Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 27 novembre 2023, n. 10158
Presidente: Montedoro - Estensore: Poppi
FATTO E DIRITTO
Con delibera di Consiglio comunale n. 33 del 13 maggio 2006 il Comune di Corato approvava il piano di lottizzazione denominato «Pandorea» comportante la suddivisione in più lotti di un'area di circa mq 28.488 disciplinata dal vigente PRG e dalle relative NTA come «ZONA CR - Estensiva Rada», assentendo la costruzione su ciascuno di essi di fabbricati residenziali.
La Società Ferrara Immobiliare s.r.l., proprietaria dell'area, richiedeva e conseguiva, per quanto di interesse nel presente giudizio, i permessi di costruire per la realizzazione sul lotto n. 3 di una villa unifamiliare A e una villa trifamiliare B (n. 7 del 3 febbraio 2010) e una ulteriore villa unifamiliare (n. 129 dell'8 luglio 2011).
Successivamente presentava:
- la D.I.A. n. 346/2010 del 16 giugno 2010, in variante al permesso di costruire n. 7/2010 per la modifica delle aperture e la realizzazione di una nuova distribuzione degli spazi interni relativamente ad entrambi i fabbricati;
- la S.C.I.A. n. 259/2011 del 1° luglio 2011, in variante alla citata D.I.A. n. 346/2010 riferita a modifiche delle aperture e della distribuzione degli spazi interni della Villa B;
- la S.C.I.A. n. 268011 dell'8 agosto 2011, in ulteriore variante alla D.I.A. n. 346/2010 per varianti alla distribuzione degli spazi interni della Villa B.
A seguito di sopralluogo del 9 novembre 2011 l'amministrazione, relativamente al manufatto assentito con p.d.c. n. 129/2011 (unico ancora non ultimato), accertava «una lieve discordanza in termini di sagoma di ingombro e di distanze rispetto ai confini ed una differente misura nelle altezze del 1° piano, rispetto ai grafici allegati al permesso di costruire» e sulla base di detti esiti ispettivi, con ordinanza n. 79 del 22 novembre 2011, sospendeva i lavori e, con successiva ordinanza n. 28 del 29 febbraio 2021, ingiungeva la demolizione delle difformità rilevate.
La misura da ultimo citata veniva impugnata con ricorso iscritto al n. 740/2012 che il T.A.R. per la Puglia respingeva con sentenza n. 1726 del 30 dicembre 2019.
La Società impugnava la decisione di primo grado con appello depositato il 16 ottobre 2020 riproponendo sostanzialmente le censure già oggetto del ricorso di primo grado.
Il Comune di Corato si costituiva formalmente in giudizio il 30 dicembre 2020 confutando le avverse censure con successiva memoria del 26 settembre 2022 con la quale, a sostegno della legittimità del proprio intervento, ribadiva l'esistenza dei profili di non conformità oggetto di contestazione.
In detta sede eccepiva, altresì, la mancata contestazione dell'ordinanza impugnata nella parte in cui veniva accertata la realizzazione della viabilità interna in difetto di titolo e in contrasto con la disciplina di comparto con conseguente formazione del giudicato sul punto.
L'appellante ribadiva le proprie posizioni replicando all'eccezione di giudicato con memoria depositata il 7 ottobre 2022.
All'esito dell'udienza del 27 ottobre 2022, con ordinanza n. 9644/2022, rilevata la necessità di chiarire «l'attuale consistenza e stato di fatto dell'immobile e, previo confronto con quanto assentito sulla base dei titoli rilasciati e con gli elaborati progettuali allegati alle relative istanze di rilascio, l'effettiva esistenza dei contestati profili di non conformità», veniva disposta una verificazione tesa ad accertare i fatti di causa.
Con successiva ordinanza n. 3371 del 31 marzo 2023, veniva reiterato l'ordine impartito con la precedente ordinanza n. 9644/2022, in esito al quale il Verificatore depositava la propria relazione in data 19 luglio 2023.
Il Comune, richiamando gli esiti della verificazione, insisteva per il rigetto dell'appello con memoria depositata il 23 ottobre 2023.
L'appellante, con memoria depositata in pari data, si limitava a reiterare le osservazioni già formulate in fase di verificazione alle quali il tecnico incaricato non avrebbe fornito risposta.
Il Comune replicava alle difese dell'appellante rilevando, con memoria del 31 ottobre successivo, l'insussistenza delle omissioni addebitate al Verificatore.
All'esito della pubblica udienza del 23 novembre 2023, la causa veniva decisa.
Preliminarmente allo scrutinio delle censure formulate avverso l'impugnata sentenza deve evidenziarsi che le realizzazioni riconducibili alla lottizzazione Pandorea hanno già costituito oggetto di una pluralità di provvedimenti repressivi adottati dal Comune di Corato in presenza di difformità ripetute in maniera sostanzialmente seriale relativamente a tutti i fabbricati realizzati sui diversi lotti, la cui legittimità veniva riconosciuta all'esito delle vicende processuali definite con sentenze della Sezione del 30 marzo 2017 nn. 1470, 1472, 1473, 1475, 1476, 1477, 1478, 1479, 1480 e da ultimo con decisione n. 5423 del 30 giugno 2022.
Quanto alla fattispecie di interesse, riferita alle realizzazioni interessanti il lotto 3, con l'impugnata ordinanza n. 23/2012, l'amministrazione contestava all'appellante la realizzazione di opere «in difformità dai titoli autorizzativi e dalle N.T.A. del Piano di Individuazione della Viabilità della zona Cr».
Le difformità dal titolo abilitativo venivano rilevate «in particolare rispetto ai grafici allegati al Permesso di Costruire n. 129/11» e specificate come di seguito riportato:
1) «realizzazione di una recinzione interna al lotto n. 3 costituita da rete metallica, che corre ortogonalmente rispetto alla strada condominiale di accesso al lotto stesso» non prevista;
2) «incremento dell'altezza media interna al piano primo ad uso abitativo»;
3) «incremento di volume derivante dalla maggiore altezza ricavata in primo piano»;
4) «differente distanza dell'immobile in oggetto rispetto alla viabilità interna delimitata dalla recinzione posta a confine con l'AQP (condotta suburbana...) e rispetto alla viabilità interna»;
5) «differente distanza del corpo di fabbrica in oggetto rispetto al confine con la viabilità interna, non individuata catastalmente, e con accesso dal civico 26 di Viale Pandorea»;
6) «creazione di una viabilità interna si servizio in assenza di titoli autorizzativi ed in difformità dalle N.T.A. del Piano di Individuazione della Viabilità della zona Cr».
Come in parte anticipato, l'appellante ripropone in appello le medesime censure già articolate in primo grado evidenziando «i profili di erroneità e/o ingiustizia rilevati in ordine alla appellata sentenza» e rilevando che il T.A.R. avrebbe fondato le proprie statuizioni sulle «risultanze di una verificazione estranea al procedimento in parola e che ha avuto corso in un altro giudizio» avente ad oggetto un diverso provvedimento demolitorio.
Dapprima ripropone le censure rivolte alle contestazioni n. 1, 2 e 4 di cui all'ordinanza impugnata.
Con una prima censura l'appellante contesta la qualificazione in termini di «vera e propria recinzione» di una «semplice rete metallica supportata da pali infissi nel terreno ed inserita all'interno della piantumazione a siepe realizzata all'interno del lotto» avente il solo scopo di delimitare i confini delle aree di pertinenza delle singole villette presenti sul lotto 3 e di fornire supporto alla siepe, come consentito dall'art. 8 delle N.T.A. a norma del quale è possibile delimitare le proprietà «mediante l'impianto di siepi vegetali mantenute ad altezza non superiore a metri 1,80».
Con una seconda censura, l'appellante contesta la decisione di primo grado laddove, omettendo di procedere ad una verificazione, riteneva il fondamento del contestato incremento dei volumi del primo piano ad uso abitativo determinato da un incremento dell'altezza interna, in difformità dal titolo e dalle N.T.A. del piano di viabilità, basandosi sulle sole allegazioni comunali: incremento dovuto all'esecuzione della misurazione sul rustico in «assenza di massetti pavimenti e rispetto al tavolato di copertura».
La contestazione, si afferma, veniva mossa in violazione di quanto disposto dall'art. 34, comma 2-ter, del d.P.R. 380/2001 a norma del quale «non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali».
L'altezza rilevata, pari a m. 2,85, avrebbe subito una riduzione di cm. 15 mediante posa dei massetti che elevavano il piano di calpestio dal piano di campagna determinando un'altezza effettiva di m. 2,70.
Rileva ulteriormente che il solaio, dello spessore di cm. 25 al momento dei rilievi, sarebbe stato completato in conformità alla disciplina in tema di coibentazione termica e acustica di cui alla l. r. n. 13/2008 raggiungendo lo spessore di cm. 40 di cui solo 30 computabili ai fini del calcolo della volumetria.
Anche le altezze del primo piano sovrastato da un solaio nervato, pari a n. 2,58 e 2,46 ai lati bassi e m. 3,25 al colmo, a finiture ultimate si sarebbero ridotte di cm. 15 ciascuna.
Il volume complessivo dell'immobile (piano terra e primo paio lati est e ovest), sarebbe, quindi, pari a mc. 408,35 a fronte di mc. 400,28 assentiti con un incremento pari a 1,45% inferiore al limite di tolleranza richiamato.
Il T.A.R. non avrebbe inoltre considerato (omettendo lo scrutinio di quanto esposto) che ai sensi della disciplina vigente parte degli scostamenti rilevati (altezze volumi e distanze) sarebbero «una diretta conseguenza dell'applicazione delle norme tecniche vigenti in materia di sostenibilità ambientale e risparmio energetico nelle civili abitazioni».
Ai sensi dell'art. 11 della l.r. n. 13/2008, infatti, «anche in deroga a quanto disposto dai regolamenti edilizi comunali, salvo quanto previsto dalla normativa sismica e dalle norme inerenti la difesa del suolo e la tutela del paesaggio, per le nuove costruzioni e per il recupero degli edifici esistenti ai sensi della presente legge non sono considerati nel computo per la determinazione dei volumi, delle superfici, delle distanze e nei rapporti di copertura, fermo restando il rispetto delle distanze minime previste dalla normativa statale:
a) il maggiore spessore delle murature esterne, siano esse tamponature o muri portanti, oltre i trenta centimetri;
b) il maggior spessore dei solai intermedi e di copertura oltre la funzione esclusivamente strutturale;
c) le serre solari, per le quali sussista atto di vincolo circa tale destinazione e che abbiano dimensione comunque non superiore al 15 per cento della superficie utile delle unità abitative realizzate;
d) tutti i maggiori volumi e superfici necessari al miglioramento dei livelli di isolamento termico e acustico o di inerzia termica, o finalizzati alla captazione diretta dell'energia solare, o alla realizzazione di sistemi di ombreggiamento alle facciate nei mesi estivi o alla realizzazione di sistemi per la ventilazione e il raffrescamento naturali.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche:
a) alle variazioni delle altezze massime, nonché alle distanze dai confini e dalle strade e tra gli edifici, qualora non comportino ombreggiamento delle facciate di terzi;
b) al computo della superficie utile e non residenziale in riferimento alla determinazione dei limiti massimi di costo per l'edilizia residenziale sovvenzionata e agevolata [...]».
Con il terzo motivo, l'appellante allega che anche con riferimento alla contestazione della violazione della distanza dalla viabilità interna, il T.A.R. si sarebbe attenuto agli esiti della citata diversa verificazione errando poiché il vialetto de quo non potrebbe essere qualificato come viabilità di lottizzazione non avendone le caratteristiche né la funzione.
Non avrebbe, infatti, la funzione di «distribuire i vari lotti» propria delle strade di lottizzazione ma si limiterebbe a consentire l'accesso «dalla strada di lottizzazione centrale di metri 10 (superiore ai 9,00 stabiliti dalle NTA)» dando vita ad un «percorso interno al lotto per raggiungere tutte le unità dello stesso lotto ai fini manutentivi del verde posto nella parte restante delle ville».
Detto percorso, si afferma, verrebbe individuato nei grafici di progetto allegati alla S.C.I.A. in variante n. 60/2011.
Richiamate nei suesposti sintetici termini le censure di parte appellante si riportano di seguito i quesiti sottoposti al Verificatore e le conclusioni dallo stesso rassegnate all'esito dell'accertamento condotto in contraddittorio con le parti (mediante trasmissione della bozza provvisoria della relazione peritale, acquisizione delle osservazioni e formulazione di conclusive repliche alle stesse in sede di stesura definitiva).
Il Collegio, con la citata ordinanza n. 9644/2022 chiedeva di accertare:
«- la conformazione della realizzata recinzione e, in particolare, il suo eventuale ancoraggio su un basamento in muratura (contestazione n. 1);
- l'esistenza di incrementi delle altezze interne e, in conseguenza di ciò, dei volumi realizzati, da valutarsi con riferimento allo stato definitivo della realizzazione nei termini assentiti, con quantificazione degli eventuali incrementi percentuali determinatisi (contestazioni nn. 2 e 3);
- la distanza dell'immobile dalle opere di viabilità interna e dal confine con l'AQP, nei termini contestati dall'amministrazione (contestazioni n. 4 e 5);
- l'esistenza di una viabilità interna non assentita e la conformità della stessa alle prescrizioni di cui alle NTA del Piano di Individuazione della Viabilità della zona Cr (contestazione n. 6)».
Quanto agli esiti della verificazione, si evidenzia che la relazione conclusiva, con priorità sulle risposte agli specifici quesiti formulati dal Collegio, analizza tutte le singole contestazioni oggetto dell'ingiunzione demolitoria descrivendo la situazione di fatto rilevata (pagg. 6-10 cui si rinvia) formulando di seguito le proprie conclusioni che si riportano in quanto sintetiche ed esaustive.
Circa la questione relativa alla conformazione della realizzata recinzione e, in particolare, il suo eventuale ancoraggio su un basamento in muratura (contestazione n. 1 e oggetto del primo quesito), il Verificatore accerta la presenza di «recinzioni del lotto di pertinenza della costruzione non riscontrate negli atti progettuali, realizzate con rete metallica in alcuni casi supportata da muretti sottostanti, meglio descritte nel corpo della relazione; in particolare, la recinzione sul versante nord ovest è costituita da rete metallica dell'altezza di cm 180, all'attualità completamente inglobata in una siepe vegetale molto fitta; non è stato possibile rilevare la presenza di una struttura sottostante in muratura».
Con riferimento all'esistenza di incrementi delle altezze interne e, in conseguenza di ciò, dei volumi realizzati, da valutarsi con riferimento allo stato definitivo della realizzazione nei termini assentiti ed alla quantificazione degli eventuali incrementi percentuali determinatisi (contestazioni nn. 2 e 3 e oggetto del secondo quesito), il Verificatore rilevava «altezze interne dei locali della unità ispezionata, difformi (maggiori) di quelle indicate negli atti progettuali, altezze riportate nel dettaglio nelle tabelle inserite nel corpo della relazione. Ciò comporta che la volumetria complessiva realizzata, come riscontrata dai rilievi, ammonta a mc 420,44 con una differenza in più rispetto a quanto riportato nei titoli autorizzativi rilasciati dal comune di Corato (P.d.C n. 129/2011) di mc 20,16, pari al 5,04% del volume assentito».
Relativamente alla distanza dell'immobile dalle opere di viabilità interna e dal confine con l'AQP, nei termini contestati dall'Amministrazione (contestazioni nn. 4 e 5 e oggetto del terzo quesito) accertava che «le distanze rilevate dal prospetto del fabbricato alla viabilità interna parallela alla viabilità principale sono pari al minimo a ml 5,08, mentre le distanze rispetto alla proprietà AQP (condotta suburbana Pertusillo) sono pari, al minimo a ml 10,46, valore maggiore di quello riportato nei grafici della lottizzazione. La distanza tra il corpo di fabbrica e l'area interna laterale sovrastante la condotta idrica, misurata in corrispondenza degli spigoli della sagoma della costruzione è pari, rispettivamente da nord verso sud, a ml 10,10 - ml 6,04 - ml 5,94; quindi nel solo ultimo caso, e solo in corrispondenza puntuale dello spigolo del fabbricato, risulta di poco inferiore al valore minimo di ml 6,00 previsto nella convenzione AQP S.p.A. del 10 aprile 2009 (o a volerla considerare strada interna, nelle N.T.A. del Piano Regolatore generale del comune di Corato per le zone Cr)».
Quanto, infine, alla questione riguardante l'esistenza di una viabilità interna non assentita e la conformità della stessa alle prescrizioni di cui alle N.T.A. del piano di individuazione della viabilità della zona Cr (contestazione n. 6 e oggetto del quarto quesito) è rilevata la «presenza di un area non edificata assimilabile ad una viabilità, ad andamento rettilineo, che si sovrappone ad una condotta idrica denominata "suburbana Corato" di AQP S.p.a.; nel piano di lottizzazione questa porzione di terreno non è qualificata come strada ma come zona di rispetto per la presenza della condotta; qualora fosse qualificata come strada, le N.T.A. del Piano Regolatore generale del comune di Corato per le zone Cr prescrivono per strade di questa tipologia, un distacco delle costruzioni pari a 6,00 ml.».
Le conclusioni de Verificatore vengono contestate dall'appellante rilevando, con riferimento:
- al primo quesito, che non risulterebbe accertata la presenza di una muratura sottostante alla recinzione;
- al terzo e quarto quesito, che sarebbero state accolte solo parzialmente le proprie osservazioni senza considerare che «l'area non è una viabilità ed infatti non presenta accessi alle ville, né la Ferrara Immobiliare potrebbe disporne in alcun modo» e che in ogni caso sarebbe rispettata la distanza;
- al secondo quesito, che il Verificatore non avrebbe motivato la ritenuta irrilevanza delle proprie osservazioni.
Ciò premesso deve evidenziarsi che il rispetto del principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale impone al giudice di estendere il proprio sindacato anche all'accertamento dei fatti operato sulla base di concetti giuridici indeterminati o di regole tecnico-scientifiche opinabili.
La sindacabilità di scelte che per loro natura incorporano valutazioni espressione del sapere specialistico si configura quale argine al rischio che la discrezionalità tecnica trasmodi in arbitrio specialistico.
In coerenza con tale principio, sono sindacabili in giudizio le sole valutazioni che si pongono al di fuori del perimetro dell'opinabile senza possibilità di sovrapporre un diverso convincimento a quello espresso dall'organo/ufficio deputato ad esprimersi sulla base di conoscenze estranee al patrimonio culturale del giudicante.
In presenza di giudizi espressione di discrezionalità tecnica, come già affermato dalla Sezione conformandosi al consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi circa la specifica questione, la verifica del rispetto dei limiti dell'opinabile tecnico-scientifico può svolgersi ricorrendo a strumenti processuali (quali la verificazione) che consentano di procedere ad un controllo intrinseco del contenuto tecnico discrezionale della determinazione censurata avvalendosi delle medesime conoscenze tecniche appartenenti alla scienza specialistica applicata dall'Amministrazione con esclusione, tuttavia, della possibilità di sostituire le valutazioni del giudice a quelle tecnico-discrezionali espresse dall'amministrazione (C.d.S., Sez. VI, 19 febbraio 2020, n. 1257).
In altri termini, il giudice «non è chiamato, sempre e comunque, a sostituire la sua decisione a quella dell'amministrazione, dovendosi piuttosto limitare a verificare se siffatta risposta rientri o meno nella ristretta gamma di risposte plausibili, ragionevoli e proporzionate, che possono essere date a quel problema alla luce della tecnica, delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto (in termini Cons. di Stato, Sez. VI, n. 6696/2021; Sez. II, n. 7772/2021; Sez. VI, n. 249/2022)» (C.d.S., Sez. VI, 3 febbraio 2022, n. 757).
Tale potere sostitutivo, a maggior ragione deve ritenersi escluso per la parte processuale che, nella misura in cui si spazi nel campo dell'opinabile, non può contestare le conclusioni dell'amministrazione né del verificatore incaricato mediante allegazioni altrettanto opinabili frutto di una diversa soggettiva valutazione propria o dei propri consulenti di parte.
Ne deriva che la contestazione delle valutazioni tecnico-discrezionali del Verificatore deve necessariamente intendersi limitata ai soli casi di travisamento dei fatti e di macroscopica illogicità ictu oculi rilevabili, tali da palesare, ancorché sotto il solo profilo sintomatico, un distorto esercizio del potere attribuito o rilevando la palese inattendibilità del percorso logico seguito dal verificatore sotto il profilo della metodologia utilizzata o dei criteri e parametri utilizzati.
Tali profili di illogicità, irragionevolezza e incongruità non si rinvengono nel caso di specie ove le conclusioni del Verificatore incaricato sono confutate dall'appellante mediante allegazioni frutto di diverse, e altrettanto opinabili, valutazioni che si offrono quali alternative agli esiti, già illustrati, determinatisi in fase procedimentale e riconosci[u]ti legittimi in giudizio.
Il Collegio non può, quindi, che fondare la propria decisione su quanto emerso in sede di verificazione, e sopra richiamato, evidenziando che il Verificatore considerava le osservazioni dell'appellante riferite alla risposta al secondo, terzo e quarto quesito accogliendole in parte mentre non condivideva integralmente le contestazioni riferite alla recinzione oggetto del primo quesito.
Come, infatti, anticipato, limitatamente al «versante nord», pur rilevando la presenza di una recinzione della metallica, il Verificatore rappresenta che «non è stato possibile rilevare la presenza di una struttura sottostante in muratura» che ne avrebbe determinato la non conformità.
Deve, quindi, ritenersi la correttezza della sentenza impugnata laddove riconosce la legittimità del provvedimento impugnato in primo grado, ad esclusione della contestazione della descritta recinzione metallica per la parte non installata su opere murarie.
Per quanto precede l'appello deve essere accolto limitatamente al profilo da ultimo esaminato (con salvezza, quindi, della recinzione metallica posta sul versante nord).
In ragione del descritto esito, le spese del doppio grado di giudizio vengono compensate per un sesto e per cinque sesti poste a carico della parte appellante nella misura liquidata in dispositivo.
È, altresì, a carico dell'appellante il compenso del Verificatore che si ritiene congruo nell'importo dallo stesso liquidato con atto depositato in data 18 luglio 2023.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte nei limiti di cui in motivazione.
Compensa in parte (un sesto) le spese del doppio grado di giudizio e in parte (cinque sesti) le pone a carico della parte appellante nella misura di euro 5.000,00 oltre oneri di legge.
Condanna l'appellante al pagamento delle spese di verificazione nei termini di cui in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.