Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione II stralcio
Sentenza 8 marzo 2023, n. 3825
Presidente: Cicchese - Estensore: Tecchia
FATTO
Con l'odierno ricorso ritualmente notificato e depositato presso la segreteria di questo T.A.R., la società ricorrente - premesso di aver presentato in data 27 giugno 17 una S.C.I.A. di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande per il locale sito in Roma, Via Cavour n. 327, nonché di essersi poi vista notificare in data 26 aprile 2018 la determinazione dirigenziale CA/1180/2018 del 23 aprile 2018 (ora impugnata), recante l'ordine di cessazione della summenzionata somministrazione sul presupposto motivazionale che "ai sensi del Regolamento per l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande di cui alla Deliberazione Consiglio Comunale n. 35 del 16 marzo 2010, negli Ambiti indicati al comma 4 dell'articolo 10, tra cui l'Ambito n. 1 bis - Rione Monti - in cui ricade Via Cavour, non è consentito il rilascio di autorizzazioni per nuove attività di somministrazione di alimenti e bevande", e che "ai sensi della normativa vigente la presentazione della S.C.I.A. finalizzata all'apertura di nuove attività di somministrazione di alimenti e bevande è consentita esclusivamente fuori degli ambiti di tutela come sopra individuati e nella sola modalità elettronica, da non confondersi con la trasmissione della modulistica cartacea via pec", sicché "qualunque S.C.I.A. presentata in tale modalità risulta priva di effetti" - insorge avverso la sopra richiamata determinazione dirigenziale contenente l'ordine di inibizione dell'attività di somministrazione, chiedendone l'annullamento.
Roma Capitale si è ritualmente costituita in giudizio con memoria di stile, instando per la reiezione del gravame.
Seguiva il deposito dei documenti e delle memorie ex art. 73, comma 1, c.p.a.
Per quanto di rilievo, con memoria conclusionale depositata in atti in data 25 gennaio 2023, Roma Capitale ha eccepito l'improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse ad agire, atteso che «con nota VA/2023/8355 del 11.01.2023, la Polizia di Roma Capitale riferisce "per i locali di via Cavour n. 327 in data 04.04.2019 è stata rilasciata D.D. CA/1092/2019 di trasferimento di sede negli ambiti di tutela a nome della Galilea s.r.l. e p.e. T. Anna Rosa"» (doc. 1 del deposito di parte resistente del 17 gennaio 2023), discendendone "che nelle more della trattazione del ricorso, l'assetto di interessi composto dal provvedimento in relazione al bene della vita sotteso e facente capo alla Società ricorrente è sostanzialmente mutato, dal momento che, come evidenziato, gli interessi per l'esercizio di attività commerciale in Via Cavour 327, alla luce della riferita, sopravvenuta adozione della D.D. CA/1092/2019 di trasferimento negli ambiti a nome della Galilea S.r.l., fanno ad oggi capo non già e non più alla ricorrente, bensì al nuovo soggetto".
Nulla è stato controdedotto dalla ricorrente in merito alla summenzionata eccezione di improcedibilità.
All'udienza straordinaria del 3 marzo 2023, il Collegio ha introiettato la causa in decisione.
DIRITTO
L'eccezione di improcedibilità del ricorso è perspicua, con la conseguenza che il gravame va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ad agire.
Parte resistente ha puntualmente affermato, infatti, che il soggetto titolare dell'attività aziendale svolta nel locale sito in Roma, Via Cavour n. 327 (locale presso il quale si svolgeva l'attività di somministrazione alimentare inibita dal provvedimento impugnato) non è più l'odierna ricorrente.
Tale circostanza non è stata minimamente contestata dall'odierna ricorrente, dovendosi quindi considerare pacifica in ossequio al principio di non contestazione scolpito nell'art. 64, comma 2, c.p.a.
Ne consegue la sopravvenuta carenza di interesse della ricorrente all'annullamento del provvedimento impugnato, atteso che la caducazione di quest'ultimo non consentirebbe comunque all'istante di riprendere l'attività di somministrazione alimentare sinora preclusale, non avendo la ricorrente più alcuna disponibilità del locale commerciale de quo.
Quanto precede conduce ad una dichiarazione di improcedibilità del ricorso, giusta quanto previsto dall'art. 35, comma 1, lett. c), c.p.a.
Né paiono sussistere i presupposti per una dichiarazione d'illegittimità dell'atto impugnato ai fini risarcitori ex art. 34, comma 3, c.p.a.
Il recente arresto dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 8 del 13 luglio 2022 ha infatti chiarito che «per procedersi all'accertamento dell'illegittimità dell'atto ai sensi dell'art. 34, comma 3, c.p.a., è sufficiente [n.d.r.: e ovviamente necessario] dichiarare di avervi interesse a fini risarcitori; non è pertanto necessario specificare i presupposti dell'eventuale domanda risarcitoria, né tanto meno averla proposta nello stesso giudizio di impugnazione; la dichiarazione deve essere resa nelle forme e nei termini previsti dall'art. 73 c.p.a.».
Se quindi è vero che il meccanismo processuale dell'art. 34, comma 3, c.p.a., non obbliga affatto il ricorrente ad allegare tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria (e men che meno a proporre sin da subito la domanda risarcitoria), è altrettanto vero, però, che il minimum richiesto al ricorrente è comunque una dichiarazione di interesse "a fini risarcitori".
Dichiarazione che nel caso di specie difetta del tutto.
Il che osta a qualsiasi accertamento dell'illegittimità dell'atto impugnato.
Se ne inferisce, conclusivamente, che il ricorso è improcedibile.
Attesa la natura in rito della controversia, il Collegio ritiene che sussistano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sezione Seconda Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ad agire.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.