Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 20 marzo 2024, n. 2691

Presidente: Contessa - Estensore: Rotondano

FATTO E DIRITTO

1. Con ricorso ritualmente notificato il signor Alessandro N., titolare della ditta individuale Tennis dei Pini, ha impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo per la Lombardia l'intimazione del Comune di Milano - Direzione rigenerazione urbana area pianificazione attuativa, notificata il 23 novembre 2023, al rilascio degli immobili di proprietà comunale, siti in Milano alla via Fabio Massimo 35/23, deducendone, con quattro motivi di gravame, la nullità ai sensi dell'art. 21-septies l. 241/1990 per difetto assoluto di attribuzione del Comune di Milano, che non sarebbe l'effettivo proprietario dell'area di cui è stato chiesto il rilascio (primo motivo), oltreché per carenza dei suoi elementi essenziali (secondo motivo) e, in subordine, l'illegittimità per incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere sub specie di illogicità e contraddittorietà dell'azione amministrativa (terzo e quarto motivo).

2. Costituitosi il Comune di Milano, che eccepiva l'inammissibilità del ricorso per violazione del ne bis in idem (poiché sulle questioni controverse attinenti alla proprietà delle aree occupate si sarebbe già pronunciata la Corte d'appello di Milano con decisione passata in giudicato) e concludeva nel merito per la reiezione del gravame, all'esito della camera di consiglio per la trattazione cautelare, il Tribunale amministrativo, previo avviso alle parti ai sensi dell'art. 60 c.p.a., adottava la sentenza in forma semplificata indicata in epigrafe dichiarando inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adito in favore del giudice ordinario ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 11 c.p.a., con compensazione delle spese di lite.

3. Di tale sentenza il ricorrente domanda la riforma con l'appello proposto, deducendo l'erroneità della declinatoria di giurisdizione da parte del giudice adito. Ha quindi riproposto tutti i motivi e le domande del ricorso di primo grado, non esaminati dalla sentenza in conseguenza dell'assorbente difetto di giurisdizione.

4. Si è costituito in resistenza il Comune di Milano, insistendo per il rigetto dell'appello.

5. Alla camera di consiglio del 5 marzo 2024, uditi i difensori delle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. L'appello è infondato.

7. Deve, infatti, confermarsi la declinatoria di giurisdizione, sia pure anche, e soprattutto, per un profilo diverso rispetto a quello valorizzato dal giudice di primo grado.

7.1. Giova innanzitutto evidenziare che l'area di cui il Comune ha intimato il rilascio col provvedimento impugnato in prime cure è quella sita in Milano alla via Fabio Massimo 35/23, individuata catastalmente al foglio 615, mappale 240, avente superficie di circa 14.400 mq, già oggetto di un contratto di locazione, stipulato il 29 novembre 1990 e disdettato il 26 luglio 2007, tra l'appellante Alessandro N. (il quale vi ha realizzato un centro sportivo denominato "Tennis dei Pini") e il precedente proprietario, Consorzio del Canale Milano Cremona Po.

In seguito, in forza di atto notarile di compravendita n. 13361 rep. del 13 ottobre 2013, il Comune di Milano ha acquistato il patrimonio immobiliare del Consorzio, compresa l'area in oggetto locata all'appellante al quale il Comune ingiungeva poi il pagamento dei canoni a titolo di indennità di occupazione intimandogli altresì lo sfratto per morosità.

Ne scaturiva un articolato contenzioso tra le parti, sfociato prima nella sentenza del Tribunale di Milano n. 3130/2017 (che dichiarava la carenza di legittimazione attiva del Comune e accoglieva la richiesta di rinnovo del contratto di locazione sino al 30 settembre 2020) e, infine, nella sentenza della Corte d'appello di Milano n. 4410 del 25 novembre 2019, passata in giudicato, che, all'esito della disposta consulenza tecnica d'ufficio, accertava l'effettivo passaggio di proprietà dell'area oggetto della controversia.

7.2. Le parti addivenivano, quindi, a un accordo transattivo nell'ambito del quale, con contratto di locazione transitoria ex art. 27 l. 448/2001, il Comune concedeva l'area in oggetto all'appellante fino al 31 marzo 2022.

7.3. Con il provvedimento impugnato in prime cure, richiamate le su indicate circostanze nonché la determina dirigenziale n. 195 del 17 gennaio 2023 (con la quale è stato indetto l'avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni di interesse contenenti soluzioni tecnico-gestionali volte alla rigenerazione e valorizzazione del compendio immobiliare di proprietà comunale sito in Milano alla via Fabio Massimo, in cui ricade l'area oggetto di causa), il Comune intimava all'odierno appellante il rilascio dell'area occupata sine titulo, libera da cose e persone e nello stato in cui fu a suo tempo concessa, entro e non oltre novanta giorni dal ricevimento del provvedimento.

7.4. Così sinteticamente ricostruiti i fatti di causa, va poi evidenziato che la sentenza, dopo aver correttamente rammentato il pacifico indirizzo giurisprudenziale secondo cui ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo deve aversi riguardo al «petitum sostanziale», da identificare non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi, ossia dell'intrinseca natura e consistenza della situazione giuridica dedotta in giudizio, da individuare con riferimento ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono espressione, ha dichiarato il difetto di giurisdizione sul rilievo per cui il thema decidendum sottoposto al giudice adito si sostanziasse in effetti non già nella verifica del corretto uso del potere amministrativo da parte dell'Amministrazione comunale, quanto nell'accertamento negativo del diritto di proprietà del compendio in capo alla medesima amministrazione.

7.4.1. In particolare, il primo giudice, nel declinare la propria giurisdizione, ha conferito rilievo alla circostanza che il ricorrente avesse contestato la titolarità giuridica del compendio immobiliare oggetto dell'intimazione di rilascio in capo al Comune di Milano, inferendo da tale accertamento negativo che quest'ultimo non avrebbe potuto addivenire all'impugnata intimazione. E ha concluso che la controversia, non investendo i vizi dell'atto amministrativo quanto la sussistenza del diritto di proprietà del Comune sull'area occupata dal ricorrente e di cui si era chiesto il rilascio, spettasse alla cognizione del giudice ordinario.

7.5. Tale declinatoria di giurisdizione, come detto, va confermata, benché con le seguenti precisazioni.

7.6. Il provvedimento impugnato è l'intimazione di sfratto per finita locazione e oggetto della domanda non è l'accertamento del legittimo esercizio del potere amministrativo, ma l'accertamento negativo del diritto di proprietà del compendio in capo all'amministrazione, come bene rilevato dal primo giudice.

7.6.1. È vero che il ricorrente in primo grado aveva contestato la titolarità del compendio in capo al Comune (per inferirne il difetto di legittimazione dell'ente che non sarebbe proprietario dell'area né successore del Consorzio nei contratti di locazione e quindi neppure avrebbe titolo ad ottenerne il rilascio), ma questa contestazione era finalizzata (in via mediata) a contestare i presupposti dell'atto di intimazione di rilascio impugnata in primo grado.

7.6.2. Il ricorrente ha, infatti, formulato una domanda di nullità ex art. 21-septies l. 241/1990 che ha qui riproposto, censurando il difetto di attribuzione del Comune nell'emettere un provvedimento di ingiunzione di rilascio dell'area, in assenza dei presupposti e senza neanche tener conto delle proroghe previste dal contratto.

In altri termini, l'appellante sostiene di aver impugnato un provvedimento di ingiunzione amministrativa con cui il Comune ha senz'altro esercitato, almeno mediatamente, un potere amministrativo.

7.7. Ora, se si vertesse in materia di autotutela esecutiva in via amministrativa (art. 823, comma 2, c.c.) non si potrebbe dubitare dell'esistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, poiché si verterebbe su attività provvedimentale e la cognizione in ordine alla titolarità del bene sarebbe una cognizione incidentale su diritti (della quale comunque conosce il giudice amministrativo ai sensi dell'art. 8 c.p.a.).

7.7.1. Ma il punto è che nel caso di specie l'oggetto del contendere non è costituito dalla legittimità di un provvedimento esplicativo del potere formalmente riconosciuto dall'art. 823, comma 2, c.c. al Comune di procedere in via di autotutela amministrativa per la tutela dei beni demaniali e, per costante orientamento giurisprudenziale, anche del proprio patrimonio indisponibile.

Infatti, leggendo l'atto impugnato in primo grado, emerge che il Comune intendesse intimare uno sfratto (e quindi, esercitare un'attività iure privatorum).

Quindi, la contestazione sulla titolarità del bene non è strumentale a valutare la legittimità di un atto autoritativo, bensì a valutare la legittimazione ad esercitare una facoltà privatistica (l'intimazione di sfratto).

7.8. Nella fattispecie l'amministrazione comunale non ha inteso esercitare un potere autoritativo ma paritetico, nell'ambito di un rapporto contrattuale ed ha, di conseguenza, inviato una semplice diffida iure privatorum, intimando il rilascio dell'area a suo tempo concessa in locazione dal Comune in forza del menzionato contratto stipulato con l'appellante.

7.8.1. Il Comune ritiene, infatti, che l'area in questione sia ora abusivamente occupata, non riconoscendo all'appellante alcun titolo legittimante la permanenza all'interno della stessa, in quanto anche il termine previsto per la locazione temporanea ai sensi dell'art. 27, comma 19, della l. 448/2001 sarebbe scaduto il 31 marzo 2022 "senza necessità di dare avviso di rilascio o disdetta e senza alcuna possibilità di rinnovo".

7.8.2. L'appellante, invece, sostiene di essere titolare di un contratto di locazione ancora efficace stipulato con il Consorzio (la disdetta del 26 luglio 2007 sarebbe stata "revocata implicitamente per il successivo tacito rinnovo": cfr. ricorso di primo grado pag. 2), mentre, sotto altro concorrente profilo, sarebbe ancora in essere l'accordo transattivo cui le parti sono addivenute in forza di verbale di transazione giudiziale sottoscritto il 6 novembre 2019 e contenente il nuovo contratto di locazione con decorrenza 12 settembre 2019 e scadenza al 31 marzo 2022, transitorio e però con possibilità di rinnovo alla scadenza in mancanza della pianificazione dell'ambito territoriale urbanistico "Porto di Mare".

7.8.3. È sorta, cioè, tra le parti questione sulla corretta interpretazione del contratto di locazione stipulato quanto alla sua durata e alla sua naturale scadenza nell'ambito di un rapporto di diritto privato di natura contrattuale, di cui l'ente locale è parte e avente ad oggetto il godimento dell'immobile per il quale il Comune ha intimato il rilascio nell'esercizio di un potere paritetico.

7.9. Invero, a conferma di quanto sopra evidenziato, si rammenta che in base alla consolidata giurisprudenza:

- l'art. 823 c.c. ammette il ricorso dell'Amministrazione all'esercizio dei poteri amministrativi, ma solo al fine di tutelare i beni del demanio pubblico e, per costante orientamento giurisprudenziale, del patrimonio indisponibile (Cass. civ., Sez. un., ord. n. 15155 in data 20 luglio 2015; C.G.A. Regione Siciliana, 16 luglio 2019, n. 674; C.G.A. Regione Siciliana, 3 aprile 2018, n. 178) al fine di impedire più efficacemente l'illecita sottrazione degli stessi alla loro destinazione; di conseguenza, l'eventuale ordinanza emessa in carenza assoluta di potere, trattandosi di bene che appartiene al patrimonio disponibile dell'ente, va qualificata come atto nullo secondo i principi sanciti dall'art. 21-septies l. n. 241 del 1990;

- l'atto nullo non produce alcun effetto degradatorio delle posizioni soggettive di cui si assume la lesione e se dalla esecuzione del provvedimento sono derivati effetti pregiudizievoli gli stessi vanno considerati come violazioni di diritti soggettivi la cui tutela appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario;

- la controversia relativa ad un ordine di sgombero di un locale di proprietà comunale facente parte del patrimonio disponibile dell'ente territoriale appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di un rapporto di matrice negoziale, da cui derivano in capo ai contraenti posizioni giuridiche paritetiche qualificabili in termini di diritto soggettivo, nel cui ambito l'Amministrazione agisce iure privatorum - al di fuori cioè dell'esplicazione di qualsivoglia potestà pubblicistica - non soltanto nella fase genetica e funzionale del rapporto, ma anche nella fase patologica, il che, più specificamente, si traduce nell'assenza di poteri autoritativi sia sul versante della chiusura del rapporto stesso, sia su quello connesso del rilascio del bene (si rinvia per una approfondita disamina delle questioni a C.d.S., VII, 19 maggio 2023, n. 4907 e alla giurisprudenza richiamata; si veda anche C.d.S., V, 10 ottobre 2019, n. 6908).

8. L'appello deve essere, pertanto, respinto, restando salvi gli effetti processuali e sostanziali delle domande qualora il processo sia riproposto innanzi al giudice ordinario nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza ai sensi dell'art. 11 c.p.a.

9. La definizione in rito della controversia e la natura delle questioni trattate costituiscono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti in causa delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto TAR Lombardia, sez. V, sent. n. 215/2024.