Consiglio di Stato
Sezione IV
Sentenza 24 novembre 2022, n. 10355

Presidente: de Francisco - Estensore: Martino

FATTO E DIRITTO

1. L'originario ricorrente, proprietario di un suolo sito nel Comune di Agropoli, rappresentava innanzi al T.A.R. per la Campania, Sezione staccata di Salerno, che detto terreno sin dagli anni settanta del secolo scorso era stato occupato dal Comune, che vi aveva eseguito lavori di ampliamento della rete fognaria, eseguendo i relativi scavi e la successiva ripavimentazione.

La propria dante causa, signora S.G., in data 16 luglio 2003, aveva presentato una d.i.a. per la realizzazione di una recinzione del suolo in questione; tuttavia, con nota n. 33241 del 6 novembre 2003, il responsabile dell'Area tecnica "Assetto ed utilizzazione del territorio" del Comune aveva espresso "parere negativo", dichiarando che "al fine di tutelare l'interesse pubblico non si ritiene di adottare provvedimenti di restituzione del bene".

L'area era quindi rimasta nella detenzione esclusiva dell'Amministrazione.

Sull'area era stato realizzato, successivamente, anche un parcheggio pubblico.

1.1. Innanzi al T.A.R. l'originario ricorrente deduceva un complesso mezzo di gravame, secondo il quale la dichiarazione di pubblica utilità sarebbe intervenuta per facta concludentia o per provvedimento implicito, quantomeno dall'anno 2003.

L'area, originariamente edificabile, era stata completamente modificata dal Comune, durante l'occupazione; per ammissione dello stesso ente, erano state infatti realizzate opere di sistemazione dei sottoservizi e l'intera area era stata adibita a parcheggio pubblico, con le relative dotazioni.

Il ricorrente domandava perciò il risarcimento del danno per equivalente monetario in misura pari al valore venale del terreno occupato (c.d. rinuncia abdicativa) nonché il risarcimento del danno derivante dalla mancata disponibilità dell'area per tutto il periodo di occupazione sine titulo, da quantificarsi in applicazione analogica del parametro previsto dall'art. 42-bis, comma 3, del d.P.R. n. 327 del 2001.

2. Il T.A.R., nella resistenza del Comune di Agropoli:

- ha accolto il ricorso, assegnando al Comune un termine perentorio "per l'esercizio della facoltà di scelta, tra la restituzione del cespite illegittimamente occupato all'avente diritto, ovvero l'attivazione dell'istituto, previsto dall'art. 42 bis T. U. Espr.";

- ha condannato l'Amministrazione alla rifusione delle spese di lite.

2.1. Il primo giudice ha in primo luogo richiamato la giurisprudenza dell'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato secondo cui in presenza di un'occupazione sine titulo di un terreno e relativa trasformazione da parte dell'Amministrazione pubblica, esclusa la configurabilità della c.d. rinuncia abdicativa, il giudice può convertire la domanda di risarcimento del danno, assegnando alla p.a. un termine per l'avvio del procedimento di acquisizione ovvero per la restituzione dell'area (previa demolizione di quanto costruito), con contestuale nomina di un commissario ad acta (cfr. C.d.S., Ad. plen., decisione n. 2 del 20 gennaio 2020).

2.2. Secondo il T.A.R., inoltre, nel caso in esame ricorrerebbe un'ipotesi di "procedura espropriativa illegittima, e non di mere vie di fatto (determinante, in ipotesi, l'ascrizione della controversia ad altra giurisdizione)".

Ciò si ricaverebbe dalla nota del Comune di Agropoli del 6 novembre 2003, diretta alla dante causa del ricorrente, con la quale veniva inibita la d.i.a. dalla stessa presentata ai fini della realizzazione di una recinzione, dovendo ritenersi l'area "a tutti gli effetti ad uso pubblico" in virtù della realizzazione di sottoservizi, pavimentazione ed utilizzo dell'area medesima come parcheggio.

Il Comune aveva ritenuto, altresì, di non potere addivenire alla restituzione dell'area, ferma restando la disponibilità a pagare "l'indennità per la suddetta area, con la stima prevista dalla normativa vigente in materia".

2.3. Dopo avere respinto l'eccezione di prescrizione dell'azione risarcitoria nonché di improponibilità dell'azione stante l'asseritamente intervenuta usucapione in favore dell'Amministrazione, il primo giudice ha quindi "riqualificato" la domanda risarcitoria come volta a conseguire la restituzione del bene, ovvero l'adozione, da parte della p.a., di un provvedimento di acquisizione ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001.

3. La sentenza è stata appellata dal Comune di Agropoli, rimasto soccombente.

I. L'Amministrazione ha contestato, in primo luogo, la statuizione con cui il T.A.R. si è pronunciato sulla giurisdizione del g.a.

Viene sottolineato, in contrario, che non è mai stato apposto il vincolo preordinato all'esproprio sull'area di cui trattasi, né dichiarata la pubblica utilità.

Si tratterebbe, in sostanza, di un caso di occupazione usurpativa in ordine alla quale sussiste la giurisdizione ordinaria.

II. Il Comune sottolineava altresì che l'odierno resistente aveva già adito il T.A.R. di Salerno, proponendo il ricorso n. 1821/2018 ex art. 117 c.p.a. avverso il silenzio serbato dal Comune di Agropoli in merito alla diffida che lo sollecitava a determinarsi in ordine al rilascio del fondo ovvero all'emissione del provvedimento di cui al cit. art. 42-bis.

Il ricorso era stato dichiarato improcedibile in quanto il Comune aveva depositato in giudizio il provvedimento prot. n. 2303/2019 del 18 gennaio 2019, che aveva dato riscontro, sia pure negativo, all'istanza del ricorrente.

Il successivo ricorso avrebbe quindi avuto lo stesso contenuto del primo, con conseguente violazione del principio del ne bis in idem.

III. Il Comune ha censurato, altresì, la reiezione dell'eccezione relativa alla improponibilità della domanda risarcitoria che era stata dedotta in ragione dell'asserita usucapione del cespite immobiliare in favore dell'ente.

4. Si è costituito, per resistere, il signor A.

5. La Sezione, con ordinanza n. 185 del 18 gennaio 2022, ha sospeso gli effetti della sentenza impugnata e disposto incombenti istruttori.

Gli incombenti sono stati successivamente eseguiti dal Comune.

6. Le parti hanno depositato memorie conclusionali in data 4 marzo 2022.

7. L'appellato ha depositato una memoria di replica in data 15 marzo 2022.

8. Alla pubblica udienza del 7 aprile 2022 l'appello è stato riservato, e, successivamente, alla camera di consiglio del 6 ottobre 2022, trattenuto per la decisione.

9. Nell'ordine logico di trattazione, viene in rilievo l'esame della questione di giurisdizione.

Al riguardo va osservato che la circostanza che il Comune non abbia eccepito il difetto di giurisdizione in primo grado, non è preclusiva all'impugnazione della sentenza sotto questo profilo.

Ai sensi dell'art. 9 c.p.a., nel giudizio di impugnazione è infatti sufficiente che esso sia stato dedotto "con specifico motivo" avverso il capo della pronuncia impugnata che, anche implicitamente, abbia ritenuto la giurisdizione del giudice amministrativo (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. II, 27 luglio 2020, n. 4775).

Ciò che costituisce la congruente ricaduta della rilevabilità d'ufficio del difetto di giurisdizione per tutto il corso del giudizio di primo grado, con il corollario che la parte intimata - costituitasi o meno nel giudizio di prime cure - allorché rilevi che la questione di giurisdizione (sub specie di declaratoria del relativo difetto; ovvero, come nella specie, di affermazione di sua sussistenza, in tesi erronea) non sia stata rilevata (o, comunque, correttamente decisa) in sentenza può dedurla quale motivo di gravame: è ovvio, infatti, che il rilievo d'ufficio non è una mera facoltà, bensì un obbligo per il giudice (che se ne avveda), sicché il suo difetto integra un vizio della sentenza che si converte in motivo di gravame (salvo essere coperto dal giudicato interno - in forza delle più recenti teorie processuali, che hanno svalutato la questione di giurisdizione al rango di ogni altro profilo di rito, in luogo della sua originaria rilevabilità d'ufficio in ogni stato e grado del processo - in caso di omessa deduzione financo in sede di proposizione dell'appello, principale o incidentale).

9.1. Nel caso di specie, il T.A.R. si è espresso sulla giurisdizione alle pagine 15 e 16 della sentenza impugnata in cui si legge "Che si verta, poi, in ipotesi di procedura espropriativa illegittima, e non di mere vie di fatto (determinante, in ipotesi, l'ascrizione della controversia ad altra giurisdizione), si ricava [...] dalla nota del Comune di Agropoli del 6.11.2003, prot. 3321 [...]".

Da tale nota potrebbe evincersi "come l'acquisizione alla mano pubblica dell'area de qua sia stata l'effetto di un'attività procedimentalizzata, stante l'esplicito - nella stessa - riconoscimento, da parte dell'ente, della pubblica utilità della stessa e la disponibilità, ivi manifestata, al pagamento delle relative indennità di legge".

Il primo giudice, pertanto, ha affrontato esplicitamente il tema della giurisdizione, il quale, peraltro, aveva formato oggetto di un apposito paragrafo dello stesso ricorso di primo grado.

9.2. Vero è poi, come dedotto dall'appellato, che il Comune non ha formulato specifiche deduzioni in merito alla "riqualificazione" operata dal T.A.R. dell'originaria domanda risarcitoria.

È tuttavia agevole il rilievo che il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo va effettuato tenendo conto del criterio della causa petendi, ovvero dell'intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio e individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati (ex plurimis, Cass. civ., Sez. un., 16 dicembre 2021, n. 40484).

Pertanto, la potestà del giudice di "riqualificare" la domanda di tutela presuppone che egli sia comunque fornito, a monte, di giurisdizione rispetto alla posizione soggettiva azionata.

Essa, nella fattispecie, era indubbiamente rappresentata dal diritto soggettivo di proprietà.

9.3. Quanto al carattere dell'illecita occupazione che - ormai da anni - permane sulla proprietà dell'appellante, l'istruttoria disposta dalla Sezione ha consentito di accertarne la natura "usurpativa".

Nella Relazione dell'1 febbraio 2022, il Comune ha infatti chiarito che:

- l'area in contestazione ricadeva, nel previgente Programma di fabbricazione (approvato in data 6 dicembre 1972), in "zona spiaggia", mentre nel vigente Piano urbanistico comunale (approvato il 28 dicembre 2020) in "zona parcheggio";

- sull'area non è mai stato programmato, progettato e approvato alcun intervento pubblico; negli anni sono state realizzate opere di manutenzione ordinaria e straordinaria con spese a carico del bilancio comunale per rendere l'area fruibile come parcheggio.

9.4. Ne deriva che, quand'anche volesse ravvisarsi, nella disciplina urbanistica sopra richiamata, l'apposizione di un vincolo preordinato all'esproprio, farebbe pur sempre difetto la formale adozione della dichiarazione di pubblica utilità.

Tale natura non può sicuramente attribuirsi agli atti adottati dal Comune nel 2003 e nel 2019 i quali non costituiscono manifestazione, tipizzata, di potere espropriativo.

Nel primo caso, si tratta infatti della definizione di una pratica edilizia (sia pure accompagnata dalle considerazioni del responsabile dell'Ufficio tecnico in ordine l'adibizione dell'area ad uso pubblico e all'impossibilità di addivenire alla restituzione del bene).

Il provvedimento del 2019, invece, attiene al procedimento disciplinato dall'art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, il quale, secondo quanto chiarito da questo Consiglio "configura un procedimento ablatorio sui generis, caratterizzato da una precisa base legale, semplificato nella struttura (uno actu perficitur), complesso negli effetti (che si producono sempre e comunque ex nunc), il cui scopo non è (e non può essere) quello di sanatoria di un precedente illecito perpetrato dall'Amministrazione (perché altrimenti integrerebbe una espropriazione indiretta per ciò solo vietata), bensì quello autonomo, rispetto alle ragioni che hanno ispirato la pregressa occupazione contra ius, consistente nella soddisfazione di imperiose esigenze pubbliche, redimibili esclusivamente attraverso il mantenimento e la gestione di qualsiasi opera dell'infrastruttura realizzata sine titulo" (Ad. plen., decisione n. 2 del 2016, part. 5.4).

9.5. Al riguardo, le Sezioni unite della Cassazione, hanno costantemente affermato che "nel caso in cui l'occupazione sia avvenuta in via di fatto, e quindi in maniera totalmente abusiva, l'azione di risarcimento del danno che ne consegue rientra nella giurisdizione del giudice ordinario".

A tale conclusione non sono di ostacolo le disposizioni in materia di acquisizione le quali disciplinano i presupposti per l'adozione del relativo provvedimento e la misura dell'indennizzo per il pregiudizio patrimoniale conseguente alla perdita definitiva dell'immobile, risultando, quindi, ininfluenti in ordine ai criteri attributivi della giurisdizione sulle domande di risarcimento da occupazione sine titulo (Cass. civ., Sez. un., 28 aprile [2020 - n.d.r.], n. 8237).

10. In definitiva, per quanto sopra argomentato, l'appello merita accoglimento, nel suo primo e assorbente motivo di rito.

Per l'effetto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per difetto relativo di giurisdizione del giudice amministrativo.

La natura della questione giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio, fatto salvo il rimborso del contributo unificato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello n. 9127 del 2021, di cui in epigrafe, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, dichiara inammissibile il ricorso di primo grado per difetto relativo di giurisdizione del giudice amministrativo, in favore di quello ordinario, annullando senza rinvio la sentenza appellata.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio, fatto salvo il rimborso del contributo unificato al Comune di Agropoli, se versato.

Ai sensi dell'art. 11 del c.p.a., indica, quale giudice munito di giurisdizione, il giudice ordinario, innanzi al quale la domanda potrà essere riproposta nel termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente pronuncia.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.