (art. 365 c.p.c.).

9. Parimenti corrette risultano le statuizioni del primo giudice in ordine ai poteri conferiti dall'avvocato M. all'avvocato B.

9.1. Dirimente risulta la circostanza che lo ius postulandi dell'avvocato B. sia stato conferito da un soggetto, come l'avvocato M., che è risultato privo dello ius postulandi in relazione allo specifico giudizio instaurato innanzi al T.A.R.

Risulta pertanto irrilevante la circostanza che la procura generale rilasciata all'avvocato M. abbia conferito a quest'ultimo il potere, tra l'altro, di "associare nella difesa altri avvocati con uguali o più limitati poteri, con promessa di rato e valido sotto tutti gli obblighi di legge" poiché l'avvocato M. non può attribuire all'avvocato B. - in relazione alla presente controversia - poteri che non ha ricevuto.

9.2. Non vi è poi alcun elemento esegetico - alla stregua dei criteri ermeneutici sanciti dagli artt. 1362 e ss. c.c., applicabili in quanto compatibili ai sensi dell'art. 1324 c.c. anche agli atti unilaterali - dal quale possa evincersi che l'avvocato M. abbia ricevuto dalla società appellante poteri rappresentativi di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, tali cioè da attribuirgli il potere di agire in giudizio in qualità di procuratore speciale e/o conferire la procura alle liti.

9.2.1. Giova riportare il contenuto della procura quale trascritto nella sentenza impugnata.

Nello specifico, la società appellante ha conferito all'avvocato M. una procura, espressamente qualificata come "generale" affinché "rappresenti, assista e difenda la suddetta società in tutte le cause attive e passive, promosse e/o da promuovere contro qualsiasi persona e/o soggetto o per qualsiasi titolo, in tutti i gradi di giurisdizione e così in ogni lite avanti ai giudici ordinari, amministrativi, tributari e speciali, nonché ai collegi arbitrali. In virtù di ciò al citato procuratore conferisce tutte le necessarie facoltà, comprese quelle di emettere citazioni, eleggere domicilio, compiere procedimenti esecutivi, promuovere azioni conservative e cautelari, chiedere ed ottenere decreti ingiuntivi, chiedere qualsiasi prova od opporsi ad essa, promuovere giudizi di opposizioni o di appello, presentare domanda di collocazione nei giudizi di espropriazione ed in genere presentare domande, istanze, istanze di fallimento, desistenze, ammissioni al passivo, memorie, comparse, conclusioni ed eccezioni e fare tutto quanto altro occorra per il buon esito delle cause di cui trattasi, con facoltà di incassare, quietanzare, transigere, conciliare, rinunciare, accettare rinunce, nominare sostituti, ovvero associare nella difesa altri avvocati con uguali o più limitati poteri, con promessa di rato e valido sotto tutti gli obblighi di legge".

Inoltre, "il suddetto procuratore è anche costituito procuratore speciale ai sensi degli artt. 183 e 420 c.p.c., nonché costituito procuratore per procedimenti avanti alle Commissioni di Conciliazione delle Controversie di Lavoro presso le Direzioni Provinciali del Lavoro, per procedimenti avanti agli organismi di mediazione, commissioni di conciliazione, organismi sindacali, mediazione assistita, con attribuzione conseguente di presentare domande, istanze, memorie e fare tutto quanto altro occorra per il buon esito delle liti di cui trattasi, con facoltà di incassare, quietanzare, transigere, conciliare, rinunciare, accettare rinunce, nominare sostituti, ovvero associare nella difesa altri avvocati con uguali o più limitati poteri, con promessa di rato e valido sotto tutti gli obblighi di legge".

9.2.2. Il primo giudice ha fatto rilevare - con argomentazioni non efficacemente contrastate in sede di appello - che già il nomen iuris della procura "evoca l'istituto di cui all'art. 83 c.p.c. e, quindi, il potere meramente processuale conferito al difensore dalla parte al fine di stare in giudizio e non anche la diversa situazione di cui all'art. 77 c.p.c.".

Nello stesso senso depongono le concrete facoltà conferite le quali "testimoniano l'attribuzione di un potere che si esaurisce nella sola dimensione processuale e non anche sul terreno sostanziale".

Anche i poteri evocati nell'ultima parte dell'atto risultano "testualmente ed espressamente limitati per cui, in applicazione della regola di cui all'art. 1364 c.c., non pare asseribile un'estensione dell'oggetto".

Ai sensi della richiama disposizione, infatti, "per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare".

Nel caso in esame, il conferimento di poteri di natura sostanziale è stato espressamente limitato a controversie civilistiche o lavoristiche pendenti dinanzi all'autorità giurisdizionale o ai vari organismi finalizzati alla composizione e risoluzione di simili liti e non vi è alcun elemento dal quale possa desumersi che tale esplicito riferimento abbia carattere meramente esemplificativo, con conseguente inapplicabilità anche dell'art. 1365 c.c.

10. In definitiva, per quanto sopra argomentato, l'appello deve essere respinto.

11. In relazione alla natura della questione controversa, sussistono i presupposti per la compensazione integrale tra le parti delle spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Lombardia, sez. II, sent. n. 661/2021.