Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Sezione V
Sentenza 2 febbraio 2023, n. 1878
Presidente: Spagnoletti - Estensore: Zafarana
FATTO E DIRITTO
1.1. Con il ricorso in epigrafe il ricorrente agisce per l'esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 3559 del 2016 del Tribunale di Roma, Sezione II lavoro, con la quale è stato così statuito: "... dichiara il diritto di parte ricorrente alla riliquidazione dell'indennità di fine rapporto - TFS sulla base dell'anzianità di servizio decorrente dal 26 giugno 69 e per i periodi di servizio effettivamente svolti sino alla data di effettiva immissione in ruolo e per l'effetto, condanna l'Inps al pagamento delle differenze maturate, oltre la maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria...".
Il ricorrente riferisce che la sentenza è stata munita di formula esecutiva il 13 settembre 2016, e notificata all'Inps il 3 ottobre 2016 avrebbe acquisito autorità di cosa giudicata e ciononostante non è stata ancora eseguita. Riferisce anche di avere esperito senza successo un pignoramento presso terzi, ma che Poste Italiane ha reso una dichiarazione negativa, sicché non ha più interesse a coltivare la procedura esecutiva dinanzi al giudice ordinario.
1.2. In data 27 aprile 2017 si è costituito in giudizio l'Inps il quale ha depositato memoria di costituzione con cui ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità del ricorso in ottemperanza stante la contemporanea coltivazione di un procedimento esecutivo dinnanzi al giudice ordinario, chiedendone comunque il rigetto sul rilievo che l'Inps "ha dato esatta esecuzione alla sentenza di cui si chiede l'ottemperanza".
1.3. All'udienza del 2 dicembre 2022 il Presidente del Collegio ha dato avviso alle parti di un possibile profilo di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, dandone atto nel relativo verbale ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a.; il difensore di parte ricorrente ha chiesto un rinvio per dedurre sul punto e la causa è stata rinviata all'udienza del 25 gennaio 2023.
1.4. In vista dell'udienza di trattazione del ricorso soltanto parte ricorrente ha depositato una memoria difensiva con la quale - premesso che la procedura esecutiva azionata in sede civile è stata abbandonata - ha dedotto «che le questioni sollevate dal F. e contestate dall'I.N.P.S. (l'avvenuta "esecuzione" del giudicato, dieci-dodici anni prima che si formasse) sono il thema decidendum, come delimitato sia dal ricorso introduttivo (ex artt. 34-39 c.p.a.) che dalle contestazioni dell'I.N.P.S., per cui non si chiede al T.A.R. nessun "giudicato a formazione progressiva", ammissibile in ottemperanza se il giudicato è del G.A., e non se è del G.O. ma solo se il giudicato è stato eseguito come sostiene l'I.N.P.S., o non eseguito come sostiene il dr. F. A detta pronuncia del tutto ammissibile, perché non "arricchisce" il giudicato il dr. F. ha interesse ed insiste perché sia accolta, come richiesto nel ricorso introduttivo».
1.5. All'udienza del 25 gennaio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Deve incidentalmente rilevarsi che il ricorrente non ha prodotto in giudizio la documentazione utile ai fini dell'accoglimento del ricorso, mancando copia della sentenza notificata al domicilio reale del debitore munita della formula esecutiva e la certificazione della competente cancelleria attestante il passaggio in giudicato della sentenza medesima.
3. Il ricorso è comunque inammissibile per difetto di giurisdizione.
3.1. Deve preliminarmente rilevarsi che la sentenza di cui si chiede l'ottemperanza contiene una statuizione di condanna "in via generica" dell'Inps al pagamento, in favore del ricorrente, delle maggiori somme dovute per indennità di fine rapporto e accessori; condanna generica corrispondente a quanto espressamente chiesto dal ricorrente al Giudice del lavoro, il quale ne ha anche dato ripetutamente atto nel corpo della sentenza.
3.2. Secondo la giurisprudenza condivisa dal Collegio, la sentenza del Giudice del lavoro che abbia dichiarato il diritto del lavoratore ad ottenere spettanze retributive e abbia condannato il datore di lavoro al pagamento dei relativi arretrati, senza precisare in termini monetari l'ammontare del credito complessivo già scaduto, non costituisce valido titolo esecutivo (per difetto del requisito di liquidità del diritto portato dal titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c.), qualora la misura della prestazione spettante all'interessato - non suscettibile di quantificazione mediante semplici operazioni aritmetiche eseguibili sulla base di elementi di fatto contenuti nella medesima sentenza - debba essere effettuata per mezzo di ulteriori accertamenti giudiziali, previa acquisizione dei dati istruttori all'uopo necessari.
In tal caso il creditore non può agire in executivis, ma deve esso richiedere la liquidazione del credito in un distinto successivo giudizio dinnanzi al giudice munito di giurisdizione (v. in tal senso, ex plurimis: T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 17 aprile 2012, n. 800; C.d.S., Sez. VI, 21 dicembre 2011, n. 6773; Cass., Sez. lav. 29 ottobre 2003, n. 16259; 23 aprile 2009, n. 9693; 11 giugno 1999, n. 5784; da ultimo cfr. C.d.S., Sez. IV, n. 3098 del 15 maggio 2020).
3.3. Nel caso in esame, invero, nella sentenza di cui si invoca l'ottemperanza manca la previsione del quantum della condanna e, peraltro, il ricorrente nemmeno quantifica le somme ad esso dovute relativamente a ciascun periodo di servizio computabile.
È pertanto evidente come l'accertamento della spettanza del relativo diritto implica sicuramente il rinnovato esercizio di poteri cognitori, onde interpretare il giudicato e determinare le somme dovute alla parte ricorrente, «la cui deduzione è inammissibile nella presente sede, dovendo le parti adire il giudice della cognizione, munito di giurisdizione. Infatti, ... il giudizio di ottemperanza in relazione ai giudicati del giudice ordinario secondo la testuale previsione dell'art. 112, comma 2, lett. c), c.p.a. è attivabile unicamente "al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al giudicato", e cioè per dare esecuzione a specifiche statuizioni rimaste ineseguite, e non anche per introdurre nuove questioni di cognizione, per di più riservate alla giurisdizione del giudice ordinario» (cfr., in termini, C.d.S., Sez. VI, 5 aprile 2011, n. 2757).
4. Conclusivamente il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, appartenendo la controversia alla giurisdizione del giudice ordinario competente per territorio presso il quale il processo può essere riproposto - con salvezza degli effetti processuali e sostanziali delle domande e delle eccezioni in questa sede proposte - entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza, come previsto dall'art. 11, comma 2, c.p.a.
5. In considerazione della mancata definizione della controversia nel merito, sussistono giustificati motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.