Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 19 settembre 2022, n. 8069
Presidente: Giovagnoli - Estensore: Marzano
FATTO E DIRITTO
1. Gli appellanti hanno impugnato la sentenza in forma semplificata del T.A.R. del Lazio, Sez. III-bis, n. 14415 del 13 dicembre 2019 con cui è stato respinto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, avverso il bando e gli atti connessi e conseguenti relativi al "Concorso per il reclutamento a tempo indeterminato di personale docente nella scuola secondaria di primo e secondo grado" emanato con il decreto del direttore generale per il personale scolastico n. 85/2018, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 16 febbraio 2018, segnatamente nella parte in cui all'art. 3 "Requisiti di ammissione" prescrive che alla procedura concorsuale sono ammessi a partecipare "[...] i candidati in possesso del titolo di abilitazione all'insegnamento (...) Gli insegnanti tecnico-pratici purché siano iscritti nelle graduatorie ad esaurimento oppure nella seconda fascia di quelle di istituto, alla data del 31 maggio 2017".
Le amministrazioni intimate non si sono costituite nel presente grado di giudizio.
In corso di causa hanno rinunciato all'appello, con separati atti, i sigg.ri Francesco G., Daniela Gi., Francesco D., Angelo Antonio Ge. e Giuseppe D.G.
In assenza di ulteriori scritti difensivi, all'udienza pubblica del 13 settembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. I ricorrenti sono insegnanti tecnico-pratici (ITP) in possesso del diploma di scuola secondaria superiore, valido ai fini dell'insegnamento tecnico-pratico negli istituti di istruzione secondaria per le classi di concorso di cui alla Tab. C del d.m. 30 gennaio 1998, n. 39, oggi Tabella B d.P.R. n. 19/2016.
Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR), con gli atti impugnati innanzi al T.A.R., ha bandito un concorso riservato agli insegnanti abilitati nonché agli insegnanti tecnico-pratici, questi ultimi purché iscritti nelle graduatorie ad esaurimento (GAE) oppure nella seconda fascia di quelle di istituto alla data del 31 maggio 2017.
I ricorrenti al momento della presentazione della domanda di partecipazione al concorso a cattedre erano inseriti nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto, ma soltanto dopo il mese di maggio del 2017: pertanto con ricorso dinanzi al T.A.R. del Lazio hanno chiesto l'annullamento degli atti relativi alla procedura in questione nella parte in cui ponevano la suindicata condizione temporale e, con motivi aggiunti, hanno impugnato le graduatorie di merito definitive, pubblicate dagli uffici scolastici regionali, per le classi di concorso di interesse dei ricorrenti quali atti conclusivi del procedimento.
Hanno censurato gli atti impugnati in sintesi ritenendoli illegittimi per violazione:
- dell'art. 3, comma 2, del d.P.R. n. 19/2016, secondo il quale il possesso dell'idoneità all'insegnamento in una delle classi di concorso di cui alla Tabella C, allegata al decreto del Ministro della pubblica istruzione 30 gennaio 1998, costituisce titolo per la partecipazione ai concorsi per titoli ed esami relativi alle classi di concorso di cui alla Tabella B, allegata al regolamento stesso;
- della clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE in quanto la così detta fase transitoria del reclutamento del personale docente è finalizzata a creare un canale di assunzione riservato al personale docente abilitato/idoneo all'insegnamento (come gli insegnanti tecnico-pratici) ma escluso dalle graduatorie ad esaurimento e, proprio per questo, non beneficiario del piano di stabilizzazione varato con la l. 107/2015;
- del brocardo ad impossibilia nemo tenetur in quanto il MIUR, non avendo finora considerato l'idoneità all'insegnamento degli insegnanti tecnico-pratici equivalente all'abilitazione e non avendo mai attivato percorsi ordinamentali di abilitazione per tali insegnati, di fatto non ha mai consentito l'inserimento degli ITP nelle graduatorie ad esaurimento e nella seconda fascia delle graduatorie di istituto (riservate ai docenti abilitati);
- del regime derogatorio - di cui al combinato disposto dell'art. 2 del decreto ministeriale (d.m.) n. 39 del 30 gennaio 1998 e dell'art. 402 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, secondo il quale le procedure concorsuali possono essere riservate al personale abilitato in una specifica disciplina solo dopo l'istituzione e la concreta attuazione, per quella specifica disciplina, di un percorso di abilitazione ordinamentale;
- del principio dell'efficacia ex tunc delle pronunce del giudice amministrativo ricognitive del diritto degli insegnanti tecnico-pratici all'inserimento nella seconda fascia delle graduatorie di istituto.
Il T.A.R. del Lazio, con ordinanza n. 5232/2018, ha accolto l'istanza cautelare avendo ritenuto le questioni di costituzionalità (relative alle modalità di svolgimento del concorso di cui all'art. 17 del d.lgs. 13 aprile 2017, n. 59, sollevate con ordinanza n. 5134/2018 della sesta sezione del Consiglio di Stato) rilevanti anche nel presente giudizio: di conseguenza alcuni degli appellanti hanno partecipato alla procedura concorsuale in questione e hanno superato le prove concorsuali ottenendo l'inserimento nelle graduatorie definitive di merito.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 130 del 2019, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale relativa all'esclusione dei dottori di ricerca dal concorso. La questione relativa al carattere riservato e non aperto a tutti della procedura concorsuale, invece, è stata ritenuta inammissibile per difetto di rilevanza.
3. Con la sentenza impugnata, infine, il T.A.R. ha respinto il ricorso con motivazione integralmente trascritta nell'atto di appello.
4. L'appello è affidato ai seguenti motivi.
I) Con il primo motivo preliminarmente gli appellanti, per coloro (nominativamente indicati) che hanno superato le prove concorsuali, ottenendo l'inserimento nelle graduatorie definitive di merito dalle quali l'Amministrazione ha attinto per il conferimento di incarichi a tempo indeterminato, chiedono l'applicazione dell'art. 4, comma 2-bis, del d.l. n. 114/2005 convertito in l. n. 168/2005.
Nel merito, sollecitano una nuova rimessione alla Corte costituzionale della questione di costituzionalità del comma 2, lett. b), e del comma 3 dell'art. 17 del d.lgs. 13 aprile 2017, n. 59, osservando che in ordine alla questione del carattere non aperto a tutti della procedura concorsuale, la Corte non si è pronunciata avendola ritenuta inammissibile per difetto di rilevanza.
A proposito del requisito dell'iscrizione nelle graduatorie ad esaurimento evidenziano che la condizione degli insegnanti tecnico-pratici già iscritti nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto (sebbene dopo il mese di maggio del 2017) sarebbe diversa rispetto a quella degli aspiranti concorrenti in possesso di un titolo di laurea ma non abilitati.
Ciò in quanto:
a) mentre gli insegnanti tecnico-pratici hanno un titolo di studio idoneo per l'accesso all'insegnamento richiesto ai sensi della tabella C del previgente d.m. n. 39 del 30 gennaio 1998 e transitoriamente valido per la partecipazione al concorso a cattedre già riservato agli insegnanti abilitati, i candidati laureati ma non abilitati, invece, non potevano partecipare al concorso a cattedre riservato agli insegnanti abilitati, sicché essi - a differenza degli insegnanti tecnico-pratici - non avrebbero potuto invocare il principio dell'affidamento sulla conservazione della validità del proprio titolo di studio per la partecipazione alle procedure concorsuali;
b) gli insegnanti tecnico-pratici non hanno mai avuto la possibilità di intraprendere un percorso abilitante "ordinario", viceversa i candidati laureati ma non abilitati avrebbero potuto astrattamente conseguire l'abilitazione con uno dei dieci corsi SSIS o in uno dei corsi TFA, ossia in corsi di abilitazione aperti ad ogni interessato, senza necessità di un precedente periodo di precariato;
c) gli insegnanti tecnico-pratici, non avendo potuto intraprendere un percorso abilitante "ordinario", non hanno neppure avuto la possibilità di inserirsi nelle graduatorie ad esaurimento riservate agli insegnanti abilitati e, dunque, non hanno potuto beneficiare del piano straordinario di stabilizzazione varato con la l. 107/2015 e riservato agli insegnanti inseriti nelle GAE, invece i candidati laureati avrebbero potuto conseguire l'abilitazione e, in tal modo, inserirsi nelle graduatorie ad esaurimento già utilizzate (e ancora utilizzabili) per le immissioni in ruolo.
Sostengono quindi che l'esclusione degli ITP non iscritti nelle graduatorie ad esaurimento oppure nella seconda fascia di quelle di istituto alla data del 31 maggio 2017 sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione:
- del principio del pubblico concorso (art. 97), del principio dell'affidamento (art. 2 Cost.) e del principio per cui ad impossibilia nemo tenetur (art. 3 Cost.);
- del principio di ragionevolezza, declinato secondo il parametro interposto del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e dell'osservanza dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario (artt. 11 e 117 Cost.), rispetto allo scopo di assorbire il precariato scolastico (e, in tal modo, rispondere ai rilievi mossi dalla Corte di giustizia con la sentenza "Mascolo");
- del principio di ragionevolezza, declinato secondo i parametri interposti della parità di trattamento (art. 3 Cost.) e del criterio meritocratico per le assunzioni alle dipendenze della p.a. (artt. 97 e 51 Cost.), in relazione alla valorizzazione dell'inserimento nelle GAE ai fini della delimitazione della platea del precariato storico da stabilizzare.
Affermano che i docenti tecnico-pratici dovrebbero essere considerati alla stessa stregua dei docenti abilitati ai fini della partecipazione ai concorsi a cattedra.
II) Con il secondo motivo deducono l'illegittimità del requisito dell'iscrizione nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto entro il 31 maggio 2017, per poter partecipare al concorso riservato.
Premesso che la seconda fascia delle graduatorie d'istituto, ai sensi dell'art. 5, comma 3, del d.m. 131/2007, comprende gli aspiranti non inseriti nella corrispondente graduatoria ad esaurimento ma forniti di specifica abilitazione all'insegnamento, espongono che quasi tutti i docenti tecnico-pratici attualmente in servizio nella scuola pubblica italiana, sebbene in possesso di un titolo idoneo all'insegnamento, non hanno mai avuto la possibilità di presentare domanda di inserimento nelle graduatorie ad esaurimento e/o nella seconda fascia delle graduatorie d'istituto, ossia nelle graduatorie riservate ai docenti abilitati, in quanto il MIUR, per un verso, non considera l'idoneità all'insegnamento degli insegnanti tecnico-pratici equivalente all'abilitazione e, per altro verso, non ha mai indetto un percorso di abilitazione ordinamentale aperto anche agli ITP.
Rappresentano che gli insegnanti tecnico-pratici non hanno avuto la possibilità di ottenere l'accesso alle scuole di specializzazione all'insegnamento (SSIS) istituite con la l. 19 novembre 1990, n. 341 e sono stati esclusi anche dal nuovo sistema di abilitazione basato sui Tirocini Formativi Attivi (TFA) istituiti con il regolamento di cui al decreto 10 settembre 2010, n. 249. Lamentano che l'esclusione degli ITP dai corsi di abilitazione non è stata compensata neanche dall'attivazione dei percorsi di abilitazione speciali (PAS) l'accesso ai quali era subordinato al possesso del requisito di aver prestato almeno tre anni di servizio a decorrere dall'anno scolastico 1999/2000 e fino all'anno scolastico 2011/2012, di cui almeno uno nella classe di concorso o nella tipologia di posto per la quale si intende ottenere l'abilitazione.
Quindi, a loro dire, a fronte della impossibilità per gli ITP di conseguire l'abilitazione ordinamentale, l'aver stabilito - come requisito d'accesso al concorso riservato degli insegnati tecnico-pratici - l'iscrizione nelle graduatorie d'istituto e, dunque, il possesso dell'abilitazione entro il 31 maggio 2017, significa:
- violare il brocardo ad impossibilia nemo tenetur;
- violare il principio di uguaglianza (fra docenti interessati alle classi di concorso di cui alla Tab. A e quelli interessati invece alle classi di concorso di cui alla Tab. C) (oggi B), oltre che il canone della ragionevolezza sempre di cui all'art. 3 Cost.;
- violare l'art. 4 Cost., a norma del quale la Repubblica promuove le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro;
- violare il d.m. n. 39/1998, ed oggi il d.P.R. n. 19/2016, secondo cui le classi di concorso di cui alle Tab. A e Tab. C (oggi B) hanno pari dignità;
- violare il d.m. n. 249/2010 che non prevede disparità di trattamento fra le due tipologie di classi di concorso ai fini dell'attivazione dei TFA ordinari;
- incorrere in eccesso di potere per manifesta ingiustizia e sviamento di funzione in danno degli ITP.
III) Con il terzo motivo denunciano la violazione del regime derogatorio previsto dal combinato disposto dell'art. 2 del d.m. n. 39 del 30 gennaio 1998 e dell'art. 402 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 e la violazione del principio di affidamento.
Il titolo di studio degli insegnanti tecnico-pratici - fin quando non saranno attivati percorsi ordinamentali di abilitazione - conserva validità ai fini della partecipazione al concorso a cattedra alla stessa stregua del titolo posseduto da tutti gli altri docenti abilitati.
L'art. 402 del testo unico di cui al d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 aveva stabilito che l'abilitazione all'insegnamento conseguita al termine dei corsi di studio universitari previsti dagli artt. 3 e 4 della l. 19 novembre 1990, n. 341 (cioè i corsi di laurea in Scienze della Formazione Primaria e i corsi di specializzazione universitari per la scuola secondaria - in sigla SSIS) rappresentava il titolo di accesso per il concorso a cattedre.
Lo stesso art. 402 del t.u. prevedeva l'ultravigenza dei vecchi titoli di accesso alla procedura concorsuale fino al termine dei suddetti corsi di abilitazione. Tuttavia i corsi SSIS e TFA non sono mai stati attivati per i docenti tecnico-pratici e, dunque, per gli ITP la clausola della validità ad tempus dei vecchi titoli d'accesso alla procedura concorsuale ("fino al termine dell'ultimo anno dei corsi di studi universitari per il rilascio dei titoli previsti dagli articoli 3 e 4 della legge 19 novembre 1990, n. 341") sarebbe ancora valida.
Quindi, a dire degli appellanti, le disposizioni normative che richiedono l'inserimento nelle GAE o nella seconda fascia delle graduatorie di istituto - e quindi l'abilitazione all'insegnamento - per essere immuni da censure di illegittimità costituzionale, andrebbero raccordate con il regime derogatorio - ad tempus - previsto dalla prima alinea dell'art. 402 del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, ossia con il meccanismo di salvaguardia per i docenti in possesso dei pregressi titoli di studio idonei per l'accesso al concorso, che non avrebbero potuto in nessun modo conseguire l'abilitazione richiesta per partecipare al concorso riservato.
Una diversa interpretazione della disposizione di legge sopra richiamata, tale da travolgere la clausola di salvaguardia anche per chi non ha potuto in nessun modo conseguire l'abilitazione, determinerebbe la violazione del principio dell'affidamento.
IV) Con il quarto motivo deducono l'illegittimità della previsione del bando nella parte in cui prevede che la domanda di partecipazione al concorso possa essere formulata esclusivamente attraverso l'uso del sistema informativo gestito dal Ministero dell'istruzione lamentando di essere stati costretti a presentare una domanda di partecipazione in modalità cartacea, con raccomandata A/R, pur nella consapevolezza che, ai sensi del bando, tali domande non sarebbero state prese in considerazione.
5. Preliminarmente l'appello va dichiarato improcedibile quanto agli appellanti Francesco G., Daniela Gi., Francesco D., Angelo Antonio Ge. e Giuseppe D.G., i quali hanno depositato atto di rinuncia che, in quanto non ritualmente notificato, va qualificato come dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse alla decisione.
6. In rito deve poi rilevarsi l'inammissibilità dell'appello il quale, al netto di alcuni passaggi non più presenti nell'appello e di argomentazioni nuove non presenti nel ricorso introduttivo, consiste nella mera riproposizione (anche testuale e grafica) delle doglianze formulate in primo grado, senza che venga in alcun modo censurata la sentenza appellata (trascritta virgolettata nell'appello) né vengano confutate le motivazioni addotte dal T.A.R. per respingere il ricorso (in termini v. C.d.S., Sez. II, 20 febbraio 2020, n. 1308).
In particolare l'atto di appello riproduce testualmente il ricorso introduttivo, sebbene con una distribuzione del testo parzialmente diversa, fatta eccezione per:
- l'elencazione dei ricorrenti, che nel ricorso di primo grado occupa 27 pagine e nell'appello ne occupa 4;
- la maggiore ampiezza della narrativa, che riporta il testo della sentenza di primo grado, l'elenco dei ricorrenti che hanno superato il concorso e l'esito della sentenza della Corte costituzionale n. 130/2019;
- l'interpolazione, nel primo motivo, della richiesta di nuova rimessione alla Corte costituzionale della questione di costituzionalità del comma 2, lett. b), e del comma 3 dell'art. 17 del d.lgs. 13 aprile 2017, n. 59, osservando che, in ordine alla questione del carattere non aperto a tutti della procedura concorsuale, la Corte non si è pronunciata avendola ritenuta inammissibile per difetto di rilevanza;
- l'eliminazione del richiamo, contenuto nel quarto motivo del ricorso di primo grado, alla sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. III-bis, 7 agosto 2017, n. 9234 che, infatti, nelle more è stata riformata da C.d.S., Sez. VI, 23 luglio 2018, n. 4503.
Va precisato che, secondo un convincente indirizzo giurisprudenziale di legittimità (Cass. civ., Sez. II, 3 settembre 2021, n. 23883; in termini sostanzialmente analoghi anche Cass., Sez. I, 20 aprile 2020, n. 7916), applicabile anche al giudizio amministrativo per la eadem ratio, il divieto di porre a fondamento della decisione una questione non sottoposta al previo contraddittorio delle parti non si applica alle questioni di rito relative ai requisiti di ammissibilità della domanda, previsti da norme la cui violazione è rilevabile in ogni stato e grado del processo, senza che tale esito processuale integri una violazione dell'art. 6, § 1, della CEDU, il quale, nell'interpretazione data dalla Corte europea, ammette che il contraddittorio non venga previamente suscitato su questioni di rito che la parte, con una minima diligenza, avrebbe potuto e dovuto attendersi o prefigurarsi (cfr. C.d.S., Sez. V, 17 agosto 2022, n. 7200).
Tanto precisato il Collegio osserva che i motivi di appello formulati senza una critica di alcun tipo alla sentenza di primo grado sono inammissibili per violazione del principio della specificità dei motivi di impugnazione previsto dall'art. 101 c.p.a. come ritenuto da costante giurisprudenza (fra le tante più recenti: C.d.S., Sez. IV, 1° marzo 2021, n. 1711; Sez. V, 15 dicembre 2020, n. 8029; Sez. IV, 12 ottobre 2020, n. 6050; Sez. V, 26 agosto 2020, n. 5208; 26 marzo 2020, n. 2126; Sez. IV, 24 febbraio 2020, n. 1355).
«Costituisce jus receptum l'orientamento a mente del quale ai sensi dell'art. 101 del d.lgs. 104/2010, il ricorrente ha l'onere di specificare i motivi di appello, non potendo limitarsi a un generico richiamo delle ragioni già presentate dinanzi al giudice di primo grado, dovendo contestare specificamente sul punto la sentenza impugnata. Il fatto che l'appello sia un mezzo di gravame ad effetto devolutivo, non esclude l'obbligo dell'appellante di indicare nell'atto le specifiche critiche rivolte alla sentenza impugnata e, inoltre, i motivi per i quali le conclusioni del primo giudice non sono condivisibili, non potendo il ricorso in appello limitarsi ad una generica riproposizione degli argomenti dedotti in primo grado (cfr. ad es. C.d.S., Sez. IV, 26 aprile 2019, n. 2678, e 30 agosto 2018, n. 5100)» (C.d.S., Sez. VI, 14 ottobre 2019, n. 6977).
Nella fattispecie, in contrasto con l'indirizzo sopra riportato, nell'atto di appello non vi è alcuna argomentazione diretta a confutare la sentenza per dimostrare l'erroneità del percorso logico-argomentativo seguito dal giudice di primo grado.
L'appello, invero, ripropone le stesse censure avverso i provvedimenti impugnati, per di più introducendo un nuovo motivo di pretesa illegittimità degli atti impugnati sotto forma di richiesta di nuova rimessione alla Corte costituzionale per profili di presunta illegittimità non prospettati in primo grado, in contrasto: sia con il pacifico indirizzo di questo Consiglio per cui in appello sono inammissibili i motivi di doglianza direttamente rivolti contro l'atto impugnato in primo grado (cfr. C.d.S., Sez. VI, 12 febbraio 2019, n. 1014; 17 settembre 2019, n. 6194; Sez. V, 16 novembre 2018, n. 6464; Sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5002; Sez. III, 1° luglio 2019, n. 4512; 24 marzo 2015, n. 1575); sia con il divieto di introdurre nuovi motivi di doglianza in appello ove «il thema decidendum è circoscritto dalle censure ritualmente sollevate in primo grado, non potendosi dare ingresso, per la prima volta in tale sede, a nuove doglianze in violazione del divieto dei nova sancito dall'art. 345 c.p.c. (C.d.S., Sez. VI, 27 novembre 2010, n. 8291), siano dette doglianze in fatto o in diritto (C.d.S., Sez. IV, 8 gennaio 2018, n. 76; 8 febbraio 2017, n. 549; Sez. V, 22 marzo 2012, n. 1640)» (C.d.S., Sez. III, 30 ottobre 2019, n. 7434) e ora dall'art. 104 c.p.a. che «assicura che l'oggetto del giudizio del gravame non risulti più ampio di quello su cui si è pronunciato il giudice della sentenza appellata» (C.d.S., Sez. IV, 8 gennaio 2018, n. 76; 8 febbraio 2017, n. 549).
Conclusivamente l'appello va dichiarato inammissibile.
7. Nulla deve disporsi per le spese del presente grado di giudizio stante la mancata costituzione dell'amministrazione appellata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile quanto ai sigg.ri Francesco G., Daniela Gi. e Francesco D. e inammissibile quanto ai restanti appellanti.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.