Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
Sezione III
Sentenza 28 ottobre 2022, n. 2376
Presidente: Bignami - Estensore: Cozzi
Il "Condominio Tortona 37" (d'ora innanzi anche "Condominio") è costituito da un complesso immobiliare sito in Milano, avente attualmente destinazione uffici/industriale/artigianale.
Tale complesso immobiliare è dotato di un impianto di riscaldamento e condizionamento a pompa di calore che funziona grazie all'impiego di acqua di falda la quale viene, dapprima, derivata da quattro pozzi di prelievo e, successivamente, scaricata nel sottosuolo insaturo in corrispondenza di un materasso drenante di dimensioni pari a 1392 mq.
Per la realizzazione dei quattro pozzi di prelievo, la Provincia di Milano ha rilasciato autorizzazione in data 8 marzo 2006. La concessione per la piccola derivazione di acqua sotterranea e l'autorizzazione allo scarico al suolo della medesima mediante materasso drenante sono state rilasciate, sempre dalla Provincia di Milano, in data 4 agosto 2010.
Il provvedimento da ultimo citato prevede che l'autorizzazione allo scarico di acqua al suolo ha validità di quattro anni e che, un anno prima della scadenza, il titolare è tenuto a chiederne il rinnovo. In conformità a quanto prescritto, il Condominio, in data 15 dicembre 2014, ha ottenuto dalla Provincia di Milano il rinnovo della suindicata autorizzazione.
In prossimità della nuova scadenza, e precisamente in data 18 aprile 2019, il Condominio ha presentato una nuova istanza di rinnovo. Nel corso del procedimento, la Città metropolitana di Milano (succeduta alla Provincia di Milano) ha comunicato al richiedente che l'autorizzazione non avrebbe potuto essere rinnovata, e ciò per una serie di ragioni, fra cui, l'entrata in vigore del regolamento regionale n. 6 del 2019, il quale assimila le pompe di calore agli scarichi domestici. In sostanza, secondo l'Amministrazione, in base al nuovo regolamento, lo scarico dell'acqua al suolo non avrebbe potuto più avvenire per mezzo di materasso drenante ma attraverso pozzi di resa in falda.
Recependo le indicazioni della Città metropolitana di Milano, il Condominio, in data 13 dicembre 2021, ha presentato un'istanza di variante della concessione per la derivazione di acque che prevede la realizzazione di quattro pozzi di resa in sostituzione del sistema drenante.
La Città metropolitana di Milano, in data 16 marzo 2022, ha comunicato i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza rilevando che il progetto presentato dal Condominio non era contemplato nell'analisi di rischio elaborata nel corso di un procedimento di bonifica interessante l'area su cui si sarebbero dovuti insediare due dei quattro pozzetti di scarico previsti, procedimento avviato da uno dei condomini (Creative Properties s.r.l.) al fine di consentire il cambio d'uso della propria unità immobiliare, da industriale/commerciale a residenziale.
Il Condominio, per ovviare a tale problematica, in data 27-28 aprile 2022, ha presentato un nuovo progetto che prevede lo spostamento dei due pozzetti di scarico ricadenti nel perimetro dell'area interessata dal procedimento di bonifica, in area esterna (anche se adiacente).
Nonostante la modifica proposta, con i provvedimenti indicati in epigrafe, la Città metropolitana di Milano ha respinto l'istanza.
Contro tali atti è diretto il ricorso in esame.
Si è costituita in giudizio, per opporsi all'accoglimento delle domande avverse, la Città metropolitana di Milano.
La causa è stata trattenuta in decisione in esito alla camera di consiglio del 25 ottobre 2022.
Preliminarmente, si osserva che, in relazione agli elementi di causa, sussistono i presupposti per l'adozione di una decisione in forma semplificata, adottata in esito alla camera di consiglio fissata per la trattazione dell'istanza cautelare, stante l'integrità del contraddittorio e l'avvenuta esaustiva trattazione delle questioni oggetto di giudizio, nonché la mancanza di opposizione delle parti, avvisate dal Presidente in ordine a tale eventualità.
Ciò premesso, ritiene il Collegio che sia fondata l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall'Amministrazione resistente, secondo la quale della causa in esame dovrebbe conoscere il Tribunale superiore delle acque pubbliche.
In proposito si osserva che, in base all'art. 143, primo comma, lett. a), del r.d. n. 1775 del 1933, le controversie che hanno ad oggetto i provvedimenti amministrativi in materia di acque pubbliche appartengono alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche.
Come chiarito dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, il citato art. 143 del r.d. n. 1775 del 1933 ha la funzione di devolvere ad un giudice specializzato (e perciò dotato di competenze specialistiche) tutte le controversie che riguardino comunque l'utilizzazione del demanio idrico, così incidendo in maniera diretta ed immediata sull'uso delle acque pubbliche. Secondo questa giurisprudenza, dunque, rientrano nella giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche tutti quei giudizi in cui si discuta della validità di un atto amministrativo che direttamente incide sul modo di utilizzazione delle acque pubbliche, e ciò anche nel caso in cui tale provvedimento sia stato adottato nell'esercizio di poteri che, inerendo ad interessi più generali e diversi, non siano strettamente attinenti alla materia delle acque (cfr. Cass. civ., Sez. un., ord. 5 febbraio 2020, n. 2710, e sent. 25 ottobre 2013, n. 24154; in questo senso si veda anche C.d.S., Sez. IV, 4 luglio 2022, n. 5552).
Per comprendere quanto ampio sia il perimetro tracciato dalla giurisprudenza riguardo all'area della giurisdizione del giudice specializzato, può essere portato ad esempio il caso delle controversie relative ai dinieghi di rilascio di titoli edilizi opposti dalle autorità comunali per la violazione della fascia di rispetto di dieci metri dal piede dell'argine prevista dall'art. 96, lett. f), del r.d. n. 523 del 1904; queste controversie infatti sono devolute alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche avendo esse ad oggetto provvedimenti che - seppur emanati da un'autorità diversa da quelle specificamente preposta alla tutela delle acque e nell'esercizio di poteri relativi alla disciplina generale di uso del territorio - incidono direttamente sul regime delle acque pubbliche avendo essi lo scopo di assicurarne il libero deflusso e la regolare possibilità di sfruttamento (cfr. Cass. civ., Sez. un., 3 aprile 2019, n. 9279).
Ciò chiarito, si deve ora rilevare che i provvedimenti impugnati in questa sede sono stati emanati dalla Città metropolitana di Milano nell'esercizio dei poteri contemplati dall'art. 43, primo comma, lett. a), b) e b-bis), della l.r. n. 26 del 2003, il quale conferisce appunto alle Province e alla Città metropolitana di Milano le funzioni amministrative relative alle piccole derivazioni d'acqua pubblica (di cui all'art. 6 del r.d. n. 1775 del 1933), nonché il potere di emanare autorizzazioni allo scavo di pozzi e allo scarico di acque reflue non recapitanti in rete fognaria.
È evidente che tali provvedimenti, oltre ad essere stati emanati da un'Amministrazione preposta alla tutela delle acque e nell'esercizio di poteri che hanno specificamente lo scopo di assicurare tale tutela, incidono direttamente sull'utilizzo del demanio idrico posto che, con essi, si intende disciplinare le modalità di resa al suolo di acque emunte dalla falda acquifera. In questo quadro non è decisivo, a parere del Collegio, il fatto che l'interesse che si intende preservare è anche di carattere ambientale posto che, in ogni caso, non può negarsi che gli atti impugnati incidono direttamente sul regime di utilizzo delle acque.
Si deve pertanto ritenere, in tale contesto, che, come anticipato, la giurisdizione sulla controversia in esame appartenga al Tribunale superiore delle acque pubbliche.
La complessità delle questioni affrontate giustifica la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del Tribunale superiore delle acque pubbliche dinanzi al quale la causa può essere riproposta nei termini e per gli effetti di cui all'art. 11, secondo comma, c.p.a.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.