Corte di cassazione
Sezione V civile (tributaria)
Ordinanza 2 dicembre 2022, n. 35574
Presidente: Virgilio - Relatore: D'Aquino
RILEVATO CHE
1. La società contribuente Durante Salvatore s.r.l. ha impugnato una cartella di pagamento relativa a IVA del periodo di imposta 2004, oltre sanzioni e interessi, la quale faceva seguito all'emissione di un avviso di accertamento divenuto definitivo per omessa impugnazione. La società contribuente ha dedotto, per quanto qui rileva, di essere terzo rispetto al rapporto tributario, il quale incombeva a un terzo contribuente.
2. La CTP di Palermo ha accolto il ricorso.
3. La CTR della Sicilia, con sentenza in data 13 aprile 2015, ha rigettato l'appello del concessionario della riscossione. Il giudice di appello ha ritenuto che il credito tributario tragga origine da una verifica effettuata nei confronti dell'impresa individuale Durante Salvatore, cessata in data 13 luglio 2004, nei cui confronti era stato effettuato l'accertamento, soggetto terzo rispetto al destinatario della cartella, notificata in data 7 marzo 2010.
4. Propone ricorso per cassazione l'Amministrazione finanziaria, affidato a quattro motivi, cui resistono con controricorso la società contribuente e il concessionario per la riscossione, il quale propone a sua volta ricorso incidentale, affidato a un unico motivo, rispetto al quale non è stata svolta attività difensiva.
CONSIDERATO CHE
1.1. Con il primo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza per violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, non essendosi il giudice di appello pronunciato in ordine alla eccezione dell'Ufficio di difetto di legittimazione passiva, potendo la cartella essere impugnata solo per vizi propri.
1.2. Con il secondo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 14 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui il giudice di appello ha omesso di pronunciarsi sulla superiore questione di difetto di legittimazione, trattandosi di controversia pendente tra la società contribuente e il concessionario.
1.3. Con il terzo motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., nullità della sentenza per violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, per essersi il giudice di appello, con la sentenza impugnata, pronunciato su una questione non proposta dalle parti, laddove ha accertato che la cartella sarebbe stata emessa nei confronti di un soggetto diverso rispetto al destinatario dell'atto impositivo. Osserva il ricorrente principale che nel corso del giudizio di primo grado la società contribuente ha dedotto che vi sarebbe diversità tra destinatario dell'attività di verifica e destinatario della «attività di accertamento ed esecutiva». La controversia riguarderebbe, secondo il ricorrente principale, la responsabilità della società per l'attività di verifica effettuata nei confronti dell'impresa individuale «prima della trasformazione in società».
1.4. Con il quarto motivo del medesimo ricorso si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 2498 c.c. in ordine alle conseguenze della trasformazione dell'impresa individuale in società di capitali, costituendo la trasformazione dell'impresa in società di capitali vicenda evolutiva dell'originaria impresa individuale.
1.5. Con l'unico motivo di ricorso incidentale il concessionario della riscossione deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92 c.p.c., 19, 20, 26, comma 4, d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112 in relazione all'art. 25 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. Osserva il ricorrente incidentale che il giudice di appello, nel ritenere nulla l'iscrizione a ruolo, avrebbe dovuto pronunciarsi sugli effetti sostanziali della soccombenza, condannando l'ente impositore al pagamento delle spese processuali, laddove sarebbe stata erroneamente pronunciata la compensazione delle spese processuali. Osserva, sotto tale profilo, il concessionario che sarebbe erronea la valutazione compiuta dal giudice di appello ove ha confermato la sentenza di primo grado. In particolare, la sentenza di primo grado si sarebbe concentrata sulla tardiva notificazione della cartella, mentre il giudice di appello avrebbe rilevato la nullità del ruolo; non si tratterebbe, pertanto, di una mera conferma della sentenza di primo grado ma di una riforma della stessa sotto tale profilo, il che avrebbe dovuto portare alla soccombenza dell'ente impositore nei confronti del concessionario della riscossione, essendo la cartella stata annullata per atto non imputabile al concessionario.
2. Va preliminarmente rigettata l'eccezione di tardività del ricorso, essendo lo stesso stato notificato (data di spedizione) in data 9 novembre 2015 nel rispetto del termine lungo ad impugnare dal deposito della sentenza (13 aprile 2015).
3. I primi due motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati. Come correttamente osservato dalla società controricorrente, il giudice di appello ha dichiarata nulla l'iscrizione a ruolo per insussistenza dell'obbligazione tributaria nei confronti del destinatario della cartella di pagamento, facendo valere vizi propri del ruolo, in cui il legittimato passivo è l'ente impositore e non il concessionario della riscossione. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, qualora il contribuente abbia impugnato una cartella esattoriale, emessa dal concessionario per la riscossione, per motivi che non attengono a vizi della cartella medesima ma all'esistenza stessa del tributo, il ricorso deve essere notificato all'ente impositore quale titolare del credito oggetto di contestazione nel giudizio, essendo il concessionario un mero destinatario del pagamento, o più precisamente, mutuando lo schema civilistico dell'art. 1188 c.c., il soggetto incaricato dal creditore ed autorizzato a ricevere il pagamento (Cass., Sez. VI, 16 febbraio 2022, n. 5062; Cass., Sez. VI, 18 febbraio 2020, n. 3955; Cass., Sez. V, 15 aprile 2011, n. 8613).
4. Il terzo e il quarto motivo, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
In caso di costituzione di società (nella specie in accomandita semplice), con conferimento di azienda destinata all'esercizio di impresa individuale, si verifica un fenomeno traslativo e non successorio, cui non si applica la disciplina dell'art. 2498 c.c. (concernente esclusivamente il caso di trasformazione di società da un tipo in un altro), con la conseguenza che eventuali irregolarità od infrazioni alla normativa fiscale, commesse nell'esercizio dell'impresa individuale, ricadono sul titolare della stessa e di essa non può essere chiamata a rispondere la società conferitaria, trattandosi di soggetto del tutto diverso, ad esempio, escludendosi che le omissioni dell'impresa individuale nella dichiarazione IVA potessero addebitarsi alla neo costituita società in accomandita semplice (Cass., Sez. V, 3 dicembre 2010, n. 24588). Parimenti non si verifica trasformazione anche in caso di «trasformazione regressiva», ove la società si trasformi in impresa individuale (Cass., Sez. V, 21 dicembre 2021, n. 40922).
5. Di contro, la responsabilità del cessionario dell'azienda risponde a presupposti diversi da quelli della successione nel rapporto obbligatorio, in quanto ascrivibile alla responsabilità solidale dei debiti, ove ne sussistano i presupposti, come nel caso di cui all'art. 2560 c.c. (Cass., Sez. V, 1° aprile 2022, n. 10648; Cass., Sez. V, 31 marzo 2022, n. 10377), ossia per presupposti differenti rispetto alla vicenda evolutiva propria della trasformazione societaria.
6. Il ricorso incidentale è inammissibile, in quanto il ricorrente non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha fatto applicazione della compensazione per «giusti motivi», benché le ragioni della sentenza di appello siano fondate su presupposti differenti, come analiticamente indicato dal ricorrente nel proprio ricorso incidentale.
7. Il ricorso principale e il ricorso incidentale vanno, pertanto, rigettati, con compensazione delle spese per reciproca soccombenza. Le spese seguono, invece, la soccombenza a favore del contribuente e sono poste a carico del ricorrente principale, solo nei confronti del quale è stata svolta attività difensiva. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato per il ricorrente incidentale.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e compensa le spese inter partes; condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese processuali in favore della società controricorrente, che liquida in complessivi euro 4.100,00, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente incidentale, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.