Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 25 settembre 2023, n. 8497

Presidente: De Nictolis - Estensore: Santini

FATTO E DIRITTO

Premesso che:

a) si controverte sulla denegata richiesta di concessione di occupazione di suolo pubblico per collocare tavolini e sedie all'esterno di un esercizio di intrattenimenti musicali e di somministrazione di alimenti e bevande;

b) la richiesta veniva respinta dal Comune di Roma per ragioni (l'attività di somministrazione sarebbe ampiamente ancillare rispetto a quella di intrattenimento) che il T.A.R. Lazio ha a suo tempo ritenuto condivisibili;

c) tale sentenza formava oggetto di appello sotto plurimi profili;

d) con ordinanza n. 388 del 12 aprile 2023, il Presidente di questa sezione dava avviso circa la presenza di possibili ragioni di definizione della controversia per questioni di rito (irricevibilità) e dunque dava avviso alle parti ai sensi dell'art. 72-bis c.p.a. Nella stessa ordinanza si chiedeva alla segreteria del T.A.R. Lazio se le comunicazioni sul deposito della sentenza fossero tutte andate a buon fine. Con nota del 12 maggio 2023 la segreteria del T.A.R. Lazio (Sez. II) dava riscontro alla suddetta ordinanza evidenziando il mancato invio dei suddetti avvisi di deposito;

e) si costituiva in giudizio l'appellata amministrazione comunale la quale, nel chiedere il rigetto del gravame, si soffermava diffusamente sulle anticipate ragioni di irricevibilità del gravame;

f) alla camera di consiglio del 21 settembre 2023 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusione ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.

Considerato che:

1) la sentenza di primo grado è stata pubblicata il 24 maggio 2019 e l'appello notificato soltanto il 5 aprile 2023: di qui la chiara violazione del termine "lungo" di cui all'art. 92, comma 3, c.p.a.;

2) come correttamente evidenziato dalla difesa dell'avvocatura comunale, la regola generale imposta dal c.p.a. è quella per cui le impugnazioni si propongono con ricorso notificato a pena di inammissibilità entro un termine perentorio. Tale termine, nello specifico per la proposizione dell'appello, si articola in un termine breve di 60 giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza e in un termine lungo di 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza. Tertium non datur. Dunque è irrilevante, ai fini della decorrenza di uno dei suddetti termini (breve oppure lungo), la comunicazione della segreteria che in effetti, come appurato nel caso di specie a seguito della ridetta ordinanza presidenziale, non risulta essere stata effettuata;

3) quel che rileva, come anticipato, è che tali termini debbano essere rispettati a pena di inammissibilità del gravame. Entro tali termini, come pacifico nel caso di specie, l'odierno appellante non ha notificato alcuna impugnazione;

4) la tesi della difesa di parte appellante è che la sentenza non solo non sarebbe stata notificata dalla p.a. ma neppure avrebbe potuto conoscerla dal momento che la segreteria del T.A.R. del Lazio avrebbe omesso ogni comunicazione di pubblicazione;

5) sul punto da ultimo evidenziato giova riportare la decisione della sesta sezione di questo Consiglio di Stato n. 546 del 7 febbraio 2017 secondo cui, in particolare:

"I.1. La tardiva comunicazione del deposito della sentenza da parte della cancelleria del T.A.R. non è idonea a differire il decorso del termine lungo. Ai sensi dell'art. 92, comma 3, c.p.a., «[i]n difetto della notificazione della sentenza», l'appello e le altre impugnazioni «devono essere notificati entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza» (analogamente dispone l'art. 327, comma 1, c.p.c.). In base all'art. 89, comma 2, c.p.a., la sentenza, dopo la sua sottoscrizione, «è immediatamente resa pubblica mediante deposito nella segreteria del giudice che l'ha pronunciata» (così anche l'art. 133, comma 1, c.p.c.). Di tale deposito il segretario dà atto apponendo in calce alla sentenza data e firma (art. 89, comma 3, c.p.a.). La previsione di un termine decadenziale di impugnazione indipendente dalla notificazione della sentenza (e da ogni altra comunicazione) trova fondamento nella necessità di sottrarre la pronuncia del giudice ad ogni discussione sulla sua incontrovertibilità. L'ampiezza del termine semestrale consente al soccombente di informarsi tempestivamente della decisione che lo riguarda, facendo uso della diligenza dovuta in rebus suis, a meno che la parte rimasta contumace non dimostri di non avere avuto alcuna conoscenza del processo.

I.2. Del resto, quando ha voluto, il legislatore ha espressamente attribuito rilievo processuale alla comunicazione del provvedimento ad opera della cancelleria, quale adempimento da cui decorre il termine di decadenza per il gravame (cfr. l'art. 1, comma 62, della l. n. 92 del 2012; l'art. 348-ter, comma 3, c.p.c.; l'art. 18, comma 13, l. fall.). Il carattere derogatorio e speciale di tali disposizioni risulta anche dal nuovo testo dell'art. 133, comma 2, c.p.c., secondo cui: «la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325 c.p.c.» (quindi a maggior ragione non è idonea a far decorrere il termine "lungo").

I.3. Anche secondo la giurisprudenza costante della Corte di cassazione, il termine annuale di impugnazione previsto dall'art. 327 c.p.c. è stabilito a pena di decadenza e decorre in ogni caso dalla pubblicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria, senza che rilevi l'omessa comunicazione da parte del cancelliere, a carico del quale può dar luogo solo ad una sanzione disciplinare (Cass., sentt. n. 17704 del 2010; n. 16004 del 2009; n. 11910 del 2003, n. 15778 del 2007, le quali hanno anche condivisibilmente ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 327 c.p.c. in riferimento all'art. 24 Cost.)";

6) dunque, in estrema sintesi: a) la comunicazione della segreteria non incide in alcun modo sulla decorrenza dei termini per la impugnativa dei provvedimenti giurisdizionali; b) i termini decorrono in ogni caso dalla pubblicazione della sentenza;

7) nel caso di specie risulta in questo modo irrilevante la mancata (o meglio erronea) comunicazione (avvisi di deposito della sentenza n. 6495 del 2019) così come evidenziato nella nota in data 12 maggio 2023 della segreteria del T.A.R. Lazio;

8) la stessa difesa di parte appellante sostiene altresì che "le ricerche della pubblicazione... della stessa Sentenza nel fascicolo telematico di I grado non sortivano alcun esito", senza tuttavia suffragare tali affermazione mediante più puntuali elementi o principi di prova (es. riproduzioni delle schermate del fascicolo elettronico da cui eventualmente non risultasse la pubblicazione della sentenza stessa).

9. Ricapitolando:

9.1) non v'è stata notificazione alcuna della sentenza di primo grado (dunque il termine breve non è scattato);

9.2) la pubblicazione della sentenza è in ogni caso avvenuta il 24 maggio 2019 ma il termine lungo non è stato pacificamente rispettato (notifica appello del 5 aprile 2023);

9.3) la lamentata omessa comunicazione di segreteria (avviso di deposito della sentenza di primo grado) è comunque irrilevante ai fini della utile decorrenza del termine di impugnazione;

9.4) nel caso di specie rilevava a tal fine (termine impugnativa) unicamente la data di pubblicazione della sentenza;

9.5) né la difesa di parte appellante ha fornito adeguata dimostrazione circa la prospettata omessa pubblicazione della sentenza di primo grado sul fascicolo telematico (oppure la impossibilità di accedervi).

10. Nei termini di cui sopra il ricorso in appello deve dunque essere dichiarato irricevibile per tardività (violazione termine lungo). Con compensazione in ogni caso delle spese di lite, data la natura delle rilevate circostanze di natura processuale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara irricevibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.