Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 20 febbraio 2024, n. 1677
Presidente: De Nictolis - Estensore: Fantini
FATTO
1. L'ATI Logarzo Group s.r.l. ha interposto appello nei confronti della sentenza 27 giugno 2023, n. 1563 del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, Sez. I, che ha respinto il suo ricorso avverso la deliberazione presidenziale n. 17 del 9 febbraio 2023 con la quale il Consorzio di bonifica "Velia" ne ha disposto l'esclusione dalla "procedura aperta sopra la soglia comunitaria in modalità telematica per l'aggiudicazione dell'appalto a corpo di lavori denominato Parkway Alento" (finalizzato alla realizzazione di una infrastruttura ciclopedonale lungo il fiume Alento), dichiarando poi inammissibile il ricorso incidentale escludente della seconda graduata Viro Costruzioni Generali s.r.l. (a sua volta, esclusa in data 30 maggio 2023).
L'ATI Logarzo, pur essendo risultata prima in graduatoria (avendo presentato la migliore offerta tecnica e con un ribasso pienamente sostenibile), è stata, successivamente alla proposta di aggiudicazione, esclusa dalla gara, ai sensi dell'art. 97, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, in ragione del fatto di avere indicato un importo, non giustificato, per gli oneri aziendali per la sicurezza di euro 2.500,00, inferiore a quello degli altri concorrenti; in sede di giustificazione dell'anomalia ha rappresentato di essere incorsa in un mero e manifesto errore materiale nella compilazione dell'offerta economica, consistente nell'errata trascrizione dell'importo stimato per tali oneri (euro 33.000,00), specificando che il maggiore importo era stato considerato nella predisposizione dell'offerta, essendo incluso nelle "spese generali" (pari ad euro 410.409,50) e coperto dall'utile di impresa (di euro 276.319,66).
2. Con il ricorso in primo grado l'ATI Logarzo ha impugnato la propria esclusione dalla procedura deducendo di avere formulato la migliore offerta e di avere conseguito il punteggio massimo per gli elementi qualitativi; allega altresì di avere dimostrato, nel corso del procedimento di verifica dell'anomalia, l'erronea trascrizione degli oneri di sicurezza in sede di offerta, e comunque la congruità dell'offerta stessa, tenendo conto del previsto utile d'impresa (pari al 5,03 per cento) e delle spese generali (stimate nella misura dell'8,07 per cento) e comunque dell'incidenza degli oneri di sicurezza nella assolutamente limitata misura dell'0,57 per cento del valore dell'appalto.
3. La sentenza impugnata ha respinto il ricorso, ritenendo imprescindibile il rispetto del principio della immodificabilità degli oneri di sicurezza aziendale (o interni) che l'art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016 impone di indicare in sede di offerta (analogamente ai costi per manodopera); in particolare, ha affermato che «è vietata la modificazione che si traduca in un'alterazione dell'equilibrio economico dell'offerta originaria ovvero che determini -come nella specie - una revisione degli oneri di sicurezza aziendale, mentre è ammissibile la giustificazione che, senza modifiche agli oneri di sicurezza, si concretizzi in una specificazione del costo della manodopera». La sentenza ha infine ritenuto inammissibile il ricorso incidentale, in quanto proposto da un soggetto, la Viro Costruzioni s.r.l., che non riveste la qualifica di controinteressato, non avendo conseguito l'aggiudicazione dell'appalto, provvedimento non adottato dalla stazione appaltante.
4. Con l'appello l'ATI Logarzo ha criticato la sentenza, deducendone l'erroneità per la superficiale e incompleta disamina del ricorso, con particolare riguardo alla contestata circostanza per cui l'art. 12.2, lett. h), del disciplinare sanziona con l'esclusione solamente l'omessa indicazione degli oneri sulla sicurezza, e non anche la mera erronea indicazione del relativo importo e all'assunto del provvedimento del Consorzio che invoca il principio di immodificabilità dell'offerta economica. Più specificamente, deduce l'erronea applicazione del principio di immodificabilità dell'offerta economica e del principio di rigida inalterabilità degli oneri aziendali della sicurezza, il difetto di motivazione e l'illogicità del giudizio di esclusione, dovendosi ritenere ammissibile la correzione dell'offerta; in subordine, ripropone l'impugnazione dell'art. 8.2 del disciplinare di gara, nonché dell'art. 92, comma 2, del d.P.R. n. 107 del 2010. In via ulteriormente gradata chiede che sia rimessa alla Corte di giustizia U.E. la questione pregiudiziale di compatibilità con il diritto europeo della normativa nazionale che consenta l'esclusione dalla gara, senza una previa compiuta valutazione sulla sostenibilità economica complessiva dell'offerta, dell'offerente che, chiamato dalla stazione appaltante a giustificare gli oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luogo di lavoro, ne abbia precisato l'ammontare, nonostante tale rettifica non abbia riguardato il prezzo offerto né intaccato l'equilibrio economico-finanziario dell'offerta.
5. Si sono costituiti in resistenza il Consorzio di bonifica Velia e la Viro Costruzioni Generali s.r.l. puntualmente controdeducendo e chiedendo la reiezione del ricorso in appello.
6. All'udienza pubblica del 18 gennaio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il primo motivo, nel censurare il difetto motivazionale, anche sotto il profilo dell'omessa pronuncia, della sentenza impugnata, reitera le censure di primo grado; in particolare, richiama il punto 12.2, lett. h), del disciplinare che prevede l'esclusione dell'offerta economica priva dell'indicazione degli oneri della sicurezza interna, ma non sanziona la erronea trascrizione del relativo importo; conseguentemente, il provvedimento impugnato in primo grado sarebbe illegittimo, oltre che per difetto di istruttoria e motivazione apparente, anche per violazione o elusione del principio di tassatività delle cause di esclusione, nonché per la mancata attivazione del soccorso istruttorio e comunque per non avere ammesso la rettifica dell'offerta; nel complesso, l'esclusione risulta, per l'appellante, inficiata anche da illogicità manifesta, in quanto la differenza tra il valore indicato in offerta (euro 2.500,00) e quello riportato nei giustificativi (euro 33.000,00) è ampiamente coperta dall'utile di impresa e già ricompresa nell'importo delle spese generali riportate nell'offerta, parametrata ad un appalto del valore di euro 6.775.057,00.
Dopo l'esposizione dei motivi di primo grado, l'appellante critica, più specificamente, la statuizione che, a suo dire impropriamente invocando precedenti giurisprudenziali, esclude la possibilità di modificazione dell'offerta traducentesi in una revisione degli oneri di sicurezza aziendale, quand'anche l'offerta sia stata inficiata da un manifesto errore di trascrizione del relativo importo. Ne deriva, per l'appellante, che la sentenza risulterebbe affetta da un approccio meramente formalistico, i cui difetti risulterebbero confermati anche dalla constatazione che il Consorzio non è riuscito ancora ad affidare l'appalto. Nella fattispecie in esame, l'appellante, in sede di giustificazione dell'anomalia, non avrebbe inteso stravolgere l'offerta; è, al contrario, ormai acquisita anche in giurisprudenza la possibilità di rettifica dell'offerta economica, che può riguardare anche gli oneri aziendali (al pari dei costi della manodopera), a condizione che sia garantita l'invarianza finale.
Il motivo, nella sua articolazione, seppure presenti profili di complessità, non appare al Collegio meritevole di positiva valutazione.
Giova premettere che gli oneri di sicurezza aziendali sono quelli che l'impresa deve sostenere per garantire la sicurezza dei lavoratori nell'esecuzione dell'appalto (per meglio dire, concernono l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, secondo la disposizione dell'art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016); essi vanno distinti dagli oneri per la sicurezza "da interferenza" che sono relativi ai contatti rischiosi che possono aversi tra personale della stazione appaltante e dell'appaltatore, ovvero tra le varie imprese che partecipano all'esecuzione dell'appalto. Questi ultimi sono indicati nell'offerta ma non sono soggetti a ribasso in quanto predeterminati dalla stazione appaltante; pertanto non afferiscono alla componente variabile dell'offerta (C.d.S., III, 3 agosto 2020, n. 4907).
Gli oneri aziendali sono invece rimessi alla esclusiva sfera di valutazione del singolo partecipante e, di conseguenza, non possono essere determinati rigidamente ed unitariamente dalla stazione appaltante, poiché variano da un'impresa all'altra e sono influenzati nel loro ammontare dall'organizzazione produttiva e dal tipo di offerta (C.d.S., V, 15 gennaio 2018, n. 177). Gli oneri di sicurezza aziendali rientrano, dunque, nell'offerta economica che l'operatore presenta alla stazione appaltante come costo variabile da sostenere per l'esecuzione dell'appalto. L'art. 95, comma 10, prima ricordato, ne richiede la necessaria indicazione affinché la stazione appaltante possa verificare in che modo l'operatore economico sia giunto a formulare il prezzo offerto e se non abbia, per rendere maggiormente conveniente la sua offerta, eccessivamente sacrificato proprio tale voce di costo. La necessaria indicazione degli oneri per la sicurezza aziendale risponde, pertanto, all'esigenza di tutela del lavoro sotto il profilo della salute e della sicurezza dei lavoratori (art. 32 Cost.), così come l'altrettanto necessaria indicazione dei costi della manodopera tutela il lavoro per il profilo relativo alla giusta retribuzione di cui all'art. 36 Cost. (in termini C.d.S., V, 19 ottobre 2020, n. 6306).
In questo contesto di riferimento è corretto esaminare il tema della modifica delle offerte in sede di giustificazioni delle singole voci di costo, che è generalmente ammessa in giurisprudenza non solo in correlazione a sopravvenienze di fatto o di diritto, ma anche allo scopo di porre rimedio ad originari e comprovati errori di calcolo, a condizione che resti ferma l'entità originaria dell'offerta economica, nel rispetto del principio dell'immodificabilità, che presiede la logica della par condicio tra i competitori (così, tra le tante, C.d.S., V, 16 marzo 2020, n. 1873). Tale soluzione incontra dunque il limite della radicale modificazione della composizione dell'offerta che ne alteri l'equilibrio economico, allocando diversamente voci di costo nella sola fase delle giustificazioni, ma anche, per quanto rileva in questa sede, il limite della revisione della voce degli oneri di sicurezza aziendale, che, quale elemento costitutivo dell'offerta, esige una separata identificabilità ed una rigida inalterabilità, a presidio degli interessi pubblici sottesi alla relativa disciplina legislativa (C.d.S., III, 31 maggio 2022, n. 4406; V, 11 dicembre 2020, n. 7943; V, 24 aprile 2017, n. 1896). Detta disciplina, che rende gli oneri aziendali per la sicurezza insuscettibili di essere immutati nell'importo, è, in particolare, inferibile anche dall'art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016, che, in tema di offerte anormalmente basse, prevede, al quinto comma, sub lett. c), che la stazione appaltante esclude l'offerta, tra l'altro, allorché abbia accertato, all'esito del contraddittorio (sub)procedimentale, che «sono incongrui gli oneri aziendali della sicurezza di cui all'articolo 95, comma 10, rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi e delle forniture».
Ne discende anche che non appare dirimente la circostanza per cui il punto 12.2, lett. h), del disciplinare di gara ritenga tra i vizi non emendabili e non suscettibili di soccorso istruttorio quello dei concorrenti «che presentino un'offerta economica in aumento, priva di sottoscrizione, ovvero priva degli elementi essenziali quali l'indicazione del ribasso percentuale offerto e/o degli oneri della sicurezza interni e/o degli oneri di manodopera». Invero, non è certa, sul piano ermeneutico, la lettura della norma in esame nel senso che rilevi solo la mancata indicazione degli oneri della sicurezza, e non anche l'errata indicazione degli stessi; in ogni caso dirimente risulta il fatto che la causa di esclusione per la incongruità degli oneri aziendali della sicurezza sia di fonte legale e rinvenibile nel già ricordato art. 97, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016.
Neppure può ipotizzarsi la violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, in quanto l'art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 dispone che le prescrizioni a pena di esclusione sono nulle, allorché siano ulteriori rispetto a quelle previste dal codice e da altre disposizioni vigenti (così, tra le tante, C.d.S., III, 31 gennaio 2023, n. 1055).
2. Le considerazioni che precedono inducono a disattendere anche il secondo motivo (rubricato I.3) con il quale l'appellante incentra l'attenzione sul dato quantitativo della modifica dell'offerta (pari solamente allo 0,57 per cento dell'importo netto offerto), voce minima peraltro già considerata nella formulazione dell'offerta mediante inclusione tra le spese generali.
Ed infatti non può postularsi la prevalenza di un interesse pubblico all'individuazione di un'offerta sostenibile e valutata in concreto, a fronte di un dato normativo che gradua, esso stesso, l'interesse pubblico, comminando, all'art. 97, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, come più volte ripetuto, l'esclusione per incongruità degli oneri della sicurezza di cui all'art. 95, comma 10, rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi e delle forniture.
Non appare neppure condivisibile l'assunto critico dell'appellante secondo cui la stazione appaltante, dopo avere avviato il procedimento di verifica dell'anomalia, non ne ha valutato la sostenibilità, nel presupposto dell'intangibilità dell'offerta. Dalla lettura della impugnata deliberazione presidenziale n. 17 del 9 febbraio 2023 (cfr. in particolare le pagine 3 e 4) si evince infatti che la valutazione dell'anomalia dell'offerta si è interrotta in quanto «in sede di giustificazioni il proposto aggiudicatario ha espressamente dichiarato [...] di aver dichiarato nell'ambito dell'offerta economica resa in sede di gara un valore a titolo di oneri della sicurezza aziendale - euro 2.500,00 - non avente alcuna attinenza né con la concreta realtà progettuale né - tantomeno - con la propria organizzazione aziendale, e quindi insuscettibile di giustificazione»; l'ATI Logarzo non ha dunque giustificato l'importo dichiarato in gara, ritenendolo espressione di un plausibile errore di trascrizione, e ne ha proposto un altro, con valore completamente differente (pari ad euro 33.000,00).
3. Mentre può prescindersi dalla disamina del motivo riproposto in via subordinata al punto sub II, in quanto irrilevante rispetto al thema decidendum, occorre, invece, prendere in esame l'istanza, proposta in via ulteriormente gradata, di rinvio pregiudiziale alla Corte giust. U.E. sul seguente quesito: "se sia compatibile con il diritto euro-unitario e, in particolare, con i principi di parità, non discriminazione e proporzionalità di cui all'art. 18, par. 1, della direttiva 2014/24/UE e con gli artt. 56, par. 3, 67 e 69, par. 3, della stessa direttiva, la normativa nazionale, anche come interpretata dalla giurisprudenza, che consente l'esclusione dalla procedura di gara, senza una previa compiuta valutazione sulla sostenibilità economica complessiva dell'offerta, dell'offerente che, chiamato dalla stazione appaltante a giustificare gli oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, ne abbia precisato l'ammontare, nonostante tale rettifica non abbia riguardato il prezzo offerto, né intaccato l'equilibrio economico finanziario dell'offerta economica presentata e non ne abbia alterato la sostanza".
In altri termini, chiede l'appellante se sia compatibile con il diritto europeo la normativa nazionale sugli oneri aziendali della sicurezza che, ove dichiaratamente ammessi come incongrui dallo stesso offerente, comporti l'esclusione dall'offerta, seppure la stessa, per compensazioni interne, risulti non sottoposta a radicale modificazione nella composizione, per giunta senza alterazione dell'equilibrio economico.
Ritiene il Collegio che non vi sia spazio per il rinvio ai sensi dell'art. 267 del TFUE, in quanto, come già rilevato dal primo giudice, detto rimedio non può essere utilizzato per sollecitare il mutamento di un consolidato orientamento giurisprudenziale. Costituisce, invero, indirizzo giurisprudenziale consolidato quello secondo cui il rinvio pregiudiziale non è un rimedio giuridico esperibile automaticamente su richiesta delle parti, dovendo il giudice (anche di ultima istanza) stabilirne la necessità e dunque delibare la questione al fine di impegnare la Corte di giustizia soltanto con questioni che siano effettivamente rilevanti e necessarie ai fini della decisione, non siano state sollevate in riferimento a fattispecie analoghe, non siano manifestamente infondate e non siano volte impropriamente a sollecitare un mutamento di un consolidato orientamento giurisprudenziale da parte della Corte di giustizia in senso favorevole al richiedente (in termini C.d.S., V, 3 febbraio 2016, n. 404; Cass., Sez. un., ord. 10 settembre 2013, n. 20701; C.d.S., IV, 22 novembre 2013, n. 5542).
Rileva il Collegio, a questo riguardo, che l'appellante non ha svolte critiche alla statuizione di primo grado, limitandosi a riproporre la questione di interpretazione.
E peraltro non può omettersi di rilevare che su analoga questione sussistono già decisioni della Corte di giustizia, investita dal giudice nazionale (ed in particolare anche da questo Consiglio di Stato) del tema della mancata indicazione nell'offerta degli oneri di sicurezza aziendale. In particolare, in tempi recenti, l'Ad. plen. con ordinanza 24 gennaio 2019, n. 1 ha rimesso alla Corte di giustizia la questione della compatibilità con il diritto europeo di una disciplina nazionale comportante l'esclusione dalla gara del concorrente che non abbia indicato i costi della manodopera e gli oneri per la sicurezza dei lavoratori senza il beneficio del soccorso istruttorio. La Corte giust. U.E., seppure su un diverso procedimento, con ordinanza 2 maggio 2019, in causa C-309/18, ha ritenuto compatibile con le direttive europee in tema di appalti, nonché con i principi di parità di trattamento e trasparenza in esse contemplati, un assetto nel quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera (e, identicamente, degli oneri aziendali interni) comporta l'esclusione dell'impresa, senza possibilità di soccorso istruttorio. Ciò nell'assunto che i principi di parità di trattamento e di trasparenza «non possono ostare all'esclusione di un operatore economico dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a causa del mancato rispetto, da parte del medesimo, di un obbligo imposto espressamente, a pena di esclusione, dai documenti relativi alla stessa procedura o dalle disposizioni del diritto nazionale in vigore» (punto 22). Con riguardo, poi, al principio di proporzionalità, la sentenza in esame ha affermato che «una normativa nazionale riguardante le procedure d'appalto pubblico finalizzata a garantire la parità di trattamento degli offerenti non deve eccedere quanto necessario per raggiungere l'obiettivo perseguito [...]. Nel caso di specie [...] emerge che l'obbligo, a pena di esclusione, di indicare separatamente i costi della manodopera discende chiaramente dal combinato disposto dell'articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici e dell'articolo 83, comma 9, del medesimo» (punti 24 e 25).
Giova sottolineare che nel caso di specie vi è stata un'indicazione degli oneri in questione dichiaratamente errata e la incidenza della medesima è stata sottoposta al giudizio di anomalia, interrottosi per scelta dello stesso operatore economico.
Ritiene il Collegio che possa evincersi da tale precedente, analogo seppure non identico, una eadem ratio, tale per cui i principi di parità di trattamento e di trasparenza non ostano ad una normativa nazionale, come quella rilevante nella presente controversia, secondo cui la mancata indicazione del corretto importo dei costi della sicurezza aziendale, al pari dell'omessa integrale indicazione, comporta l'esclusione dell'offerente interessato, senza possibilità di ricorrere alla procedura del soccorso istruttorio, a prescindere dunque anche dall'incidenza di tale voce di costo sull'equilibrio complessivo dell'offerta. In tale contesto può ritenersi applicabile la teoria dell'atto chiaro come ragionevole eccezione all'obbligo di rinvio pregiudiziale, nella prospettiva di una seria, reale e non formalistica cooperazione tra giudici nazionali e Corte di giustizia ai fini della corretta e uniforme applicazione del diritto dell'Unione in tutti gli Stati europei.
4. In conclusione, alla stregua di quanto esposto, il ricorso in appello va respinto.
Sussistono tuttavia, in ragione della complessità della questione giuridica trattata, le ragioni prescritte dalla legge per la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Campania, Salerno, sez. I, sent. n. 1563/2023.