Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 7 luglio 2023, n. 6652
Presidente: Sabatino - Estensore: Manca
FATTO E DIRITTO
1. La società L'Operosa s.p.a. ha partecipato alla procedura di gara indetta dall'Agenzia delle entrate per l'affidamento dei servizi di pulizia per le sedi degli uffici, risultando esclusa dai lotti 1 e 2 della gara per anomalia dell'offerta in relazione alla componente relativa ai costi della manodopera, ritenuti non congrui a seguito della stipulazione del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro per il settore Multiservizi, del 9 luglio 2021.
1.1. Nel corso del sub-procedimento di verifica della congruità dell'offerta, la stazione appaltante ha richiesto dei chiarimenti sul punto, a cui la società ha risposto con nota del 6 ottobre 2021 dalla quale - secondo la stazione appaltante - sarebbe emerso che con l'applicazione del nuovo CCNL questa avrebbe subito una perdita annua per i servizi a canone di 38.431,71 euro, equivalente ad una perdita complessiva, nel periodo di durata del contratto, di 215.523,59 euro. L'amministrazione, pertanto, ha escluso l'offerta in quanto strutturalmente in perdita e inidonea a garantire l'esecuzione del contratto; né sarebbe ammissibile l'eventuale compensazione della perdita con l'utile complessivo aziendale perché in tal modo si consentirebbe una lesione dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione tra i concorrenti.
1.2. La società ha impugnato l'esclusione con ricorso innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, e con motivi aggiunti ha impugnato altresì i successivi provvedimenti di aggiudicazione a terzi dei due lotti, deducendo plurimi motivi incentrati sulla illegittimità della verifica dell'anomalia dell'offerta, la quale avrebbe dovuto essere basata non sul nuovo CCNL del 2021 ma sul contratto vigente all'epoca della presentazione dell'offerta (2019), tenuto conto della derogabilità delle tariffe del costo del lavoro determinate dalle tabelle ministeriali. In ogni caso la perdita sarebbe stata coperta dagli utili della società.
1.3. Con sentenza del 9 maggio 2022, n. 5733, il T.A.R. per il Lazio ha respinto tutte le censure e ha dichiarato improcedibili i ricorsi incidentali proposti dai controinteressati.
2. L'Operosa, rimasta soccombente, ha proposto appello reiterando i motivi del ricorso di primo grado, in chiave critica della sentenza di primo grado.
3. Resiste in giudizio l'Agenzia delle entrate, chiedendo che l'appello sia respinto.
4. Si sono costituite in giudizio anche Formula Servizi soc. coop. e B&B Service soc. coop., concludendo per la reiezione del gravame.
5. All'udienza del 20 dicembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Con il primo motivo (pp. 12-14 dell'atto di appello) l'appellante impugna la sentenza nella parte in cui ha individuato nella trasformazione de L'Operosa da cooperativa in società per azioni, con conseguente perdita di una serie di agevolazioni, una delle cause che avrebbe determinato l'aumento dei costi e quindi la non congruità dell'offerta. In tale modo, il primo giudice si sarebbe sostituito alla stazione appaltante nella valutazione dell'affidabilità dell'offerta, posto che la stessa amministrazione, nel provvedimento di esclusione, rimarca il fatto che, per effetto del maggior costo della manodopera derivante dall'applicazione delle aliquote relative alla società per azioni in luogo di quelle cooperative, l'utile si ridurrebbe a soli 19.895,62 euro ma non comprometterebbe la congruità dell'offerta. La sentenza, quindi, sarebbe viziata per eccesso di sindacato di legittimità del giudice amministrativo, ovvero per eccesso di potere per difetto di motivazione.
7. Con il secondo motivo (pp. 15-18 dell'atto di appello) la società contesta l'assunto del T.A.R. secondo il quale la valutazione della congruità dell'offerta dev'essere svolta tenendo conto del nuovo CCNL, in ossequio a quanto previsto dall'art. 30, comma 4, e all'art. 105, comma 9, del codice dei contratti di cui al d.lgs. n. 50 del 2016. Le norme richiamate si riferiscono alla fase esecutiva degli appalti, successiva alla intervenuta aggiudicazione e non, invece, come pretenderebbe il primo giudice, alla valutazione della congruità dell'offerta economica. Ad avviso dell'appellante, invero, è illegittima una procedura di verifica della congruità basata sul nuovo CCNL, dovendo invece essere scisse le due fasi: la fase della verifica dell'offerta nel corso della gara, nella quale si dovrebbe fare riferimento ai costi della manodopera vigenti al tempo della formulazione dell'offerta; la successiva fase della esecuzione del contratto, in cui si applicherebbe il sopravvenuto contratto collettivo di lavoro. Per cui l'aumento dei costi in corso di gara non potrebbe incidere sulla aggiudicazione ma esclusivamente sulla fase esecutiva del contratto, con riflessi sul diritto alla revisione dei prezzi.
8. Con il terzo motivo (pp. 19-24 dell'atto di appello) deduce l'ingiustizia della sentenza per la violazione degli artt. 95, comma 10, e 97 del codice dei contratti pubblici, e dei principi in tema di verifica di congruità, per aver affermato che l'offerta de L'Operosa presenta una forte perdita economica per la società. L'appellante sottolinea come l'offerta - a differenza di quanto sostenuto dal giudice territoriale - non era in perdita rispetto alla vecchia contrattazione collettiva, presentando anzi un utile. In ogni caso le asserite perdite potrebbero trovare copertura sia nella revisione dei prezzi in corso di contratto, sia negli utili societari (che la società avrebbe potuto legittimamente utilizzare, laddove la sopravvenienza del nuovo CCNL fosse intervenuta ad esecuzione già iniziata).
9. Col quarto motivo (pp. 24-27 dell'appello), l'appellante lamenta l'erroneità della sentenza per aver respinto la censura concernente la violazione del termine di 300 giorni decorrenti dalla presentazione delle offerte, entro il quale, secondo l'art. 2.2 del capitolato tecnico, il procedimento di gara si sarebbe dovuto concludere, sostenendo che tale termine non aveva natura perentoria.
L'appellante ribadisce, tuttavia, che la questione riguarderebbe, anzitutto, la violazione dei doveri di correttezza e buona fede, in quanto le operazioni di gara ben avrebbero potuto concludersi con l'aggiudicazione a metà del 2021, il che avrebbe escluso ogni rilevanza del nuovo CCNL. Da ciò la eccepita violazione dei principi di concentrazione e di continuità delle operazioni di gara, configurando anche un abuso del diritto, la Agenzia delle entrate ha violato i canoni di buona fede e correttezza, che giustificano una condanna al risarcimento dei danni.
10. Con il quinto motivo (pp. 27-31 dell'appello), l'appellante contesta anche la scelta del primo giudice di accogliere il ricorso incidentale, dopo aver respinto il ricorso principale. Il giudice, invece, non avrebbe dovuto esaminare nel merito il ricorso incidentale ma avrebbe dovuto limitarsi a dichiararne la improcedibilità, essendo l'esame del predetto condizionato all'accoglimento del ricorso principale.
Il motivo dell'incidentale, accolto dal primo giudice, nel merito sarebbe infondato, non sussistendo violazione dell'art. 30, commi 3 e 4, del codice dei contratti pubblici, né L'Operosa intende sottrarsi all'obbligo di applicare il nuovo CCNL in fase esecutiva.
11. Con il sesto motivo (p. 32-35 dell'appello), l'appellante impugna la sentenza nella parte in cui non ha motivato la reiezione della censura con la quale era stata dedotta la violazione dell'art. 2 del progetto tecnico allegato alla documentazione di gara, esplicito nel richiamare la contrattazione di cui al CCNL del 31 maggio 2011 e le relative tabelle ministeriali di cui al d.m. 13 febbraio 2014 contenenti il "costo medio orario del lavoro per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia".
In secondo luogo, la sentenza deve essere riformata perché viola il principio del tempus regit actum secondo cui le modificazioni normative o fattuali intervenute successivamente alla adozione del bando non si dovrebbero applicare al procedimento di gara in corso, anche in ragione della tutela dell'affidamento delle imprese partecipanti.
12. Con il settimo motivo (pp. 35-36 dell'appello), l'appellante ripropone la censura (asseritamente non esaminata dal T.A.R.) secondo cui il nuovo CCNL non sarebbe stato applicabile per la mancanza delle tabelle ministeriali per il calcolo del costo del lavoro a livello locale.
13. Con l'ottavo motivo (pp. 36-38 dell'appello), la società ripropone anche il motivo di primo grado con il quale - pur ribadendo la congruità delle proprie offerte, in relazione al quadro economico, contrattuale e normativo vigente ratione temporis al momento della relativa presentazione - rileva che la lex specialis di gara non stabiliva espressamente che il costo della manodopera non fosse soggetto a ribasso.
14. Con il nono e ultimo motivo (pp. 39-40 dell'appello), l'appellante denuncia l'omessa motivazione circa la dedotta violazione dell'art. 23, comma 16, del codice dei contratti pubblici, e della disciplina di gara, dalla quale risulta che la stazione appaltante, ai fini del calcolo del costo orario della manodopera, ha preso a riferimento le tabelle del d.m. 13 febbraio 2014 (basate sul CCNL del 2011). Per cui sarebbe contraddittorio avere condotto la verifica di congruità facendo riferimento al nuovo contratto collettivo del 2021.
15. Come si desume dalla esposizione che precede, la controversia è incentrata su un'unica questione: se la verifica di congruità dell'offerta dell'appellante, in relazione ai costi della manodopera, dovesse essere effettuata tenendo conto della stipulazione del nuovo CCNL Multiservizi del 9 luglio 2021 e quindi dei maggiori costi da questo determinati.
Le plurime censure articolate dall'appellante possono quindi essere esaminate congiuntamente stante la stretta connessione.
16. L'appello è infondato.
17. In linea generale occorre muovere dalle funzioni che la disciplina del codice dei contratti pubblici assegna al procedimento di verifica della affidabilità economica dell'offerta, come delineato dall'art. 97 e (per quel che rileva nel caso di specie) dall'art. 95, comma 10, secondo periodo [che impone alle stazioni appaltanti di verificare sempre i costi della manodopera prima di procedere all'aggiudicazione, secondo il criterio di cui all'art. 97, comma 5, lett. d), che qualifica come anormalmente basse, e quindi da escludere, le offerte il cui costo del personale «è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all'articolo 23, comma 16»].
Il controllo della sostenibilità economica dell'offerta aggiudicataria ha sicuramente lo scopo di stabilire se l'offerta è attendibile sotto il profilo economico e affidabile in vista della futura esecuzione delle prestazioni contrattuali, per cui la verifica non ha un obiettivo limitato alla valutazione della attendibilità dell'offerta agli esclusivi fini dell'aggiudicazione, e quindi con un orizzonte temporale segnato dallo svolgimento della procedura di gara; ma è rivolta anche (se non soprattutto) all'esecuzione del contratto, vale a dire a garantire che la proposta individuata come possibile aggiudicataria della gara sia idonea a realizzare il programma negoziale. La valutazione dell'amministrazione appaltante non può prescindere, quindi, dal prendere in considerazione anche quei costi che con ragionevole certezza si presenteranno nel corso dell'esecuzione, nell'entità e nella consistenza prevedibile al tempo in cui la verifica di congruità sia effettuata.
Accanto a questa finalità generale, nella specifica ipotesi di verifica imposta dall'art. 95, comma 10, secondo periodo, se ne aggiunge un'altra, ossia l'esigenza di assicurare la piena applicazione non solo dei «trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge» (applicazione garantita dall'art. 97, comma 6, che li sottrae anche alle giustificazioni o spiegazioni dell'offerente) ma anche la effettiva applicazione dei trattamenti normativi ed economici previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro maggiormente rappresentative (art. 23, comma 16), salva la possibilità - qui consentita all'offerente - di presentare giustificazioni idonee a dare conto dello scostamento rispetto alle tabelle ministeriali sul costo del lavoro (giurisprudenza consolidata: per tutte C.d.S., Sez. III, 9 giugno 2020, n. 369).
17.1. Nel caso in esame le due finalità convergono e si specificano nel senso che la stipula del nuovo CCNL di settore, sopravvenuta nel corso della procedura di verifica della congruità dell'offerta, per un verso comporta la sua applicazione al personale impiegato nell'esecuzione dell'appalto; per altro verso, impone alla stazione appaltante di tenere conto dei nuovi livelli retributivi previsti, in quanto sicuramente applicabili alla futura esecuzione del contratto da affidare, e conseguentemente di verificare se l'offerta economica dell'impresa individuata come possibile aggiudicataria sia in grado di sostenere anche i nuovi costi.
17.2. Alla luce di tali rilievi, l'argomento invocato dall'appellante, secondo cui la valutazione di congruità è sempre riferita al momento in cui l'offerta è predisposta e presentata in gara, non è condivisibile né in termini generali né, soprattutto, quando si tratti di valutare la tenuta economica dell'offerta, nel tempo dell'esecuzione del contratto, con riguardo al costo del personale impiegato. Il cui aumento, derivante dal periodico rinnovo dei contratti collettivi di lavoro applicabili al settore, non dovrebbe essere considerato un evento imprevedibile ma una normale evenienza di cui l'imprenditore dovrebbe sempre tenere conto nel calcolo della convenienza economica dell'offerta presentata in gara.
17.3. Ne deriva che non è ravvisabile, sul punto, nemmeno un affidamento incolpevole dell'operatore economico offerente. Né tantomeno è invocabile la regola del tempus regit actum, resa inapplicabile dalle evidenziate finalità attribuite dal sistema alla procedura di verifica della congruità dell'offerta.
17.4. Anche le ulteriori censure prospettate dall'appellante sono prive di pregio; in particolare:
- è irrilevante la circostanza che per il calcolo progettuale del costo del lavoro la stazione appaltante abbia fatto riferimento ai parametri del CCNL del 2011, poiché - come osservato - la verifica di congruità si proietta anche sulla fase di esecuzione del contratto (mentre i dati utilizzati per la predisposizione del bando di gara e per il calcolo dell'importo a base di gara hanno il solo scopo di effettuare una stima minima del costo del lavoro del contratto da affidare);
- l'assenza delle relative tabelle ministeriali non può essere una ragione per non far riferimento, nella procedura di verifica della congruità, al nuovo CCNL (anche perché, nel caso di specie, i dati risultano dalla nota del 15 ottobre 2021 con la quale l'appellante ha risposto alla richiesta di chiarimenti della stazione appaltante);
- il fatto che la lex specialis di gara non stabilisse espressamente che il costo della manodopera non fosse soggetto a ribasso implica la sola conseguenza dell'applicazione della disciplina sopra esposta (ossia inderogabilità dei trattamenti retributivi minimi e derogabilità, sulla base di specifiche giustificazioni, dei parametri di cui alle tabelle ministeriali ex art. 23, comma 16);
- la violazione del termine per la conclusione del procedimento di gara (nella specie, fissato dal capitolato in 300 giorni decorrenti dalla presentazione delle offerte) non comporta la perdita del potere di aggiudicare il contratto, e quindi di procedere (in vista dell'aggiudicazione: arg. art. 95, comma 10, secondo periodo) alla verifica della congruità dell'offerta; il concorrente, peraltro, ha la possibilità di svincolarsi dall'offerta (art. 32, comma 4), come ben evidenziato anche dal primo giudice.
17.5. Rimane da esaminare la questione relativa alla utilizzabilità dell'utile complessivo della società per coprire i maggiori costi derivanti dal nuovo CCNL.
Il motivo è infondato.
17.6. La giurisprudenza è concorde nell'affermare che il giudizio conclusivo sulle offerte anormalmente basse deve essere effettuato all'esito di una valutazione complessiva e globale della sostenibilità economica dell'offerta (per tutte C.d.S., Sez. V, 22 marzo 2021, n. 2437); e in tale prospettiva le voci in perdita possono trovare compensazione in altri elementi della stessa offerta (derivanti, per esempio, dalla giustificata diminuzione [di] altre voci di costo o dalla copertura data da accantonamenti per "spese generali" o anche dall'utile previsto dall'impresa per l'esecuzione del contratto del cui affidamento si tratta). Devono essere compensazioni generate all'interno dell'offerta; non quindi facendo ricorso all'utile generale di impresa o all'utile complessivo risultante dal bilancio della società, perché questo comporterebbe una evidente violazione della concorrenza tra gli operatori economici e consentirebbe di presentare offerte in perdita (predatorie, si potrebbe dire) confidando nella solidità finanziaria del gruppo o della società offerente, con l'effetto (o il concreto rischio) di marginalizzare o di escludere gli operatori economici concorrenti dal mercato degli appalti.
18. In conclusione, l'appello va respinto.
19. Considerata la peculiarità e la parziale novità delle questioni, si giustifica la compensazione delle spese giudiziali per il grado di appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Compensa tra le parti le spese giudiziali del grado di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.