Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 4 maggio 2023, n. 4524
Presidente: Contessa - Estensore: Marzano
FATTO E DIRITTO
Il Comune di Napoli ha impugnato la sentenza n. 3340 del 22 maggio 2018 con cui la Sezione IV del T.A.R. Campania ha annullato la determinazione dirigenziale prot. n. 264 adottata in data 29 luglio 2009 dal Comune di Napoli - Direzione centrale VI - Riqualificazione urbana edilizia periferie - Servizio antiabusivismo edilizio, con la quale è stata ingiunta la demolizione di opere presuntivamente abusive consistenti in una "recinzione dell'aiuola pubblica di circa mq. 40,00, in corrispondenza della via Giustiniano, eseguita con installazione di una staccionata in legno, di una siepe e di un cancelletto in legno di accesso esclusivo. Tale struttura risulta a servizio dell'abitazione del responsabile...", eseguite senza alcun titolo.
L'annullamento è stato disposto in quanto non è stata ritenuta provata la demanialità dell'area su cui insiste l'aiuola.
Il Comune ritiene errata la sentenza; a suo dire il T.A.R. non avrebbe considerato che opererebbe la presunzione di demanialità di cui all'art. 22, comma 3, l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F.
Secondo il Comune, che tale area sia di proprietà pubblica si desumerebbe dal fatto che sorge all'interno del centro abitato, è adiacente ad una strada comunale e aperta su suolo pubblico, come rilevato dagli agenti di polizia locale, il cui verbale è assistito da pubblica fede.
L'appellato si è costituito nel presente grado di giudizio per resistere al gravame.
Alla camera di consiglio del 7 febbraio 2019 la trattazione dell'istanza cautelare è stata rinviata al merito, a data da destinare.
In assenza di ulteriori scritti difensivi la causa è stata chiamata all'udienza straordinaria del 22 marzo 2023 e, all'esito, è stata decisa.
L'appello è infondato.
Osserva il Collegio che, al di là di generiche affermazioni da parte del Comune, non è desumibile con certezza la natura demaniale dell'area in questione, non essendo stato prodotto neanche l'inventario dei beni appartenenti all'amministrazione comunale.
Pertanto non è applicabile la presunzione di demanialità del bene, ai sensi della l. 22 marzo 1865, n. 2248, art. 22, all. F), non essendo sufficiente che il suolo oggetto di causa sia adiacente ad una via pubblica.
Infatti, indipendentemente dal riparto dell'onere probatorio, da una parte non è stato dimostrato che la stessa sia inserita nel tessuto viario cittadino e sia destinata ad uso pubblico da parte della generalità dei cittadini; dall'altra risulta, viceversa, un principio di prova per il quale l'area in questione non è mai transitata in proprietà del Comune, potendo essere, tuttora, nella disponibilità della società venditrice.
Tanto è desumibile dall'atto di compravendita del 17 maggio 1972, con cui il padre dell'appellato, Gaetano T., aveva acquistato dalla GESCAL l'immobile sito in via Ticino 6, l'area di pertinenza, sita in via Giustiniano, da considerare in ragione condominiale, nonché la quota proporzionale di suolo comune a tutti i fabbricati del vasto complesso immobiliare, "suolo che comunque la gestione si riserva di trasferire in tutto o in parte al Comune di Napoli".
Difettando i presupposti oggettivi per ravvisare la demanialità del bene, la doglianza sulla violazione dell'art. 22 della legge citata è priva di fondamento, in quanto contrastante con il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., ex multis, Cass., Sez. II, 31 maggio 2013, n. 13852), secondo cui detta norma stabilisce una presunzione di demanialità iuris tantum, valevole per gli spazi ed i vicoli all'interno della città, adiacenti alle strade comunali o aperti sul suolo pubblico, superabile attraverso prova contraria, come avvenuto nella specie, sulla base sia dell'atto di vendita al quale non risulta aver fatto seguito l'effettivo transito in proprietà comunale dell'area in questione.
Né, alla mancata dimostrazione della proprietà comunale dell'area, può sopperire il verbale di accertamento della polizia municipale.
Invero il suddetto verbale fa fede, fino a querela di falso, dei "fatti" accertati, ossia l'avvenuta recinzione, ma non può tener luogo di documenti pubblici sulla base dei quali soltanto può essere accertato il "diritto" di proprietà.
Conclusivamente, per quanto precede, l'appello deve essere respinto.
Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate tenuto conto della particolarità della vicenda.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Settima, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.