Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
Sezione I
Sentenza 19 dicembre 2022, n. 1912

Presidente ed Estensore: Di Mario

FATTO E DIRITTO

La società ricorrente, incaricata del servizio di pulizie presso gli uffici del Comune di Padova, chiede il compenso revisionale per il periodo di proroga del contratto dal 1° novembre 2010 al 31 ottobre 2013, richiesto con istanza del 4 giugno 2015, previa dichiarazione di nullità della clausola del capitolato di appalto che subordinava illegittimamente la proroga dell'affidamento alla rinuncia alla revisione da parte dell'appaltatore.

Il Comune con nota del 21 settembre 2015 riscontrava in maniera parzialmente positiva la predetta nota di Team Service, dando atto che, quanto al periodo di proroghe biennali dal 1° novembre 2011 al 30 giugno 2013, "sembra comunque corretto, da parte dell'Amministrazione, riconoscere un compenso revisionale per il periodo in questione poiché non vi sono state, per tale periodo, espresse previsioni decadenziali della revisione a livello contrattuale".

Con il provvedimento del 12 novembre 2015, impugnato, l'amministrazione negava poi il diritto di Team Service al riconoscimento del compenso revisionale perché dall'accettazione della proroga da parte di Team Service si ricaverebbe la rinuncia al diritto al riconoscimento al compenso revisionale.

Contro il diniego del Comune la ricorrente ha proposto i seguenti motivi di ricorso.

I) Violazione del principio di congruità - violazione del principio di rimuneratività - violazione degli artt. 7, 10, 29, 86, 87, 89 e 115 del d.lgs. 163/2006 - ingiustizia manifesta.

Secondo la ricorrente il meccanismo revisionale serve ad impedire che il fisiologico aumento dei costi dei mezzi e fattori di produzione finisca per violare l'ineludibile principio di congruità (oltre che il principio di remuneratività) dell'offerta.

Quindi qualsivoglia clausola che vada a comprimere il diritto dell'appaltatore al riconoscimento del compenso revisionale finirebbe per violare il tassativo e sistematico principio di congruità del corrispettivo di appalto che abbraccia l'intera esecuzione dell'affidamento, e, pertanto, deve essere considerata nulla.

II) Violazione dell'art. 115 del d.lgs. 163/2006 - violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1339 e 1419 c.c. - illogicità.

Secondo la ricorrente il diritto dell'appaltatore al riconoscimento del compenso revisionale è indisponibile e si applica anche ai casi di proroga del contratto.

La ricorrente non avrebbe quindi rinunciato alla proroga in quanto nella nota del 2 ottobre 2015 la società - lungi dall'aver assunto un impegno formale - ha affermato che "al fine esclusivo di definire in tempi brevi la questione non si esclude di rinunciare all'importo relativo alla revisione prezzi relativa al periodo 1 novembre 2010/31 ottobre 2011".

Inoltre, quanto alle successive proroghe disposte sino al 30 ottobre 2013, la rinuncia non sarebbe stata prevista dagli atti di gara in quanto si legge all'art. 4, quarto alinea, del capitolato speciale d'appalto che: "Viceversa, qualora l'Amministrazione lo ritenesse opportuno e necessario, in quanto non sia stato possibile definire un nuovo contratto in sostituzione di quello scaduto, il servizio di pulizie potrà essere prorogato, con espresso provvedimento, alle stesse condizioni, per il tempo strettamente necessario per l'espletamento del nuovo appalto, e comunque per un periodo non superiore a mesi sei".

III) Violazione dell'art. 115 del d.lgs. 163/2006 - difetto di istruttoria - difetto di motivazione - contraddittorietà - violazione del principio di affidamento.

Secondo la ricorrente la motivazione del diniego di revisione contrattuale sarebbe insufficiente e contraddittoria.

IV) Sul quantum del compenso revisionale la ricorrente chiede che l'importo dovuto dal Comune di Padova a titolo di revisione prezzi sia quantificato in euro 207.273,68.

La difesa del Comune sostiene che il comportamento di parte ricorrente sarebbe contrario ai principi di collaborazione e della buona fede in quanto avrebbe dapprima accettato le proroghe alle "medesime condizioni contrattuali", per poi, a rapporto contrattuale concluso, a seguito di affidamento del servizio ad altra ditta e a due anni dalla fine del rapporto, avanzare del tutto inopinatamente richiesta di revisione prezzi. Inoltre la richiesta sarebbe inammissibile per intervenuta acquiescenza della ditta, che non ha mai contestato né la prima determinazione di proroga - contenente l'espresso riferimento alla intervenuta rinuncia alla seconda revisione prezzi per effetto della decadenza, come previsto all'art. 4 del capitolato - né le successive determinazioni di proroga, espressamente concesse ed accettate alle medesime condizioni economico-giuridiche del contratto, sulla base del combinato disposto degli artt. 4 e 16 del capitolato speciale d'appalto. Infatti parte ricorrente avrebbe dovuto impugnare le determinazioni di proroga del Comune nell'ordinario termine di decadenza, al fine di ottenerne l'annullamento per illegittimità derivata dalla clausola nulla. Inoltre la domanda di nullità ai sensi dell'art. 31 c.p.a. avrebbe dovuto essere sollevata entro il termine decadenziale di 180 giorni, ragione per cui la domanda di nullità qui proposta appare all'amministrazione tardiva rispetto alla data di definitiva conclusione del rapporto (ultima proroga scaduta il 30 giugno 2013), e ancor più con riferimento alla data del contratto.

Nel merito chiede la reiezione del ricorso in quanto la clausola di decadenza della potestà di richiedere la revisione prezzi sarebbe legittima e compatibile con quanto disposto dall'art. 115 del codice degli appalti.

Non sarebbe dovuta alcuna revisione prezzi per il periodo precedente al 31 ottobre 2011, per espressa rinuncia della ditta in sede di prima proroga (docc. 4 e 5); né sarebbe dovuta alcuna revisione prezzi per le successive proroghe assunte ed accettate liberamente dalle parti alle medesime condizioni economiche e giuridiche in atto, come provato dalla motivazione delle singole determinazioni sempre comunicate alla ditta, dalla stessa accettate espressamente con specifiche note (docc. 5, 9, 13 e 18) e mai contestate. Sul quantum revisionale l'amministrazione sostiene che l'istruttoria per determinare l'ammontare della revisione spetta quindi esclusivamente all'Amministrazione.

Con le memorie di replica le parti hanno ribadito le loro posizioni.

All'udienza dell'8 novembre 2022 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

2. L'eccezione di acquiescenza alla proroga alle "medesime condizioni contrattuali" è infondata in quanto secondo la giurisprudenza consolidata (C.d.S., Sez. III, 12 agosto 2019, n. 5686) "La revisione prezzi, secondo la disciplina pro tempore applicabile, si applica ai contratti di durata pluriennale a partire dall'anno successivo al primo, e l'art. 115 d.lgs. 163/2006 prevede l'inserimento obbligatorio della clausola di revisione prezzi, con conseguente sostituzione di diritto ex art. 1339 c.c. delle clausole contrattuali difformi, nulle di pieno diritto ex art. 1419 c.c.".

Con la sentenza del Consiglio di Stato n. 3874/2020 è stata ribadita la natura dell'interesse che sottende l'istituto in questione: "L'istituto della revisione dei prezzi ha la finalità di salvaguardare l'interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell'eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse (incidente sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell'offerta), e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. C.d.S., Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 2295; Sez. V, 20 agosto 2008, n. 3994; Sez. III, 20 agosto 2018, n. 4985); dall'altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto (cfr. C.d.S., Sez. V, 23 aprile 2014 n. 2052; Sez. III, 4 marzo 2015, n. 1074; Sez. V, 19 giugno 2009, n. 4079).

Al contempo essa è posta a tutela dell'interesse dell'impresa a non subire l'alterazione dell'equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi sopraggiunte durante l'arco del rapporto e che potrebbero indurla ad una surrettizia riduzione degli standards qualitativi delle prestazioni".

Ne deriva la nullità dell'art. 4 e dell'art. 16 del capitolato speciale d'appalto, nella parte in cui è prevista la revisione biennale e nella parte in cui subordinano la proroga del servizio alla rinuncia dell'aggiudicatario alla revisione prezzi.

Di fronte a tale nullità deve escludersi l'acquiescenza della ricorrente ad un assetto della gara contra legem, confermato anche dal fatto che il riferimento alle "medesime condizioni contrattuali" è del tutto generico in quanto, trattandosi di un atto che estende gli effetti di un contratto esistente, è in re ipsa il fatto che si applichino le medesime condizioni contrattuali, dovendosi parlare, in caso diverso, di rinnovazione del contratto.

Neppure può ritenersi che la contestazione della nullità del capitolato speciale d'appalto dovesse seguire le condizioni dell'azione di nullità, operando nel caso di specie la sostituzione automatica di clausole.

In ogni caso sul tema specifico dei rapporti tra azione di nullità, clausole del bando violative di legge e azione di annullamento la giurisprudenza (C.d.S., Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9, § 6.2.1) ha chiarito che nel caso di "d) legge di gara che, in violazione dei precetti inderogabili stabiliti a pena di esclusione dal codice, dal regolamento attuativo o da altre leggi statali, espressamente si pone in contrasto con essi ovvero detta una disciplina incompatibile; in tal caso occorre una impugnativa diretta della clausola invalida per poter dedurre utilmente l'esclusione dell'impresa che non abbia effettuato il relativo adempimento". Il bando di gara o, come nel caso di specie, il capitolato speciale d'appalto illegittimi sono quindi soggetti all'azione di annullamento e non a quella di nullità, non potendo ritenere che sussista differenza tra clausole illegittime di esclusione dalla gara e di esclusione della revisione dei prezzi.

A ciò si aggiunge che la giurisprudenza ha precisato che la revisione spetta in caso di proroghe contrattuali e non già di rinnovi, poiché in quest'ultimo caso si è di fronte ad una ridefinizione delle condizioni economiche.

3. Da quanto dedotto sopra debbono ritenersi fondati i primi tre motivi del ricorso e deve quindi riconoscersi il diritto della ricorrente alla revisione prezzi per i periodi di proroga dei contratti stipulati con l'amministrazione.

4. Sul quantum del compenso revisionale la domanda va allo stato respinta in quanto rientra nei compiti dell'amministrazione provvedere alla verifica dei presupposti di fatto della suddetta revisione con la precisa individuazione della variazione percentuale relativa alle singole annualità ed alla quantificazione delle singole poste, che dovrà essere proposta alla ricorrente entro 120 dal ricevimento della presente sentenza.

5. La durata del giudizio giustifica la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l'effetto annulla gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.