Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 26 febbraio 2024, n. 1881

Presidente: Simeoli - Estensore: De Carlo

FATTO

Il Comune di Vaprio D'Adda all'esito del contenzioso sorto con i proprietari di un immobile in seguito all'annullamento parziale del permesso di costruire del 27 giugno 2016, ha ottenuto dal Consiglio di Stato la sentenza della VII Sezione n. 4215/2023 che accoglieva l'appello avverso la sentenza 1880/2018 del T.a.r. per la Lombardia.

Dal momento che pendeva appello nei confronti della sentenza 1881/2018 del T.a.r. per la Lombardia relativa a diverse porzioni dell'immobile, il Consiglio di Stato non aveva ritenuto di riunire i due ricorsi.

Pertanto il secondo giudizio è stato definito con sentenza della VI Sezione n. 5170/2023 che ha respinto l'appello del Comune.

Con il presente ricorso il Comune chiede chiarimenti al Consiglio di Stato in ordine a come procedere all'esecuzione dei due giudicati che sono giunti a conclusioni opposte pur in presenza di una medesima situazione di fatto.

2. Si sono costituiti in giudizio i signori Marco B., Carlotta M., Davide P., Davide Be. e Emilia A. per chiedere che il Comune esegua la sentenza riconoscendo definitivamente valido il permesso di costruire in sanatoria n. 101/2013 rilasciato in data 30 dicembre 2014.

DIRITTO

3. Dall'esame del contenuto delle due sentenze si evince che le stesse hanno riguardato lo stesso provvedimento di autotutela prot. 7158 del 27 giugno 2016 che aveva annullato il precedente permesso di costruire in sanatoria n. 101/2013 del 30 dicembre 2014.

Le censure sono le medesime e sono state accolte con una motivazione sovrapponibile in primo grado e poi valutate con esiti contrastanti in appello.

I giudicati, tuttavia, differiscono quanto al punto di incidenza materiale del dispositivo. L'immobile cui si riferisce il provvedimento impugnato è, infatti, suddiviso in due corpi di fabbrica, ciascuno dei quali autonomamente oggetto dei due distinti giudizi.

Su queste basi, l'attuazione dei due giudicati sembrerebbe - sul piano prettamente esecutivo - non presentare problemi: i proprietari degli appartamenti nel corpo 1 dovrebbero ottemperare al provvedimento di annullamento in autotutela, mentre quelli degli appartamenti nel corpo 2 potrebbero continuare a fruire del sottotetto senza nessun cambiamento (l'Amministrazione comunale non ha riferito al Collegio profili impeditivi al riguardo).

3.1. Resta ferma ovviamente la possibilità per il Comune di promuovere un giudizio di revocazione ai sensi dell'art. 395, comma 1, n. 5, c.p.c., ricorrendone i presupposti.

Sul punto vale ricordare che, ai fini dell'integrazione del motivo revocatorio di cui all'art. 395, comma 1, n. 5, c.p.c., devono concorrere, in via cumulativa, i seguenti presupposti: a) il contrasto della sentenza revocanda con un'altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata sostanziale, con la precisazione che il conflitto tra diverse regulae iuris, derivanti da due distinti giudicati, è ipotizzabile solo quando sussista una strutturale concordanza degli elementi costitutivi dell'azione promossa nei due giudizi; b) la mancata pronuncia sulla censura o eccezione di cosa giudicata, essendo necessario che l'esistenza del giudicato non sia stata dedotta nel giudizio, o comunque non sia stata presa in esame dal giudice, atteso che altrimenti non sarebbe ravvisabile il carattere «occulto» del contrasto con la precedente statuizione, su cui riposa il fondamento del rimedio in esame (deve trattarsi, quindi, di due sentenze che presentino identità soggettiva delle parti e che presentino il medesimo oggetto, di modo che la seconda non possa passare in giudicato perché contrastante con la prima, che ha già acquisito tale stato; l'identità soggettiva e oggettiva dei giudizi impone che tra le due vicende sussista una ontologica e strutturale concordanza degli estremi su cui si sia espresso il secondo giudizio; in tale prospettiva, perché una sentenza possa considerarsi contraria ad un precedente giudicato, occorre che le decisioni a confronto risultino fra loro incompatibili in quanto dirette a tutelare beni ed interessi di identico contenuto, nei confronti delle stesse parti, con riferimento ad identici elementi di identificazione della domanda (petitum e causa petendi) confluiti nel decisum; si ha pertanto identità oggettiva solo se l'anteriore sentenza ha per oggetto lo stesso fatto o un fatto ad esso antitetico, e non anche un fatto fondante un suo possibile antecedente logico, in quanto in presenza di un contrasto logico, e non pratico, tra giudicati, non ricorre la fattispecie dell'art. 395, n. 5, c.p.c. (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. II, 3 luglio 2023, n. 6456)

4. La particolarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, rende i chiarimenti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Note

La presente decisione ha per oggetto CdS, sez. VI, sent. n. 5170/2023, e sez. VII, sent. n. 4215/2023.