Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 28 ottobre 2022, n. 9307
Presidente: Lipari - Estensore: Valentini
FATTO
Con il ricorso introduttivo avanti il T.A.R. per la Toscana, originato dalla trasposizione in sede giurisdizionale di un precedente ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, la rete di imprese T.E.S. - Terre Etrusche Slow ha impugnato il provvedimento adottato dall'Agenzia Nazionale per l'Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d'Impresa s.p.a. - Invitalia, ed avente ad oggetto la rilevazione dell'impossibilità di trattare con la procedura accelerata di cui all'art. 9-bis del d.m. 9 dicembre 2014 la proposta di accordo di sviluppo presentata in data 15 dicembre 2020.
In particolare, con l'atto oggetto di impugnazione avanti il giudice di prime cure, veniva rilevato come, in considerazione della complessiva insufficienza di alcuni aspetti della proposta progettuale, la domanda risultasse destinata ad essere "istruita nel rispetto dell'ordine cronologico di presentazione" ed attraverso la procedura ordinaria di cui all'art. 9 del d.m. 9 dicembre 2014, piuttosto che con la procedura accelerata e prioritaria - prevista per accordi di sviluppo per programmi di rilevanti dimensioni - di cui al citato art. 9-bis dello stesso decreto ministeriale.
Il giudice di prime cure ha ritenuto il ricorso fondato, accogliendolo e di conseguenza annullando l'atto impugnato.
A supporto di tale decisione, ha tra l'altro osservato come il provvedimento adottato risulti illegittimo, non essendo stato preceduto dalla comunicazione dei motivi ostativi di cui all'art. 10-bis della l. 7 agosto 1990, n. 241, ritenuto applicabile alla fattispecie, e come si tratti oggi di violazione non sanabile ai sensi del nuovo testo dell'art. 21-octies, secondo comma, della stessa legge. Inoltre, ha rilevato come la previsione di cui all'art. 9-bis, secondo comma, del d.m. 9 dicembre 2014 non preveda la possibilità di attribuire considerazione, ai fini della verifica dell'ammissibilità del ricorso alla procedura accelerata, alle circostanze che riguardano la fondatezza e la fattibilità nel merito delle proposte progettuali richiedenti l'agevolazione, contemplando detta norma la valutazione, da parte dell'Agenzia, della sussistenza di almeno due dei requisiti previsti dall'articolato (significativo impatto occupazionale, inteso come nuovi posti di lavoro creati; capacità di attrazione degli investimenti esteri; coerenza degli investimenti con il piano nazionale Industria 4.0; programma di sviluppo di rilevante impatto ambientale).
Alla luce di quanto sopra il T.A.R. adito ha considerato la proposta presentata dal ricorrente come soggiacente a una mera valutazione preliminare in ordine alla sottoponibilità della stessa alla procedura prioritaria ed accelerata, e non, invece, ad una delibazione circa la possibilità di accogliere l'istanza, considerando altresì irrilevante il riferimento operato dalla difesa dell'Agenzia nazionale all'insufficienza di alcune garanzie finanziarie, dovendosi valutare tale circostanza in contraddittorio con il procedimento previsto dall'art. 10-bis della l. n. 241/1990.
DIRITTO
In sede di appello, la parte appellante ha ritenuto la sentenza censurabile nei suoi argomenti di fondo.
Più in particolare, sono stati dedotti quattro articolati motivi.
Con il primo (error in iudicando: erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione; violazione di legge; violazione e falsa applicazione del d.m. 9 dicembre 2014; violazione e falsa applicazione del d.m. 13 dicembre 2020; violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di procedimento amministrativo; erroneità e contraddittorietà della motivazione), si è contestato l'assunto del T.A.R. circa l'illegittimità del provvedimento impugnato derivante dalla mancata preventiva comunicazione dei motivi ostativi di cui all'art. 10-bis della l. n. 241/1990. Sostiene l'appellante che la lex specialis della procedura, il citato d.m. 9 dicembre 2014, prevede l'ipotesi di comunicazione dei motivi ostativi [art. 9, comma 2, lett. d)] solo nel caso dei programmi di sviluppo, e non nel caso degli accordi di sviluppo, come quello in questione, contemplati dall'art. 9-bis, ove il ricorso a tale comunicazione non risulta contemplato. Nel merito, tale differenza di scelta da parte del legislatore va rinvenuta, secondo l'appellante, nella diversità delle fattispecie e delle fasi procedimentali, che nel caso degli accordi di sviluppo sono caratterizzate da velocità di procedura e pre-istruttoria, incompatibili con l'istituto del preavviso di rigetto.
Con il secondo motivo (error in iudicando: erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione e travisamento dei fatti e dei documenti), si censura quanto sostenuto nella sentenza appellata circa l'asserita avvenuta delibazione sulla possibilità di accogliere l'istanza, che non sarebbe prevista dalla norma di riferimento. L'appellante deduce, contrariamente a quanto statuito nella sentenza di primo grado, che le novelle normative che nell'anno 2020 (d.m. 13 novembre 2020) hanno investito il citato art. 9, con l'inserimento di un nuovo comma 3-bis, ritenuto applicabile alla fattispecie, prevedono che nell'ambito delle procedure veloci concernenti gli accordi di sviluppo si valutino la ricorrenza delle condizioni di cui al comma 2 dello stesso art. 9, cioè fattibilità e fondatezza delle proposte progettuali, in termini di disponibilità di risorse finanziarie e sussistenza di requisiti e condizioni previste dal d.m.
Con il terzo motivo (error in iudicando: erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione; violazione e falsa applicazione del d.m. 9 dicembre 2014; violazione e falsa applicazione del d.m. 13 novembre 2020; erroneità e contraddittorietà della motivazione) si è censurata quella parte della sentenza che, con riferimento all'insufficienza di alcune garanzie finanziarie, le ha ritenute irrilevanti in quanto non dedotte in contraddittorio ai sensi del richiamato art. 10-bis della l. n. 241/1990. L'appellante argomenta al riguardo di avere svolto tramite i propri uffici tecnici un'accurata verifica in concreto che ha riguardato l'accertamento circa il complessivo investimento, che sarebbe risultato inferiore ai 50 milioni di euro, presupposto per accedere alle procedure veloci. Si richiama, al riguardo, la circostanza che il comma 1 dell'art. 9-bis del d.m. 9 dicembre 2014, non fa alcun riferimento, in caso di mancato riscontro del requisito relativo all'importo complessivo dell'investimento, all'art. 10-bis della l. n. 241/1990.
Con il quarto motivo (error in iudicando: erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione; violazione di legge; violazione e falsa applicazione dell'art. 9 d.m. 9 dicembre 2014) si censura la parte della sentenza in cui si definisce irrilevante il riferimento operato dall'odierno appellante al nuovo comma 3-bis dell'art. 9 del d.m. 9 dicembre 2014, ritenuto dalla sentenza impugnata applicabile solamente alla procedura ordinaria. Sul punto, si richiamano le osservazioni di parte appellante relativamente al secondo motivo di appello.
Si conclude per l'accoglimento dell'appello, ritenendo il provvedimento impugnato correttamente adottato nell'esercizio della discrezionalità tecnica che è precipuo appannaggio dell'appellante. Si sottolinea al riguardo che il provvedimento impugnato, alla luce degli argomenti prospettati in appello, è esente da vizi di illogicità, contraddittorietà e irragionevolezza, avendo evidenziato con determinatezza e precisione le lacune e le carenze del progetto presentato dall'odierna resistente.
L'appello è fondato.
Osserva il Collegio, quanto al primo motivo, che stante il tenore letterale della disciplina normativa applicabile al caso, nel suo insieme caratterizzata da evidenti elementi di specialità e di celerità delle procedure, risulta accoglibile l'argomento di parte appellante volto ad avvalorare l'interpretazione che la norma dell'art. 10-bis della l. n. 241/1990 trovi applicazione solo ove espressamente richiamata. Diversamente opinando, ed annettendo dunque a tale disposizione carattere di generalità, non sarebbe comprensibile la ragione per la quale in alcuni casi (art. 9, relativamente ai programmi di sviluppo) la sua applicazione viene espressamente richiamata, in altri neppure menzionata (art. 9-bis, relativamente agli accordi di sviluppo). È invero ragionevole ritenere, diversamente da quanto affermato nella sentenza impugnata circa la certa applicabilità della disposizione richiamata anche alla fattispecie di cui all'art. 9-bis, che le connotazioni di particolare urgenza abbiano nel caso di specie orientato la normativa, anche alla luce dei suoi indubbi requisiti di specialità, nel senso di escludere un passaggio procedimentale idoneo a provocare un allungamento dei termini procedurali incompatibili con la ratio delle misure previste.
Quanto al secondo motivo, appare corretta dal punto di vista ermeneutico la prospettazione di parte appellante secondo la quale, a seguito dell'innovazione normativa rappresentata dall'introduzione, da parte del d.m. 13 novembre 2020, del nuovo comma 3-bis dell'art. 9, senz'altro applicabile alla fattispecie di cui è causa, nell'ambito delle procedure veloci concernenti gli accordi di sviluppo si valutino la ricorrenza delle condizioni di cui al comma 2 dello stesso art. 9, cioè fattibilità e fondatezza delle proposte progettuali, in termini di disponibilità di risorse finanziarie e sussistenza di requisiti e condizioni previste dal d.m.
Quanto al terzo motivo, l'accoglibilità di quanto sostenuto dall'appellante va desunta da quanto già osservato in merito al primo e al secondo motivo.
Analogamente, anche l'ultimo motivo va accolto alla luce di quanto argomentato con riferimento al secondo motivo.
L'appello, pertanto, va accolto.
Sussistono peculiari ragioni per la compensazione delle spese della presente fase tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso in primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.