Corte dei conti
Sezione giurisdizionale per la Lombardia
Sentenza 23 marzo 2023, n. 67

Presidente: Tenore - Estensore: Manni

FATTO

Con atto di citazione depositato in data 28 aprile 2022 e ritualmente notificato, la Procura regionale ha citato in giudizio M. Antonio, in persona del tutore R. Rosa, al fine di ottenere il risarcimento dell'importo di euro 40.000,00 a titolo di risarcimento del danno all'immagine dell'Arma dei Carabinieri.

In seguito a notizia di danno ricevuta dal Comando Legione Carabinieri Lombardia relativa all'avvenuto rinvio a giudizio del M., all'epoca dei fatti appuntato scelto dell'Arma dei Carabinieri, la Procura contabile ha accertato i seguenti fatti.

Con sentenza 1° dicembre 2015, n. 166 il GIP del Tribunale di Pavia condannava il sig. M. Antonio, tratto in arresto il 29 settembre 2014, alla pena di anni 13 di reclusione ed euro 10.000,00 di multa, per i reati di tentata estorsione aggravata, illecita detenzione di sostanze stupefacenti eterogenee, illecita detenzione di una pistola, calunnia e falso. Con sentenza del 19 dicembre 2016, n. 8396 la Corte di appello di Milano riduceva la pena ad anni 10 e mesi 8 di reclusione e euro 7.600,00 di multa. La sentenza diveniva irrevocabile il 18 ottobre 2017 in seguito al rigetto del ricorso per cassazione proposto dall'imputato.

In seguito ad invito a dedurre notificato il 13 marzo 2019, la Procura in data 10 giugno 2021 depositava atto di citazione nei confronti del sig. M. Antonio per il risarcimento del danno cagionato all'immagine dell'Arma dei Carabinieri. Il convenuto si costituiva in giudizio. Con ordinanza emessa all'udienza del 9 giugno 2021 il Collegio, rilevato che l'invito a dedurre e l'atto di citazione erano stati notificati personalmente al convenuto e che quest'ultimo aveva rilasciato personalmente la procura al difensore e che, ai fini di verificare la regolare instaurazione del contraddittorio, occorreva stabilire se, al momento della notifica dell'invito a dedurre, della notifica dell'atto di citazione e del rilascio della procura al difensore il sig. M. fosse in stato di interdizione legale e, in caso positivo, se fosse tuttora in stato di interdizione legale e fosse stato nominato un tutore, delegava la Procura ad acquisire tali informazioni.

La Procura acquisiva la documentazione attestante lo stato di interdizione legale del sig. M. sia al momento della notifica dell'invito a dedurre, sia al momento della notifica dell'atto di citazione.

Conseguentemente questa Sezione, con sentenza n. 296/2021, dichiarava l'inammissibilità dell'atto di citazione. Dopo aver accertato che il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva provveduto ad individuare quale tutore del M. la sig.ra R. Rosa, la Procura procedeva con la notifica di nuovo invito a dedurre, per gli stessi fatti, al M. e al suo tutore e, ritenute le controdeduzioni non idonee a superare i motivi di addebito, depositava l'atto di citazione.

Secondo parte attrice vi sarebbero tutti i presupposti per affermare la responsabilità del convenuto per il danno all'immagine che la sua condotta avrebbe causato all'Arma dei Carabinieri e, in particolare, la sentenza di condanna irrevocabile che, in seguito all'entrata in vigore del d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174, non sarebbe più limitata ai soli delitti commessi contro la P.A. di cui al capo I del titolo II del libro II del codice penale. Il danno, secondo la Procura, dovrebbe essere liquidato equitativamente sulla base dei criteri di natura soggettiva, oggettiva e sociale elaborati dalla giurisprudenza. In applicazione di tali criteri e con riguardo, anche, alla diffusione mediatica dei fatti, parte attrice ha proposto di quantificare il danno in euro 40.000,00, oltre rivalutazione, interessi legali e spese di giudizio.

Il convenuto, tramite il tutore, si è costituito in giudizio con comparsa di costituzione depositata in data 7 ottobre 2022, con il patrocinio dell'avv. Anna Maria Ferriero. Il convenuto ha sostenuto che la diffusione mediatica della notizia ha interessato soltanto la stampa locale [e] che non sarebbe idonea a causare un clamor tale da ledere l'immagine dell'Arma dei Carabinieri. Vi sarebbero altri articoli che, invece, hanno messo in rilievo le operazioni di contrasto al crimine dei Carabinieri, tra i quali anche il M., che hanno riscosso elogi. Il convenuto, poi, sarebbe in credito verso l'Amministrazione sia per la mancata assegnazione dell'alloggio di servizio sia per l'indennità supplementare, che gli è stata negata, e ha contestato il criterio di calcolo del danno. Ha chiesto, quindi, il rigetto della domanda.

All'udienza del 23 novembre 2022 le parti hanno ribadito le proprie difese e la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

La domanda è parzialmente fondata nei termini che seguono.

1. Il rapporto di servizio è pacifico in quanto, all'epoca dei fatti, il convenuto era appuntato scelto dei Carabinieri.

2. La condotta illecita risulta pienamente provata. In sede penale è stato definitivamente accertato che nel periodo settembre-ottobre 2014 il M. ha commesso reati di tentata estorsione aggravata in danno di 3 persone, illecita detenzione di sostanze stupefacenti, illecita detenzione di una pistola, calunnia e falso. Per tali fatti il convenuto è stato condannato con sentenza, irrevocabile dal 18 ottobre 2017, della Corte d'appello di Milano del 19 dicembre 2016, n. 8396 alla pena di anni 10 e mesi 8 di reclusione e euro 7.600,00 di multa. I fatti sono incontestabili ex art. 651, comma 1, c.p.p. il quale dispone che la condanna penale definitiva ha efficacia di giudicato nel giudizio di responsabilità amministrativa per quanto attiene alla sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso. La giurisprudenza ritiene che: "In virtù di tale norma... l'efficacia vincolante del giudicato penale di condanna nel processo per la responsabilità amministrativa si estende all'accertamento dei fatti che hanno formato oggetto del relativo giudizio, intesi nella loro realtà fenomenica ed oggettiva, quali la condotta, l'evento e il nesso di causalità materiale, ed assunti a presupposto logico-giuridico della pronuncia penale, restando, quindi, preclusa al giudice contabile ogni statuizione che venga a collidere con i presupposti, le risultanze e le affermazioni conclusionali di quel procedimento" (Sez. Sicilia, 22 maggio 2019, n. 375; Sez. I app., 6 aprile 2018, n. 147; Sez. Toscana, 30 luglio 2019, n. 313; Sez. Veneto, 15 febbraio 2019, n. 26). La condotta illecita del convenuto, così come accertata in sede penale, è, quindi, incontrovertibile nel presente giudizio.

L'elemento soggettivo è pacificamente il dolo in quanto la condotta del convenuto, cosciente e volontaria, si è concretizzata nella commissione di reati dolosi.

3. Secondo la Procura la condotta del M. avrebbe causato un danno di immagine al Ministero della difesa - Arma dei Carabinieri.

Come è noto, il danno all'immagine della Pubblica Amministrazione, riconducibile nella categoria del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., consiste nella diminuita reputazione dell'ente presso i consociati conseguente alla lesione di diritti fondamentali della persona, riconosciuti dalla Costituzione per la Pubblica Amministrazione (artt. 2 e 97 Cost., Sez. Veneto, 9 maggio 2018, n. 66). Il danno all'immagine si concretizza qualora un soggetto, legato all'Amministrazione da un rapporto di servizio, ponga in essere un comportamento criminoso e sfrutti la posizione ricoperta non per il perseguimento di fini pubblici, ma per scopi utilitaristici e personali, ingenerando così nei cittadini sfiducia nella correttezza dell'azione amministrativa (Sez. Veneto, 9 maggio 2018, n. 66).

Quanto al requisito della proponibilità della domanda, questa Sezione: "ha, ormai, pacificamente riconosciuto che l'abrogazione dell'art. 7 l. 97/2001, ad opera dell'art. 4 dell'allegato 3 del d.lgs. 174/2016 e la contestuale novità introdotta dall'art. 51, comma 7, c.g.c., abbiano legittimato l'azione erariale per danno all'immagine per tutti i reati commessi nell'ambito del rapporto di occasionalità con la funzione pubblica rivestita, non (più) circoscrivendola ai soli reati contro la pubblica amministrazione" (tra le ultime: Sez. Lombardia, 22 dicembre 2022, n. 281). Più precisamente, la giurisprudenza di questa Sezione ha chiarito che: "la responsabilità amministrativa presuppone che il soggetto, legato all'Amministrazione da un rapporto di impiego o di servizio, debba rispondere del danno da lui causato nell'esercizio di un'attività illecita, tale dovendosi considerare non solo quella costituente svolgimento diretto della funzione propria del rapporto di impiego e di servizio, ma anche quella avente carattere strumentale per l'esercizio della medesima funzione, sempre che detta attività rinvenga nel rapporto l'occasione necessaria del suo manifestarsi, ancorché rappresenti un'illecita deviazione dell'attribuzione del servizio" (Sez. Lombardia, 12 aprile 2022, n. 103).

La fattispecie in esame si attaglia perfettamente a tale principio dato che proprio la funzione pubblica rivestita dal convenuto è stata lo strumento per commettere i plurimi reati di cui trattasi, per cui non è rilevante che i reati per i quali è stata emessa condanna non rientrino tra quelli di cui al capo I del titolo II del libro II del codice penale.

In proposito, infatti, la Corte d'appello, nel trascrivere, confermandole, le motivazioni del giudice di I grado, così si è espressa, in relazione alle tentate estorsioni: "in tale disegno criminoso, evidentemente volto a conseguire illeciti profitti mediante un'attività di pressione e intimidazione delle vittime a cui poi presentarsi con il volto del pubblico ufficiale risolutore", e in relazione alla detenzione illecita di sostanze stupefacenti, proveniente da un sequestro, e di un'arma: "l'imputato, grazie evidentemente alle possibilità concrete fornite dal pubblico ufficio ricoperto, ha inteso procacciarsi un'arma diversa da quella legalmente detenuta e delle sostanze stupefacenti al fine di rifornirsi di merce di scambio per qualche traffico illecito o, peggio, di commettere ulteriori reati". Emerge, quindi, con chiarezza il nesso di occasionalità necessaria tra questi fatti-reato e la qualifica di Carabiniere svolto dal M.

4. L'attore pubblico ha prodotto la rassegna stampa dalla quale risulta che la condotta del convenuto ha causato un notevole clamor fori. Secondo la difesa del convenuto, poiché si tratta di quotidiani locali, non si sarebbe verificata una diffusione mediatica della notizia tale da poter creare grave pregiudizio all'Arma dei Carabinieri. Mancherebbe, pertanto, una prova certa dell'an debeatur.

La giurisprudenza, tuttavia, ritiene che: "al fine di configurare la lesione dell'immagine, non è neppure indispensabile, secondo la giurisprudenza, la presenza del c.d. clamor fori, ovvero la divulgazione della notizia del fatto a mezzo della stampa o di un pubblico dibattimento, potendo il c.d. clamor essere rappresentato anche dalla divulgazione all'interno dell'Amministrazione e dal coinvolgimento di soggetti ad essa estranei, senza alcuna diffusione nei mass media (cfr. Corte dei conti, Sez. II app., nn. 183/2020, 178/2020, 271/2017, 662/2011)" (Sez. Lombardia, 11 novembre 2020, n. 180; 25 ottobre 2022, n. 244).

È indubbio che delitti così gravi commessi proprio da un soggetto che i crimini dovrebbe prevenirli e contrastarli e, per di più, con abuso della sua posizione e delle sue conoscenze, creino scalpore e danneggino gravemente l'immagine dell'Amministrazione sia all'esterno, tra i cittadini, vulnerando la fiducia che gli stessi hanno nei confronti della blasonata Arma dei Carabinieri, che all'interno dell'Amministrazione stessa, per la mortificazione inferta ai colleghi onesti e fedeli al servizio e all'Arma.

5. In merito alla quantificazione del danno, la Procura ha chiesto la liquidazione dell'importo di euro 40.000,00 in via equitativa ex art. 1226 c.c. in applicazione dei noti criteri, soggettivo, oggettivo e sociale, elaborati dalla giurisprudenza contabile. In proposito, la sentenza penale di condanna, nel motivare l'inesistenza delle condizioni per l'applicazione delle attenuanti generiche, ha rilevato la: "particolare pervicacia criminale dimostrata nella commissione impudente di numerose fattispecie delittuose, anche molto diverse tra loro, ma tutte sintomatiche di un noncurante spregio rispetto alle regole che, viceversa, l'imputato avrebbe dovuto prima di altri rispettare" elementi sui quali il Collegio concorda e che integrano perfettamente i criteri cui va commisurato il danno.

Ritiene il Collegio che il risarcimento, da calcolare con i predetti criteri, debba però essere parametrato anche ai reati commessi in occasionalità con la qualifica di Carabiniere.

Come già osservato, il nesso di occasionalità è certamente sussistente con riferimento ai reati di estorsione e di detenzione illecita di sostanze stupefacenti e dell'arma. Non sussiste tale nesso, viceversa, con i reati di calunnia e falso ("dopo averlo colpito immotivatamente con un pugno, simulava a carico di Niang Serigne Modou le tracce del delitto di tentata rapina impropria ingaggiando con questi una colluttazione, gettando a terra il proprio portafogli e facendo credere ai presenti ed ai colleghi Carabinieri immediatamente intervenuti che il predetto portafogli gli era stato sottratto dalla p.o."). Non vi è nesso, infatti, tra tale condotta e il munus publicum, trattandosi di reato commesso per fini esclusivamente personali e del tutto estranei all'Amministrazione, nemmeno indirettamente ricollegabili alle attribuzioni proprie dell'agente.

Conseguentemente, si ritiene equo liquidare il danno in euro 30.000,00.

I pretesi e non quantificati crediti che il convenuto vanta nei confronti dell'Amministrazione non possono essere oggetto del giudizio di responsabilità riguardando eventuali rapporti di debito-credito tra le parti e non potendo, quindi, essere considerati ai fini della liquidazione del risarcimento.

6. In conclusione il convenuto deve essere condannato a corrispondere al Ministero della difesa - Arma dei Carabinieri la somma di euro 30.000,00, ad oggi già rivalutati, oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo.

7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, condanna M. Antonio a risarcire al Ministero della difesa - Arma dei Carabinieri la somma di euro 30.000,00, ad oggi già rivalutati, oltre interessi legali dalla data di deposito della sentenza al soddisfo.

Pone a carico del convenuto soccombente le spese di giudizio che liquida in euro 191,71 (centonovantuno/71).