Consiglio di Stato
Sezione II
Sentenza 4 novembre 2022, n. 9682

Presidente: Cirillo - Estensore: Sabbato

FATTO E DIRITTO

Considerato che:

- con ricorso n. 12977/2013, proposto innanzi al T.A.R. per il Lazio, la signora Patrizia D.S. aveva chiesto l'annullamento della determina n. 2054 del 29 ottobre 2013, con la quale, sul presupposto dell'avvenuta acquisizione gratuita di diritto dell'area al patrimonio di Roma Capitale "unitamente al terreno costituente l'area di sedime su cui le opere insistono e all'area circostante - INTERO LOTTO", veniva disposta la trascrizione del provvedimento sui pubblici registri, l'immissione dell'Amministrazione nel possesso del bene, lo sgombero dell'immobile da persone e cose, nonché veniva determinata la sanzione pecuniaria prevista dall'art. 15, comma 3, della l.r. n. 15/2008, nella misura di euro 2.000,00;

- costituitasi l'Amministrazione in resistenza, il Tribunale adìto (Sez. II-bis) ha così deciso il gravame al suo esame:

ha accolto l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa capitolina per mancata impugnativa dell'atto presupposto (ordine di demolizione) così da reputare inammissibili i vizi c.d. "derivati" del provvedimento impugnato, ovverosia dichiarando l'inammissibilità di tutte quelle censure che l'allora ricorrente avrebbe avuto l'onere di proporre mediante un autonomo ricorso contro l'ordine di demolizione;

ha accolto il gravame "... limitatamente all'annullamento dell'atto n. rep. 2094, n. prot. CQ/79065 del 29 ottobre 2013, e nella sola parte in cui l'acquisizione dell'area è stata disposta per l'intero lotto oltre al sedime come individuato nell'ordinanza di demolizione presupposta (della quale, dunque, resta ferma l'acquisizione al patrimonio dell'Ente), con salvezza di nuovi provvedimenti dell'Autorità (che potrà motivatamente accertare una maggiore estensione)";

ha respinto per il resto il ricorso;

ha compensato le spese di lite;

- avverso la pronuncia segnata in epigrafe la signora D.S. ha interposto appello, notificato e depositato il 28 settembre 2022, lamentando, attraverso cinque motivi di gravame (pagg. 7-20), che la mancata determinazione dell'area di sedime (nel caso di specie definita "abnorme" siccome equivalente all'intero lotto) costituisce vizio proprio del provvedimento acquisitivo (oltreché dell'ordine demolitorio) che quindi ben può essere fatto valere in sede di impugnativa di quest'ultimo; ha altresì dedotto la violazione del giusto procedimento per difetto partecipativo e di motivazione e la illegittimità della sanzione pecuniaria;

- l'appellante ha concluso chiedendo, in parziale riforma dell'impugnata sentenza, l'integrale accoglimento del ricorso di primo grado e quindi l'annullamento degli atti con lo stesso impugnati;

- in data 5 ottobre 2022 Roma Capitale si è costituita in giudizio con la successiva produzione di memoria di controdeduzioni concludendo per il rigetto dell'avverso gravame;

- la causa, chiamata per la discussione all'udienza telematica del 10 ottobre 2022, nel corso della quale le parti sono state interpellate circa la possibilità di definizione della causa mediante sentenza in forma semplificata, è stata trattenuta in decisione.

Ritenuto che:

- sussistono i presupposti per la pronta definizione della causa con decisione in forma semplificata ai sensi degli artt. 38 e 60 c.p.a.;

- l'appello è in parte da dichiarare improcedibile ed in parte inammissibile;

- devesi rilevare, preliminarmente alla disamina del merito delle censure articolate, quanto documentato da parte appellata in ordine all'adozione, nelle more del presente giudizio, della determinazione dirigenziale prot. n. CQ/71853/2022 del 15 luglio 2022, con la quale, in dichiarata esecuzione della pronuncia di primo grado odiernamente impugnata, l'Amministrazione ha definito l'area oggetto di acquisizione al patrimonio comunale ai sensi dell'art. 15 della l.r. Lazio n. 15/2008 specificando le modalità della sua commisurazione;

- in particolare, l'Amministrazione, richiamata la previsione di cui all'art. 7, comma 3, della l. n. 47/1985, in virtù della quale deve considerarsi acquisibile un'area pari a mq. 400 (corrispondente a 10 volte l'area di sedime di mq. 40), ha stabilito che l'area concretamente da acquisire è corrispondente ad una superficie di mq. 164,49 che, sebbene coincidente con l'intero lotto (mt. 10,90 x 15,10), risulta molto inferiore alla superficie anzidetta di mq. 400;

- tale sopravvenienza è in grado di incidere in maniera determinante sulla permanenza dell'interesse a coltivare il gravame nella parte in cui il provvedimento impugnato in prime cure disponeva l'acquisizione al patrimonio comunale dell'intero lotto in quanto la riedizione del potere ha avuto luogo questa volta accompagnando la rideterminazione dell'area con l'ostensione dei criteri di calcolo e quindi "motivatamente" come prescritto dal T.A.R.;

- il quadro censorio che connota l'appello in esame è infatti inteso ad inficiare il capo della sentenza con il quale si è dichiarato il ricorso inammissibile per mancata impugnativa dell'atto presupposto costituito dall'ordine di demolizione rimarcando che il susseguente provvedimento acquisitivo rimane impugnabile per vizi propri, nel caso di specie connessi alla mancata determinazione dell'area da acquisire nella inidoneità provvedimentale del verbale di accertamento;

- il gravame deve essere quindi in parte qua dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse;

- persiste invece l'interesse a coltivare la domanda giurisdizionale in ordine alla parte in cui il provvedimento dispone la sanzione pecuniaria, siccome non interessata dalla menzionata sopravvenienza provvedimentale;

- il quarto motivo del ricorso in appello, col quale si avversa il relativo capo della sentenza di primo grado, deve però essere dichiarato inammissibile essendosi parte appellante limitata a riproporre quanto dedotto in prime cure senza provvedere a confutare le considerazioni del T.A.R. a sostegno della decisione reiettiva della censura;

- difatti, contrariamente a quanto opinato sul punto da parte appellante, il T.A.R. ha mostrato di essersi esattamente soffermato sulla censura rilevandone l'infondatezza alla luce della «giurisprudenza che ha trattato analoghi profili (v. T.A.R. Latina, Sez. I, 17 luglio 2012, n. 563), ritenendo che "non eccede la potestà legislativa regionale ex art. 117, comma 3, Cost., l'art. 15, comma 3, l.r. Lazio 11 agosto 2008, n. 15 che commina una sanzione pecuniaria per il caso di inottemperanza all'ordine di demolizione; si tratta, infatti, di una previsione di dettaglio indubbiamente strumentale alla normativa statale in quanto volta a rafforzare l'adempimento spontaneo della sanzione demolitoria, contemplata nel d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e dunque a favorire l'applicazione della disciplina statale in tema di demolizione"»;

- va quindi ribadito sul punto che "il principio di specificità dei motivi di impugnazione, posto dall'art. 101, comma 1, c.p.a., impone che sia rivolta una critica puntuale alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, non essendo sufficiente la mera riproposizione dei motivi contenuti nel ricorso introduttivo; il giudizio di appello dinanzi al giudice amministrativo, infatti, si presenta come revisio prioris instantiae i cui limiti oggettivi sono segnati dai motivi di impugnazione" (cfr. C.d.S., Sez. II, 19 luglio 2022, n. 6285);

- in conclusione, l'appello va dichiarato in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ed in parte inammissibile;

- sussistono nondimeno giusti motivi, stante l'assoluta peculiarità della vicenda di causa, per compensare le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto (r.g.n. 7449/2022), in parte lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse ed in parte inammissibile.

Spese del presente grado di giudizio compensate.