Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
Sezione II
Sentenza 6 giugno 2023, n. 407
Presidente: Lensi - Estensore: Montixi
FATTO E DIRITTO
1 Con il ricorso in epigrafe, la ricorrente ha impugnato il verbale dell'Ufficio centrale elettorale del Comune di Assemini del 31 maggio 2023, recante i risultati delle operazioni di spoglio per la consultazione elettorale per l'elezione del Sindaco del Comune di Assemini e i verbali delle sezioni elettorali n. 2, 8, 9, 13, 16, 19, 21 e 22.
2. Espone la ricorrente di aver depositato, entro i termini di legge, la propria candidatura per l'elezione del Sindaco del Comune di Assemini e di aver partecipato alla consultazione elettorale sostenuta dalle liste Fratelli d'Italia-F.D.I., Forza Italia e Lega Salvini Sardegna.
3. Alla consultazione elettorale partecipavano anche i candidati Diego Corrias (sostenuto dalle liste Diego Corrias Sindaco, Partito Socialista Italiano-P.S.I., Movimento 5Stelle 2050 e Partito Democratico-P.D.) e Mario Puddu (sostenuto dalle liste Unione di Centro, Mario Puddu Sindaco, Sardegna 20Venti e Riformatori Sardi).
4. All'esito dello svolgimento delle operazioni relative al primo turno elettorale, tenutosi nelle giornate del 28 e 29 maggio 2023, i candidati a Sindaco riportavano le seguenti preferenze: Diego Corrias voti 3.211; Mario Puddu voti 3.896; la ricorrente Niside Muscas voti 3.202. Venivano, inoltre, individuate 21 schede elettorali ricondotte sotto la voce "voti contestati e non assegnati" e 309 schede qualificate come "nulle".
5. All'esito delle operazioni di spoglio venivano, pertanto, ammessi al ballottaggio di cui all'art. 72, comma 5, d.lgs. n. 267/2000 i candidati Mario Puddu e Diego Corrias, in quanto classificatisi nelle prime due posizioni, mentre veniva esclusa dalla partecipazione al turno di ballottaggio la terza classificata odierna ricorrente.
6. Avverso il suddetto esito è insorta parte ricorrente che ha proposto ricorso incardinato nelle forme previste dall'art. 129 c.p.a.
7. L'esponente rappresenta come la proposizione del gravame nelle forme di cui al rito ex art. 129 c.p.a. debba ritenersi giustificata dal fatto che il sistema elettorale dei Sindaci nei Comuni aventi una popolazione superiore ai 15.000 abitanti contempla il c.d. "ballottaggio" tra i due candidati alla carica di Sindaco che abbiano ottenuto al primo turno il maggior numero di voti; pertanto, in capo ai candidati non ammessi al ballottaggio si concreterebbe una lesione immediata del diritto a partecipare alla competizione elettorale. Ciò anche in considerazione del fatto che la tutela giurisdizionale approntata dal codice del processo amministrativo non conterrebbe alcuna disciplina per una fase, quale quella in esame, idonea a portare a determinazioni di carattere definitivo, quale l'esclusione dal ballottaggio.
8. La ricorrente propone quattro motivi di ricorso evidenziando in sintesi che alla medesima non sarebbero state attribuite, nelle varie sezioni, 22 preferenze e che, al contrario, al candidato Corrias sarebbero state indebitamente riconosciute, nella sezione 9, cinque preferenze.
8.1. Più nello specifico, con il primo deduce violazione dell'art. 72 d.lgs. n. 267/2000 e dell'art. 69 d.P.R. n. 570/1960 ed eccesso di potere per difetto d'istruttoria e per errata percezione dei fatti.
8.1.1. Evidenzia la candidata Muscas che nella sezione elettorale n. 21 ben 17 schede, oggetto di contestazione, non sarebbero state conteggiate nel computo totale dei voti assegnati a favore della ricorrente.
Tale mancata attribuzione sarebbe scaturita dalla rilevata presenza di segni grafici che, tuttavia, non potevano ritenersi preordinati a consentire il riconoscimento dell'elettore né si palesavano idonei a far insorgere dubbi in merito alla volontà di questo rispetto al voto espresso.
8.1.2. Con un secondo ordine di censure la ricorrente si duole della violazione dell'art. 72 del d.lgs. n. 267/2000 e dell'art. 69 d.P.R. n. 570/1960, oltre ad eccesso di potere per difetto d'istruttoria e per errata percezione dei fatti.
Evidenzia la ricorrente che si sarebbero concretizzate situazioni che avrebbero interessato preferenze espresse in favore della ricorrente indebitamente non conteggiate dalla commissione elettorale. In particolare, viene fatto riferimento a quanto accaduto nella sezione 16 ove, in affermato spregio alla normativa che prevede che la preferenza espressa per una lista si estenda anche al candidato Sindaco ad essa collegato, non sarebbero state attribuite alla ricorrente le preferenze espresse in schede ove era stato contrassegnato solo il simbolo di Fratelli d'Italia e di Forza Italia - liste collegate alla candidata sindaco Muscas - con l'indicazione di un nome errato nella preferenza espressa per il Consiglio comunale; inoltre, nella sezione 22, in 4 schede elettorali non sarebbero state considerate valide le preferenze espresse in favore della ricorrente a causa del fatto che nella scheda era stato apposto anche il nome della medesima, nonostante fosse sufficiente barrare la casella.
8.1.3. Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione dell'art. 72 d.lgs. n. 267/2000 e dell'art. 69 d.P.R. n. 570/1960 oltre che dell'eccesso di potere per difetto d'istruttoria e per errata percezione dei fatti.
Con riguardo alla sezione elettorale n. 9 non sarebbero state attribuite alla ricorrente 5 preferenze e sarebbero state indebitamente assegnate 5 preferenze in favore del candidato Corrias.
8.1.4. Con il quarto e ultimo motivo parte ricorrente deduce, infine, la violazione dell'art. 48 del d.P.R. n. 570/1960 e la violazione dell'art. 48 della Costituzione in ragione del rifiuto frapposto, nella sezione elettorale n. 8, all'esercizio del diritto di voto di un elettore la cui scheda elettorale recava già il timbro apposto in occasione dell'erroneo accesso del medesimo nella sezione n. 9.
9. Parte ricorrente formulava istanza istruttoria e richiedeva l'esperimento di apposita verificazione finalizzata all'esame del contenuto dei plichi elettorali provenienti dalle varie sezioni.
10. La causa veniva trattenuta in decisione all'udienza del 6 giugno 2023.
11. Il ricorso, in quanto introdotto con il rito ex art. 129 c.p.a., è inammissibile, non condividendo il Collegio le argomentazioni formulate da parte ricorrente al fine di giustificare l'introduzione del gravame nelle forme previste dal predetto articolo.
12. L'art. 129 del c.p.a., collocato all'interno del Titolo II inerente al contenzioso sulle operazioni elettorali, Capo II, rubricato "Tutela anticipata avverso gli atti di esclusione dai procedimenti elettorali preparatori per le elezioni comunali, provinciali e regionali", prevede che "I provvedimenti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali e per il rinnovo dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia sono impugnabili innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale competente nel termine di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero dalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati".
Il secondo comma dell'articolo precisa che "Gli atti diversi da quelli di cui al comma 1 sono impugnati alla conclusione del procedimento unitamente all'atto di proclamazione degli eletti".
L'art. 130 c.p.a. specifica, inoltre, che "Salvo quanto disposto nel Capo II del presente Titolo, contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all'emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti".
12.1. Il dettato normativo recato dall'art. 129 c.p.a. è dunque univoco nel riferirsi ai soli procedimenti preparatori delle operazioni di voto e nel circoscrivere l'applicabilità del rito ivi contemplato alle sole fattispecie idonee a concretare un pregiudizio consistente nella pretermissione del diritto a partecipare al procedimento elettorale.
Nel caso in questione, invece, ciò che viene contestato è l'esito delle consultazioni, ancorché afferente al primo turno.
Pertanto, è indubitabile come l'esito delle stesse debba essere oggetto di gravame con il procedimento elettorale "ordinario" disciplinato dall'art. 130 c.p.a.
Il rito elettorale "speciale" ha un carattere evidentemente eccezionale e non estensivamente applicabile al di fuori dell'ambito espressamente contemplato dalla norma.
Ciò emerge sia dalla avvertita esigenza da parte del legislatore di disciplinare i procedimenti in questione in due distinti articoli inseriti in separati capi, ma anche dalla previsione recata dal comma 2 che, come visto, esplicita, ove ve ne fosse bisogno, che "Gli atti diversi da quelli di cui al comma 1 sono impugnati alla conclusione del procedimento unitamente all'atto di proclamazione degli eletti".
Tale precisazione esclude, per tabulas, qualsiasi opzione ermeneutica ampliativa del chiaro dettato letterale.
In sostanza, l'attuale testo normativo rafforza la finalità di separare nettamente gli effetti lesivi derivanti dagli atti conclusivi della procedura di ammissione delle liste e dei candidati da quella successiva della competizione elettorale che si conclude con la proclamazione degli eletti e che è tenuta indenne dai vizi della fase preparatoria sia attraverso la inoppugnabilità degli atti che attraverso la formazione del giudicato correlato alla particolarità del rito caratterizzato dalla accelerazione dei termini per la definizione delle controversie (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II-bis, 22 ottobre 2019, n. 12153; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 11 gennaio 2022, n. 190).
Così come non sono, pertanto, ammissibili in sede di impugnazione degli atti di proclamazione degli eletti censure riferibili alla fase di ammissione delle liste e dei candidati, i cui atti conclusivi sono divenuti inoppugnabili (cfr. T.A.R. Piemonte, Sez. II, 23 ottobre 2014, n. 1571) deve ritenersi, al contempo, non proponibile con il rito elettorale speciale un gravame volto a contestare le risultanze delle operazioni elettorali e non la legittimità dei provvedimenti idonei a precludere la partecipazione alla consultazione.
Con riguardo alla specifica tematica del "ballottaggio" e alla mancata ammissione a tale fase, si è, peraltro, avuto modo di precisare come esso sia classificabile quale "atto interno al procedimento elettorale, articolato in due turni, ma definito solo con il provvedimento finale di proclamazione del sindaco e dei consiglieri comunali eletti" (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-bis, 2 novembre 2016, n. 10812). Ne consegue che le doglianze rivolte avverso l'esito del primo turno debbano essere proposte con le modalità e le tempistiche proprie del rito di cui all'art. 130 c.p.a.
12.2. In definitiva, l'elemento di lesività sul quale poggia la formulazione del comma 1 dell'art. 129 deve sempre investire il "diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale" (cfr. C.d.S., Sez. V, 6 novembre 2015, n. 5069; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 22 settembre 2017, n. 1505), mentre nel caso in questione la ricorrente ha impugnato atti che hanno inciso non sulla partecipazione alla competizione ma sull'esito della stessa in quanto il gravame rivolto avverso la mancata ammissione al ballottaggio si traduce nella contestazione di un esito elettorale (ancorché afferente al primo turno) e come tale assoggettato al rito "ordinario" ex art. 130 c.p.a.
Il pregiudizio preso in considerazione dall'art. 129, quindi, si profila unicamente in presenza di un'esclusione della lista interessata e non nel mancato conseguimento di un numero di voti idoneo a guadagnare le prime due posizioni che garantiscono l'accesso al ballottaggio.
12.3. Deve, infine, osservarsi che il fatto che l'art. 129 sia pacificamente reputato di stretta interpretazione si giustifica in ragione della circostanza che tale rito impatta in maniera rilevante sul contraddittorio processuale che caratterizza tutti i termini, oltremodo ristretti, connotanti il peculiare rito all'esame del Collegio.
Si è osservato in proposito che «questa drastica compressione del contraddittorio processuale già di per sé stessa non tollera che di una simile disciplina, sotto questo profilo di natura probabilmente eccezionale, sia fatta applicazione al di là della stretta indispensabilità, la quale è riscontrabile appunto unicamente rispetto alle impugnative degli atti di esclusione.
L'art. 129 non è passibile di applicazione al di là dei casi da esso specificamente previsti nemmeno per la sua natura derogatoria rispetto ad altre regole processuali di portata generale.
Sotto questo aspetto va subito ricordata, invero, la previsione del comma 1 dell'art. 130 (anticipata già dal comma 2 dell'articolo precedente), la quale pone la regola generale di settore che "contro tutti gli atti del procedimento elettorale ... è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti" (con la sola eccezione, appunto, delle fattispecie di tutela anticipata ammesse dall'art. 129)» (cfr. ex multis T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 31 agosto 2020, n. 3696; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 22 ottobre 2018, n. 1373).
13. In definitiva, il ricorso siccome proposto per il tramite delle modalità disciplinate dall'art. 129 c.p.a. e non ai sensi dell'art. 130 si rivela inammissibile.
14. La parziale novità della questione giustifica l'integrale compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.