Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 9 dicembre 2022, n. 10833

Presidente: Franconiero - Estensore: Marotta

FATTO E DIRITTO

1. La società appellante ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il T.A.R. per la Liguria ha respinto il ricorso introduttivo del giudizio (come integrato dai motivi aggiunti), avente ad oggetto la domanda di annullamento dei seguenti atti:

- della determinazione del responsabile dell'area Edilizia, Urbanistica, Parco, Turismo e Cultura del Comune di Porto Venere (SP), adottata in data 24 giugno 2017, prot. 8994, notificata in pari data ed avente ad oggetto "Provvedimento di revoca di concessione demaniale marittima n. 11 rilasciata in data 06.03.2004 rep. n. 36 intestata a Eredi Salvatore Lamia di Lamia Vincenzo & C. s.a.s.";

- dell'avviso del responsabile dell'area Edilizia, Urbanistica, Parco, Turismo e Cultura del Comune di Porto Venere, prot. 13370, datato 14 settembre 2017, pubblicato sull'albo pretorio in pari data ed avente ad oggetto l'istanza di rilascio di concessione demaniale presentata da Enoteca da Mare s.r.l.s., sull'area demaniale oggetto della concessione revocata alla società Eredi Salvatore Lamia di Lamia Vincenzo & C. s.a.s.;

- della nota, prot. 15461 del 23 ottobre 2017, con la quale la responsabile dell'area Edilizia, Urbanistica, Parco, Turismo e Cultura del Comune di Porto Venere ha comunicato alla società Eredi Salvatore Lamia di Lamia Vincenzo & C. s.a.s. la preferenza accordata all'istanza di concessione demaniale presentata in concorrenza da Enoteca da Mare s.r.l.s.;

- del provvedimento di accoglimento della istanza di concessione demaniale presentata da Enoteca da Mare s.r.l.s. in preferenza alla istanza presentata dalla società Eredi di Salvatore Lamia di Vincenzo Lamia & C. s.a.s.;

- della concessione demaniale marittima n. 1/2018 rep. 140 rilasciata in data 9 gennaio 2018 a Enoteca da Mare s.r.l.s., sulla predetta area demaniale.

2. L'odierna appellante premette che il ricorso in appello è stato proposto solamente nei confronti del Comune di Porto Venere e non anche di Enoteca da Mare s.r.l.s., perché l'appellante ha mantenuto interesse all'accertamento della illegittimità degli atti impugnati, ai soli fini dello scrutinio della domanda risarcitoria avanzata unicamente nei confronti del predetto Comune e non anche della originaria controinteressata che, dunque, (a suo giudizio) non avrebbe interesse ad interloquire sulla presente impugnazione.

3. Tanto premesso, l'appellante ha censurato la sentenza impugnata sotto diversi profili che nel prosieguo del presente provvedimento saranno oggetto di specifica disamina.

4. Si è costituito in giudizio il Comune di Porto Venere, contestando le deduzioni di parte appellante e chiedendo conseguentemente la reiezione delle domande azionate (di accertamento e di condanna).

5. Con memorie difensive e di replica le parti costituite hanno avuto modo di rappresentare compiutamente le rispettive tesi difensive.

6. All'udienza pubblica dell'11 ottobre 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

7. In via preliminare, ritiene il Collegio che il ricorso in appello sia inammissibile.

Nel giudizio di primo grado la ricorrente (odierna appellante) aveva formulato domanda di annullamento del provvedimento di revoca della concessione demaniale relativa all'area adiacente al Bar Lumia e del provvedimento di affidamento della predetta concessione demaniale ad altro operatore economico nonché domanda di risarcimento dei danni asseritamente subiti per effetto degli atti impugnati.

Nel ricorso in appello l'odierna appellante dichiara di non aver più interesse all'annullamento degli atti impugnati e converte l'azione di annullamento in azione di accertamento, ai fini della condanna dell'Amministrazione comunale al risarcimento dei danni subiti.

Orbene, la conversione della domanda deve ritenersi consentita, in base all'art. 34, comma 3, del c.p.a., avendo la parte ricorrente formulato contestualmente istanza risarcitoria (detta conversione non integra dunque una mutatio libelli).

Tuttavia, il ricorso in appello avrebbe comunque dovuto essere notificato anche alla società controinteressata (Enoteca da Mare s.r.l.s.), la quale comunque ha interesse a contraddire sulla domanda di accertamento della illegittimità degli atti impugnati, che non concernono solo la revoca della precedente concessione demaniale, ma anche l'affidamento della predetta concessione demaniale alla controinteressata.

In merito alla necessità della notifica al controinteressato anche nel caso di domanda di accertamento, il Collegio ritiene di conformarsi all'orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio che, con riguardo a questa problematica, ha già avuto modo di precisare quanto segue: "3.1.1. La norma di cui all'art. 41, comma 2, c.p.a., sebbene testualmente riferita all'azione di annullamento, è applicabile per interpretazione estensiva anche all'azione di accertamento.

In tale direzione muovono plurime considerazioni di ordine sistematico.

In primo luogo - sebbene a più riprese, sia in sede di redazione del codice, sia in sede di successive modifiche normative, sia stata ipotizzata l'introduzione di un'azione generale di accertamento, e cioè la previsione che chiunque abbia interesse è legittimato a chiedere l'accertamento dell'esistenza o dell'inesistenza di un rapporto giuridico contestato con l'adozione delle consequenziali pronunce dichiarative - un'azione generale di accertamento, ad oggi, non è contemplata nel codice del processo amministrativo.

Tuttavia, la giurisprudenza ha ritenuto che l'assenza di una previsione legislativa espressa non osti alla esperibilità di un'azione di tale natura tutte le volte che detta tecnica di tutela sia l'unica idonea a garantire una protezione adeguata ed immediata dell'interesse legittimo (cfr., in particolare, Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 e n. 15 del 2011).

Infatti, occorre ritenere che, nell'ambito di un quadro normativo sensibile all'esigenza costituzionale di una piena protezione dell'interesse legittimo come posizione sostanziale correlata ad un bene della vita, la mancata previsione, nel testo codicistico, dell'azione generale di accertamento non preclude la possibilità di una tecnica di tutela che, ove necessaria al fine di colmare esigenze di protezione non suscettibili di essere soddisfatte in modo adeguato dalle azioni tipizzate, ha un fondamento nelle norme, immediatamente precettive, dettate dagli artt. 24, 103 e 113 Cost., cui si ispira l'art. 1 del c.p.a.

L'esegesi più attenta alle esigenze di effettività della tutela delle posizioni soggettive, pertanto, porta a ritenere che la norma di cui all'art. 41, comma 2, c.p.a. si riferisce alla sola azione di annullamento in quanto non è stata tipizzata l'azione generale di accertamento, ma nessun dubbio può sussistere sul fatto che, così come per l'azione di annullamento, anche per l'azione di accertamento, ove ammissibile, sia presente un'indefettibile esigenza di completezza del contraddittorio rispetto a soggetti, individuati o facilmente individuabili, che sono portatori di un interesse legittimo, di contenuto uguale e contrario a quello del ricorrente.

Diversamente, il sistema processuale presenterebbe un inevitabile ed ingiustificato vulnus alla tutela delle posizioni soggettive di titolarità dei controinteressati, atteso che la garanzia costituzionale di piena e completa protezione degli interessi legittimi di cui agli artt. 24, 103 e 113, vale sia per l'interesse legittimo di cui chiede tutela in giudizio il ricorrente, sia per l'interesse legittimo di cui è titolare il controinteressato.

Di talché, posto che l'interesse legittimo, quale posizione sostanziale, postula nel proprio lato interno l'aspirazione al conseguimento o alla conservazione di un bene della vita, così come nell'azione di annullamento, anche nell'azione di accertamento può configurarsi l'ipotesi di due soggetti, titolari di un interesse egualmente protetto dall'ordinamento, per i quali sia impossibile la contemporanea realizzazione del bene della vita agognato.

In tale situazione, di fronte all'azione giurisdizionale proposta dall'uno per ottenere la soddisfazione del proprio interesse, sussiste una posizione di controinteresse, ugualmente tutelato, con la conseguente necessità che il ricorso, a pena di decadenza dall'azione, sia notificato tempestivamente anche al soggetto, almeno uno tra essi in caso di pluralità, che aspira al bene della vita antagonista.

In definitiva, considerata la ratio della norma, non può sussistere alcun dubbio, da un punto di vista sistematico, sul fatto che uno o più controinteressati possano essere individuati anche a fronte di un'azione giurisdizionale di accertamento e che, in questo caso, debba trovare applicazione la norma di cui all'art. 41, comma 2, c.p.a., con conseguente onere, a pena di decadenza, di notifica nei termini ad almeno uno tra di essi" (C.d.S., Sez. IV, sentenza 7 gennaio 2019, n. 114).

Nel caso di specie, il ricorso in appello non è stato deliberatamente notificato alla società controinteressata, che conseguentemente è rimasta estranea rispetto a questo grado di giudizio e che ha interesse a che la sentenza impugnata non venga riformata.

Il ricorso in appello deve conseguentemente essere dichiarato inammissibile, ai sensi del combinato disposto degli artt. 41, comma 2, e 95, comma 2, del c.p.a.

8. Il ricorso in appello è comunque infondato nel merito.

9. A sostegno del proposto gravame, la parte appellante deduce le seguenti censure:

9.1. Violazione dell'art. 42 del codice della navigazione.

In estrema sintesi, l'appellante lamenta l'erroneità della sentenza gravata, nella parte in cui ha respinto il primo motivo di ricorso di primo grado, con il quale era stata dedotta l'illegittimità della revoca della concessione demaniale di cui la medesima era titolare, per insussistenza di ragioni di pubblico interesse idonee a giustificare detto provvedimento.

Secondo l'appellante, la concessione demaniale revocata non sarebbe stata finalizzata a creare un rapporto pertinenziale tra l'area demaniale ed il fabbricato di proprietà comunale, sito in Piazza Marina 4, condotto in locazione dalla medesima appellante, ma sarebbe stata strumentale all'attività di pubblico esercizio che la stessa appellante avrebbe svolto in detto fabbricato.

A giudizio dell'appellante, il trasferimento della propria attività in altro fabbricato adiacente (Piazza Marina 2) "in procinto di essere avviata", non avrebbe configurato un mutamento della situazione esistente e conseguentemente non costituirebbe elemento idoneo a giustificare la revoca della concessione.

9.2. Eccesso di potere per contraddittorietà/illogicità.

Con il secondo motivo, l'appellante lamenta l'erroneità della sentenza gravata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile il secondo motivo di ricorso del ricorso di primo grado, con il quale era stata dedotta l'illegittimità del provvedimento di revoca per eccesso di potere, sotto il profilo della motivazione contraddittoria, per aver il Comune ritenuto irrilevante il trasferimento dell'attività presso immobile limitrofo, sulla scorta della circostanza che in tale locale non era in corso alcuna attività.

Secondo l'appellante, le ragioni per le quali l'attività in Piazza Marina 2 non era in corso alcuna attività, all'epoca dell'adozione del provvedimento di revoca, sarebbero da ricondursi alla condotta della stessa Amministrazione comunale che avrebbe dichiarato inefficace la C.I.L.A. presentata per l'esecuzione dei lavori edili necessari ad iniziare l'attività, sicché tale circostanza non potrebbe essere assunta quale presupposto della revoca.

9.3. Eccesso di potere per sproporzione.

L'appellante si duole del mancato accoglimento del motivo di ricorso con il quale aveva contestato la legittimità del provvedimento di revoca per non aver il Comune valutato la possibilità di provvedere alla revoca parziale della concessione.

9.4. Con il quarto motivo di appello l'appellante lamenta l'omesso accoglimento del primo motivo del ricorso per motivi aggiunti, con il quale la stessa evidenziava l'illegittimità degli atti della procedura comparativa svolta dal Comune per il rilascio di una nuova concessione demaniale, avente ad oggetto l'area di cui si discute (conclusasi in favore della Enoteca da Mare, divenuta conduttrice dell'immobile sito in Piazza della Marina 4), per illegittimità derivata dal provvedimento di revoca della concessione di cui era titolare l'appellante, impugnata con il ricorso introduttivo.

9.5. Con il quinto motivo di appello l'appellante lamenta l'erroneità della sentenza gravata, nella parte in cui ha rigettato il secondo motivo aggiunto dalla medesima formulato, con il quale aveva dedotto l'illegittimità dei provvedimenti comunali con i quali, all'esito della procedura comparativa svolta, era stata accordata preferenza all'istanza di concessione demaniale presentata dalla Enoteca da Mare.

9.6. Con il sesto motivo di appello l'appellante si duole del fatto che il giudice di prime cure abbia respinto il terzo motivo aggiunto, in quanto ripetitivo delle censure già formulate nei motivi che precedono.

9.7. Con il settimo motivo di appello l'appellante deduce l'erroneità della sentenza impugnata anche per non aver ritenuto sussistere l'illegittimità dei provvedimenti con i quali è stata preferita l'istanza di concessione demaniale proposta da Enoteca da Mare, nella parte in cui gli stessi sono motivati sulla "coerenza con il precedente comportamento della A.C. che aveva già concesso l'area per le esigenze dell'attività svolta nel medesimo immobile sito in piazza Marina 4".

Secondo l'appellante una siffatta motivazione implicherebbe, infatti, il riconoscimento in favore del nuovo concessionario - Enoteca da Mare - di una sorta di c.d. diritto di insistenza.

9.8. Con l'ottavo motivo di ricorso, l'appellante lamenta il mancato accoglimento del motivo, con il quale aveva dedotto l'illegittimità derivata della nuova concessione demaniale rilasciata in favore di Enoteca da Mare, dall'illegittimità del provvedimento di revoca della concessione demaniale disposto nei suoi confronti.

9.9. Con il nono motivo del ricorso in appello, l'appellante lamenta, infine, l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha rigettato la domanda di risarcimento degli asseriti danni che la stessa avrebbe patito in conseguenza della revoca della concessione demaniale di cui era titolare e del mancato accoglimento della nuova istanza dalla medesima avanzata.

Secondo la prospettazione dell'appellante, i predetti provvedimenti avrebbero, infatti, impedito alla stessa di proseguire la propria attività di pubblico esercizio nel nuovo locale dalla medesima condotto in locazione, rendendo "antieconomico" l'avvio dell'attività in tale locale senza la disponibilità dell'area demaniale ed "eccessivamente rischioso, per la Eredi Lamia, il sostenere le spese di ristrutturazione di detto immobile, unitamente al pagamento del canone di locazione".

Sulla base delle dedotte censure, la società appellante, ritenendo sussistenti i presupposti della responsabilità aquiliana della Amministrazione da atto illegittimo, chiede la condanna del Comune di Porto Venere al risarcimento del danno, da determinarsi anche in via equitativa, in base agli utili percepiti antecedentemente alla revoca.

L'appellante chiede altresì, a titolo di risarcimento del danno emergente, la condanna della Amministrazione comunale al rimborso dei canoni di locazione mensili di euro 1.600,00 pagati dalla appellante per l'immobile di p.zza Marina, 2, dalla stipula del contratto, avvenuta in data 10 aprile 2017, alla risoluzione consensuale dello stesso, intervenuta in data 11 febbraio 2018.

10. Le censure sono infondate; esse vengono esaminate congiuntamente in quanto attinenti a profili connessi.

Occorre premettere che alla base del provvedimento di revoca della concessione di cui l'odierna appellante era titolare vi è la considerazione che l'area demaniale de qua ha natura pertinenziale rispetto all'immobile (anch'esso comunale) nel quale veniva gestito il bar Lumia; essendo il predetto locale (in passato condotto in locazione dalla società appellante) stato assegnato in locazione ad altra società (Enoteca da Mare s.r.l.s.), l'Amministrazione comunale ha ritenuto che sussistessero i presupposti per la revoca della concessione e ha proceduto all'affidamento in concessione dell'area antistante il bar al nuovo conduttore dell'immobile (appunto la società Enoteca da Mare s.r.l.s.).

Sostiene l'appellante che il rapporto pertinenziale sussistesse non rispetto all'immobile precedentemente locato, ma in relazione alla attività da essa precedentemente gestita nello stesso locale. Avendo trasferito la propria attività in altro locale adiacente, la società appellante avrebbe avuto il diritto di conservare la concessione dell'area demaniale.

La tesi non può essere condivisa; in base ai principi di teoria generale del diritto, il rapporto pertinenziale può sorgere tra beni e non rispetto ad una attività di natura commerciale (peraltro, l'attività nel secondo locale non è stata mai avviata dalla appellante, non essendo stati assentiti dalla Amministrazione comunale i lavori funzionali all'avvio della stessa).

Allo stato, giuridicamente irrilevante è la considerazione secondo la quale il mancato avvio dell'attività commerciale nel nuovo locale sarebbe dipeso dalla stessa Amministrazione comunale che ha sospeso il procedimento relativo alla C.I.L.A. presentata dalla appellante, non risultando che l'atto comunale (di sospensione) sia stato impugnato dalla società appellante.

Con riguardo alla mancata valutazione da parte della Amministrazione della richiesta di revoca parziale della concessione, deve ritenersi rimessa in via esclusiva alla Amministrazione la individuazione delle modalità migliori di gestione del proprio patrimonio, sulle cui determinazioni (di merito) può aver influito anche il mancato avvio dell'attività nel secondo locale.

La infondatezza delle doglianze formulate avverso il provvedimento di revoca, il riconoscimento del rapporto pertinenziale tra il locale sito in piazza Marina n. 4 (di cui la stessa appellante aveva beneficiato in passato) e il fatto che con sentenza n. 203/2020 (che non risulta essere stata appellata) il T.A.R. per la Liguria abbia respinto la domanda di annullamento degli atti relativi alla procedura di affidamento del locale sito in piazza Marina n. 4 inducono a ritenere infondate anche le ulteriori doglianze formulate dalla parte appellante.

La società appellante rivendica il diritto di rimanere concessionaria di un'area demaniale pertinenziale, antistante un locale adibito a bar, che non ha nessun fondamento giuridico, in quanto il locale bar è stato assegnato in locazione, a seguito di procedura ad evidenza pubblica, ad altro soggetto giuridico e gli atti della procedura di assegnazione del bar al nuovo gestore sono stati reputati legittimi dal T.A.R. per la Liguria con sentenza n. 203/2020, rimasta inoppugnata.

L'infondatezza della domanda di accertamento della illegittimità degli atti impugnati determina la reiezione anche della domanda di condanna della amministrazione al risarcimento del danno, non essendo ravvisabile la lamentata antigiuridicità dell'azione amministrativa.

11. In conclusione, il ricorso in appello si rivela infondato e la sentenza impugnata deve essere confermata.

12. Le spese del presente grado di giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la società appellante al pagamento in favore del Comune di Porto Venere delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.