Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Reggio Calabria
Sentenza 25 ottobre 2023, n. 780
Presidente: Criscenti - Estensore: Caudullo
FATTO E DIRITTO
1. Con atto di citazione notificato il 14-20 aprile 2016 il signor Rocco F. ha agito dinanzi al Giudice di pace di Locri per la condanna del Comune di Marina di Gioiosa Ionica al pagamento di un indennizzo ai sensi dell'art. 2045 c.c. per avergli ordinato la rimozione delle piante di fave coltivate sui terreni di sua proprietà in esecuzione dell'ordinanza sindacale n. 7 del 4 marzo 2015.
Con sentenza n. 772/2018 il Giudice di Pace di Locri dichiarava il proprio difetto di giurisdizione in favore del T.A.R. di Reggio Calabria ritenendo che l'ordinanza sindacale n. 7/2015 costituisse espressione del potere autoritativo della Pubblica Amministrazione.
2. Con ricorso notificato e depositato il 27 agosto 2018 il ricorrente ha riassunto il giudizio dinanzi a questo Tribunale.
3. Assume il signor Rocco F. che la pretesa risarcitoria scaturisce dall'applicazione retroattiva dell'ordinanza del 4 marzo 2015 con la quale è stato disposto il divieto di coltivazione delle fave nel raggio di almeno mt 300 in prossimità dell'immobile di usuale abitazione dei cittadini affetti da tale patologia o, comunque, in prossimità di strutture ad uso collettivo ed è stato, conseguentemente, disposto che nel caso di coltivazioni di fave attivate entro gli ambiti territoriali di divieto stabiliti dalla presente ordinanza, esse dovranno essere spianate, rimosse e/o distrutte a cura di coltivatori stessi.
Assume il ricorrente che, pur essendo innegabile la priorità del diritto alla salute di ogni cittadino, l'applicazione retroattiva dell'ordinanza gli ha comunque cagionato un danno ingiusto atteso che suddetta ordinanza, adottata il 4 marzo 2015, avrebbe dovuto essere applicata alle fasi di lavorazione dell'annata agraria successiva (periodo settembre 2015-marzo 2016) e non anche all'annata agraria compresa tra settembre 2014 e marzo 2015.
Essendo stato costretto a rimuovere coltivazioni avviate nel settembre 2004 allorché nessun divieto era ancora vigente, chiede che gli sia risarcito il danno ingiusto subito, quantificato in euro 3.000.
4. Si è costituito il Comune di Marina di Gioiosa Ionica eccependo l'inammissibilità del ricorso per genericità e per omessa impugnazione dell'ordinanza con cui è stata ordinata la rimozione delle piantagioni di fave.
L'amministrazione comunale ha, inoltre, eccepito l'intervenuta decadenza dell'azione risarcitoria essendo decorsi oltre 120 giorni dall'adozione dell'ordinanza.
In subordine la resistente ha contestato l'infondatezza del ricorso non avendo il ricorrente neanche dimostrato di aver effettivamente estirpato le piante o che la sua piantagione ricadesse nelle zone in cui vige il divieto.
5. All'udienza pubblica del 4 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Ritiene il Collegio che sia fondata e da accogliere l'eccezione di tardività sollevata dall'amministrazione comunale.
7. L'ordinanza da cui sarebbe scaturito il danno è stata adottata il 4 marzo 2015. All'ordinanza hanno fatto seguito due diffide (rispettivamente del 25 marzo 2015 e del 9 aprile 2015) a rimuovere le coltivazioni.
Ai sensi dell'art. 30, comma 3, c.p.a. "la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo".
Tale norma, se da un lato positivizza il definitivo superamento della c.d. pregiudiziale amministrativa - intesa come la necessità di dover previamente esperire la tutela demolitoria al fine di conseguire il ristoro dei pregiudizi ingiusti cagionati dall'attività provvedimentale della p.a. - dall'altro subordina l'azione risarcitoria esercitata in forma autonoma ad un rigoroso termine decadenziale di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui si è verificato il fatto lesivo ovvero dalla conoscenza del provvedimento dannoso (in termini, T.A.R. Abruzzo, Pescara, sent. n. 46/2021).
Il decorso di tale termine senza che sia stata tempestivamente esperita l'azione di condanna al risarcimento del danno ingiusto determina la decadenza da tale facoltà, con conseguente impossibilità di accesso di tale pretesa alla conoscenza del giudice.
Orbene, nel caso di specie, è ben vero che la domanda è stata proposta dapprima dinanzi al giudice ordinario e che la disciplina della c.d. translatio iudicii comporta la salvezza degli effetti, sostanziali e processuali, della domanda avanzata innanzi al giudice sfornito di giurisdizione. Tuttavia, tale salvezza non può spingersi fino al punto di rimettere nei termini un ricorrente che fosse già incorso in una decadenza (T.A.R. Palermo, Sez. II, 7 marzo 2017, n. 656, e Sez. I, 25 agosto 2017, n. 2106; T.A.R. Lazio, Sez. III-ter, 7 giugno 2017, n. 6710; T.A.R. Venezia, Sez. I, 21 gennaio 2013, n. 80).
Ai sensi dell'art. 11, comma 2, c.p.a., infatti, "Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato".
Tale norma va interpretata nel senso che la rituale riassunzione del giudizio nel termine di tre mesi decorrenti dal passaggio in giudicato della prima sentenza, benché astrattamente idonea alla conservazione degli effetti sostanziali e processuali dell'originaria domanda, non impedisce al giudice amministrativo di verificare se l'originaria pretesa, azionata per errore dinanzi al giudice ordinario, sia stata proposta entro il termine di decadenza (con specifico riferimento all'azione risarcitoria cfr. C.d.S., Sez. VI, 11 luglio 2016, n. 3031, che conferma T.A.R. Napoli, Sez. IV, 12 aprile 2012, n. 1354).
Come espressamente statuito dal Consiglio di Stato, «La c.d. translatio iudicii non può consentire l'elusione dei termini temporali posti, a pena di decadenza, a tutela delle posizioni giuridicamente protette dinanzi al giudice dotato di giurisdizione e l'art. 11, comma 2, c.p.a. ha espressamente tenuto "ferme" in materia le preclusioni e le decadenze intervenute. Infatti, Il principio della translatio iudicii è stato introdotto dall'art. 59 della l. n. 69/2009 allo scopo di evitare che le parti incorrano in preclusioni e decadenze a motivo delle incertezze nell'individuazione del giudice fornito di giurisdizione. Detto principio comporta, in buona sostanza, che, ai fini del rispetto del termine per ricorrere la domanda inizialmente proposta (erroneamente) davanti al giudice civile si finge proposta davanti al giudice amministrativo. Perché si abbia però tale utile effetto occorre che la causa civile sia stata introdotta entro lo stesso termine previsto per il ricorso al giudice amministrativo» (C.d.S., Sez. III, 13 aprile 2012, n. 940).
Ebbene, nel caso che occupa, il termine decadenziale per l'esercizio dell'azione risarcitoria innanzi al G.A., previsto dall'art. 30 c.p.a. risulta abbondantemente decorso già al momento dell'instaurazione del giudizio in sede civile, avvenuta con atto di citazione consegnato all'ufficiale giudiziario solo il 14 aprile 2016.
8. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato irricevibile pur sussistendo giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.