Consiglio di Stato
Sezione VII
Sentenza 8 agosto 2022, n. 7000

Presidente: Contessa - Estensore: Castorina

FATTO

L'appellata partecipava alla procedura indetta con decreto del direttore generale del Ministero dello sviluppo economico, prot. n. 230328 del 29 luglio 2021, per l'annualità 2021, per la concessione della misura agevolativa denominata "Brevetti+".

La gestione di tale misura è stata affidata all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa s.p.a. - Invitalia (di seguito: "Invitalia").

Con provvedimento notificato in data 5 ottobre 2021 quest'ultima ha disposto la non ammissibilità della domanda di finanziamento della appellante perché "l'allegato 1 non è firmato digitalmente dal legale rappresentante".

Impugnato il provvedimento il T.A.R. per il Lazio accoglieva il ricorso sul presupposto che Invitalia avrebbe dovuto attivare il soccorso istruttorio.

Proposto rituale appello, resistevano Lavorosostenibile s.r.l. e il Ministero dello sviluppo economico.

All'udienza del 14 giugno 2022 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. Deve essere preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità dell'appello per omessa indicazione della sentenza impugnata.

La Corte di cassazione ha più volte affermato che l'art. 366, n. 2, c.p.c. commina l'inammissibilità del ricorso soltanto se la parte cui esso è diretto non ha sufficienti elementi per individuare inequivocabilmente la sentenza impugnata (Cass. 22261/2004).

Nella specie, la sentenza impugnata è stata depositata unitamente all'appello, che riproduce i punti della pronuncia oggetto di censura, né la parte appellata, che si è adeguatamente difesa, ha mostrato di avere incertezza sulla statuizione impugnata.

2. Con l'appello sono state censurate le statuizioni relative a:

I. La sottoscrizione delle dichiarazioni sostitutive.

II. La sottoscrizione della dichiarazione contenuta nell'Allegato I.

III. Errata interpretazione della lex specialis ed errata applicazione delle norme e dei principi che disciplinano il soccorso istruttorio.

Con i motivi l'appellante lamenta che il T.A.R. aveva acceduto alla tesi secondo cui il file ricevuto da Invitalia era lo stesso che Lavorosostenibile aveva originariamente sottoscritto digitalmente e che, solo per un inspiegabile errore informatico, avvenuto in sede di trasmissione, era pervenuto all'amministrazione privo di firma digitale.

Le censure non sono fondate.

3. La procedura per l'assegnazione del contributo per cui è causa è disciplinata dalle norme contenute nel decreto del Ministero dello sviluppo economico, direzione generale per la tutela della proprietà industriale, prot. n. 230328 del 29 luglio 2021.

Per quanto in questa sede interessa, il predetto decreto direttoriale prevede espressamente, al punto 5.8, che "... Tutta la documentazione prodotta [da allegare alla domanda] deve essere firmata digitalmente dal legale rappresentante della società proponente".

Il successivo punto 5.9 stabilisce che: "Le domande presentate secondo modalità non conformi a quelle indicate nei punti precedenti e/o non sottoscritte digitalmente non saranno oggetto di valutazione con conseguente decadenza automatica della richiesta di accesso alle agevolazioni".

Nella fattispecie è avvenuto che la società Lavorosostenibile ha trasmesso, insieme alla domanda di partecipazione, l'allegato 1 (contenente la dichiarazione sostitutiva relativa ai requisiti di ammissibilità), privo di firma digitale.

Il T.A.R. ha accolto il ricorso, ritenendo il provvedimento viziato da difetto di istruttoria, in quanto Invitalia, essendo tenuta ad attivare il soccorso istruttorio, aveva l'onere di chiedere precisazioni ed eventuale documentazione integrativa.

4. Si tratta di precisare i limiti dell'istituto generale del soccorso istruttorio applicabile al di fuori della normativa degli appalti pubblici, dove è prevista una specifica disciplina dall'art. 83 del d.lgs. 50/2016.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato, a partire dall'Ad. plen. 9/2014, ha chiarito il funzionamento e i limiti dell'art. 6, comma 1, lett. b), l. 241/1990 sul procedimento amministrativo (per cui «... il responsabile del procedimento [può chiedere] la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete... e ordinare esibizioni documentali...»).

È evidente che il "potere di soccorso" costituisce un istituto di carattere generale del procedimento amministrativo, che, nel particolare settore delle selezioni pubbliche diverse da quelle disciplinate dal codice dei contratti pubblici, soddisfa la comune esigenza di consentire la massima partecipazione alla gara, orientando l'azione amministrativa sulla concreta verifica dei requisiti di partecipazione e della capacità tecnica ed economica, attenuando la rigidità delle forme.

Un primo elemento di differenza sostanziale rispetto al "potere di soccorso" disciplinato dall'art. 46, comma 1, codice dei contratti pubblici emerge dal raffronto fra il tenore testuale delle due disposizioni: invero, l'art. 6 l. n. 241 del 1990 cit. si limita a prevedere la mera facoltà a che il responsabile del procedimento eserciti il "potere di soccorso", mentre l'art. 46 cit. obbliga la stazione appaltante a fare ricorso al "potere di soccorso", sia pure nei precisi limiti derivanti dalla rigorosa individuazione del suo oggetto e della sua portata applicativa.

Inoltre, poiché il principio della tassatività delle cause di esclusione, giova ribadirlo, vige solo per le procedure disciplinate dal codice dei contratti pubblici, al di fuori di tale ambito:

a) il "potere di soccorso" nei procedimenti diversi da quelli comparativi, dispiega la sua massima portata espansiva, tendenzialmente senza limiti salvo quelli propri della singola disciplina di settore;

b) in relazione ai procedimenti comparativi il "potere di soccorso" è utilmente invocabile anche ai fini del riscontro della validità delle clausole che introducono adempimenti a pena di esclusione; in quest'ottica integra il parametro di giudizio di manifesta sproporzione che il giudice amministrativo è chiamato ad effettuare, ab externo e senza sostituirsi all'Amministrazione, nel caso venga impugnata una clausola di esclusione per l'inadempimento di oneri meramente formali.

Di recente il Consiglio di Stato (Sez. V, 22 novembre 2019, n. 7975) ha affermato che il soccorso istruttorio ha portata generale e trova applicazione anche nell'ambito delle procedure concorsuali, fermo il necessario rispetto del principio della par condicio per cui l'intervento dell'amministrazione diretto a consentire al concorrente di regolarizzare o integrare la documentazione presentata non può produrre un effetto vantaggioso a danno degli altri candidati.

In quest'ottica, il limite all'attivazione del soccorso istruttorio coincide con la mancata allegazione di un requisito di partecipazione ovvero di un titolo valutabile in sede concorsuale, poiché, effettivamente, consentire ad un candidato di dichiarare, a termine di presentazione delle domande già spirato, un requisito o un titolo non indicato significherebbe riconoscergli un vantaggio rispetto agli altri candidati in palese violazione della par condicio.

In generale, può quindi affermarsi che il soccorso istruttorio va attivato, qualora dalla documentazione presentata dall'istante residuino margini di incertezza facilmente superabili (cfr. C.d.S., Sez. V, 17 gennaio 2018, n. 257; 8 agosto 2016, n. 3540; II, 28 gennaio 2016, n. 838; IV, 7 settembre 2004, n. 5759) rispondendo tale scelta amministrativa ad un principio di esercizio dell'azione amministrativa ispirata a buona fede e correttezza.

Nella specie non è in discussione la tempestiva produzione del documento, né l'autenticità dello stesso e la veridicità del suo contenuto, ma il solo requisito formale della sottoscrizione.

L'art. 8, comma 4, del decreto recante la disciplina concorsuale dispone, peraltro, che "il Soggetto Gestore può richiedere precisazioni e chiarimenti in merito ai dati ed alla documentazione già prodotta, ove ritenuti opportuni per la definizione dell'istruttoria... Le precisazioni e i chiarimenti richiesti devono essere presentati al Soggetto Gestore, esclusivamente a mezzo PEC, entro il termine di 15 giorni dal ricevimento della relativa richiesta. In caso di incompleta o mancata risposta a detta richiesta entro il citato termine, il Soggetto Gestore procederà alla valutazione del progetto di valorizzazione sulla base della documentazione acquisita".

Alla luce delle superiori considerazioni, Invitalia, a fronte di una domanda regolarmente prodotta, corredata di allegati tutti firmati digitalmente, tranne uno, in ossequio dell'inequivoco disposto di cui all'art. 8, comma 4, cit., aveva l'onere di chiedere precisazioni ed eventuale documentazione integrativa e, solo in caso di mancato riscontro nel termine di 15 giorni, poteva procedere con l'adozione del provvedimento di inammissibilità.

L'appello deve essere, conseguentemente, respinto.

Le spese del giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l'appellante al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 2.000,00 (duemila) oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.