Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Sezione V
Sentenza 8 febbraio 2023, n. 899
Presidente: Abbruzzese - Estensore: Maffei
1. Nell'odierno giudizio, il ricorrente agisce per il riconoscimento del proprio diritto di accesso alla sua cartella sanitaria redatta dai sanitari del presidio ospedaliero San Paolo - ASL NA 1 Centro, in occasione delle cure prestategli a causa del sinistro subito in data 6 settembre 2022.
In particolare, ha rappresentato la necessità di acquisire la predetta documentazione onde conseguire dalla compagnia assicurativa del danneggiante il richiesto risarcimento, atteso che la documentazione de qua era l'unica idonea a comprovare la data ed il luogo del sinistro (desumibili dai verbali dell'ambulanza inseriti nella cartella clinica), l'entità del danno, l'operazione chirurgica eseguita e le ulteriori informazioni utili per la liquidazione dell'importo risarcitorio domandato.
Essendo rimasta inerte l'Amministrazione sul presupposto dell'avvenuto smarrimento della cartella clinica, il ricorrente ha dunque proposto l'odierno ricorso con il quale lamenta l'illegittimità del diniego tacito di accesso sotto diversi profili.
L'azienda sanitaria non si è costituita in giudizio.
Nella camera di consiglio del 24 gennaio 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Il ricorso è fondato.
Si osserva che la nota del 24 novembre 2022, con cui l'azienda sanitaria ha comunicato di aver denunciato alle competenti autorità lo smarrimento della cartella clinica e di aver avviato la ricerca della documentazione in suo possesso, non è sufficiente a ritenere esaustivamente adempiuti gli obblighi conseguenti all'istanza di accesso della parte ricorrente.
È bene premettere che, a norma dell'art. 22, comma 6, della l. 241/1990, "il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l'obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere".
In giurisprudenza è stato affermato che "la pubblica amministrazione non può avvalersi dell'eccezione al diritto di accesso prevista dal sesto comma dell'art. 22 l. n. 241 del 1990 e s.m.i., secondo cui tale diritto è esercitabile fino a quando la p.a. ha l'obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere, senza indicare con precisione il termine obbligatorio di detenzione, desumibile da una norma legislativa o regolamentare, posto che in tal caso trova applicazione l'ordinario termine di quarant'anni previsto dall'art. 5 del d.lgs. n. 42 del 2004 recante il Codice dei Beni Culturali" (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 10 giugno 2008, n. 659).
Nel caso di specie, posto che l'Amministrazione responsabile è un'azienda sanitaria, i termini per la conservazione dei documenti (che per le Amministrazioni dello Stato sono disciplinati dall'art. 41 del d.lgs. 42/2004, in materia di versamento all'Archivio Storico), dipendono dallo specifico piano di conservazione di cui all'art. 68 del d.P.R. n. 445/2000 e dalle altre disposizioni regolamentari e statutarie della stessa Amministrazione.
La giurisprudenza prevalente afferma che, se determinati documenti che sono legittimamente richiesti dal privato non risultino esistenti negli archivi dell'Amministrazione che li dovrebbe detenere per ragioni di servizio, quest'ultima è tenuta a certificarlo, così da attestarne l'inesistenza e fornire adeguata certezza al richiedente per quanto necessario a consentirgli di determinarsi sulla base di un quadro giuridico e provvedimentale completo ed esaustivo (si vedano, ex plurimis, T.A.R. Lombardia, Milano, 31 maggio 2019, n. 1255; 29 maggio 2021, n. 1245; 20 febbraio 2020, n. 343; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 3 maggio 2021, n. 2915; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-ter, 19 marzo 2019, n. 5201 ed altre).
Secondo tale orientamento, dal quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, trattandosi di applicare la regola generale ad impossibilia nemo tenetur, anche nei procedimenti di accesso ai documenti amministrativi l'esercizio del relativo diritto non può che riguardare, per evidenti motivi di buon senso e ragionevolezza, i documenti esistenti e non anche quelli distrutti o comunque irreperibili o mai posti in essere (pur essendo doverosa la loro redazione).
Ciò posto non è tuttavia sufficiente - al fine di dimostrare l'oggettiva impossibilità di consentire il diritto di accesso, e quindi di sottrarsi agli obblighi tipicamente incombenti sull'Amministrazione in base alla normativa primaria in tema di accesso - la mera e indimostrata affermazione in ordine all'indisponibilità degli atti, spettando all'Amministrazione destinataria dell'istanza di accesso l'indicazione, sotto la propria responsabilità, degli atti inesistenti o indisponibili che non è in grado di esibire, con l'obbligo di dare dettagliato conto delle ragioni concrete di tale impossibilità e non essendo sufficiente una mera affermazione della loro inesistenza negli scritti difensivi (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 11 ottobre 2019, n. 2131) o in semplici note.
In simili situazioni, l'Amministrazione è tenuta infatti ad eseguire con la massima accuratezza e diligenza sollecite ricerche per rinvenire i documenti chiesti in visione e a dare conto al privato delle ragioni dell'impossibilità di ricostruire gli atti mancanti, delle eventuali responsabilità connesse a tale mancanza (smarrimento, sottrazione, ecc.) e dell'adozione degli atti di natura archivistica che accertino lo smarrimento/irreperibilità in via definitiva dei documenti medesimi.
In altri termini, la giurisprudenza amministrativa, allorché l'Amministrazione cui sia stato chiesto l'accesso non riesca in concreto a trovare la documentazione, considera non sufficiente la mera dichiarazione che i documenti non siano stati trovati, essendo necessario che essa rilasci una vera e propria attestazione, di cui si assume la responsabilità, che chiarisca: a) se i documenti richiesti non esistano ovvero siano andati smarriti o comunque non siano stati trovati; b) in questo secondo caso, quali ricerche siano state eseguite, avendo riguardo alla modalità di conservazione degli atti richiesti e alle articolazioni organizzative incaricate della conservazione, e quali siano le concrete ragioni del mancato reperimento dei documenti (cfr. C.d.S., Sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 892; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 11 novembre 2016, n. 5221).
Ne scaturisce, in sostanza, l'illegittimità di un mero diniego, ovvero di una negazione di accesso che si basi unicamente sulla dichiarazione di irreperibilità dei documenti oggetto della richiesta, senza l'indicazione delle modalità di conservazione degli atti invocati in visione, delle ragioni del loro smarrimento, delle ricerche in concreto compiute e senza la trasmissione degli atti che si dichiarano posseduti le cui risultanze erano destinate ad essere inserite nella documentazione richiesta ed asseritamente smarrita.
Nel caso di specie, non solo l'asserita indisponibilità della cartella non emerge da una circostanziata indagine relativa alle specifiche regole di conservazione del medesimo atto, ma l'azienda sanitaria ha anche dichiarato di aver avviato la ricerca dei referti dei singoli esami e trattamenti sanitari cui il ricorrente era stato sottoposto, funzionalmente destinati ad essere riportati nella cartella clinica e non ancora trasmessi al ricorrente.
Pertanto, in accoglimento del gravame, va ordinato all'Amministrazione resistente che l'ufficio competente ratione materiae in ordine all'interesse sotteso alla richiesta d'accesso provveda in merito alla suddetta istanza, apprestando, nell'eventualità, ogni opportuna attestazione circa l'inesistenza o la indisponibilità della cartella clinica di cui si discute, sulla base delle regole archivistiche sancite dal regolamento della stessa Amministrazione, nonché trasmettendo la documentazione sopra menzionata ancora in suo possesso, ivi compresi eventuali referti parziali comunque reperibili in struttura.
Pertanto, il ricorso va accolto, con ordine all'Amministrazione di provvedere sull'istanza di accesso, nei modi indicati, entro trenta giorni dalla comunicazione della presente o sua notifica a cura di parte.
In caso di mancanza o irreperibilità dei documenti in archivio, dovrà essere rilasciata dal responsabile dell'ufficio una attestazione formale di totale inesistenza della documentazione indicata, da redigersi nel rispetto di quanto sopra indicato, ferma restando la messa a disposizione di eventuale documentazione, parziale, comunque rinvenuta.
3. Le spese del presente giudizio sono a carico dell'Amministrazione e si liquidano come in dispositivo, tenuto conto dell'impegno professionale che è stato richiesto alla parte ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in parte motiva e, per l'effetto, ordina all'ente di provvedere sulla richiesta di accesso della parte ricorrente, con le modalità pure in parte motiva prescritte, entro giorni trenta dalla notifica della presente sentenza o sua notifica a cura di parte.
Condanna l'azienda resistente alle spese di lite che liquida in euro 1.000,00 (mille/00) oltre accessori come per legge in favore della parte ricorrente, con attribuzione al procuratore costituito.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'art. 9, § 1, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente.