Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
Sezione I
Sentenza 29 dicembre 2023, n. 3222
Presidente: Vinciguerra - Estensore: Di Mario
FATTO E DIRITTO
1. Il ricorrente ha impugnato, con il ricorso introduttivo, il silenzio-rifiuto opposto dal consorzio Villa Reale e Parco di Monza all'istanza di accesso da lui presentata in qualità di consigliere comunale del Comune di Monza, ente partecipante al consorzio Villa Reale e Parco di Monza.
Con la suddetta istanza il consigliere comunale ha chiesto: le determine del direttore generale dal novembre 2020 alla data dell'istanza ed i contratti di appalto che il consorzio ha sottoscritto dal novembre 2020 alla data dell'istanza d'accesso. A tal fine ha dichiarato che l'ottenimento di tale documentazione è necessaria all'espletamento del proprio mandato elettivo.
Contro l'inerzia dell'amministrazione ha sollevato i seguenti motivi di impugnazione.
Violazione degli artt. 22 e ss. della l. 241/1990 e dell'art. 43 del d.lgs. 267/2000 in quanto il diniego gravato si pone come un inammissibile ostacolo al diritto di accesso del ricorrente al quale è, allo stato, impedito di operare un controllo sull'efficacia e la correttezza dell'operato dell'ente consortile anche sotto il profilo della gestione delle risorse pubbliche.
2. Il consorzio, con atto in data 11 ottobre 2023, ha respinto in modo espresso l'istanza in quanto: i documenti richiesti sono n. 678; gli estremi e l'oggetto di tali determine e di tali contratti, nonché delle relative procedure di affidamento, nessuno escluso, sono consultabili nella sezione Amministrazione trasparente; la notevole mole di documenti richiesti rende troppo oneroso per l'ente il suo soddisfacimento sia in formato cartaceo che digitale.
Contro il suddetto atto il ricorrente ha proposto motivi aggiunti di impugnazione, affidandoli ai seguenti motivi.
1) Violazione degli artt. 22 e ss. della l. 241/1990 e dell'art. 43 del d.lgs. 267/2000.
Il ricorrente lamenta che il rifiuto del consorzio di consegnare gli atti richiesti sarebbe ingiustificato, poiché l'amministrazione non dispone di una valutazione discrezionale in ordine alla verifica della sussistenza di un interesse all'accesso, ma deve - invece - prendere atto della mera circostanza che il richiedente sia un consigliere comunale in carica che intende esercitare il suo munus e deve prontamente mettersi a disposizione consegnando quanto richiesto, se - come nel caso in esame - illegalmente non pubblicato nella pagina amministrazione trasparente del sito dell'ente e come tale non facilmente consultabile.
2) Violazione dell'art. 97 Cost., degli artt. 1, 3-bis e 10-bis della l. 241/1990.
Secondo il ricorrente le dedotte difficoltà operative ben avrebbero potuto essere evitate se l'ente avesse pubblicato, di volta in volta, gli atti sul portale istituzionale nella sezione "Amministrazione trasparente" ai sensi del d.lgs. 33/2013, ma questa è situazione agevolmente risolvibile semplicemente provvedendovi nel più breve tempo possibile a tutela dei ricordati principi di buon andamento, efficienza e trasparenza dell'attività amministrativa, non apparendo tollerabile un così grave ritardo per tale adempimento. Né appare verosimile, anzi per certi versi è sorprendente, la dedotta impossibilità di provvedere all'ostensione delle copie richieste soprattutto in un epoca dove la digitalizzazione e l'informatizzazione costituiscono la regola.
La difesa del consorzio sostiene che l'art. 43, comma 2, d.lgs. 267/2000 non troverebbe applicazione nei confronti del consorzio in quanto non è ente dipendente dal Comune di Monza. Inoltre il consigliere non avrebbe esplicitato le effettive ragioni d'ufficio che lo hanno mosso, atteso che nell'istanza di accesso il consigliere fa genericamente riferimento al fatto che l'ottenimento della documentazione è necessario "all'espletamento del proprio mandato elettivo". Da ultimo il grande numero di atti richiesti non solo dimostrerebbe che l'istanza di accesso è generica e meramente esplorativa, ma comporterebbe anche conseguenze gravose e spropositate tali da congestionare l'attività del consorzio. Da ultimo le norme sulla pubblicazione degli atti sarebbero state osservate dal consorzio.
Alla camera di consiglio del 22 novembre 2023 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
2. In via pregiudiziale occorre precisare che i due ricorsi possono essere decisi con motivazione unica stante l'identità delle questioni trattate.
3. Venendo al merito il ricorso è infondato.
3.1. L'art. 43, comma 2, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recita: "I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge".
3.2. In primo luogo occorre precisare che secondo la giurisprudenza (C.d.S., Sez. V, sent. 13 agosto 2020, n. 5032) l'accesso agli atti esercitato dal consigliere comunale ai sensi dell'art. 43 d.lgs. n. 267 del 2000 ha natura e caratteri diversi rispetto alle altre forme di accesso, esprimendosi in un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento delle sue funzioni, ciò anche al fine di permettere di valutare - con piena cognizione - la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere tutte le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale.
3.3. Per tali ragioni, da un lato sul consigliere comunale non può gravare (e ciò sin da prima dell'introduzione nell'ordinamento dell'istituto dell'accesso civico generalizzato) alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio delle sue funzioni; d'altra parte dal termine «utili», contenuto nell'art. 43 d.lgs. n. 267 del 2000, non può conseguire alcuna limitazione al diritto di accesso dei consiglieri comunali, poiché tale aggettivo comporta in realtà l'estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l'esercizio delle funzioni.
3.4. Venendo al caso di specie, benché il consorzio in questione, in quanto ente partecipato, rientri tra gli enti dipendenti dal Comune di Monza, e quindi sia soggetto all'accesso dei consiglieri comunali, l'istanza è infondata.
Infatti la giurisprudenza (C.d.S., Sez. V, sent. 13 agosto 2020, n. 5032) ha chiarito che l'unico limite all'accesso del consigliere comunale è configurabile, in termini generali, «"nell'ipotesi in cui lo stesso si traduca in strategie ostruzionistiche o di paralisi dell'attività amministrativa con istanze che, a causa della loro continuità e numerosità, determinino un aggravio notevole del lavoro degli uffici ai quali sono rivolte e determinino un sindacato generale sull'attività dell'amministrazione (C.d.S., IV, 12 febbraio 2013, n. 846)" (C.d.S., V, 2 marzo 2018, n. 1298)».
Nel caso di specie il grande numero di atti richiesti, estesi all'intera attività dell'ente, costituisce un atto di controllo generalizzato del consorzio che fuoriesce dalle funzioni svolte dal consigliere comunale, il quale esercita l'accesso per "l'espletamento del proprio mandato". In tale ambito rientra la possibilità di richiedere il testo integrale degli atti e documenti in possesso dell'ente, ma non rientra la possibilità di richiedere in sostanza tutti gli atti prodotti dall'ente, volendo altrimenti il consigliere sostituirsi agli organi dello stesso ente nello svolgimento dei controlli sull'ente stesso.
Compete al richiedente la selezione preventiva del materiale di proprio interesse, attività propedeutica connaturata alle modalità dell'accesso, che non può mai avere finalità solo esplorative, ancorché il diritto sia esercitato da soggetto cui la legge riconosce una legittimazione rafforzata. Pertanto, è condivisibile l'assunto posto a fondamento del contestato diniego, secondo cui il rilascio di tutte le determine e tutti i contratti prodotti dal consorzio negli ultimi due anni si traduce in un accesso generalizzato e indiscriminato a tutta l'attività dell'ente stesso.
Né in senso opposto può valere la possibilità di soddisfare tale esigenza in modo semplificato mediante l'utilizzo di mezzi informatici, in quanto il limite imposto dalla legge non è solo funzionale all'ordinato svolgimento dei servizi ma attiene anche al corretto rapporto tra ente dipendente e componenti di un organo dell'ente vigilante.
Va rigettato da ultimo il profilo di gravame con cui si lamenta la violazione dell'art. 10-bis della l. n. 241/1990 per omessa notifica del preavviso di rigetto; tanto, in applicazione della irrilevanza dell'apporto procedimentale ai sensi dell'art. 21-octies della l. n. 241/1990. Secondo consolidati approdi giurisprudenziali, l'istituto partecipativo pretermesso va interpretato non in senso formalistico, ma avendo riguardo all'effettivo e oggettivo pregiudizio che la sua inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica amministrazione, sicché il mancato o l'incompleto preavviso di rigetto non comporta l'automatica illegittimità del provvedimento finale, quando, come nella fattispecie in esame, il giudice non può annullare il provvedimento per vizi formali, che non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale di un provvedimento, il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (C.d.S., Sez. II, n. 1081/2020).
4. In definitiva quindi il ricorso va respinto.
5. Sussistono giustificati motivi per compensare le spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.