Consiglio di Stato
Sezione VI
Sentenza 7 agosto 2023, n. 7588

Presidente: De Felice - Estensore: Toschei

FATTO E DIRITTO

1. Il presente giudizio in grado di appello ha ad oggetto la richiesta di riforma della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, 31 agosto 2018, n. 262 con la quale il T.R.G.A. ha dichiarato inammissibile il ricorso (n. R.g. 43/2018) proposto dai signori Iris P. e Tocila S. per vedere annullati i seguenti atti e/o provvedimenti: a) il verbale di seduta n. 20 di data 29 novembre 2017 del Comitato edilizia residenziale della Provincia autonoma di Bolzano con cui è stato respinto il ricorso gerarchico presentato dai signori Iris P. e Tocila S. avverso il decreto n. 12819 del 12 luglio 2017, adottato dal direttore di ripartizione dell'Ufficio promozione dell'edilizia agevolata che aveva espresso il diniego dell'agevolazione edilizia nella pratica E/4, n. 1365/2016 - Agevolazione edilizia; b) il predetto decreto n. 12819 del 12 luglio 2017.

2. La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:

- in data 20 maggio 2016 veniva effettuata presso l'Ufficio promozione dell'edilizia agevolata della Provincia autonoma di Bolzano una simulazione per l'ottenimento di un'agevolazione edilizia per l'acquisto di un alloggio per il fabbisogno abitativo primario a favore dei signori Iris P. e Tocila S.;

- emergeva dalla precedente procedura che come la signora P. avrebbe avuto diritto al contributo massimo previsto per una famiglia composta da tre persone, pari ad euro 52.650,00;

- va aggiunto che, nell'atto nel quale era riprodotta la simulazione, si dava espressa notizia che la "simulazione allegata e consegnata al richiedente è compilata in base ai dati comunicati al funzionario dell'ufficio promozione dell'edilizia e il richiedente se ne assume ogni responsabilità (...). Oltre al controllo dei requisiti indispensabili per l'approvazione dell'agevolazione, l'ufficio, come previsto ai sensi della legge in vigore, controlla anche il patrimonio dei genitori e/o suoceri. Solo al momento dell'emissione del decreto da parte dell'Assessore, il richiedente ha la certezza della corresponsione dell'agevolazione";

- in seguito all'esito della surriferita procedura di simulazione i signori Iris P. e Tocila S., in data 13 giugno 2016, presentavano domanda all'amministrazione provinciale al fine di ottenere il contributo per l'acquisto della prima casa;

- accadeva però che, all'esito di ulteriori accertamenti eseguiti dai competenti uffici provinciali, emergeva un diverso quadro fattuale rispetto ai requisiti dichiarati dai richiedenti. In particolare si acclarava che costoro non avessero dichiarato gli immobili di proprietà della società "Pianta Design s.a.s.", nella quale il signor Peter P., padre della signora P., aveva una partecipazione pari al 33%, così come erano stati taciuti gli immobili di proprietà della società "Blumissima s.r.l.", nella quale il padre della signora P. aveva una partecipazione pari al 50%, tutto ciò in violazione dell'art. 47, commi 3, 4 e 5, l.p. n. 13/1998, dell'art. 8, secondo comma, l.p. n. 13/1998 e dell'art. 11 del d.P.G.p. n. 42/1999;

- nello specifico, dal nuovo conteggio effettuato dagli uffici in seguito alle ulteriori informazioni acquisite emergeva che il valore complessivo dei beni immobili di cui sopra ammontava a euro 4.946.999,51, somma dalla quale veniva detratta la quota esente pari ad euro 840.100,00 (in applicazione dell'art. 11, settimo comma, d.G.p. n. 42/1999, doc. 9, somma poi adeguata ad opera della d.G.p. n. 1317/2015), sicché l'importo residuo pari a euro 4.106.899,49, suddiviso per il numero dei figli del signor Peter P. (n. 2), ammontava a euro 2.053.449,75. Detraendo dal valore convenzionale dell'alloggio da acquistare pari a euro 229.136,88 la quota spettante al richiedente (euro 2.053.449,75), non restava alcun importo da finanziare;

- in conseguenza di ciò l'ufficio procedente comunicava agli interessati i motivi ostativi all'accoglimento della domanda di contributo;

- il procedimento proseguiva dopo che, in seguito alla concessa audizione dei signori Iris P. e Peter P., alla presenza del signor Tocila S., il valore complessivo dei beni immobili facenti capo al padre della signora Iris P. era ridotto dall'ufficio procedente (da euro 4.946.999,51) a euro 4.469.663,49 ma ciò non evitava la conferma dei motivi ostativi comunicati e la reiezione della domanda di agevolazione edilizia, con decreto del direttore di ripartizione dell'edilizia abitativa n. 12819/2017 del 12 luglio 2017;

- tale provvedimento era impugnato con ricorso gerarchico dinanzi al Comitato per l'edilizia residenziale (CER) che, con il verbale della seduta n. 20 del 29 novembre 2017, confermava la reiezione della domanda a suo tempo proposta;

- nei confronti di tale ultima decisione e del decreto direttoriale n. 12819/2017 era proposto ricorso giurisdizionale dai signori P. e S. dinanzi al T.R.G.A. di Bolzano;

- il T.R.G.A. di Bolzano dichiarava inammissibile il ricorso, non entrando nel merito delle questioni contenziose sollevate dai ricorrenti, avendo rilevato che "Dalla relazione di notifica agli atti risulta che il presente ricorso è stato notificato esclusivamente mediante PEC agli indirizzi PEC adm@pec.prov.bz.it e wohnbaufoerderung.promozioneedilizia@pec.prov.bz.it, entrambi risultanti dall'Indice delle Pubbliche Amministrazioni", quando invece "ai fini della validità della notifica per via telematica di un atto processuale a un'amministrazione pubblica nel processo amministrativo deve utilizzarsi in via esclusiva, a pena di inammissibilità, l'indirizzo PEC inserito nell'elenco tenuto dal Ministero della Giustizia, di cui all'art. 16, comma 12, del D.L. n. 179 del 2012" (così, testualmente, alle pagg. 4 e 5 della sentenza qui oggetto di appello).

3. Propongono quindi appello, nei confronti della suddetta sentenza di primo grado, i signori Iris P. e Tocila S., rilevando la erroneità della decisione assunta da[l] primo giudice.

Infatti, «l'art. 3-bis l. 53/1994, a seguito di numerose e tormentate modifiche, prevede oggi che la notifica vada effettuata "esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi", rinviando poi per la identificazione dei pubblici elenchi a quelli previsti dall'art. 16-ter del decreto-legge 179/2012. In quest'ultima norma alla lettera B è previsto l'elenco di cui all'art. 16, comma 12, d.l. 179/2012, nel quale dovrebbero convergere gli indirizzi appositamente comunicati dalle pubbliche amministrazioni al Ministero della Giustizia» (così, testualmente, a pag. 5 del ricorso in appello). Il T.R.G.A. di Bolzano, nel caso di specie, ha fatto propria una non condivisibile tesi restrittiva offerta dalla giurisprudenza in merito alla interpretazione della norma sopra richiamata, non considerando che: a) "l'elenco oggi indicato dall'art. 16, comma 12, d.l. 179/2012 non è pubblico, ma esplicitamente ristretto alla consultazione esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati"; b) «se imperativa ed esclusiva è la prescrizione di utilizzare un pubblico registro, non "esclusiva" è invece la elencazione dei pubblici registri, che deve ritenersi essere fondata più sul carattere della pubblica riconducibilità dell'indirizzo al soggetto, per sua dichiarazione, che su una elencazione tassativa» (così ancora, testualmente, a pag. 5 del ricorso in appello).

In altri termini il giudice di primo grado, quanto meno, avrebbe dovuto concedere ai ricorrenti il beneficio dell'errore scusabile in quanto, dato per pacifico che il ricorso di primo grado "sia stato notificato mediante PEC agli indirizzi PEC adm@pec.prov.bz.it e wohnbaufoerderung.promozioneedilizia@pec.prov.bz.it.", va detto che "il primo indirizzo PEC corrisponde all'indirizzo PEC pubblicizzato dalla Provincia Autonoma di Bol[z]ano sulla homepage del sito istituzionale come indirizzo generale per le notifiche da effettuare alla Provincia. Il secondo sito corrisponde, invece, a quello indicato dalla Provincia sulla pagina in cui la stessa Provincia pubblica tutti gli indirizzi di Posta Elettronica Certificata delle proprie ripartizioni e degli Uffici" (così, testualmente, a pag. 8 del ricorso in appello), appare evidente che, seguendo anche l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale deve "ritenersi che l'Indice PA sia un pubblico elenco in via generale e, come tale, utilizzabile ancora per le notificazioni alle P.A." (C.d.S., Sez. IV, 12 dicembre 2018, n. 7026), il T.R.G.A. avrebbe dovuto ritenere ammissibile il ricorso, ispirandosi doverosamente "al principio sancito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (sentenza del 18 aprile 2016, n. 7665) e confermato dalla Cassazione con ordinanza del 16 febbraio 2018, n. 3805, secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato" (così ancora, testualmente, a pag. 8 del ricorso in appello). Sicché erroneamente il T.R.G.A. ha ritenuto di non dover applicare l'istituto della concessione dell'errore scusabile ai sensi dell'art. 37 c.p.a.

4. Affermato quanto sopra e ritenuto che, per ciò, il giudice di appello non può che riformare la sentenza di primo grado e dichiarare ammissibile il ricorso in quella sede proposto, i signori Iris P. e Tocila S. reiterano, in questa sede, le censure già dedotte nel giudizio di primo grado nei confronti dei provvedimenti impugnati e non scrutinate dal T.R.G.A. di Bolzano, ritenendo detti provvedimenti illegittimi e meritevoli di annullamento.

I motivi con i quali vengono aggrediti nel merito i provvedimenti principalmente impugnati in primo grado possono così sinteticamente essere riassunti:

I) illegittimità dell'atto impugnato per illogica, contraddittoria ed illegittima applicazione della norma di cui all'art. 46, comma 2, l.p. 13/1998 - eccesso di potere per contraddittorietà - travisamento ed erronea valutazione dei fatti - erronea valutazione ai fini della domanda del patrimonio aziendale delle società "Pianta Design S.a.s." e "Blumissima S.r.l.". In modo non corretto l'amministrazione provinciale ha considerato, ai fini del calcolo del patrimonio immobiliare di proprietà dei genitori, non solo gli immobili di natura abitativa, come previsto dalla legge, ma anche tutti gli immobili aziendali, poiché in virtù dell'art. 46, comma 2, l.p. 13/1998 ai fini del calcolo del patrimonio immobiliare per ottenere il previsto contributo debbono essere prese in considerazione solo le abitazioni;

II) illegittimità del decreto del Comitato per l'edilizia residenziale n. 20 del 29 novembre 2017, nonché del decreto di diniego n. 12819/2017 del direttore di ripartizione - Ufficio promozione dell'edilizia agevolata per illegittimità dell'art. 11 del decreto del Presidente da Giunta provinciale n. 42 del 15 luglio 1999. Per le medesime ragioni di cui alla prima censura sopra riassunta, atteso che i valori dei beni immobili in sede di valutazione sono stati determinati in base ai criteri stabiliti dall'art. 11 del decreto del Presidente della Giunta provinciale 15 luglio 1999, n. 42, detti criteri non possono, però, trovare applicazione, essendo palesemente illegittimi ed in contrasto con quanto stabilito dalla norma di rango superiore;

III) illegittimità dei provvedimenti impugnati per illegittima assunzione di informazioni non richieste - eccesso di potere per travisamento di fatti. Riferiscono gli appellanti che dagli atti procedimentali emerge che l'amministrazione provinciale ha assunto di propria iniziativa e d'ufficio le informazioni che hanno condotto all'adozione del provvedimento di diniego della richiesta di riconoscimento del contributo per l'acquisto della prima casa. Tale autonoma iniziativa va considerata illegittima perché non consentita da alcuna norma che autorizzi l'amministrazione a svolgere tali indagini, né l'amministrazione provinciale ha indicato quale fosse la norma sulla scorta della quale tale iniziativa è stata assunta. A ciò si aggiunga che "Il provvedimento del Comitato per l'edilizia residenziale del 29 novembre 2017 qui impugnato è carente di motivazione nella parte in cui non prende in considerazione il motivo di impugnazione formulato dai ricorrenti nel ricorso gerarchico relativo al fatto che non sono da prendere in considerazione le partecipazioni immobiliari aziendali" (così, testualmente, a pag. 18 del ricorso in appello).

5. Si è costituita nel presente giudizio (non avendolo fatto nel giudizio di primo grado) la Provincia autonoma di Bolzano, eccependo due preliminari questioni in rito, e nello specifico: a) inammissibilità del ricorso per illegittima introduzione di nuovi motivi di ricorso non proposti in sede di ricorso gerarchico; b) inammissibilità del ricorso in appello per genericità.

Nel merito la difesa provinciale ha sostenuto la condivisibilità e la correttezza della sentenza di primo grado nell'aver dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado perché la notifica del medesimo ricorso all'amministrazione provinciale è avvenuta attraverso una comunicazione PEC ad indirizzo diverso rispetto a quello presente nei Registri di giustizia. Né poteva farsi luogo all'applicazione dell'istituto di cui all'art. 156 c.p.c. non avendo raggiunto la notifica errata l'obiettivo sostanziale, atteso che è incontestato che la Provincia autonoma di Bolzano non si sia costituita in giudizio in primo grado. Neppure sarebbe invocabile l'errore scusabile, dal momento che "Non coglie neppure nel segno la circostanza che l'indirizzo PEC adm@pec.prov.bz.it sarebbe pubblicato sul sito istituzionale della Provincia e costituirebbe l'indirizzo a cui ogni cittadino può rivolgersi: nel caso di specie trattasi, infatti, di una difesa tecnica la cui posizione risulta ben differenziata da quella di un qualsiasi cittadino" (così, testualmente, a pag. 13 della memoria di costituzione dell'amministrazione provinciale).

Sulle questioni di merito, oltre alla sollevata inammissibilità, la difesa della provincia appellata ha analiticamente contestato la fondatezza delle avverse prospettazioni, chiedendo la reiezione del mezzo di gravame proposto.

Le parti costituite in giudizio hanno presentato, nel corso del processo, ulteriori memorie, anche di replica, e documenti, confermando le conclusioni già rassegnate negli atti processuali precedentemente depositati nel fascicolo digitale del processo.

6. Si può prescindere, ad avviso del Collegio, dallo scrutinio delle due questioni preliminari sollevate in appello dalla difesa della Provincia autonoma di Bolzano, in quanto va pienamente confermata la decisione del giudice di prime cure che ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto in primo grado perché non notificato all'indirizzo PEC del Registro del Ministero della giustizia riferito alla odierna amministrazione appellata.

Come è noto, con riferimento alla notificazione degli atti processuali nei confronti delle amministrazioni difese dall'Avvocatura dello Stato (e in genere delle pubbliche amministrazioni), è stato chiarito in giurisprudenza (cfr., tra le molte, C.d.S., Sez. VII, 7 giugno 2022, n. 4658) che l'uso di un indirizzo PEC diverso da quello presente nei pubblici elenchi è causa di nullità della notifica.

Infatti, i pubblici registri degli indirizzi PEC rilevanti per effettuare valide notificazioni al domicilio digitale delle Pubbliche amministrazioni sono: a) il Registro PP.AA.; b) il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (REGINDE), gestito dal Ministero della giustizia, che contiene gli indirizzi PEC delle amministrazioni pubbliche, nonché l'indirizzo di posta elettronica certificata dei soggetti abilitati esterni. Il Registro IPA (Indice delle Pubbliche amministrazioni e dei gestori dei pubblici servizi) rileva, esclusivamente, quale pubblico elenco, in via sussidiaria, per le amministrazioni che non abbiano provveduto a comunicare il proprio indirizzo PEC ai fini dell'inserimento nel registro REGINDE, utilizzabile per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l'invio di documenti validi a tutti gli effetti di legge tra le pubbliche amministrazioni, i gestori di pubblici servizi e i privati (cfr., anche, C.d.S., Sez. III, 11 novembre 2022, n. 8674, e Sez. IV, 11 giugno 2021, n. 4489).

Nel caso di specie è documentalmente dimostrato che fosse noto l'inserimento dell'indirizzo PEC riferito alla Provincia autonoma di Bolzano nel Reginde del Ministero della giustizia e che, dunque, la notifica doveva essere correttamente effettuata presso tale indirizzo digitale, a pena di nullità. La notifica è invece intervenuta presso gli indirizzi PEC "adm@pec.prov.bz.it" e "wohnbaufoerderung.promozioneedilizia@pec.prov.bz.it", ma non all'indirizzo PEC "anwaltschaft.avvocatura@pec.prov.bz.it", comunicato dalla Provincia autonoma di Bolzano al Ministero della giustizia, inserito nell'elenco tenuto dallo stesso Ministero e quindi noto (e pubblico) per la notifica di atti giudiziari.

Né può farsi applicazione, nel caso di specie, dell'istituto della sanatoria della notifica, ai sensi dell'art. 156 c.p.c., in forza del principio del raggiungimento dello scopo, non essendosi la Provincia autonoma di Bolzano costituita nel giudizio di primo grado.

7. Fermo quanto sopra e ribadita l'interpretazione delle norme su richiamate fatta propria dal Collegio, il che provoca la conferma della decisione assunta dal T.R.G.A. di Bolzano, il medesimo Collegio non può ignorare che la Sezione, in alcuni precedenti specifici sul tema, ha ritenuto di poter fare applicazione dell'istituto processuale dell'errore scusabile, ai sensi dell'art. 37 c.p.a.

Si è in tal senso affermato che (cfr. C.d.S., Sez. VI, 29 aprile 2020, n. 2754, qui di seguito testualmente riprodotta nello stralcio rilevante ai fini del presente giudizio, in un caso giudiziario pressoché sovrapponibile a quello qui in esame), «Alla luce di una lettura sistemica delle disposizioni normative, di fonte primaria e secondaria, che disciplinano le notifiche a mezzo PEC in ambito PAT, si rileva che:

- la PEC da utilizzare per la rituale notificazione del ricorso alle pubbliche amministrazioni è quella tratta dall'elenco tenuto dal Ministero della giustizia, di cui all'art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, convertito dalla l. n. 221/2012 (in tal senso, C.d.S., Sez. III, 22 ottobre 2019, n. 7170, secondo cui per le notifiche alla P.A. occorre utilizzare gli indirizzi PEC dell'elenco del Ministero della giustizia, escludendo ogni forma di equipollenza);

- in particolare, l'art. 14, comma 2, d.P.C.m. 16 febbraio 2016, n. 40 (Regolamento recante le regole tecnico-operative per l'attuazione del PAT), prevede che le notificazioni alle pubbliche amministrazioni non costituite in giudizio siano eseguite agli indirizzi PEC di cui al citato art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012 (fermo quanto previsto dal r.d. n. 1611/1933 sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, che qui tuttavia non viene in rilievo);

- ai sensi del citato art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, le pubbliche amministrazioni hanno l'onere di comunicare al Ministero della giustizia l'indirizzo PEC valido ai fini della notificazione telematica nei loro confronti, da inserire nell'elenco ReGIndE;

- l'art. 16-ter d.l. n. 179/2012 e ss.mm.ii., applicabile anche alla giustizia amministrativa per il comma 1-bis, nell'indicare i pubblici elenchi di indirizzi PEC utilizzabili per comunicazioni e notificazioni, tramite più rinvii ad altre disposizioni di legge, sembrerebbe non menzionare più, dopo le novelle del 2014 e del 2017, in modo chiaro i registri INI ed IPA di cui all'art. 16, comma 8, d.l. n. 185/2008 tra i pubblici elenchi, dai quali estrarre gli indirizzi PEC ai fini della notificazione degli atti giudiziari, che invece era richiamato nella versione originaria della norma; in realtà, ricostruendo la complessità dei vari richiami svolti, il rinvio all'art. 6-bis del d.lgs. 82 del 2005 fa ancora menzione del domicilio (INI-PEC) e si può profilare all'interprete la questione della possibile antinomia, non comprendendosi tuttavia appieno la avvenuta abrogazione implicita;

- dall'altro lato, altra giurisprudenza, ha sostenuto che la notifica effettuata via Pec all'indirizzo tratto dall'elenco presso la PA è efficace, "soprattutto" quando essa non abbia adempiuto all'obbligo di comunicare l'eventuale diverso indirizzo nell'elenco del Ministero della giustizia (C.d.S., III, 27 febbraio 2019, n. 1379), inadempimento che non riguarda la fattispecie in esame, ma che pone il problema della necessità assoluta della iscrizione solo presso l'elenco ReGIndE (Ministero della giustizia).

Pur dovendosi, in applicazione di tale complesso assetto normativo, a conferma in parte qua dell'impugnata sentenza, sulla scorta della recente giurisprudenza della Sezione, ribadire la esigenza della notifica presso l'elenco del Ministero della giustizia (VI, 2256 del 2020), affermandosi la nullità della notificazione del ricorso introduttivo di primo grado, effettuata non all'indirizzo PEC inserito nell'elenco ReGIndE, ma all'indirizzo dell'elenco pubblico INI, non può non tenersi conto della difficoltà a ricostruire il quadro normativo (e anche i formanti giurisprudenziali).

Proprio in quanto la esegesi della suddetta disciplina ha avuto contrastanti approdi in giurisprudenza, rinvenendosi anche orientamenti (quali quelli su richiamati) inclini a riconoscere validità della notifica a mezzo PEC del ricorso effettuata all'amministrazione all'indirizzo tratto dagli elenchi INI ed IPA, non può che accordarsi il beneficio della rimessione in termini ex art. 37 c.p.a.» (cfr., sostanzialmente nello stesso senso e più di recente, C.d.S., Sez. V, 1° luglio 2022, n. 5496).

8. Nondimeno, nel caso oggetto del presente contenzioso, la questione processuale circa l'applicabilità dell'istituto dell'errore scusabile, ai sensi dell'art. 37 c.p.a., è recessiva, in quanto il ricorso di primo grado avrebbe dovuto essere respinto nel merito attesa l'infondatezza dei motivi dedotti in quella sede dagli odierni appellanti (e le riproposte censure in sede di appello).

Emerge dagli atti del procedimento, depositati nel fascicolo digitale del presente processo, che la domanda di ottenimento dell'agevolazione di cui all'art. 46 l.p. 13/1998 era esclusa in forza dell'art. 47, commi 3, 4 e 5, e dell'art. 8, secondo comma, l.p. 13/1998 e non, come sostengono gli appellanti, in ragione dell'art. 46, comma 2, della medesima legge provinciale (a mente del quale: "Sono esclusi dalle agevolazioni edilizie provinciali per la costruzione e l'acquisto di abitazioni i richiedenti i cui genitori, suoceri o figli siano proprietari, in località facilmente raggiungibile dal posto di lavoro o di residenza del richiedente, di una superficie abitabile il cui valore convenzionale sia superiore all'importo risultante dal valore convenzionale di un alloggio popolare di 100 metri quadrati, moltiplicati per il numero dei figli aumentato di un'unità. Dal valore convenzionale delle abitazioni vengono detratti i mutui ipotecari assunti per la costruzione o l'acquisto di tali abitazioni. Ai fini del calcolo si considerano anche le abitazioni alienate nei cinque anni antecedenti la presentazione della domanda. Agli effetti del presente comma sono considerate anche le abitazioni di proprietà di società di persone o di società a responsabilità limitata delle quali facciano parte i genitori o i suoceri. Non si tiene conto del patrimonio abitativo dei suoceri in caso di morte del coniuge da cui deriva il vincolo di affinità, nonché in caso di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio"), atteso che il valore del patrimonio immobiliare dei genitori della signora P. non rimaneva alcun importo da finanziare (per come emerge chiaramente dalla comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda del 13 aprile 2017 e dal decreto di diniego del 12 luglio 2017).

L'art. 47, commi 3, 4 e 5, l.p. 13/1998 (nella versione precedente rispetto alla novellazione intervenuta in virtù della l.p. 6 luglio 2017, n. 8 e della l.p. 23 luglio 2021, n. 5 e che deve essere presa qui in considerazione stante la presentazione della domanda di accesso al beneficio nell'anno 2016) stabilisce che: "(3) Nella valutazione delle condizioni economiche della famiglia si tiene conto della consistenza del patrimonio immobiliare dei genitori, suoceri e figli anche non conviventi. Non si tiene conto del patrimonio dei suoceri in caso di morte del coniuge da cui deriva il vincolo di affinità, nonché in caso di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. (4) I richiedenti devono indicare la consistenza del patrimonio immobiliare dei genitori, dei suoceri e dei figli mediante dichiarazione resa ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15. (5) Con regolamento di esecuzione è stabilito il punteggio da attribuire ai criteri di preferenza di cui ai commi 1 e 2; sono inoltre stabiliti criteri unitari per la valutazione del patrimonio immobiliare dei genitori, suoceri e figli, ai fini dell'ammissione alle agevolazioni edilizie provinciali".

In disparte quanto sopra (e in aggiunta) va poi rimarcato che i richiedenti il riconoscimento del beneficio non hanno indicato, come avrebbero dovuto, tutti gli immobili che fossero di proprietà, "anche mediatamente", dei familiari, tacendo un importante e significativo elemento necessario all'amministrazione per effettuare la verifica della sussistenza dei presupposti per ottenere detto beneficio. È appena il caso di ricordare che il richiamo che la norma novellata nel 2017 recava all'anacronistica previsione di cui alla l. 15/1968 va considerato come riferito al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

Né coglie nel segno il profilo di censura con il quale si vorrebbe sostenere l'arbitrarietà dell'indagine svolta dall'amministrazione provinciale al fine di acclarare l'effettiva sussistenza dei requisiti per accedere al beneficio.

È infatti noto che laddove l'esercizio del potere dell'amministrazione è caratterizzato, come nel caso in esame, da spiccati profili di vincolatività, non essendo assegnato alla discrezionalità dell'amministrazione procedente il potere di riconoscimento del diritto al beneficio, essendo quest'ultimo la conseguenza di una puntuale applicazione delle minuziose previsioni normative (come sopra in parte riportate), non solo abiliti, ma addirittura imponga all'amministrazione di esercitare un approfondito esame istruttorio "ad ampio raggio", che si spinga fino all'acquisizione di elementi non direttamente forniti dalla parte interessata accedendo, all'uopo, a registri e banche dati generalmente accessibili da parte di una pubblica amministrazione, onde scongiurare il riconoscimento di un beneficio economico (nella specie anche rilevante) a chi non disponga dei parametri di ammissibilità voluti dalla norma.

9. Le sopra rappresentate considerazioni militano nel senso di non poter accogliere i profili di doglianza dedotti in sede di appello e di poter confermare, sebbene con diversa motivazione, la sentenza di primo grado.

Le spese del grado di appello seguono la soccombenza processuale, per il noto principio di cui all'art. 91 c.p.c., per come richiamato espressamente dall'art. 26, comma 1, c.p.a., di talché esse vanno imputate a carico dei signori Iris P. e Tocila S. e in favore della Provincia autonoma di Bolzano, potendosi liquidare complessivamente nella misura di euro 4.000,00 (euro quattromila/00), oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello (n. R.g. 2460/2019), come indicato in epigrafe, lo respinge e conferma la sentenza di primo grado con diversa motivazione.

Condanna i signori Iris P. e Tocila S. a rifondere le spese del grado di appello in favore della Provincia autonoma di Bolzano, in persona del Sindaco pro tempore, che liquida complessivamente nella misura di euro 4.000,00 (euro quattromila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.