Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
Sezione I
Sentenza 5 gennaio 2024, n. 20
Presidente: Pupilella - Estensore: Viola
FATTO E DIRITTO
Il condominio "La Gallina" gestisce le parti comuni del complesso immobiliare denominato Villa La Gallina e posto in Firenze, Via del Pian dei Giullari 17; i sigg. L.C. e R. sono proprietari, ciascuno, di un'unità immobiliare sita nel suddetto complesso; in particolare, il sig. R. ha acquistato l'unità immobiliare di sua proprietà dalla stessa sig.ra L.C., con atto ai rogiti del notaio Gunnella del 12 novembre 2019, registrato il 14 novembre 2019 al n. 20179 serie 1T.
Il complesso è soggetto alla tutela monumentale ed artistica di cui al d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in forza del d.m. 5 novembre 1951 (pubblicato in G.U. n. 262 del 14 novembre 1951) ed è corredato da un ampio parco condominiale, porzioni del quale sono attribuite in uso esclusivo ad alcune unità immobiliari, comprese quelle dei ricorrenti.
A seguito della denuncia di alcuni abusi nell'area del giardino proposta da un condomino, la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Firenze e per le Province di Pistoia e Prato, con nota prot. n. 16345 del 4 agosto 2017, comunicava l'apertura di un procedimento per la rimessa in pristino dello stato dei luoghi ai sensi dell'art. 160 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; alla luce della suddetta comunicazione di avvio del procedimento, i condomini, nell'assemblea del 28 novembre 2017, approvavano a maggioranza un progetto di risistemazione, prevedente la ricollocazione di alcuni dei manufatti realizzati senza autorizzazione e l'eliminazione delle opere incompatibili con il vincolo; la detta deliberazione assembleare era però dichiarata nulla dal Tribunale di Firenze, II Sezione civile, con la sentenza 12 agosto 2020, n. 1847, che rilevava come si trattasse di progetto di risistemazione incidente sulle "caratteristiche architettoniche e di simmetria del giardino originariamente previste" e quindi di innovazione richiedente l'approvazione di tutti i condomini; la sentenza era impugnata dalla sig.ra L.C., con giudizio R.G. n. 371/2021 che risulta ancora pendente avanti alla Corte d'appello di Firenze, non essendo stata depositata la relativa sentenza.
Con il decreto 22 giugno 2018, DG ABAP rep. n. 644, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo - Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio - Servizio III ordinava ai proprietari "ai quali è attribuito l'uso esclusivo dei resedi o porzioni di resedi dove ricadono le opere medesime" di procedere alla riduzione in pristino, secondo le indicazioni e prescrizioni della competente Soprintendenza.
In data 11 ottobre 2018, il condominio "La Gallina" presentava all'approvazione dell'organo competente un progetto di risistemazione del giardino, con istanza di rilascio di nulla osta ai sensi dell'art. 21 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, sottoscritto anche da alcuni condomini (che non integravano comunque la totalità dei proprietari).
La Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Firenze e per le Province di Pistoia e Prato, con la nota 2 novembre 2022, prot. n. 28973, dichiarava non accoglibile il detto progetto, sinteticamente richiamando, in funzione motivazionale, la sentenza 12 agosto 2020, n. 1847 della II Sezione civile del Tribunale di Firenze ed il sottostante principio di "non accoglibilità di progetti non sottoscritti da tutti i condomini e non approvati all'unanimità dall'assemblea condominiale".
La successiva nota della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Firenze e per le Province di Pistoia e Prato 18 novembre 2022, prot. n. 30335 intimava all'amministratore del condominio "La Gallina" di procedere alla rimozione di tutti gli abusi sul bene vincolato, compresi quelli in precedenza ritenuti suscettibili di inserimento in un progetto unitario, specificando che solo dopo detta rimozione sarebbe stato possibile valutare un nuovo progetto unitario di risistemazione del giardino.
Da ultimo, il Ministero della cultura - Direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio - Servizio III, con la nota 6 dicembre 2022, prot. n. 43396, respingeva l'istanza di autotutela presentata dai legali della sig.ra L.C., rilevando la definitività del decreto 22 giugno 2018, DG ABAP rep. n. 644 e dei relativi obblighi di ripristino e la sostanziale irrilevanza, ai relativi fini, delle vicende privatistiche relative alla gestione del condominio ("le vicende privatistiche connesse al bene culturale che interessano i destinatari della sanzione non possono in alcuna misura essere oggetto di determinazioni di questo Dicastero né possono impedire e/o ritardare l'ottemperanza del citato provvedimento sanzionatorio").
I tre provvedimenti da ultimo richiamati erano impugnati dal condominio "La Gallina" e dai sigg. L.C. e R. che articolavano censure di: 1) violazione di legge (artt. 1102 e 1122 c.c.; principi emergenti), eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto dei presupposti, errore; 2) violazione ed erronea applicazione di legge: art. 282 c.p.c., difetto di esecutività della sentenza n. 1847/2020 del Tribunale di Firenze, eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto di istruttoria in punto di completezza e tempestività della stessa, illogicità, contraddittorietà, erroneità ed incongruenza della motivazione, sviamento, lesione del legittimo affidamento e del principio di buona amministrazione, violazione dell'art. 97 della Costituzione e dei principi emergenti, illegittimità riflessa dalla illegittimità delle note SABAP prot. n. 28973/2022 del 2 novembre 2022 e prot. n. 30335/2022 del 18 novembre 2022; 3) violazione di legge: artt. 21, 146 e 167 del d.lgs. n. 42/2004: difetto degli elementi essenziali del provvedimento di ordine di messa in pristino, violazione dei diritti di partecipazione procedimentale: artt. 9, 10, 10-bis della l. n. 241/1990; 4) in via subordinata: illegittimità dei provvedimenti impugnati nella parte in cui vincolano la presentazione di un'istanza di sanatoria ai sensi dell'art. 21 del d.lgs. n. 42/2004 alla preventiva messa in pristino dei luoghi, violazione di legge: artt. 3 e 97 Cost., art. 21 d.lgs. n. 42/2004, eccesso di potere per ingiustizia manifesta, irragionevolezza, violazione del principio di proporzionalità nell'azione amministrativa.
Si costituiva in giudizio il Ministero della cultura, limitandosi a depositare in giudizio il rapporto dell'Amministrazione e la relativa documentazione.
Alla camera di consiglio del 25 gennaio 2023, la Sezione sollecitava il contraddittorio ex art. 73, 3° comma, c.p.a. in ordine ad una "possibile inammissibilità del ricorso collettivo in ragione dell'ipotetico conflitto di interessi fra il condominio ed i titolari dell'uso esclusivo delle parti del giardino" e fissava pubblica udienza per la decisione del ricorso al 20 dicembre 2023.
In data 14 dicembre 2023, intervenivano in giudizio ad opponendum i condomini Holle Ryan C. e Derick Robert C., istando per il difetto di legittimazione del condominio e dei due condomini impugnanti (essendo stata ulteriormente impugnata in sede civile la determinazione assembleare di autorizzazione alla proposizione del ricorso) e chiedendo la sospensione del giudizio in attesa della definizione del detto contenzioso insorto avanti al Tribunale di Firenze ed attualmente pendente sub R.G. n. 5618/2023.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, risultando sicuramente violati i principi giurisprudenziali in materia di ammissibilità del ricorso collettivo.
Una pacifica giurisprudenza (in astratto, condivisa anche dai ricorrenti) ha, infatti, rilevato come, "nel processo amministrativo il ricorso collettivo, presentato da una pluralità di soggetti con unico atto, ... (risulti) ammissibile solo nel caso in cui sussistano - congiuntamente - i requisiti dell'identità delle situazioni sostanziali e processuali (di tal che si tratti di domande giudiziali identiche nell'oggetto, di atti impugnati aventi il medesimo contenuto e censurati per gli stessi motivi) e dell'assenza di un conflitto di interessi, anche solo potenziale, tra le parti; invero, anche nell'attuale cornice codicistica, la proposizione del ricorso collettivo rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda, in quanto tesa a tutelare un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal relativo titolare con separata azione: il che è, del resto, il precipitato tecnico della natura soggettiva della giurisdizione amministrativa, deputata ad erogare tutela giurisdizionale ad una posizione soggettiva lesa dall'azione amministrativa, non a veicolare un controllo oggettivo della legittimità dell'azione amministrativa stessa, scisso da una concreta lesione arrecata agli specifici interessi di un determinato consociato; per tal via, grava sui ricorrenti (in prospettiva restrittiva e rigorosa) la prova (ex ante e in astratto, trattandosi di uno scrutinio liminare sulla causa petendi della domanda ai fini dell'accertamento di una condizione dell'azione) della puntuale identità non solo di petitum, ma anche di causa petendi: cioè di oggetto e motivi del ricorso), oltreché dell'assenza di un conflitto di interesse anche solo potenziale; in tale prospettiva, è arbitrario postulare una possibile scissione a posteriori del ricorso distinguendo, in buona sostanza, tra motivi ammissibili e motivi inammissibili, essendo il ricorso giurisdizionale atto complessivamente unitario" (C.d.S., Sez. V, 1° settembre 2023, n. 8138; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 6 aprile 2023, n. 5812; T.A.R. Valle d'Aosta, 20 marzo 2023, n. 20; C.d.S., Sez. IV, 21 febbraio 2023, nn. 1774 e 1775).
Il panorama giurisprudenziale è poi completato da ulteriori decisioni che, assai opportunamente, aggiungono a quanto sopra già rilevato anche l'ulteriore considerazione relativa al fatto che "al giudice non è consentito scegliere a quale dei ricorrenti, in palese conflitto d'interessi, accordare tutela" (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. III, 14 luglio 2023, n. 1712), ovvero un'ulteriore coloritura che è certo insita nelle argomentazioni sopra richiamate, ma che evidenzia assai plasticamente come non sia percorribile altra strada che quella dell'inammissibilità.
Nel caso di specie, la semplice lettura del primo motivo di ricorso evidenzia, con assoluta chiarezza, come il condominio ricorrente abbia inteso rivendicare il proprio "difetto di legittimazione passiva ... rispetto all'ordine di messa in pristino", nei confronti dei condomini titolari di un diritto di uso individuale ex art. 1122 c.c. su una parte dell'area destinata a giardino, ovvero anche nei confronti dei due condomini (i sigg. L.C. e R.) che hanno congiuntamente presentato ricorso.
Con la prima censura, viene pertanto prospettata l'illegittimità dei provvedimenti impugnati, "assunti nei confronti del condominio e non dei singoli condomini titolari dell'uso esclusivo di porzioni del giardino condominiale in forza dei regolamenti condominiali contrattuali del 2004 e del 2010", così evidenziando un evidente conflitto di interessi tra il condominio ed i due condomini ricorrenti che non è meramente potenziale (come in alcune fattispecie decise dalla giurisprudenza), ma reale ed innegabile, non essendo possibile per il giudicante trovare una "terza soluzione" che possa sciogliere il conflitto tra le due legittimazioni alternative che è prospettato dalla censura.
In un contesto caratterizzato da tanta chiarezza, assolutamente infruttuoso risulta il tentativo della memoria conclusionale dei ricorrenti del 17 novembre 2023 di escludere il conflitto di interessi, prospettando una sostanziale "piena omogeneità tra le posizioni del condominio e quelle dei due condomini ricorrenti" che è completamente esclusa da quanto rilevato con riferimento al primo motivo di ricorso.
Alla luce delle precisazioni operate dalla già richiamata C.d.S., Sez. V, 1° settembre 2023, n. 8138, sostanzialmente inutile è poi anche il tentativo di valorizzare l'identità del petitum (l'annullamento dei provvedimenti di vari organi del Ministero della cultura), risultando evidente come non sussista per nulla quella identità di causa petendi richiesta dalla giurisprudenza, essendo presente almeno un motivo (il primo) che risulta caratterizzato da una causa petendi caratterizzata da evidente conflitto di interessi tra le parti.
Del pari inutile risulta poi il tentativo di prospettare una diversità "spaziale" tra le diverse posizioni con conseguente diversa legittimazione (i condomini agirebbero per le opere localizzate sulle aree di uso individuale, mentre il condominio per le opere site sulle parti comuni), quando l'intera impostazione del ricorso, la prima censura sopra richiamata ed il contenzioso civilistico insorto in proposito hanno sempre evidenziato come le opere abusivamente realizzate insistano solo su aree condominiali oggetto di diritto di uso individuale ex art. 1122 c.c. ai sensi dei (due) regolamenti condominiali e non su altre aree.
Sempre alla luce delle precisazioni operate da C.d.S., Sez. V, 1° settembre 2023, n. 8138 risulta poi irrilevante il fatto che il conflitto di interessi non sussista con riferimento alle censure di ricorso successive alla prima, risultando "arbitrario postulare una possibile scissione a posteriori del ricorso distinguendo, in buona sostanza, tra motivi ammissibili e motivi inammissibili, essendo il ricorso giurisdizionale atto complessivamente unitario".
Del tutto fuori luogo è poi il riferimento alla responsabilità solidale tra proprietario del bene e responsabile dell'abuso proprio della materia edilizia, in un contesto in cui risulta evidente come il primo motivo di ricorso abbia inteso, al contrario, rivendicare una responsabilità esclusiva dei due condomini titolari di diritto di uso individuale ex art. 1122 c.c. su parte del giardino e non la responsabilità congiunta dei tre soggetti ricorrenti.
In definitiva, il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e tale assorbente rilevazione esime la Sezione da ogni ulteriore considerazione in ordine all'istanza di sospensione del giudizio articolata dagli interventori ad opponendum; la sostanziale assenza di attività difensiva da parte del Ministero della cultura e l'evidente irritualità dell'atto di intervento ad opponendum (che non reca la prova delle notificazioni alle altre parti del giudizio e non risulta essere stato depositato nel termine previsto dall'art. 50, 3° comma, c.p.a.) permettono poi procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile, come da motivazione.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.