Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 20 giugno 2023, n. 6069
Presidente: Caringella - Estensore: Perotti
FATTO
Con bando pubblicato in data 21 dicembre 2021, il Comune di Bologna indiceva una procedura per l'affidamento in concessione del "progetto di ristrutturazione della comunicazione pubblicitaria di piccolo formato basata su nuove tecnologie", ponendo in gara la proposta presentata dal promotore IGP Decaux s.p.a., dichiarata di pubblico interesse con d.G.C. 30 novembre 2021.
La commessa aveva per oggetto, in particolare, le attività di progettazione, fornitura installazione, manutenzione e successiva gestione economica di 227 nuovi impianti pubblicitari bifacciali di arredo urbano (37 digitali e 190 analogici) delle dimensioni di 2 mq per ogni faccia espositiva, in sostituzione di 387 manufatti già esistenti di proprietà municipale.
Il disciplinare di gara prevedeva che il corrispettivo del concessionario sarebbe consistito nel diritto di gestire a fini commerciali gli spazi pubblicitari dei nuovi impianti per un periodo di 11 anni e che lo stesso avrebbe goduto di "un diritto di esclusiva così come indicato nella bozza di convenzione".
La procedura, nella quale alla fine erano venute a concorrere la stessa IGP Decaux s.p.a. e la società Clear Channel s.p.a., si concludeva con aggiudicazione in favore del promotore.
Venuta a conoscenza dell'indizione della gara, Urban Vision s.p.a., impresa operante nel settore della pubblicità esterna, proponeva immediato ricorso al Tribunale amministrativo dell'Emilia-Romagna contro le previsioni della legge di gara (in primis l'art. 6 dello schema di convenzione e le corrispondenti disposizioni del disciplinare) che a suo avviso, introducendo il divieto, per qualsiasi altro operatore economico diverso dal concessionario, di installare sul territorio municipale impianti pubblicitari concorrenti con quelli rientranti nel perimetro della concessione, per i successivi 11 anni di fatto l'avrebbero estromessa dal mercato pubblicitario della Città di Bologna.
Con successivi motivi aggiunti, notificati il 21 aprile 2022, la ricorrente estendeva inoltre le medesime censure all'atto conclusivo della procedura di gara.
Con sentenza 2 agosto 2022, n. 636, il giudice adito dichiarava inammissibile il ricorso per carenza di interesse, ritenendo dirimente la mancata partecipazione della ricorrente alla procedura di gara. Respingeva comunque il gravame anche nel merito, ritenendo insussistente la denunciata violazione delle regole euro-unitarie in materia di concorrenza.
Avverso tale decisione Urban Vision s.p.a. interponeva appello, deducendo i seguenti motivi di impugnazione.
1) Impugnazione del capo di sentenza concernente la pronuncia di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse - Erroneità ed ingiustizia della sentenza; travisamento dei fatti, dell'oggetto, delle finalità e dei presupposti dell'azione; violazione e falsa applicazione di norme di legge [art. 100 c.p.c. e art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a.]; violazione e falsa applicazione di principi giurisprudenziali in materia di legittimazione e interesse al ricorso.
2) Impugnazione del capo di sentenza concernente il rigetto nel merito del ricorso per infondatezza - Erroneità ed ingiustizia della sentenza; violazione e falsa applicazione dei principi euro-unitari di concorrenza e libertà di stabilimento (artt. 49 e 52 TFUE; art. 12 direttiva 2006/123/CE; direttiva 2014/23/UE); violazione e falsa applicazione di norme di legge [d.lgs. 507/1993 e art. 1, commi 816 ss., l. n. 160/2019; artt. 165 e 3, lett. zz) e fff), d.lgs. n. 50/2016].
Costituitosi in giudizio, il Comune di Bologna concludeva per l'infondatezza del gravame, chiedendo che fosse respinto; analogamente faceva la società IGP Decaux s.p.a., preliminarmente eccependo l'irricevibilità dell'appello, in quanto tardivo.
Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all'udienza del 16 marzo 2023 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con il primo motivo di gravame si contesta il ragionamento svolto nella sentenza impugnata, in base al quale il ricorso introduttivo doveva considerarsi inammissibile stante l'assenza dei "presupposti per ritenere sussistente, in via eccezionale, la legittimazione di parte ricorrente ad impugnare la procedura di gara e la successiva aggiudicazione a terzi".
Secondo l'appellante, così facendo il T.A.R. avrebbe travisato l'oggetto del ricorso e gli interessi suo tramite azionati, non essendo stata formulata alcuna opposizione alla decisione di indire la gara, né dedotta l'impossibilità di parteciparvi: Urban Vision s.p.a. avrebbe invece gravato la lex specialis nella sola parte in cui l'amministrazione comunale aveva conformato il proprio potere di autorizzare l'installazione di impianti pubblicitari introducendo dei limiti non previsti (né in ipotesi consentiti) dall'ordinamento di settore, consistenti nell'assegnazione di un diritto di esclusiva al concessionario nei cui confronti il Comune si era impegnato a vietare l'esercizio di attività concorrenti per l'intera durata della concessione.
Urban Vision avrebbe quindi agito "non in qualità di potenziale concorrente nella gara e allo scopo di tutelare il proprio diritto alla partecipazione, ma quale operatore del settore direttamente leso dal limite imposto, per il tramite della concessione, al potere municipale di rilascio di nuove autorizzazioni pubblicitarie".
In estrema sintesi, sarebbe stata illogica la pretesa di "imporre un inutile onere di partecipazione alla procedura di evidenza pubblica quale condizione per radicare la legittimazione a contestare l'antigiuridicità di specifici profili della lex specialis, i cui effetti arrecano un vulnus nella sfera giuridica di soggetti estranei alla procedura di gara (nella specie, agli operatori del settore e alla ricorrente Urban Vision in particolare), diverso dal vulnus consistente nell'impossibilità di presentare offerta e nell'aggiudicazione ad altri della commessa".
Neppure sarebbe corretto l'ulteriore rilievo della sentenza appellata, per cui il diritto di esclusiva "non lederebbe neppure in concreto parre ricorrente, per la particolare tipologia dell'attività esercitata stante il chiaro disposto del richiamato articolo 6 dello Schema di Convenzione, che esclude dall'operatività del divieto [...] proprio la tipologia di pubblicità di cui si occupa Urban Vision (pubblicità su edifici, ponteggi o cesate di cantiere)", tenuto conto che Urban Vision non si sarebbe occupata soltanto di affissioni pubblicitarie su ponteggi e cesate di cantiere, ma di tutte le forme di diffusione pubblicitaria in esterna, ivi compresi gli impianti di arredo urbano su suolo pubblico.
Il motivo non è fondato.
Ritiene il Collegio di dover confermare il principio per cui il soggetto che non abbia presentato la domanda di partecipazione alla gara non è legittimato ad impugnare clausole del bando che non siano "escludenti", dovendosi con queste intendere "quelle che con assoluta certezza gli precludano l'utile partecipazione" (così, ex multis, C.d.S., III, 7 gennaio 2020, n. 124).
Invero, contrariamente alla pretesa di Urban Vision s.p.a. di superare tale principio di carattere generale sostenendo di essere portatrice di un interesse non partecipativo (consistente cioè nella possibilità di partecipare alla gara e di aggiudicarsela), bensì lato sensu imprenditoriale (dato dalla paventata chiusura di interi segmenti di mercato per effetto dell'esclusiva riconosciuta all'aggiudicataria), già l'Adunanza plenaria di questo Consiglio, con sentenza n. 9 del 25 febbraio 2014, aveva avuto modo di chiarire che, in materia di controversie aventi ad oggetto gare di appalto, la legittimazione al ricorso "deve essere correlata ad una situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo" ma solo "per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione", di talché "chi volontariamente e liberamente si è astenuto dal partecipare ad una selezione non è dunque legittimato a chiederne l'annullamento ancorché vanti un interesse di fatto a che la competizione - per lui res inter alios acta - venga nuovamente bandita" a diverse condizioni.
Tale ultimo assunto incontra tre sole deroghe tassative - non ricorrenti nel caso in esame - ossia l'ipotesi in cui direttamente si contesti l'indizione della gara ovvero la mancata indizione della stessa, ovvero ancora si impugnino direttamente le previsioni della lex specialis che si assumano immediatamente escludenti (C.d.S., III, 26 aprile 2022, n. 3191).
Nel caso in esame non risulta che le disposizioni della legge di gara avessero carattere escludente (né sotto il profilo soggettivo, né sotto quello oggettivo), ragion per cui nessun evidente ostacolo avrebbe potuto impedire ad Urban Vision di prendere parte alla procedura, proprio al fine di ottenere, nel caso di aggiudicazione, il bene della vita cui oggi dichiara - ancorché genericamente - di aspirare.
Il carattere assorbente della questione esaminata è di per sé idoneo a definire il giudizio; solo per completezza, però, ritiene il Collegio di dover sia pur brevemente esaminare l'ulteriore motivo di appello, contenente le censure di merito concernenti la res controversa.
Con il secondo motivo di appello, in particolare, Urban Vision s.p.a. contesta le conclusioni cui è giunto il primo giudice circa la validità dei diritti di esclusiva commerciale riconosciuti al concessionario dall'art. 6, comma 2, dello schema di convenzione, i quali finirebbero per ledere i principi euro-unitari di concorrenza e libertà di stabilimento: essendosi vincolato con il concessionario nell'attribuirgli un diritto di esclusiva, infatti, per i successivi undici anni il Comune non potrebbe più liberamente "scegliere, nell'esercizio della propria discrezionalità e sulla base delle valutazioni di interesse pubblico di volta in volta emergenti, se e in qual misura disporre dei propri spazi per affidarli in concessione ai fini del loro sfruttamento pubblicitario".
Né le eccezioni previste dalla lex specialis al divieto di installazione di nuovi impianti varrebbero ad escludere le denunziate violazioni dei principi di concorrenza e di libertà di stabilimento, riferendosi solamente ad alcuni segmenti o porzioni del mercato della pubblicità esterna su suolo pubblico, che per il resto (una parte molto significativa) rimarrebbe inaccessibile.
Infine, nonostante quanto ritenuto dal T.A.R., secondo cui il diritto di esclusiva non violerebbe le regole di allocazione del rischio operativo nelle concessioni (che grava sul concessionario), in quanto l'aggiudicatario della gara resterebbe comunque soggetto alle fluttuazioni del mercato e della domanda della clientela privata, dovrebbe comunque considerarsi che la significativa limitazione della concorrenza denunziata verrebbe comunque ad indirizzare la clientela privata verso il sostanziale monopolista della pubblicità su suolo pubblico, di fatto "sterilizzando" il principio astratto enunciato dal primo giudice.
Neppure questo motivo, nelle sue diverse declinazioni, può essere accolto.
Quanto al contestato blocco generalizzato di interi (ma non meglio precisati) segmenti di mercato pubblicitario cittadino, va innanzitutto rilevato che risultano comunque espressamente sottratte all'esclusiva riconosciuta in favore del concessionario, tra le altre, la pubblicità installata sulle paline e pensiline del servizio di trasporto pubblico locale; quella di piccolo formato, permanente o temporanea, installata o da installare sui pali dell'illuminazione pubblica nella porzione di territorio esterna ai Viali di Circonvallazione; gli impianti o manufatti pubblicitari già autorizzati ed installati sul territorio comunale (passibili di sostituzione nel tempo), anche su suolo pubblico ed anche nel centro storico, alla data di entrata in vigore della convenzione.
Neppure rientra nell'esclusiva del concessionario la pubblicità collocata sui mezzi di trasporto pubblico urbano.
Quanto all'ampiezza dell'esclusiva, evidenzia l'appellata IGP Decaux s.p.a. che gli impianti di cui al project financing rappresenterebbero soltanto il 52% degli spazi pubblicitari presenti nel centro cittadino (per 702 mq su 1.360 mq totali), mentre al di fuori dei Viali di Circonvallazione appena il 3,23% della pubblicità complessiva presente in città, percentuali che a rigore smentiscono la creazione di un regime di monopolio nel settore.
Neppure può dirsi irragionevole, nell'ottica di tutela dell'interesse pubblico, il diritto di esclusiva attribuito al concessionario, rispondendo - oltre che alla necessità di assicurare l'equilibrio economico-finanziario degli interventi previsti con il project financing - alla dichiarata finalità di ridurre lo sfruttamento del suolo pubblico e la superficie pubblicitaria sul territorio urbano, così da conferire alla città un maggior decoro; rientra del resto nella potestà pianificatoria dell'ente locale individuare l'allocazione degli spazi pubblicitari in ambito cittadino, per poi disporne con procedure di evidenza pubblica.
I rilievi che precedono portano altresì ad escludere la "sterilizzazione" del rischio operativo del concessionario, che ancorché in parte mitigato dal diritto di esclusiva - ai fini in precedenza ricordati - purtuttavia non risulta sottratto alle regole concorrenziali di mercato (in particolare, ai rischi connessi alle fluttuazioni della domanda).
Il tutto fermo restando che il principio di esclusiva del concessionario rappresenta una caratteristica propria delle concessioni di servizio pubblico, in un dato ambito territoriale.
In ragione di quanto evidenziato, l'appello dev'essere respinto.
La particolarità delle questioni esaminate giustifica peraltro, ad avviso del Collegio, l'integrale compensazione tra le parti delle spese di lite del grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.