Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana
Sentenza 26 febbraio 2024, n. 157
Presidente: de Francisco - Estensore: Chinè
1. Con ricorso dinanzi al TAR Sicilia - Catania, notificato in data 11 marzo 2023, e depositato in pari data, l'avv. Fabrizio M. ha chiesto l'ottemperanza alla sentenza del Tribunale di Messina in data 1° marzo 2017, n. 570, passata in giudicato.
Con il medesimo atto di gravame ha chiesto altresì la condanna del Ministero dell'economia e delle finanze al pagamento di una somma di denaro ai sensi dell'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a.
2. Nel giudizio di primo grado si è costituito il Ministero intimato, eccependo l'inammissibilità del ricorso in quanto parte ricorrente non avrebbe inviato le dichiarazioni propedeutiche al pagamento delle spettanze oggetto del giudicato del giudice ordinario, così non ponendo l'Amministrazione debitrice nelle condizioni di avviare il procedimento di liquidazione; parte ricorrente ha replicato con memoria, affermando che non vi sarebbe stato alcun obbligo del previo invio al Ministero di eventuali dichiarazioni propedeutiche al pagamento delle spettanze oggetto di ottemperanza, né risulterebbe comprensibile in cosa sarebbero dovute esattamente consistere, in concreto, tali dichiarazioni propedeutiche.
3. Con sentenza n. 2784 del 25 settembre 2023 il TAR Sicilia - Catania ha accolto il ricorso per l'ottemperanza, rilevando che:
- la sentenza di cui è stata chiesta l'esecuzione è passata in giudicato, giusta attestazione della Cancelleria del Tribunale di Messina datata 8 novembre 2017, è stata munita di formula esecutiva ed è stata notificata il 15 settembre 2017 al Ministero; pertanto, risulta decorso il termine dilatorio di 120 giorni di cui all'art. 14 del d.l. n. 669 del 1996, dalla data di perfezionamento di tale notificazione, a quella di decisione del ricorso;
- le difese dell'Avvocatura erariale non possono fare propendere per il rigetto del ricorso, attesa la loro genericità nell'indicare, quale fatto che avrebbe impedito al Ministero di adempiere, la mancata ricezione delle "... dichiarazioni propedeutiche al pagamento delle spettanze...".
Pertanto, il TAR, ritenendo provato "che non risulta essere stato dato esatto adempimento al disposto della sentenza di cui si chiede l'esecuzione", ha ordinato al Ministero resistente "di adottare i provvedimenti finalizzati a dare esatto adempimento alla sentenza in epigrafe nel termine di giorni sessanta dalla comunicazione in via amministrativa della presente pronuncia, o notifica di parte se antecedente", prevedendo, per il caso di ulteriore inadempienza, la nomina del commissario ad acta nella persona del dirigente dell'Ufficio X della Direzione dei servizi del tesoro del Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi del Ministero dell'economia e delle finanze, perché provveda, sotto la sua personale responsabilità, entro giorni sessanta dalla scadenza del predetto termine, a dare esecuzione al giudicato.
Ha, invece, respinto la richiesta di condanna dell'Amministrazione ai sensi dell'art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., "atteso che la previsione del meccanismo surrogatorio alla scadenza del termine dei sessanta giorni concessi all'Amministrazione, rende non necessaria la previsione di una condanna dell'amministrazione ai sensi della citata disposizione, essendo previsto un meccanismo di rapida eliminazione dell'inerzia".
4. Per la integrale riforma di tale sentenza, previa sospensione in via cautelare della sua efficacia ex art. 98 c.p.a., ha proposto appello il Ministero dell'economia e delle finanze, deducendo, e documentando, che il giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale di Messina n. 570 del 2017 è stato integralmente eseguito in seguito a procedura esecutiva incardinata dal creditore dinanzi al Tribunale di Messina (R.G.Es. 154/2023), avente ad oggetto il pignoramento presso il terzo Poste Italiane s.p.a., conclusasi con ordinanza di assegnazione emessa in data 8 maggio 2023.
Espone in sintesi parte appellante che il creditore ha omesso di dedurre in sede di giudizio di ottemperanza di avere portato ad esecuzione il medesimo titolo esecutivo in un parallelo processo esecutivo dinanzi al giudice ordinario e di avere ottenuto piena soddisfazione del proprio credito in data 13 giugno 2023, per detta via tenendo un comportamento in palese violazione del dovere di comportarsi con correttezza e buona fede.
5. Con memoria depositata in data 17 novembre 2023 si è costituito nel presente giudizio di appello l'avv. Fabrizio M., deducendo e documentando che:
a) per "mera disattenzione", dovuta all'esistenza di due sentenze gemelle, emesse in pari data, del Tribunale di Messina soggette ad esecuzione con ricorso per l'ottemperanza (nn. 570 e 571 del 2017), di cui soltanto la n. 570 del 2017 portata ad esecuzione parziale in data 13 giugno 2023, non è stata fornita tempestiva comunicazione al giudice dell'ottemperanza nel giudizio pendente dinanzi al TAR Sicilia - Catania (RG 379/2023);
b) in seguito al pagamento disposto dal terzo esecutato in data 13 giugno 2023, il credito portato dal giudicato è comunque stato soddisfatto soltanto parzialmente, a ragione della incapienza delle somme pignorate in sede di esecuzione civile.
6. Alla camera di consiglio fissata per la trattazione della istanza cautelare di sospensione dell'efficacia della sentenza gravata, previo avviso alle parti in ordine alla possibilità di definire la controversia con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 c.p.a., la causa è stata trattenuta in decisione.
7. L'appello è infondato e deve pertanto essere respinto.
8. Ai sensi dell'art. 112, comma 2, lett. c), del c.p.a., l'azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l'attuazione "delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario, al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato".
Tale azione è pacificamente esperibile anche per ottenere l'esecuzione delle pronunce del giudice civile, passate in giudicato, da cui discenda l'obbligo di pagare una somma di denaro.
In ossequio a giurisprudenza pacifica ed ormai sedimentata (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 31 marzo 2017, n. 1498; 8 aprile 2016, n. 1956; 8 aprile 2014, n. 1645) la scelta tra attivare l'[a]zione di ottemperanza e quella per l'esecuzione forzata dinanzi al giudice civile spetta esclusivamente al creditore, trattandosi di strumenti di tutela distinti, attivabili in via alternativa o anche congiuntamente, ciascuno nella pertinente sede, senza che i due rimedi si condizionino a vicenda, salvi, ovviamente, i riflessi derivanti dall'aver conseguito, per l'una o per l'altra via, quanto spettante.
9. Nel caso di specie è pacifico in atti che l'odierna parte appellata abbia proposto il ricorso per l'ottemperanza dinanzi al TAR Sicilia - Catania per l'esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale di Messina n. 570 del 2017 e, in parallelo, abbia iniziato il procedimento esecutivo dinanzi al Tribunale di Messina (R.G.Es. n. 154/2023). Il giudizio di ottemperanza è stato definito in primo grado con la sentenza appellata; il procedimento esecutivo, dopo il pignoramento presso il terzo Poste Italiane s.p.a., si è concluso con l'ordinanza di assegnazione somme in data 8 maggio 2023 ed il conseguente pagamento da parte del terzo pignorato in data 13 giugno 2023.
10. Ciò posto, l'appello si palesa privo di pregio, sia perché l'attivazione dei due rimedi, in via congiunta e contemporanea, configura una libera e legittima scelta del creditore, sia perché - come puntualmente documentato da parte appellata - il credito portato dal titolo azionato dinanzi al giudice dell'ottemperanza, a differenza di quanto erroneamente dedotto dall'appellante, non risulta integralmente soddisfatto in virtù del procedimento esecutivo dinanzi al giudice civile.
Ed invero, come risulta dalla notula in data 12 giugno 2023 (prodotta in atti da entrambe le parti), l'importo lordo dovuto ammonta ad euro 5.156,93, mentre l'importo lordo effettivamente liquidato ammonta ad euro 4.705,47 (v. nota Poste Italiane s.p.a. del 13 giugno 2023). Tale minore importo risulta liquidato in favore del creditore "nei limiti dell'importo disponibile", ovvero corrisposto in detta misura per insufficienza delle somme pignorate al debitore.
Ne discende, allora, con assoluta evidenza che, neanche in seguito alla procedura esecutiva attivata dal creditore dinanzi al giudice dell'esecuzione civile, il giudicato formatosi sulla sentenza del Tribunale di Messina n. 570 del 2017 non risulta integralmente ottemperato.
11. Per quanto concerne, infine, la doglianza di parte appellante riferita alla asserita violazione da parte del creditore dei precetti di buona fede e correttezza, consistita nella condotta omissiva di mancata comunicazione al giudice dell'ottemperanza del buon esito della procedura esecutiva attivata dinanzi al giudice dell'esecuzione civile, essa non può essere condivisa dal Collegio.
Parte appellata ha invero dedotto e documentato che la mancata comunicazione è dipesa dal fatto che in pari data il Tribunale di Messina ha pronunciato due sentenze "gemelle" (le nn. 570 e 571 del 2017) e che per entrambe sono stati attivati i due rimedi del giudizio di ottemperanza e dell'esecuzione forzata. A causa, verosimilmente, di mera disattenzione e di confusione tra i due titoli giudiziali, l'odierna parte appellante ha erroneamente ritenuto che, alla data della camera di consiglio del 14 settembre 2023, non fosse ancora intervenuto il soddisfacimento parziale della sentenza n. 570 del 2017 (circostanza veritiera per la sentenza n. 571 del 2017).
Ne discende che, nel comportamento processuale della parte dinanzi al TAR, non è ravvisabile alcuna volontarietà, né tanto meno alcuna intenzione di occultare il soddisfacimento parziale del credito per ottenere una indebita duplicazione dei pagamenti; e ciò a prescindere da ogni considerazione circa: a) l'irrilevanza di un'eventuale violazione degli obblighi deontologici del difensore rispetto alle sorti dei processi, anche esecutivi, da costui avviati nell'interesse della parte rappresentata; b) l'efficacia estintiva del pagamento (quand'anche conseguente all'esito di un'altra procedura esecutiva) solo ope ecceptionis, con conseguente onere processuale del debitore di eccepirlo nelle ulteriori procedure pendenti e non essendo perciò configurabile l'obbligo del creditore di dichiarare spontaneamente nel corso del giudizio l'aliunde perceptum.
Nondimeno, va da sé che è compito dell'ausiliario nominato dalla sentenza gravata considerare, in fase di calcolo del residuo debito, le somme che, eventualmente, risultino essere state percepite dal creditore prima, durante o dopo il giudizio di ottemperanza, fermo ovviamente restando a carico del debitore l'onere probatorio in ogni caso di contestazione dell'esistenza o dell'imputazione degli eventuali adempimenti, totali o parziali, di cui venga dedotta la sopravvenienza in altre sedi.
12. In conclusione, l'appello va integralmente respinto.
13. La peculiarità e parziale novità della res controversa giustifica la compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Note
La presente decisione ha per oggetto TAR Sicilia, Catania, sez. IV, sent. n. 2784/2023.