Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Sezione III
Sentenza 3 aprile 2023, n. 2069
Presidente ed Estensore: Pappalardo
FATTO
Premesso che:
- l'odierna ricorrente, Cosmopol s.p.a., partecipava alla procedura aperta, indetta dall'EAV e da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, per l'affidamento del servizio di vigilanza armata e custodia non armata degli immobili di proprietà o in uso delle aree esterne di pertinenza individuale e delle stazioni ferroviarie - lotto 3, ma ne restava esclusa per anomalia dell'offerta;
- la medesima impugna tale provvedimento, unitamente a tutti gli altri atti di gara meglio in epigrafe individuati, sostenendo l'erroneità del giudizio di anomalia espresso nei suoi confronti e adducendo una serie di doglianze attinenti ai profili della violazione di legge e dell'eccesso di potere;
- la stazione appaltante si è costituita ed ha eccepito la inammissibilità ed infondatezza del ricorso;
- alla pubblica udienza del 16 febbraio 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Rilevato che:
- non occorre indugiare sullo scrutinio delle eccezioni di rito formulate dalla difesa dell'EAV, giacché il ricorso si palesa infondato nel merito;
- giova ricapitolare, ai fini di una migliore comprensione della vicenda contenziosa, i profili motivazionali posti dalla stazione appaltante alla base del provvedimento espulsivo, indicativi, una volta esaminate le giustificazioni fornite dalla ricorrente, dell'anomalia dell'offerta dalla stessa presentata:
1) Monte ore annuo considerato ai fini del calcolo del costo medio: 38.790 ore/anno e non 46.548 ore/anno, come da richiesta della stazione appaltante, e non affidabilità del dichiarato dato del monte ore non lavorate per assemblee, permessi sindacali, diritto allo studio, malattia, infortuni, maternità. Tale mancata previsione porta ad una non corrispondenza tra quanto chiesto dalla stazione appaltante e quanto offerto dalla concorrente per una differenza di 7.758 ore/anno e 23.274 ore/triennio, incongruenza oggetto di richiesta di chiarimenti, in particolare sulle modalità con le quali si intendesse colmare tale mancanza nell'offerta.
2) Irriconoscibilità degli sgravi contributivi di cui all'art. 1, comma da 10 a 15, della l. 30 dicembre 2020, n. 178.
3) Scatti di anzianità: i valori degli scatti di anzianità per gli OPL di livello C non sono conformi alla tabella ministeriale, ove sono previsti n. 2 scatti, del valore di euro 578,00, in luogo di euro 408 indicato in offerta. Per gli operatori di tale livello, pertanto, ne deriverebbe la necessità di correggere in aumento, conseguenzialmente, il totale A (retribuzione tabellare + scatti) e tutte le voci di retribuzione da esso dipendenti.
4) Mancata indicazione delle maggiorazioni per lavoro festivo e notturno.
Tanto premesso, vale cominciare dalle censure volte a contestare il percorso argomentativo condotto dalla stazione appaltante con riguardo alla prima voce di anomalia, costituita dal monte ore annuo considerato ai fini del calcolo del costo medio: 38.790 ore/anno e non 46.548 ore/anno, come da richiesta della stazione appaltante, e non affidabilità del dichiarato dato del monte ore non lavorate per assemblee, permessi sindacali, diritto allo studio, malattia, infortuni, maternità.
La stazione appaltante ha obiettato che il monte ore annuo riportato dalla concorrente, sulla scorta del quale questa ha calcolato il costo medio orario del lavoro, è pari a 38.790 ore, non comprensivo dell'eventuale incremento del 20%, espressamente richiesto dalla stazione appaltante nel capitolato tecnico prestazionale (all. 5), che porterebbe le ore a 46.548 per anno. Tale mancata previsione porta ad una non corrispondenza tra quanto chiesto dalla stazione appaltante e quanto offerto dalla concorrente per una differenza di 7.758 ore/anno e 23.274 ore/triennio, incongruenza oggetto di richiesta di chiarimenti, in particolare sulle modalità con le quali si intendesse colmare tale mancanza nell'offerta.
La ricorrente lamenta in proposito che l'offerta presentata presuppone l'impiego delle sole risorse che saranno impiegate con certezza nell'esecuzione dell'appalto, al netto di quelle necessarie nell'ipotesi - solo eventuale - di incremento dei servizi pari al 20%.
Tale affermazione è giustamente ritenuta non condivisibile dalla s.a., rilevandosi come la valutazione sull'eventualità dell'incremento del 20% delle prestazioni non spetta alla concorrente, che è tenuta a presentare un'offerta che sia totalmente conforme alle richieste della stazione appaltante circa l'oggetto dell'appalto, onde evitare che, nel caso in cui quest'ultima si trovasse a richiedere tale supplemento di prestazione, l'aggiudicataria non sia in grado di ottemperarvi.
La ricorrente lamenta la mancata considerazione delle proprie giustificazioni rese il 4 luglio ove dimostrerebbe che tanto il ricorso all'incremento della forza lavoro impiegata quanto al lavoro reso in regime di straordinario avrebbero comportato un costo medio orario inferiore rispetto a quanto prospettato in sede di offerta iniziale rendendo il margine di ricavi per la stessa addirittura superiore.
In proposito la stazione appaltante ha ritenuto, secondo criteri logici e plausibili:
a) Inaffidabilità del ricorso al lavoro straordinario: non è stato ritenuto sostenibile che ben un quinto delle prestazioni richieste possa essere svolto in regime di lavoro straordinario che, per legge, non può essere imposto al lavoratore in quanto frutto di una sua libera scelta, in ordine sia all'an che al quantum. Il tutto senza considerare che una maggiorazione della retribuzione non sarebbe semplicemente del 25%, come affermato dalla concorrente in sede di giustificativi, ma variabile dal 25% al 60% in base ai giorni, feriali o festivi, ed all'orario della prestazione.
b) Erronea valutazione dei costi del lavoro a seguito dell'assunzione di nuovo personale e non affidabile indicazione delle ore non lavorate.
Quanto alla diversa opzione della assunzione di personale aggiuntivo, la concorrente prospettava che, laddove il monte ore annuo fosse invece pari a 46.548, fermo restando il numero di 14 FTE unità provenienti dalla clausola sociale, il fabbisogno ulteriore dovrebbe essere coperto necessariamente da personale di nuova assunzione che ha un costo medio inferiore, generando, al termine dei calcoli prospettati, un costo medio orario ponderato complessivo inferiore rispetto a quello indicato in sede di offerta. Anche sotto tale aspetto il calcolo è stato ritenuto non condivisibile dalla s.a., rilevandosi come non affidabile né condivisibile è il presupposto secondo cui le ore effettivamente lavorate da ogni operatore siano pari a 1660 e non a 1604, come riportato nella tabella del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 2016, indicante il costo medio orario per il personale dipendente da istituti ed imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari.
Le censure riguardo tale aspetto sono così riassumibili: a) la stazione appaltante ha omesso di valorizzare il tasso di assenteismo storico rinveniente dalle statistiche aziendali riferite all'ultimo quadriennio, che trova sostegno, come riferito dalla ricorrente nelle giustificazioni, nel "possesso di una organizzazione aziendale particolarmente attenta a prevenire gli infortuni e migliorare la salute e il benessere dei lavoratori, come attestato dal rilascio del certificato ISO 45001, nonché a contrastare l'abusivo ricorso all'assenteismo ingiustificato" mediante l'ausilio di agenzie di investigazione e l'applicazione di severe sanzioni disciplinari fino al licenziamento; b) in ogni caso, il maggior onere retributivo derivante dal conteggio delle 56 ore quali ore annue mediamente non lavorate sarebbe stato coperto dal fondo maggiori oneri, pari a euro 1.400,00 per dipendente, specificamente appostato nella tabella dei costi della manodopera inserita dalla ricorrente all'interno delle proprie giustificazioni, fondo maggiori oneri la cui incidenza è stata del tutto trascurata dalla stazione appaltante.
Osserva il Collegio che tali doglianze non meritano condivisione per le ragioni di seguito esplicitate:
aa) deve essere premesso che il giudizio di verifica della congruità di un'offerta sospettata di anomalia ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell'offerta nel suo insieme e costituisce espressione paradigmatica di un potere tecnico-discrezionale dell'amministrazione di per sé insindacabile in sede di legittimità, salve le ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche, irragionevoli, fondate su insufficiente motivazione o affette da errori di fatto (giurisprudenza consolidata: cfr. ex multis C.d.S., Ad. plen., 29 novembre 2012, n. 36; Sez. VI, 26 novembre 2021, n. 7912; Sez. V, 11 marzo 2021, n. 2086; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 8 marzo 2022, n. 1559).
Inoltre, pur costituendo i valori (anche orari) del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali un semplice parametro di valutazione della congruità dell'offerta, con la conseguenza che ogni eventuale scostamento dalle stesse non implica necessariamente un giudizio di anomalia, è tuttavia doveroso dubitare della congruità dell'offerta medesima ogni volta che la discordanza dalle tabelle ministeriali sia considerevole e palesemente ingiustificata (cfr. C.d.S., Sez. IV, 16 novembre 2022, n. 10071; Sez. III, 18 settembre 2018, n. 5444). In altri termini, le tabelle ministeriali sui costi medi del lavoro contengono dati ed elementi che non sono inderogabili, ma assolvono ad una funzione di parametro legale di riferimento, da cui è possibile discostarsi a condizione che lo scostamento sia giustificato in modo puntuale e rigoroso: questo significa che non si può escludere che l'impresa concorrente possa legittimamente calcolare il costo del personale impiegato nell'esecuzione del contratto computando, per le proprie figure professionali, un numero di ore lavorative annue diverso, in ipotesi superiore a quello indicato nella corrispondente tabella ministeriale, sempre che tale divergenza sia giustificata da idonei elementi probanti tratti dalla specifica realtà aziendale o dalla peculiare natura del contratto da eseguire. In particolare, la giustificazione dello scostamento dai valori tabellari per le ore annue mediamente non lavorate deve, in sede di verifica di anomalia, risultare approfondita e deve essere accompagnata da elementi probatori significativi ed univoci, trattandosi di un dato che è influenzato da eventi, quali malattie, infortuni e maternità, che non rientrano nella disponibilità dell'impresa (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 9 aprile 2021, n. 4204; T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 14 maggio 2020, n. 152).
Orbene, calando i superiori insegnamenti al caso di specie, non può essere ravvisata nell'attività della stazione appaltante alcuna palese erroneità di giudizio, alla luce delle giustificazioni fornite dalla ricorrente in occasione del procedimento di verifica dell'anomalia. Più nello specifico, i rilievi della stazione appaltante si sono ragionevolmente appuntati sulla carenza, nelle suddette giustificazioni, di fattori idonei a giustificare il considerevole scostamento dalla tabella ministeriale di settore circa l'ammontare delle ore annue mediamente non lavorate dovute a malattia, infortuni e maternità, nonché ad assemblee, permessi sindacali e diritto allo studio: ciò in quanto l'invocato riferimento all'indice (di per sé variabile) di assenteismo storico non vale ad integrare, in mancanza di elementi desumibili dalla particolare organizzazione aziendale e/o dalla futura gestione del servizio oggetto di appalto - elementi insussistenti nella fattispecie, non essendo stata assistita, in sede di giustificazioni, la dedotta certificazione ISO 45001 dall'esplicazione delle specifiche misure di contenimento dell'insorgenza degli stati di morbilità adottate dalla Cosmopol o, quanto meno, dall'allegazione del relativo manuale delle procedure, nonché configurandosi le riferite azioni di contrasto all'assenteismo ingiustificato una pratica comune di tutte le aziende, inidonea a provocare variazioni sostanziali del dato tabellare di riferimento, il tutto senza considerare che nessun particolare accenno è stato dedicato dalla Cosmopol agli accorgimenti che renderebbero possibile il drastico abbattimento delle ore destinate alle assemblee e ai permessi sindacali - una motivata e credibile ragione di riduzione dei valori standard contenuti nelle tabelle ministeriali, tanto più se si pone mente al fatto che, come anticipato, il dato delle ore annue mediamente non lavorate dal personale coinvolge eventi, quali quelli legati alle condizioni di salute del dipendente o all'esercizio dei diritti sindacali, estranei alla disponibilità dell'impresa e necessitanti, per definizione, di una stima prudenziale (cfr. C.d.S., Sez. V, 22 marzo 2021, n. 2437, e 20 febbraio 2017, n. 756; Sez. IV, 23 luglio 2013, n. 4206; Sez. V, 12 marzo 2009, n. 1451: orientamento consolidato, da ritenere preferibile, in quanto maggiormente aderente al peculiare atteggiarsi di ogni realtà lavorativa di impresa, all'orientamento minoritario, pure citato dalla difesa attorea, che ritiene sufficiente il mero riferimento al dato storico aziendale: cfr. C.d.S., Sez. V, 6 settembre 2022, n. 7762).
Deriva da quanto esposto che non appaiono criticabili, in quanto logiche e razionali, le conclusioni della stazione appaltante in ordine all'indebito scostamento, ad opera della Cosmopol, dalle condizioni orarie di lavoro attestate nella tabella ministeriale, dovendosi ritenere non consentite la prospettata riduzione di 56 ore del monte delle ore annue mediamente non lavorate da ogni dipendente e il corrispondente incremento del monte delle ore annue mediamente lavorate da 1.604 a 1.660 ore;
bb) va altresì rilevato, sotto il secondo aspetto dedotto, che nemmeno può essere rimproverabile alla stazione appaltante l'omessa valorizzazione del fondo maggiori oneri di euro 1.460,00 per dipendente emarginato nella tabella dei costi della manodopera della Cosmopol, che da quest'ultima è stato laconicamente descritto come posta contabile che "potendo essere imputata ad eventuali costi non preventivati o preventivabili, garantisce la sostenibilità dell'offerta in qualsiasi scenario". Infatti, nelle sue giustificazioni la ricorrente non ha fornito alcuna concreta dimostrazione, mediante apposite proiezioni contabili, atta a comprovare che il maggior onere retributivo per ogni dipendente, derivante dall'aggiunta delle 56 ore annue non lavorate, sarebbe stato comunque coperto dall'importo del fondo maggiori oneri, attesa, da un lato, l'indiscriminata applicabilità di quest'ultimo ad ogni imprevista voce di costo aggiuntiva e considerata, dall'altro lato, l'inevitabile lievitazione che avrebbe subito il costo orario medio di ogni qualifica professionale impiegata rispetto agli importi indicati nella citata tabella dei costi, in virtù della corrispondente riduzione del totale delle ore annue mediamente lavorate, valore direttamente incidente sulla determinazione dello stesso costo orario medio. In definitiva, la previsione di tale fondo, non risultando assistita da un quadro contabile di supporto, non si rivelava idonea ad escludere l'inattendibilità della proposta economica della ricorrente: ne discende che, a fronte della generica e sguarnita indicazione del fondo, addirittura preordinato a sopperire alle più svariate oscillazioni di costi "non preventivati o preventivabili" anche non riconducibili al monte ore, non può essere imputata alcuna superficialità istruttoria alla stazione appaltante, la quale non era tenuta a prendere in considerazione un mero enunciato contabile di cui rimaneva indimostrato, soprattutto per la sua onnicomprensività, l'effetto purgativo di diseconomie imputabili all'erroneo calcolo del numero delle ore annue mediamente non lavorate.
In mancanza di specifici riferimenti ad una voce di costo ben individuata da compensare, il fondo accantonamento costituirebbe una facile elusione del principio di immodificabilità dell'offerta, attraverso una surrettizia rimodulazione dei costi della manodopera. Va in proposito richiamata la giurisprudenza che, pur ritenendo ammissibile una modifica nelle giustificazioni delle singole voci di costo, non solo in correlazione a sopravvenienze di fatto o di diritto, ma anche al fine di porre rimedio ad originari e comprovati errori di calcolo, la condiziona al rimaner ferma l'entità originaria dell'offerta economica, nel rispetto del principio di immodificabilità, che presiede la logica della par condicio competitorum (cfr. C.d.S., Sez. V, n. 1873/2020 e n. 7943/2020).
Tale ammissibilità incontra dunque il limite del divieto di una radicale modificazione della composizione dell'offerta che ne alteri l'equilibrio economico, allocando diversamente voci di costo nella sola fase delle giustificazioni (C.d.S., Sez. V, n. 1896/2017). È inoltre richiesto che la riallocazione delle voci abbia un fondamento economico serio allorché incida sulla composizione dell'offerta, atteso che, diversamente, si perverrebbe all'inaccettabile conseguenza di consentire un'elusiva modificazione a posteriori della stessa, snaturando la funzione propria del subprocedimento di verifica dell'anomalia, che è, per l'appunto, di apprezzamento globale dell'attendibilità dell'offerta (cfr. C.d.S., Sez. VI, 15 gennaio 2021, n. 487).
Ciò non può essere conseguito a maggior ragione con una aprioristica indicazione di una voce di accantonamento che - genericamente appostata - costituisce la predisposizione di una componente sostanzialmente esterna all'offerta e tale da eludere il principio della serietà e affidabilità della stessa (C.d.S., Sez. V, n. 6117/2012), per cui non è ritenuto possibile rimodulare le voci di costo senza alcuna motivazione e al solo scopo di "far quadrare i conti", ossia per assicurarsi che il prezzo complessivo offerto resti immutato ma siano superate le contestazioni sollevate dalla stazione appaltante su alcune voci di costo (cfr. giurisprudenza richiamata da C.d.S., Sez. V, n. 8358/2021: Sez. V, 22 maggio 2015, n. 2581; Sez. VI, 20 settembre 2013, n. 4676; 7 febbraio 2012, n. 636; 15 giugno 2010, n. 3759; Sez. V, 26 ottobre 2020, n. 6462; cfr. anche Id., 14 aprile 2020, n. 2383; 18 ottobre 2021, n. 6957).
Va altresì aggiunto come la ricorrente non abbia controdedotto efficacemente alla analitica verifica contabile della stazione appaltante, la quale ha rilevato che il c.d. "fondo maggiori oneri" rappresentava e tuttora rappresenta una voce di costo già inglobata nell'offerta economica pari ad euro 1.712.941,27, in tal modo negando in radice valore alle considerazioni sul punto di parte ricorrente.
Va conclusivamente rilevato che:
- tutte le suesposte osservazioni - attenendo alla determinazione complessiva dei costi fondata su un costo del lavoro inferiore ai livelli economici minimi consentiti per l'esecuzione di un determinato appalto, anche in termini di copertura degli oneri ulteriori derivanti dalle assenze giustificate del personale (cfr. C.d.S., Sez. III, 4 gennaio 2019, n. 90, e 15 maggio 2017, n. 2252; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 20 luglio 2022, n. 4878; Sez. VIII, 22 maggio 2020, n. 1934) - rivestono carattere assorbente nella dimostrazione dell'incongruità dell'offerta della Cosmopol ed esimono il Collegio dall'esaminare le rimanenti censure con cui parte ricorrente intende infirmare la valutazione di anomalia in ordine agli ulteriori profili motivazionali esposti dalla stazione appaltante, dal momento che l'impianto complessivo del gravato provvedimento di esclusione risulta comunque validamente sorretto dagli aspetti discendenti dall'ingiustificata riduzione degli indici di assenteismo aziendale fissati nella tabella ministeriale di settore;
- soccorre, al riguardo, il condiviso principio secondo il quale, laddove una determinazione amministrativa di segno negativo tragga forza da una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali sia di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, è sufficiente che anche una sola di esse passi indenne alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti esente dall'annullamento (cfr. C.d.S., Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5; Sez. V, 6 marzo 2013, n. 1373, e 27 settembre 2004, n. 6301; Sez. VI, 5 luglio 2010, n. 4243).
Ritenuto, in conclusione, che:
- resistendo gli atti impugnati alle prospettazioni attoree, anche in virtù del disposto assorbimento di censure, il ricorso deve essere respinto per infondatezza;
- le spese processuali devono essere addebitate alla soccombente parte ricorrente, nella misura liquidata in dispositivo anche tenuto conto della complessità della vicenda contenziosa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la società ricorrente a rifondere in favore dell'EAV - Ente Autonomo Volturno s.r.l. le spese processuali, che si liquidano in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge, disponendosi l'attribuzione in favore del difensore dell'ente dichiaratosi antistatario.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.