Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 9 aprile 2024, n. 3236
Presidente: Lipari - Estensore: Castorina
FATTO
Nel 2008, l'odierno appellante, socio con i fratelli Tommaso e Isoletta, della B. Isoletta e C. s.a.s., concessionaria dell'area demaniale marittima sulla quale insiste lo stabilimento balneare "Bagno Gorizia", sul litorale di Lido di Camaiore, detentore della quasi totalità delle quote della Massimo B. & C. s.a.s., concessionaria dell'area demaniale occupata dal bar-ristorante "Marilena", confinante a nord con il "Bagno Gorizia", impugnava la variante di adeguamento al piano di utilizzo degli arenili del Comune di Camaiore, nella parte in cui non consentiva di destinare a "casa di guardianaggio" i locali posti al primo piano dell'edificio che ospita il predetto bar-ristorante. L'impugnativa, respinta dal T.A.R., è stata accolta dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3198/2017, secondo la quale le previsioni del P.U.A. dovevano intendersi nel senso di non precludere la realizzazione di una casa di guardianaggio a servizio di uno stabilimento balneare anche nelle ipotesi in cui, come nella specie, si fosse in presenza di due distinte concessioni facenti capo a soggetti diversi. A seguito della decisione del Consiglio di Stato, il signor B. ha chiesto il rilascio delle autorizzazioni demaniale e paesaggistica preliminari alla presentazione della S.C.I.A. inerente il mutamento di destinazione d'uso dei locali soprastanti il bar-ristorante "Marilena". L'istanza è stata respinta dall'Unione dei Comuni della Versilia, delegata dal Comune di Camaiore all'istruttoria. Il provvedimento, del 16 novembre 2017, è stato impugnato dinanzi al T.A.R., che lo ha annullato con la sentenza n. 278/2019.
Ottenuto l'annullamento del diniego, il ricorrente ha dato corso all'intervento per il cambio di destinazione d'uso e la realizzazione della casa di guardianaggio del "Bagno Gorizia". Quindi, con nota del 7 gennaio 2020, ha inoltrato al Comune di Camaiore formale richiesta di risarcimento dei danni patiti per effetto di tutti gli atti e provvedimenti annullati dal giudice amministrativo. In assenza di riscontro da parte del Comune ha proposto azione in via autonoma per il risarcimento dei danni patiti a decorrere dall'approvazione, nel 2008, della variante di adeguamento al P.U.A. di Camaiore, nonché per gli ulteriori danni derivanti dal diniego, nel 2017, delle autorizzazioni occorrenti per realizzare la casa di guardianaggio.
Il T.A.R. Toscana ha respinto il ricorso con la sentenza n. 1518/2022 pubblicata in data 23 dicembre 2022.
Appellata ritualmente la sentenza resiste il Comune di Camaiore.
All'udienza del 12 marzo 2024 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo di appello l'appellante deduce error in iudicando, erroneità ed illogicità della motivazione.
Censura la sentenza impugnata, in primo luogo, nella parte in cui aveva respinto la richiesta di risarcimento dei danni maturati fino alla data della sentenza del Consiglio di Stato n. 3198/2017.
La censura non è fondata.
Con la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, RG n. 3198/2017, è stato accolto l'appello proposto dal sig. B. e dunque riformata la sentenza del Tar della Toscana, Sez. III, RG n. 6625/2010 sul rilievo che "le previsioni del PUA si devono intendere nel senso che, in presenza di un nesso funzionale tra edificio e vagoni cabine, esse non precludono la realizzazione di una casa di guardianaggio anche nel caso in cui esistono due concessioni che fanno capo a soggetti diversi". Con sentenza del Tar della Toscana, Sez. II, RG n. 278/2019, è stato accolto il ricorso proposto dal sig. B. e conseguentemente sono stati annullati gli atti di rigetto delle istanze di autorizzazione paesaggistica e demaniale finalizzate al mutamento di destinazione d'uso a casa di guardianaggio dell'unità immobiliare posta al piano sopraelevato dell'immobile a destinazione commerciale. Nell'ambito del giudizio definito dalla sentenza del Tar della Toscana, è stata per la prima volta avanzata richiesta di risarcimento danni ex art. 30 del d.lgs. n. 104/2010 "in conseguenza del provvedimento illegittimo annullato dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 giugno 2017, n. 3198", richiesta sulla quale il Tar non si è pronunciato. Il capo della sentenza non è stato appellato.
Con il presente giudizio il sig. B. ha proposto ricorso al fine di conseguire la condanna del Comune di Camaiore "al risarcimento di tutti i danni subiti dal ricorrente in conseguenza del provvedimento illegittimo annullato dalla sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 30.06.2017, n. 3198 (Variante al PUA del 2008) nonché del provvedimento prot. n. 2017/0070147 del 16.11.2017, annullato dal Tar della Toscana, Sez. III, con sentenza 22 febbraio 2019, n. 278".
Il Tar ha affermato «con la sentenza n. 278/2019, questo T.A.R. ha annullato il diniego dell'autorizzazione paesaggistica e demaniale chiesta dal signor B. per il mutamento di destinazione d'uso dei locali posti al piano sopraelevato dell'immobile adibito a bar-ristorante "Marilena". È lo stesso signor B. a riferire che la sentenza ha "assorbito" - meglio: non ha esaminato - la domanda risarcitoria proposta contestualmente a quella di annullamento e avente a oggetto i danni da lui subiti in conseguenza del provvedimento illegittimo annullato dalla precedente sentenza del Consiglio di Stato n. 3198/2017. Nondimeno, egli ripropone in questa sede la medesima domanda, invocando la giurisprudenza secondo cui la riproposizione sarebbe ammissibile nell'ipotesi in cui il giudice non abbia pronunciato sulla domanda risarcitoria e questa non sia stata riformulata in appello: la tesi fa leva sulla portata dell'art. 101, comma 2, c.p.a., inteso nel senso che la mancata riproposizione in appello delle domande dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado non implicherebbe la volontà di rinunciare alla pretesa sostanziale e, pertanto, non precluderebbe la riproposizione della domanda in altro contesto processuale (cfr. C.d.S., Sez. III, n. 5014/2018, cit.)».
L'art. 346 c.p.c., ex art. 101, comma 2, c.p.a., prevede "si intendono rinunciate le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado, che non siano state espressamente riproposte nell'atto di appello o, per le parti diverse dall'appellante, con memoria depositata a pena di decadenza entro il termine di costituzione in appello", limitandosi a sancire che le domande e le eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado che non sono espressamente riproposte in appello si intendono rinunciate, non chiarisce in che modo debba avvenire la riproposizione.
Occorre, allora, distinguere il caso in cui le domande e le eccezioni proposte in primo grado siano state rigettate, da quello in cui esse non siano state esaminate. Nel primo caso, la riproposizione deve avvenire con la proposizione dell'appello, con le relative e necessarie censure. L'onere della proposizione dell'impugnazione sussiste anche quando una domanda non sia stata esaminata, se in relazione ad essa si può predicare una illegittima omissione di pronuncia, la quale rappresenta infatti un vizio di nullità della sentenza che onera all'impugnazione. Nel caso, invece, di omissione di pronuncia legittima, cioè quella che deriva dall'assorbimento, la parte ha la duplice strada dell'impugnazione o della riproposizione della domanda in un separato giudizio, senza che possa vedersi opporre la formazione del giudicato, poiché la presunzione di rinuncia di cui all'art. 346 c.p.c. ha valore solo processuale e non anche sostanziale (in questi termini, Cass. civ., ord. 5 giugno 2018, n. 14302).
Tuttavia la riproposizione della domanda risarcitoria susseguente a una vittoriosa azione impugnatoria deve comunque rispettare il termine decadenziale di centoventi giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di annullamento, stabilito dall'art. 30, comma 5, c.p.a.
Nella specie, la pretesa risarcitoria fonda sulla sentenza di questo Consiglio n. 3198/2017 e da quella pronuncia decorre il termine decadenziale per la domanda risarcitoria.
Correttamente dunque, il T.A.R. ha osservato che detto termine, nel caso in esame, non può che farsi decorrere dalla sentenza n. 3198/2017, con la quale il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso proposto dal signor B. avverso la variante al P.U.A. di Camaiore, variante che non a caso è indicata dal ricorrente quale primo provvedimento causativo dei danni rivendicati; di modo che la riproposizione dell'azione risarcitoria - relativamente ai danni maturati dal 2008 e fino alla decisione del Consiglio di Stato - incorre inevitabilmente nella richiamata previsione decadenziale, non potendosi accedere alla pretesa del ricorrente che vorrebbe far nuovamente decorrere il termine di decadenza dal passaggio in giudicato della successiva sentenza del T.A.R. n. 278/2019 che non ha esaminato la domanda risarcitoria avanzata con riferimento alla precedente sentenza del Consiglio di Stato n. 3198/2017.
2. Con il secondo motivo l'appellante deduce error in iudicando, erroneità ed illogicità della motivazione con la quale il T.A.R. aveva rigettato l'unica parte della domanda risarcitoria ritenuta ammissibile (quella relativa ai danni maturati successivamente al diniego di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche e demaniali) per carenza di prova derivata dalla tardività del deposito dei documenti.
Lamenta che il rispetto dei termini perentori di cui all'art. 73 c.p.a. non è da commisurare alla data della prima udienza fissata per la discussione, poi successivamente rinviata, poiché la perentorietà del termine per il deposito di memorie difensive e documenti costituisce espressione di un precetto di ordine pubblico processuale posto a presidio del contraddittorio, con la conseguenza che i termini di cui all'art. 73 c.p.a. vanno computati in relazione all'effettiva data di trattazione della causa (C.d.S., Sez. V, 19 luglio 2013, n. 3940; 6 dicembre 2012, n. 6261; 3940/2013)" (cfr. ex multis: C.d.S., Sez. III, 8 giugno 2018, n. 3477; Sez. VI, 8 maggio 2019, n. 2972).
La censura non è fondata.
In particolare il Giudice ha respinto la domanda risarcitoria per mancanza di prova in quanto l'intera produzione documentale a corredo della pretesa risulta depositata il 1° agosto 2022, in violazione del termine di quaranta giorni liberi prima dell'udienza di discussione (art. 73, comma 1, c.p.a.), da riferire all'udienza originariamente fissata per l'11 ottobre 2022 e non a quella del 25 ottobre, cui la causa è stata differita per mere ragioni di cortesia (il difensore del ricorrente ha rappresentato un impedimento a comparire, peraltro non documentato) e con espressa esclusione della riapertura dei termini a difesa. Né vi è spazio per la rimessione in termini chiesta dal ricorrente, il quale non ha allegato alcuna circostanza significativa che possa giustificare la configurabilità di un errore scusabile (art. 37 c.p.a.) o di una estrema difficoltà nel rispettare il termine di legge (art. 54 c.p.a.).
Nel caso di specie, come anticipato in narrativa, partendo dall'originaria udienza dell'11 ottobre 2022, 40 gg. liberi a ritroso, calcolando la sospensione feriale, venivano a cadere il 30 luglio 2022.
In proposito l'art. 73 ("Udienza di discussione") del codice del processo amministrativo prevede che: "Le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell'udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell'udienza, fino a venti giorni liberi".
In sede applicativa unanime giurisprudenza ritiene che i termini previsti dall'art. 73, comma 1, c.p.a., per il deposito in giudizio di documenti (fino a quaranta giorni liberi prima dell'udienza) sono perentori e, in quanto tali, non possono essere superati neanche ove sussistesse accordo delle parti, essendo il deposito tardivo di memorie e documenti ammesso in via del tutto eccezionale nei soli casi di dimostrazione dell'estrema difficoltà di produrre l'atto nei termini di legge, siccome previsto dall'art. 54, comma 1, c.p.a. sicché il differimento dell'udienza, su richiesta delle parti non vale certamente a rimettere in termine per una produzione documentale ormai tardiva come correttamente rilevato dal T.A.R.
Non essendo stata fornita alcuna prova del danno patito, correttamente il Giudice ha respinto la domanda.
In considerazione della particolarità della questione trattata, decisa sulla base di rilievi processuali, sussistono i motivi per compensare tra le parti le spese processuali.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Toscana, sez. III, sent. n. 1518/2022.